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IL MAGO BABU'
(L’inganno e la fede animano questa storia)
Un furgonaccio rugginoso tappezzato con foto appassite di improbabili passati splendori; capo grosso e scarpe grosse; lo sguardo annebbiato dagli effetti del solito quartino di rosso, ma, al contempo, animato da un che di cattivo. Questo e poco altro era il mago Babù.
Trascinava la sua vita da una fiera paesana a un mercato di ambulanti. Si esibiva con giochi di prestigio ormai noti a tutti, al punto che i più smaliziati svelavano i trucchi prima che avesse modo di attuarli. Tutto ciò contribuiva ad incattivirlo.
Un pomeriggio d’estate, se ne stava abbandonato su una sedia, del solito bar, sotto l’ombrellone. Quand’ecco che una autovettura, maggiorata nelle gomme, marmitta e motore, uscire, dalla curva in fondo alla strada, rombando e fischiando.
Con il vino agli sgoccioli l’astio pressante mutò in rabbia feroce, per cui la mente del mago proferì:
- ... te scoppiasse n’a gomma! ?"
BUM!
Il botto, poi uno stridio, un caracollare violento ed infine lo schianto contro un albero del viale con un clamore di vetri e lamiere. Dalla carcassa fumante uscì l’autista illeso, un giovinastro, che si mise ad imprecare dicendo che le gomme erano nuove e di marca e non si spiegava come fosse potuto accadere. Poi il prevedibile scodazzo di improperi.
Qualcosina nella mente di Babù, al secolo Beniamino Lo Russo, si mise in movimento. Prima un sospetto. Poi una speranza. In fine il dubbio.
- Possibile che io... con il pensiero? ?" Prevalendo la razionalità ?" Ma no! Che vado a pensare?"
Il tempo passò.
Il nostro mago continuò la sua solita vita.
Fino a che, fatalmente, un giorno in un paesino della provincia, durante la festa del patrono, avvenne ciò che rende possibile il racconto.
Mentre esibiva il suo solito repertorio nel sacrato della chiesa, il vecchio prete, certamente affetto da arteriosclerosi, usci dalla chiesa brandendo un pastorale urlando anatemi verso il mago miscredente, il novello Simon Mago...
Come sempre Babù era sotto l’effetto del solito vinaccio.
La sua mente reagì con un potente:
- Te piasse un colpo! Rompicoglioni...-
Ed ecco il prodigio. L’anziano prete divenne paonazzo, strabuzzò gli occhi, si portò la mano al petto lasciando cadere l’oggetto sacro, poi si accasciò emettendo della spuma bianca dalla bocca. Fu chiamato un medico che diagnosticò al prelato un collasso cardiaco e ne intimò il ricovero.
Si era formato un capannello di persone, ma nessuno, comunque, ebbe a notare il sorriso sulla bocca del Mago.
In seguito fu un crescendo.
Dalla conferma del sospetto, alla certezza della sua nuova natura, si produsse un invisibile metamorfosi nella personalità di Babù.
Il Fato, mostrando una debolezza tipicamente umana, volle divertirsi con una cavia perfetta come Beniamino Lo Russo il Grande mago Babù.
Fu così che l’ignobile attore della vicenda scrisse per se un nuovo ruolo. Si convinse, grazie a una incredibile serie di coincidenze, di essere effettivamente dotato di un tocco divino. Fiero e preoccupato del suo potere al punto di evolvere una genuina empatia con le persone e le cose che lo circondavano.
L’impatto sul sociale non si fece attendere. Le sue esibizioni apparvero più eleganti e gli spettatori aumentarono di numero e migliorarono nel rispetto.
Babù mostrò una insospettata nobiltà che si riflettè nel suo aspetto e nei suoi modi.
Un sentimento di onnipotenza si impossessò dei suoi pensieri.
Dalle piazze di paese, spinto da un inatteso successo, trasferì i suoi spettacoli in locali notturni, teatri e, all’apoteosi, in programmi televisivi.
La concatenazione di eventi a lui favorevoli consolidarono le sue convinzioni.
Passò da una dimensione senza poliedri a una dove le unità di misura sono necessarie.
Iniziò a studiare in modo onnivoro ogni cosa degna.
