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Il lupo del Villaggio o il villaggio del Lupo
Tratti dalla raccolta: Il lupo del Villaggio e/o il villaggio del Lupo.
INIZIAMO BENE!
<<Direttore! Direttore!, venga presto >>. La voce si fece più esagitata:<<Direttore, insomma si sbrighi! >>. Si udì uno scroscio d’acqua e un uomo corpulento e sanguigno, uscendo da un minuscolo bagno, rispose:<<Arrivo, arrivo>>, poi rivolto a se stesso :<<Era meglio rimanere a casa a dipingere, ho un occhio in sospeso>>. Questo pensiero si riferiva al suo ultimo quadro dove appunto stava pensando di aggiungere un occhio in più ad una figura femminile per darle un tocco di “esotismo”, una pennellata che avrebbe potuto farlo figurare fra i pittori innovativi del secolo.
La voce, intanto si fece sentire più insistente, egli dovette porre attenzione e rispose con voce stentorea:<<Insomma, cosa succede?>>. L’interlocutrice, una signora con occhiali quasi a monocolo, con voce petulante e accusatoria, rispose :<<Al solito, è svenuta la signorina Livretti, ha voluto ascoltare una barzelletta del Pio e si è sforzato troppo per capirla>>.- <<Bene, bene>>, assicurò sornione il direttore, poi si corresse - <<Cioè male, …acqua, aceto, sale e…>> -<<Cavolfiori>>, concluse l’occhialuta a cui non sfuggivano i pensieri, spesso rivolti al cibo, del suo “duce”. Poi scuotendolo con forza: <<Direttore, bastano due schiaffi, ma piccoli, mi raccomando!>>.
Il direttore sogghignò e, avvicinandosi al corpo languidamente inerte della Livretti la rigirò e... “ploff-ciaff”. L’effetto fu immediato, la Livretti balzò in piedi rossa in volto che, a confronto, il suo rosso e fiammante vestito sembrava sbiadito. <<Grazie! , lei mi ha ridato i sensi>>.
LA GRANDE ABBUFFATA
Arrivò il giorno della grande abbuffata ; il direttore aveva dato le opportune disposizioni : bisognava offrire almeno quattordici portate per un totale di 6000 chilocalorie pro-capite e, conseguentemente pro-pancia. Tutto il popolo di Villanova era in fermento; le cene a casa del direttore erano una favola e si conoscevano per fama le grandi capacità culinarie della moglie.
Al calar del sole c’erano quasi tutti: Lacallas, attenta al suo piede sinistro ove conservava un prezioso callo che, calpestato le avrebbe permesso di deliziare le orecchie dei masochisti ascoltatori; Lareduce, dagli occhi di luce, che covava quei momenti con spontaneo trasporto e sincerità; Pio, che, per l’occasione, aveva indossato un paio di scarpe con molla segreta inclusa per stupire gli astanti con saltelli sui bio-scalini; Penna Bianca col suo Rolex controllava i tempi di arrivo, mentre le due capinere, Mite ed Ardita, tenendosi per mano, controllavano gli ultimi ritocchi al trucco.
In uno dei due casi, invano, che un capello ribelle continuava ad alzarsi mostrandosi più ardito di Ardita; mal gliene incolse, Pio con un colpo di mano lo riportò a miti consigli, ma si trovò contro la furibonda proprietaria del capello ribelle. Questa: prima tentò di colpirlo con la sua borsetta rinforzata d’acciaio, poi si accontentò di lanciargli uno sguardo che avrebbe incenerito un bue.
Pio riportò solo una piccola bruciatura ai talloni e incominciò a saltellare per tutta la casa. La cosa non sfuggì a Baby-bop, amante dei balli più strani. Ella si adeguò ai saltelli… furono una coppia di ballerini davvero invidiabili quella sera.
