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Ieri, Oggi, Domani
Narrò dell’amore su fragili fogli di speranze. La gomma del tempo e dell’indifferenza ogni cosa, amaramente, cancellò.
Tutto si mosse manciate d’anni or sono, allorché Adamo tramontava la sua adolescenza; quando dei suoi nonni non restava che un’immagine incorniciata sopra il camino, quando si preannunciava l’inizio d’una nuova vacanza in compagnia della famiglia, ed il buio striato di San Lorenzo alimentava attesa e desideri annotati a penna sul palmo delle mani.
La monotonia delle onde, il sibilo di spray protettivi, il pianto d’un bambino smarrito, il tormentone dell’anno sulle radio locali… Piru, amico fidato, si stese a fianco del giovane, chiedendo lui quanti desideri avesse già espresso.
Entrambi, infondo, mai dettero brace a tramandanti usanze di tal natura; nonostante ciò, era del tutto palese quanto aver abbandonato Ieri così repentinamente, turbò pensieri ed affetti di Adamo.
Il suo sguardo catturò il suicidio d’una stella, tacque alcuni secondi, trattenne il respiro, poi si concesse all’amico chiedendo lui, con melanconica e retorica ridondanza, dove fosse il vero amore.
Piru, sorridendo, tentò di collocar la sua risposta laddove, forse mai, l’avrebbe ritrovata.
Quella notte Adamo fece e si fece molte altre domande, bestemmiando in faccia alla Luna. Non bestemmiava mai di proposito, era parte di sé, del suo essere Adamo in quanto tale. La bestemmia era anche Adamo, così come Adamo era anche l’Adamo che, turbando amici e parenti, bestemmiava Dio ogni giorno.
Si tormentò per i cambiamenti in atto nella sua vita, nel suo animo, sul suo corpo. Era mai possibile rimpiangere d’esser nati per il timor di ciò che ci può attendere dopo questa vita?
L’ultima cosa vista, prima d’addormentarsi all’alba, la rugiada d’una rosa bianca.
Quella vacanza fu il giusto intramezzo per passare da Ieri ad Oggi: Adamo era molto affezionato al suo paese natale, anche perché, a differenza di quanto poté lui stesso constatare sin ad allora, a Ieri vi erano molti altri ragazzi simili a lui.
Ieri, insomma, era un paese che non lo faceva sentire diverso, escluso. Certo, era molto all’antica: vecchie tradizioni, vecchi macchinari, vecchi ad ogni finestra…
Anche Piru provava le medesime sensazioni, anche lui, come Adamo, come altri, era un ragazzo-cavalletta. Un ragazzo dalle gambe molto più lunghe ed elastiche rispetto a quelle dei suoi coetanei. Discreta differenza fisica, questo è vero, eppur tanto bastava per esser discriminati.
“Spero che ad Oggi ti troverai ugualmente bene, anzi, meglio! ”, disse Piru salutando l’amico.
“Ed io mi auguro ti trasferisca presto anche tu”, ribatté Adamo abbracciandolo.
Con un sol balzo, quest’ultimo raggiunse l’auto dei genitori, in attesa di partire.
Passarono sei anni, Adamo, timido e sproporzionato, impiegò diverso tempo ad integrarsi nella sua nuova realtà: Oggi era un paese molto più frenetico, tecnologico, e decisamente più denso d’abitanti di quanto lo fosse Ieri. La bestemmia era meno accetta da queste parti, sembrava, addirittura, causa del suo iniziale isolamento dai nuovi orizzonti.
Nonostante ciò, conobbe molti bizzarri amici: Dede, becchino al cimitero comunale, il quale lavorava indossando perennemente la medesima maschera da coniglio bianco. Era sua usanza offrir ciliegie nere a tutti i visitatori del suo sepulcretum. Sposava da sempre un’interessante insolita teoria, detta del panino diverso, secondo la quale, ogniqualvolta si recavano allo Scricciolo, famosa paninoteca locale, ognuno doveva ordinar diversamente rispetto ogni altro. Ciò avrebbe permesso loro di ruttarsi reciprocamente in faccia, alla domanda “Il tuo di cosa sa? ”.
Vi era poi Galbi, pigro studente di lettere. Era detto la mosca, poiché ad ogni colazione, dinnanzi a croissant e caffè, era solito profetizzare chissà quale criptica morale, levandosi in piedi nel bar di turno ed esclamando a gran voce quanto ogni bugia fosse un chicco di caffè nella sambuca.
Ed ancora Usmane, prete mancato, il quale, oramai da tre anni, camminava solamente sui soffitti. Era l’unico modo rimastogli, a suo dire, per salvarsi l’anima allorché, per l’appunto tre anni prima, rientrato da un viaggio in Senegal, ritrovò il crocifisso della sua camera capovolto.