Fagocitò volumi, tomi, pergamene, antichi manoscritti...
Un giorno si trovò a contemplare, con meraviglia, la meravigliosa macchina dell’esistenza. Vide con nitidezza le connessioni generate dal Creatore, ne comprese, così credeva, l’inesplicabile geometria.
Quel giorno si innamorò. Si innamorò della vita. Si innamorò di Vivienne.
Vivienne era divenuta la sua compagna di scena e come assistente, devo dire di piacevole aspetto, lo aveva accompagnato nella sua folgorante carriera condividendo con lui fatiche e piaceri. L’aveva conosciuta ai tempi dei nigth club come guardarobe. Gli era piaciuta e ne aveva percepito l’avvenente gentilezza sfruttandola poi come spalla nei suoi numeri di magia.
La dolce Vivienne era adornata da magnifici lunghi capelli rossi. Evocava tenerezza e sensualità, ricordava un personaggio di un quadro di Klimt la “Danae” dormiente.
Non capì mai se lei ricambiava il suo amore in quanto tale o per spirito di riconoscenza.
Al di là delle sue percezioni avvertiva in lei la presenza di una ferita esistenziale.
Il tarlo feroce della depressione lavorava in lei. Impercettibilmente il suo spirito si corruppe, sempre di più, in maniera inversa a quello del mago, che invece viveva un crescendo di positività.
Finche, una sera, al terzo anno di matrimonio, la spenta follia di lei si rivelò. Rientrando in albergo, il mago, trovò, innanzi all’ingresso, una piccola folla attorno ad un’ambulanza. Presagendo, si fece largo tra i curiosi, con ansia superò l’ultimo ostacolo visivo e la vide. Mortalmente bella. Il rosso dei capelli sul bianco della
lettiga, la sua mano delicata, l’espressione da bambina perduta, lo sguardo tra il colpevole e il rassegnato... languido... No! No! Un mondo che crolla avrebbe fatto meno rumore di quello nella testa di Beniamino Lo Russo.
Un medico diagnosticò un tentativo di suicidio con farmaci vari.
La disperazione può trasformarsi in rabbia e quando ciò avviene è pura potenza di titani.
Il mago Babu’, il mostro che pareva sepolto nell’animo, da là in fondo, urlò nella sua mente:
-... perchè l’ha fatto... no! Non è vero! È un incubo! Sparisci... sparisci...-
Lo disse da mago.
L’ambulanza, uscendo dal piazzale, pretese la precedenza, ma un grosso autobus non la concesse. L’impatto fu formidabile come l’incendio che divorò i due automezzi.
Vuoto nell’animo. Colpevole. Mai più emendabile. Mostruoso per se stesso.
Dopo un anno trascorso in una casa di cura l’ex mago Babù, con i rottami della sua vita, si rifugiò nella fede. Prese i voti e si allontanò dal mondo e dal tempo.
Trascorsero gli anni senza vicende.
Da eremita, ormai avanti negli anni, divenne sacerdote e come tale gli fu affidata una piccola diocesi in provincia. Accettò senza emozioni.
Altri anni gli passarono addosso lasciando acciacchi nel corpo e nella mente.
Un giorno, come stabilito, il Fato, o chi per Lui, svelò la nemesi.
Il vecchio Padre Beniamino, mentre si svolgeva la festa del patrono del paese, colse una voce dal sacrato che lo folgorò. Sbirciò dal portone della chiesa e, maledizione, vide una figura a lui nota, non ricordava perchè, ma sapeva che era il male.
Poi dai gesti e le parole riconobbe un prestigiatore.
Riconobbe se stesso: “Babù il mostro.”
Brandito un pastorale di ottone, in preda ad un dolore sordo, folle di rancore uscì sul sacrato con l’intenzione di far giustizia.
Vide l’espressione gretta, ottusa e cattiva del grande mago Babù.
Lo sentì mentalmente lanciare l’anatema.
Nel suo petto il cuore si frantumò.
Si dice di un vecchio prete, ricoverato per un infarto, che appena riavuto fu colto dal ridere... ridere... ridere... ridere...
Smise solo al secondo infarto, quello che chiude la storia... forse.
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