LA METAMORFOSI
C’era luna piena quella notte e man mano che la comitiva si avvicinava alla battigia, una sorta d'eccitazione prese tutti finché si misero a correre arrestandosi appena in tempo per evitare un tuffo collettivo. Sul mare una pennellata di Luna segnava un sentiero argenteo e, proprio sulla sinistra della comitiva, la Luna illuminava un panorama stupendo. Due erti scogli (detti: I due Fratelli) prolungavano le loro ombre fino a terra e nel punto finale si potevano scorgere dei segni cabalistici; Pio consigliò: << Girate intorno ai cerchi che porta fortuna >>. Solo Bip Bip raccolse l’invito, scivolò, e si rialzò contento, perché si sa che anche questo porta fortuna.
Ad un tratto Pio si raccolse su stesso e non poté trattenersi dal lanciare un ululato alla Luna. Agli astanti si ghiacciò il sangue nelle vene poi, sbalorditi, videro, per la prima volta in vita loro, la trasformazione di Pio in “uomo lupo” e, cosa ancora più straordinaria, lo videro lanciarsi di corsa sul sentiero di luna a mare. Tentarono, senza riuscirci, di trattenerlo, ormai era fatta; Quell’essere straordinario galoppava verso la Luna all’orizzonte e non affondava. Qualcuno tentò di imitarlo, ma affondò subito fino al ginocchio e oltre nell’acqua gelida dell’inverno. Ci furono parecchi raffreddori il giorno dopo. Passarono alcuni minuti e il Pio, anzi ormai “Pio Lupo”, ritornò felice e allegro, come se niente fosse successo. Penna Bianca disse: <<E adesso tutti al bar>>. La serata si concluse con caffé e acqua minerale.
L’USCITA SERALE
<<Hanno aperto un nuovo locale, “Raggio di Luna ”, si chiama ed è a pochi passi dal nostro villaggio>>. <<Allora questa è l’occasione buona per uscire in gruppo, organizza tu>>. Questa conversazione avveniva fra Mite e Pio Lupo in un triste mattino, mentre portavano al pascolo i quattro gatti ed i cinque cani del villaggio fra le urla delle belve feroci dei boschi intorno. Col passa parola, Pio (che era detto anche il Santo), organizzò l’uscita. Al tramonto partirono dal villaggio due carri carichi di vocianti gitanti.
Un giovane guardiano, dopo aver titubato, data l’ora, acconsentì ad aprire il locale in anticipo, nella speranza, fattagli balenare astutamente, che in seguito tutti i Villanovesi avrebbero frequentato quel locale. Dal gruppo si avviò per primo il grosso Remy che fece strada fino al piano di sopra, seguito da Mite, Ardita, Penna Bianca e … a saltelli dal Lupo per gli scalini. Lacallas, intanto, si attardava per controllare l’acustica del locale ove già pregustava si sarebbe sparso il suo canto. A questo punto arrivarono gli strimpellatori e Lacallas smaniava per farsi notare;il Lupo, allora, si alzò e propose agli strimpellatori, in nome del santo protettore dell’amicizia, di accompagnare il canto dell’amica che assicurò celestiale, cioè tale da fare entrare il cielo nella stanza. Lacallas, senza indugio si alzò, si prese gli applausi degli astanti, per la prima ed ultima volta e incominciò il suo canto. Si videro parecchie persone picchiarsi le mani per punirsi di aver applaudito.
A questo punto, si avvicinarono due buttafuori, minacciosi e, l’allegra comitiva, con un sorriso tirato, a stento sgattaiolò fuori alla chetichella sfuggendo alle giuste ire del proprietario che, in ogni modo li avvertì che avrebbe rinunciato, per il futuro, alle visite del restante popolo di Villanova. <<Strilla simili>> disse <<mi fanno perdere la clientela>>. Il ritorno a casa fu veloce.
TUTTI AL CINEMA
Una mattina il Santo propose: <<Andiamo tutti al cinema stasera? >>. Tutti acconsentirono, ma all’appuntamento si presentarono solo in quattro; in particolare, Bip Bip che esibiva un nuovo carro di sua invenzione capace di schivare gli ostacoli da solo.
