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un incontro inaspettato
Un incontro inaspettato
di Ozan Lo Scalzo.
A volte diamo vita ai nostri difetti, personalizzandoli talmente tanto da farli diventare un'identita' fisica, reale per noi, nella quale, se non stiamo attenti, finiamo per rispecchiarci.
Un asino se ne andava trotterellando dietro al suo padrone, che lo teneva lontano da se' ,“a fune lunga", come dicono dalle nostre parti.
Infatti un capo della fune era da una parte attaccata al morso dell'animale e l’altro capo stava stretto nella mano di Tziu Antoni, il suo padrone, che camminava avanti ciondolandosi lungo il sentiero a cinque metri di distanza.
“Murri-Nieddu-MusoNero, aveva per nome l’Asino, non tanto per la macchia nera che gli solcava il muso, quanto per l’abitudine di strofinare il naso in ogni pozzanghera che incontrava, inzozzandosi tutto.
Tziu Antoni assorto nelle preoccupazioni che gli davano le fatiche quotidiane, durante il percorso di rientro in paese, essendo stata la giornata trascorsa assai piovosa, preferiva tenersi lontano da quell’asino che, immergendo il muso per terra, gli rivoltava addosso deliberatamente fango, polvere ed ogni tipo di lerciume.
Inoltre, come se ciò non bastasse, Tziu Antoni, avendo in quei momenti il vizio di pensare a voce alta, sapeva che l’asino carpiva i suoi ragionamenti, e che con ragli di vario tipo, giudicava la convenienza o meno delle varie decisioni e considerazioni che man mano scaturivano dalla sua testa.
La cosa non gli dispiaceva nelle lunghe notti invernali, passate all’addiaccio con la sola compagnia del quadrupede che, a onor del vero, gli teneva anche caldo oltre che alleviargli la fatica.
Comunque lo faceva imbestialire, giacché alla fine doveva dare all’Asino sempre ragione.
E, questo non lo poteva digerire.
Tutto ebbe inizio quando in una sera di furibonda ubriacatura, stravaccato sul dorso del somaro, che lo riportava faticosamente in ovile, lasciandosi andare a certe confidenze, Antoni gli aveva raccontato, certe storielle amorose un po spinte e di qualche furtarello per necessità, e che, nell’uno e nell’altro caso si era servito dell’asino per portarli a termine.
Questi, secondo la convinzione di Tziu Antoni, offeso di essere stato usato per delinquere, lo aveva disarcionato, scavalcandolo per terra e rifiutandosi, testardamente, di muoversi per tutta la notte, indispettito oltre ogni limite. In effetti, l’Asino, di lunga memoria, capiva le parole del padrone; ma l’offesa non era stata tanto per il coinvolgimento ingenuo in certe tresche abiette di Tziu Antoni, quanto per il fatto che in quelle occasioni gli aveva propinato, con oramai evidenti false motivazioni, la necessità di sgobbare fuori orario per imprescindibili obblighi di lavoro, impedendogli, posto di fronte al dovere, di concludere una sbandata con una certa frizzante cavallina, e, per ben due sere di cenare, a causa di una prolungata fuga notturna dai cani che gli stavano alle calcagna.
Asino si ma non fesso!
Sta di fatto che, da allora, Tziu Antoni, quando aveva necessità di comandarlo per qualche bisogna, doveva intraprendere una lunga trattativa per convincere Murri-Nieddu ad assecondare i suoi fini, obbligandosi di volta in volta a dimostrare concretamente la solidale sua partecipazione e il rispetto delle naturali esigenze dell’animale.
Così il buon uomo andava scalzo, perché altrimenti quello voleva le scarpe, anche se in paese lo deridevano per quei piedi luridi e sberciati da rovi e sassi, prendendolo per scemo. Ma il pensiero di ciò che poteva succedere se avessero visto l’asino calzato, lo tratteneva. Era opportuno quindi stare così, senza dare troppe spiegazioni. D’altra parte meglio non scontentare quello che in fondo era un suo collega, piuttosto che dare soddisfazione a quattro chiacchieroni da bettola.
