Il Pincio, d'estate, è un susseguirsi di vivaci giardini, di passanti accaldati e biciclette domenicali. A vigilare sulla terrazza, i mezzibusti marmorei di uomini che hanno scritto la storia.
Sopra il viale principale osservo una ragazzina sui pattini divorare una discesa: ondeggia tra decine di lattine senza farne cadere alcuna. Bene, penso, è il mio turno. Nella vita bisogna sempre dimostrare qualcosa, anche la domenica al Pincio. Scelgo per l'occasione la specialità della casa: slalom al contrario. Mi giro e pattino. Le gambe s'incrociano tra le Coca e le Fanta, sembra un esercizio di nuoto sincronizzato. Con la coda dell'occhio vedo la pischella abbozzare. Stai a rosicà, mi scappa. Distrarmi è una brutta abitudine che non riesco a perdere. Colpisco un sassolino, sbando e centro in pieno l'ultimo chinotto. La ragazzina si fa sfuggire un ghigno di compiacimento e io un vaffanculo liberatorio.
É un po' che la vita si diverte a prendermi in giro e lo fa sempre sul più bello. Stizzito, scendo fino al lungo viale, con uno sguardo offro il mio tributo al vecchio orologio ad acqua. Arrivo in piazzetta, trafelato e sudato fradicio. Il grattacheccaro ha fatto tanti di quei soldi con l'invasione giapponese che ha deciso di andare a morire alle Maldive. Al suo posto, un chiosco vende fette d'anguria gelate. Il tipo ha dipinto tutto di verde e rosso: pubblicità occulta.
Mi siedo al tavolino, arriva la fetta di cocomero, è un sorriso a trentadue denti. Davanti a me uno strano ragazzo digita frenetico su un PC grande come un foglio A4. Più avanti, una coppietta non si dà tregua. Sembriamo io e lei tanti anni fa. Troppi anni fa. Addento l'anguria, è fredda quanto deve, un vero sollievo. Sposto lo sguardo e m'innamoro. Ha i capelli raccolti a cipolla e infilzati da una matita. Legge "Swallow inn", riconosco la copertina, è il best seller del momento. La fisso, lei alza lo sguardo. Nei suoi occhi vedo il cupolone che sta alle mie spalle. In apnea ordino al tipo una seconda fetta. Arriva, la divoro, è sempre più fredda e appagante. Torno imbambolato nei suoi occhi, cerco segreti e trovo un amore da non lasciare, un soffio di libertà mi pervade. Lei si accorge che sto rovistando e sorride, io mi accorgo di quanto l'anguria gelata faccia male alla pancia e resto serio.
Il mezzobusto di Cesare mi fissa da lontano, ha capito e si vergogna per me. Accanto a lui, il sommo poeta mi guarda deluso. Capelli a cipolla si alza dal tavolino e mi fa l’occhiolino, da restarci secchi. Resto immobile, non posso fare altrimenti. Lei invece ci resta male e se ne va.
Sei scesa dalla mia vita prima ancora di salirci; resterai un'immagine lontana, come tante altre. Penso incazzato.
Capo! Urlo al padrone del chiosco. Quello si volta e mi fa segno tre con le dita; no, basta con sto cocomero, rispondo agitandomi, non è che c'hai un bagno? Accompagno la voce con un gesticolare di mano. Scuote la testa. L'ennesima presa in giro del mio destino.