Iniziò la partenza per la grande cava nella montagna ove avveniva la proiezione. Una piccola delusione, tuttavia, li attendeva perché non c’era il film da loro ricercato. Allora si diressero al Vesuvio che, essendo in piena eruzione, offriva calore a dispetto della gelida notte. Lì giunti, trovarono i soliti napoletani che vendevano pizze cotte sulla lava.
Essi le trovarono di proprio gusto.
Si decise, poi, di ritornare a vedere la Luna, ma invece si finì in un bar perché Lacallas fu presa dalla smania di correre inseguita da Bip Bip e dai tre ultimi eroi.
Nel bar Ardita propose: <<Facciamo il gioco della posta >>. Immediatamente tutti provvidero a far incetta di tovagliolini da tutti i tavoli. Si videro avventori pulirsi con le mani la bocca macchiata di caffè o di gelato, mentre il barista avvertiva i nostri che la prossima ordinazione di tovagliolini sarebbe stata a loro carico. Lacallas ricevette molta posta ed una, in particolare, in cui le si dichiarava simpatia, rimase un mistero sull’identità dell’autore. Era scritta con una penna laser di nuova invenzione.
Pio invece, esibì pensieri in dolce stil novo, fu contraccambiato. Qualcuno conserverà quelle scritte per la letteratura dei posteri.
IL MANCATO VOLO DI UNA CAPINERA
“Sorrisini S. P. A. ”, una mattina, disse: <<Stasera venite tutti a casa mia, ci sarà una festa ginnica, mi raccomando scarpe da ginnastica! >>.
Quando giunse l’ora dell’appuntamento, non tutti però, indossavano le scarpe dovute. Fra i tanti il Duce e l’Ardita; il primo non riuscì ad attaccare i lacci e desistette. L’Ardita aveva portato per l’occasione un paio di scarpe del tipo “tutto lacci”ed impiegò oltre mezz’ora nell’operazione, e, data la sua posizione, veniva controllata a vista da alcuni volontari, pronti a portarle soccorso in caso di bisogno.
La serata si svolse, poi, con la solita quadrigliata finale. Danza fortemente voluta dal Pio che aspettava quel momento per sfogare le sue ambizioni di comando.
Il giorno dopo, mentre la mora Ardita saliva le scale sentì dei saltelli dietro di lei. Non si voltò, come suo solito, e il Pio dovette rincorrerla per portarle una spiata: <<Sai il capo ti ha apprezzato mentre allacciavi le scarpe>>. L’Ardita fece notare appena quanto l’apprezzamento, per quello che le interessava, poteva significare e che lei, non era una persona molto mite di carattere. Pio svicolò a mancina ripromettendosi di farsi i fatti suoi la prossima volta; cosa che poi puntualmente fece e continua a fare (quasi sempre).
FESTA DI MAGGIO
Arrivò il tempo della festa di Mayo ed un bel giorno si arrivò alle attività sportive.
Per la precisione ad una partita di palla-muso. La squadra di Villanova gareggiava contro la squadra dei Villavecchia. A pochi minuti dalla fine la situazione era in pareggio, quando si infortunò il centravanti di Villanova; nessuno osava sostituirlo e la situazione era drammatica. A questo punto il Principe ebbe un’idea: cavò di tasca un osso di prosciutto e lo gettò nel campo. Immediatamente il pechinese si lanciò di corsa per afferrarlo, inciampò nel pallone e…gool.
Ci fu un tributo di applausi. Tutti si congratularono con se stessi per la loro lungimiranza in quanto avevano capito, prima degli altri, le capacità potenziali della bestiola. Attendevano soltanto che esse sarebbero emerse. Anche i geni quasi sempre vanno male a scuola ecc … .
Fu promosso a pieni voti, seduta stante, al grado “equino superiore” per meriti (sic!) sul campo.