Guai poi a risalirgli in groppa, sobrio o ubriaco o stanco che fosse, giacché a chiari ragli aveva preteso per se uguali condizioni. Vedere un asino ubriaco è un fatto, ma portarselo in spalla! Per cui era preferibile stare il più possibile lontani e ognuno per sé, almeno dopo il lavoro. Ed è così che arrivarono in paese finalmente. Ci teneva tanto Tziu Antoni ad essere lì quel giorno. Canti, musica, balli li aveva sentiti già da lontano e piuttosto che andare subito in casa per cambiarsi, affascinato dalle luci preferì prima almeno fare una scappatina in piazza nel mezzo della festa. Fu così che si attardò, inebriato dalla confusione, a salutare amici e conoscenti, sempre con dietro l’asino. Si sa un bicchiere tira l’altro con risate a non finire per gli inviti sorbiti a garganella dal “collega” sino alle prime luci dell’alba, che li sorprese abbrancati dentro un fosso, stravolti dal vino e le teste doloranti. All’apparir del sole Tziu Antoni, gli occhi gonfi e socchiusi per la sbornia, non riuscendo a sopportare quella luce, quasi a tentoni raggiunse casa sua. Rovistò nei cassetti, fino a ritrovare i vecchi occhiali da sole militari. Li inforcò e ritornò con più tranquillità a riprendere Murri-Nieddu. “Muoviti dobbiamo andar via, gli sbraitò!”- L’asino sollevò appena una palpebra per osservare chi fosse l’importuno che gli parlava, pur riconoscendone la voce. Non spiccicò suono. E strofinando il muso sull’umido terreno intriso di vino, sbuffò a lungo, ma non si mosse. “Non pretenderai che ti prenda in braccio, vero: Guarda io sto già in piedi pronto a partire. il Sole è alto nel cielo e se non ci sbrighiamo, dovremo camminare con il caldo del mezzogiorno. E non ci vedo più dalla fame e per la luce abbagliante, - gli sfuggì - tant’è che mi son messo gli occhiali”. Mai l’avesse detto. Si morse a sangue le labbra, Tziu Antoni, pregando tra sé che l’asino fosse troppo ubriaco per capire. Il lungo e acuto raglio che ne seguì rese vana ogni speranza. Esiste un solo asino al mondo che porta gli occhiali da sole e non li toglie mai.È il mio e si chiama Murri-Nieddu. Ora ha perso il vizio di strofinare il muso per terra perché ha paura di rovinarli o perderli. I miei piedi sono sempre piu sberciati. Per la rabbia e per gli occhiali scuri non ci vedo proprio. La gente pensa che son matto e anche l’asino. Ho buttato via la fune lunga e mi faccio guidare da Lui, tenendomi aggrappato alla cavezza. In compenso non ho più bevuto, ma ho anche smesso di pensare a voce alta. Un fotografo Ci ha immortalato così , pubblicando un articolo sulla stampa locale dal titolo "Un incontro inaspettato ", come un fatto raro.
Ti scrivo pero' solo per darti un consiglio: “Non discutere con l’Asino, finirai per ragliare!”.
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1 recensioni:
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- Racconto intrigante che scivola bene e si lascia leggere volentieri.
- NOSTALGIA
Immobile come un sasso baciato dalla corrente
volgo il pensiero a te dolcissima amata mia.
Leggera l'acqua della vita amara mi prende
e la luce del sole il tuo ricordo accende.
Tenero è sostare in questo isolamento
ti chiedo un bacio e me ne dai cento.
No, non smettere di amarmi fino all'alba
almeno, ti prego, continua a farlo nel ricordo!
Vittorio Banda
Copyright 2006
- Gran bel racconto... qualche piccolo errore di distrazione (?)
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