FESTEGGIAMENTI E VOLO DI COLOMBI
Per festeggiare la vittoria in campo sportivo del Villanova ci furono danze e cori celestiali diretti da Paperina Kid. Ella ritta al centro dell’arena, impose innanzitutto un silenzio totale e per chi si azzardava appena a fiatare …piumate sulla bocca. Solamente lei sollevò le braccia al cielo per far iniziare il primo coro, quando si alzò in volo un colombo, colto da mal di pancia, che pensò bene di evacuare sulle ali (cioè sulle braccia) di Paperina Kid. Un urlo bestiale, stridulo come mille violini stonati, si alzò al cielo. Altri due colombi, spaventati si alzarono in volo e se la fecero letteralmente sotto per la paura, naturalmente sulla malcapitata. Colpita al collo e sui capelli, ormai ella sembrava uscita da un lurido pantano. Il coro fu sospeso, mentre il Direttore con una pompa ripuliva Paperina Kid, innaffiandola di schiuma antincendio. In tal modo cercava anche di raffreddare i bollori ardenti.
Il giorno dopo, mentre il Santo saltellava sulle scale, sentì la verdummaia ufficiale che stava commentando il fatto; lui era stato assente il giorno prima avendo dovuto partecipare ad un convegno sulle catastrofi nel mondo nei prossimi 50 anni. Alla notizia, il nostro pensò bene di radunare tutti i moschettieri davanti ai quali pronunciò la famosa frase: << Vincere e vinceremo >>; da altri; si sa, “precedentemente” copiata.
IL LOTTO E LE PROBABILITA’
Questa sicurezza nella vittoria, riguardava una grossa vincita al lotto che egli prometteva sempre per spillare soldi dalle tasche degli ingenui, in tal modo incrementava le entrate dell’erario sempre in difficoltà.
Anche questa volta gli riuscì il colpo. Furono “accesi” mutui ipotecari e prestiti a tasso di strozzinaggio per partecipare alla sicura spartizione della vincita favolosa promessa dal Santo. Si giocò:
3 i colombi o la vendetta; 19 il giorno del mese; 54 l’oca infangata (anche strozzata); 74 gli escrementi. Quaterna secca sulla ruota di Napoli.
La somma giocata era ingente e già Penna Bianca era andato all’agenzia per prenotarsi il prossimo viaggio in Brasile. Lacallas sognava di fare il giro del mondo con una crociera zeppa di ufficialetti in divisa ai suoi ordini. Ardita, sempre più ardita, disse che le avrebbe comprato una nave, a patto che fosse lei a dirigerla come capitano, armatrice e commissario di bordo. Nella sua magnanimità disse che avrebbe concesso l’imbarco anche a Mite e al Santo (quest’ultimo se avesse fatto il miracolo); <<... in caso contrario >> gli disse, proprio così << in caso contrario…>>. Lasciò lungamente la frase in sospeso, non disse altro, ma gli occhi lupicini parlavano da soli. Il Santo non si scompose, non batté ciglio, solo le gambe gli tremavano, leggermente però; dovette inventare la scusa di un nuovo ballo per giustificare tale movimento.
LA RESA DEI CONTI
Arrivò il Sabato, poi la Domenica e quindi, inevitabilmente il Lunedì. Pio aveva stavolta poca voglia di vedere gli altri. Era successo una cosa seccante: non era uscito un solo numero su alcuna “ruota”. Questo fatto, però, lungi dallo sconsolarlo, gli fece venire in mente una scusa per giustificarlo. Ci pensò a lungo e poi si convinse che era buona, anzi giusta. Senza saltellare e con cipiglio austero, affrontò la ciurma di scalmanati che lo attendevano con guantoni da box, bastoni vari, sedie e battipanni. Ardita aveva portato un enorme spillone per capelli e lo brandiva minacciosamente.
Almeno al primo impatto, il freddo, sicuro e austero atteggiamento del Pio ebbe il suo effetto; nessuno riusciva a prendere alcuna iniziativa, mentre il nostro li guardò uno a uno fisso negli occhi. Qualcuno si irrigidì sull’attenti, qualcun altro si rilassò pensando che in fondo c’erano buone notizie. Finalmente il Santo parlò: << Popolo di Villanova, o almeno miei fedeli, non tutto è perduto; sì!, è vero! non è stato estratto alcun numero su nessuna ruota>>. Immediatamente ci fu un coro vociante: << Già, e adesso chi ci ripaga i debiti mensili, i pegni perduti … >>. Quest’ultima frase fu pronunciata dal Genovese che aveva impegnato per duemila lire un anellino trovato per la strada. Anche Penna Bianca non volle essere da meno e disse che aveva pure lui impegnato il suo rolex, ma al Santo non sfuggì la sua furtiva mossa mentre lo nascondeva in tasca.
LA RIPRESA DEL COMANDO
Quando la ciurma si fu sfogata, il Santo, così parlò: << Amici, avete fatto trenta, ora dovete fare trentuno; vi faccio appena notare, con questo diagramma, costruito dopo una notte insonne, che la probabilità che su 10 estrazioni non esca alcuno dei quattro numeri da noi scelti è di uno a un milione (naturalmente lo ripeté per non far capire che aveva un poco esagerato per l’occasione).
Se il nostro si aspettava facce sorprese e consensi illimitati fu almeno temporaneamente accontentato, la cosa sembrava funzionare. Per il fatto stesso di aver pronunciato la parola milione, anzi di aver imbroccato una sola possibilità su un milione, gli astanti rimasero in forse e subito, battendo il ferro finché era caldo, Pio propose di giocare l’avvenimento con una cinquina. Tutti rifiutarono. Egli non demorse, propose un’altra quaterna, poi un terno; sull’ambo riuscì a coinvolgere Ardita mediante un prestito di 10 rate con quote da Euro 2, 00 settimanali e Marina Ripa di Nocera che, per combinazione, si trovava a passare da quelle parti e, ingenuamente, senza conoscere gli antefatti, disse: <<Gioco anch’io >>.
Anche questa volta si finì con l’imbroccare l’unica possibilità su centomila in quanto non fu estratto alcun numero di quella giocata.
Il Santo fece passare la cosa sotto silenzio inventando la settimana contro il fumo e tappezzando di manifesti tutte le strade e i corridoi per la gioia della signorina Cinguetti che, solo a sentire l’odore del fumo, strabuzzava gli occhi.
LE FERIE CHE SPETTANO
<< Domani vado a sciare >>. << Anch’io >>. << Che combinazione! Io avevo in progetto una settimana bianca da Lunedì, vuol dire che anticipo le vacanze di tre giorni e ci troveremo tutti a sciare >>. Fu a questo punto della conversazione dei tre “aspiranti sciatori” che il Pio intervenne con queste parole: <<Scusate se mi intrometto nel vostro dialogo, ma domani è Venerdì e non mi risulta che nessuno di voi abbia il giorno libero >>. Un sorriso sprezzante di compatimento sorse sulla bocca dei tre. Alla fine, il più grosso, detto il “ Montanaro”, aggiustandosi la fune che teneva avvolta sulla spalla sinistra, rispose: << Aggiornati, io posso prendermi i giorni di ferie secondo il nuovo articolo di legge 777/2b, il qui presente “ Principe Ereditario” per Decreto Reale e la “ Principessa sul Pisello” in base alla legge sulle fughe d’amore >>. Pio dapprima si adombrò, appena un poco, ma poi subito si riscosse e disse: <<Scusate tanto, devo essere veramente rimasto indietro con le nuove leggi, figuratevi, pensavo ancora che ci pagassero per lavorare, mio Dio, come sono ignorante! >>. << Sei perdonato >> concesse, il tizio con la fune, al nostro e continuò: << Tanto più che sono in arrivo, per meriti particolari, nuove concessioni di ferie per noi, ma … tu dovresti impegnarti un poco di più >>. Qui il suo tono divenne severo e professionale: << Domani terrai, oltre al branco dei rognosi, anche quello dei bracchetti e, già che ci sei, dai un ‘occhiata anche a quei gatti furiosi; mi raccomando! >>.
LA GRANDE DECISIONE
Qualche giorno dopo, Pio stava separando, delicatamente, le mascelle di un gatto dalla coda di un cane che, poverino girava in tondo cercando di liberarsi, quando sentì delle voci allegre di persone che passeggiavano lungo il Viale delle Rose. Si affacciò con il gatto che nel frattempo si era aggrappato con le unghie al suo braccio e notò dei forestieri dalla carnagione scura, vestiti elegantemente, che si davano reciprocamente buffetti e carezze e ridevano a crepapelle. Spinto da curiosità, il Pio si avvicinò, sperando anche che il gatto abbandonasse la sua presa. Non appena li raggiunse dovette ricredersi perché non erano certamente volti stranieri quelli, ma concittadini di Villanova che sfoggiavano abbronzature da isole del Pacifico o da Dolomiti. Allora il nostro si decise: << Andrò anch’io sulla neve >>. Tornato a casa, scrisse una lettera apocrifa, a nome del Direttore dei Villaggi Associati che lo convocava per motivi consentiti. Carpita in tal modo l’autorizzazione del non accorto Duce, per un giorno, l’unico Sabato della sua vita, ebbe il permesso di assentarsi dalle consuete mansioni e fare una gita.
ANCH’IO A SCIARE
Il Sabato successivo, grazie alla sua astuzia, Pio si organizzò per andare a sciare. Nella vicina fiera mercato aveva comprato:
Una salopetta di un cuoco che odiava il caldo dei fornelli e cucinava esponendo il petto villoso;
Una giacca a vento (nel senso che aveva qualche foro attraverso cui circolava un poco d’aria) ed un maglione dolce vita. Il collo del maglione era un poco esagerato e, piegato più volte, gli copriva anche il naso, ma tant’è, l’aveva pagato solo Euro 10, 00. Un vero affarone, considerato anche che era la settima taglia extra large.
Bardato con tutti i prescritti indumenti, il Pio affrontò la scalata del monte … . Un momento! Che ci faceva quella grossa catena alla vita? Risposta: gli era stata consigliata, all’ultimo momento, dal collega “Spazzolino Pel di Carota” , ma forse non si era espresso molto bene. La catena pesava e gli ostacolava i movimenti nelle manovre. Il Santo non si lamentò, mai. Accettò anche questa prova stoicamente e, come Dio volle, nel pomeriggio inoltrato arrivò in cima al monte. Vide solo erba e una marea di persone che prendevano il sole dopo aver pranzato. Niente neve. Non resistette più a tanto inganno e si inoltrò nel vicino bosco a correre e ad ululare il suo dissenso.
Restò fino a sera a consumare del tutto i suoi indumenti scivolando sull’erba. Poi li strappò definitivamente e li gettò via. Solo allora si riscosse e intraprese la strada del ritorno.
ANCHE I PRINCIPI PIANGONO
Un pomeriggio il Santo volle fare un esperimento: portò gli animaletti in una stanza con tante sedie, tavoli ed una pietra piatta e nera vicino al muro. << Chissà se è possibile addestrarli, si disse >>. Fu, come al solito, una spettacolo indecente. Le belve si scatenarono all’impazzata: come osava quel sotto, vice capo mandria privarli del loro quotidiano e prolungato pascolo. Il Santo tenne duro e riuscì a addestrarli, in appena due ore, a dividere un panino in quattro parti uguali.
Il mangione di turno (il pechinese), non ne volle sapere. Per lui, mangiare come gli altri era antidemocratico e ingiusto. Non volle ascoltare alcunché e, mentre gli altri erano distratti, divorò tutti i panini rimasti.
Il giorno dopo Pio volle raccontare del vano tentativo fatto al Principe. Si aspettava conforto o, quanto meno, solidarietà, ma, negli occhi dell’altro vide per tempo un luccichio, anche se la bocca era atteggiata al sorriso. Intuendo che i problemi del Principe erano più gravi dei suoi, il Pio chiese il motivo di tanta tristezza. Il Principe esclamò : << Sai, finalmente ho capito che bisogna stare dove tira il vento; ho deciso! Sarò dalla parte dei dirigenti, voglio arrivare anch’io nella stanza dei bottoni >>. Cosa che in seguito puntualmente avvenne, ma questa è un’altra storia. Alla meraviglia del Pio, egli spiegò di aver avuto un “cazziatone” dal Becero. Pertanto, lui non si sarebbe mai più messo nelle condizioni di riceverne altri, ma anzi di poterli fare. Da allora si mise candidato alla carica di vice capo e indossò per mesi una veste bianca.
I CARBONARI DI VILLANOVA
Il Duce e Gran Kan si decise, avrebbe tenuto una riunione il pomeriggio stesso. Chiamò il vice aiutante in campo (ex principe) e gli si impose con queste parole: << Chiama a raccolta gli accoliti più fidati e, mi raccomando, acqua in bocca con tutti gli altri >>. Immediatamente si diffuse la notizia e tutti gli abitanti del villaggio guardavano già i prescelti con occhi lividi. Nel pomeriggio, alla chetichella, entrarono nel tendone centrale: Lo Scozzese, detto “ Fillini” , ma lui ci teneva a dire che c’era un errore di vocale << con la “e”>> diceva , << con la “e” al posto della prima “i” >>; Ardita, per l’occasione si era travestita da barbone; Mita, sfoggiava una coda lunga che agitava in continuazione ; Pio con un enorme foulard rosso (tanto per non farsi notare) e, sempre col suo rolex ben in vista, Penna Bianca. Trovarono già presenti sul posto, eccezionalmente: Biancaneve e la Regina Madre.
Il gran capo li guardò negli occhi e disse: << Signori! Ci siamo, è ora di iniziare la rivoluzione contro lo strapotere dei politici (vil razza dannata), per cui, da oggi in poi dovete dirmi tutto quello che farete; ad ognuno di voi chiedo il massimo nel vostro lavoro, soprattutto nel riferirmi ogni cosa che avviene in città …>> ; (voleva dire villaggio, ma la sua megalomania glielo vietava).
APPUNTI, UN ANNO DOPO
Sono le nove, squilla il corno di caccia e Svanitella batte le mani, fuori tempo, facendo sorridere, come cani, i cani che attendevano l’inizio della caccia.
Ore 9, 20 Sirenella incanta con la sua voce vellutata il direttore del villaggio (qualcuno già lo chiama Villarzilla). Il direttore cerca di inseguire Sirenella, ma lei svanisce evanescente e silente fra ceppi aulici di ippocastani. La ex Callas freme ancora in su la sedia attendendo il momento della sua esibizione, ma invano, un callista coscienzioso le ha tolto ormai i magici poteri. Lei non lo sa. Chi più potrà calpestarle il magico callo dando inizio al concerto? Oramai il cielo attenderà a lungo di poter entrare nella stanza.
È sera tardi. Squali voraci si esibivano nella vasca fatta approntare dal Duce in persona. .
Nella notte i barriti degli elefanti e le urla delle tigri mantennero desta l’attenzione di quasi tutti al villaggio del lupo
Intorno al fuoco ritornarono, alla spicciolata, sempre più persone, c’era anche la piccola Mortizia, che tutti pensavano fosse una nuova recluta, invece viveva dentro al villaggio, quasi dalla sua fondazione, nessuno se ne era accorto mai, tanto si rendeva utile.
Al tepore del fuoco si incominciò a discutere di filosofia estetica. Se sia più bello avere fianchi opulenti o un bel vitino di vespa. Mangiando, tutta la notte, non si arrivò a capo del dilemma.
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