Gentil sesso della compagnia: Letizia, Olivia, Gloria ed Eva, nuova arrivata.
Quartetto di veneri legato dall’amicizia e dal lavoro; tutte, infatti, erano bilancieri presso la ditta Teodicea.
Solamente Eva non era di Oggi, abitava a Domani, dove Teodicea aveva sede centrale; scomodità sua, sei mesi prima le venne comunicato il trasferimento per carenza di personale. Fenomeno che, oramai da parecchi anni, si registrava in molte delle filiali, sparse per tutto il sistema solare.
Fu per Eva un grande dolore dover lasciare la madre ed il fratello maggiore, intento a prendere i voti.
Impiego alquanto delicato quello dei bilancieri: i quali manovravano mastodontiche bilance, poste al centro dei pianeti, calibrando, nel miglior dei modi possibili, l’equilibrio tra bene e male.
Inevitabile il fatto che le lacune lavorative della ditta si ripercuotevano su di una scarsa pacifica bontà del viver quotidiano.
Fu Gloria, la più giovane delle quattro, ad avvicinarsi ad Eva durante la pausa pranzo. Quest’ultima parlò a lungo del suo paese, di quanto fosse diverso rispetto ad Oggi; un generale clima di serenità, specchio speranzoso del resto del globo, ed un sublime livello di conoscenza dei fenomeni della scienza e dell’animo, i quali, sempre più, echeggiavano la realtà di Macondo.
Come ogni abitante di Domani, anche Eva sapeva tutto prima degli altri. Tutto.
Difatti, fedele alla previsione, fu l’imminente, seppur temporaneo, abbandono della professione di Letizia, il pretesto con il quale le due giovani inaugurarono conoscenza.
Eva percepiva distintamente il dispiacere di Gloria per l’evento, per il quale, dopotutto, non v’era altra soluzione: i problemi di salute della madre di Letizia non potevano esser più semplicemente affidati ad una casa di cura, v’era bisogno d’una presenza costante, la quale accompagnasse l’infortunata lungo tutta la fase degenerativa del trascorso.
I problemi mentali della donna si fecero sempre più presenti col passare degli anni. Dapprima furono sindromi di auto-condizionamento: alla pronuncia di determinate parole, quali mamma, televisione, pronto?, buonanotte, ad ogni squillo di telefono o suono di campana, la donna rispondeva gridando e sbattendo tre volte le mani sulle cosce. A ciò seguirono crisi d’identità e prolungate amnesie.
Fu promessa e piacere di Eva restar vicina a Gloria, con l’intento d’aiutarla nell’affrontare le malinconie di Letizia.
Eva già sapeva che tutto sarebbe conclusosi per il meglio, solo non poteva confessarlo: nonostante il dono della premonizione degli eventi, compito di ogni abitante di Domani era quello di non svelare alcuna profezia, poiché ciò avrebbe potuto mutare il predestinato evolversi dei fenomeni.
Trascorsero le stagioni, gli inverni portarono neve e scarse novità in paese, le estati, invece, amori a tempo determinato e turisti incazzati.
Adamo, sul finire di quell’estate, si rese conto di quanto ci misero poco a giungere i suoi primi vent’anni.
Adamo, quel pomeriggio di settembre, posò diversamente gli occhi sul viso di Eva.
Adamo, da lì a poco, si sarebbe dichiarato ad Eva, la quale Eva, ovviamente, tutto già sapeva.
I vent’anni di Adamo, come tutti i vent’anni degli abitanti di Ieri, vennero una sola volta anche nella sua vita, dunque sembrò questo l’affascinante e filosofico pretesto con il quale il giovane si convinse d’invitare Eva a trascorrer con lui la sera del compleanno.
Al fine di non formalizzare troppo la loro prima uscita, Adamo decise di recarsi a cena allo Scricciolo, con la speranza d’incontrare nessuno, Dede in primis.
Eva non poté altro se non sorridere constatando lo stupore sperato di Adamo quando questa, finito di cenare, gli porse un pacco regalo.
“Non dovevi”, premonì la mente di Eva.
“Non dovevi”, esclamò Adamo pochi secondi dopo.
Con estrema cura scartò il pacchetto, aprì la scatola all’interno, ne osservò per alcuni istanti il contenuto: “Una mela? ”, esclamò perplesso, “una mela in terracotta? Un pensiero originale, grazie”.
Le sue parole furono goffe ed incerte, le sue movenze robotiche e scostanti.
“A Domani”, chiarì subito Eva, “non crescono più mele, ne crescono ancora gli alberi, quello sì, ma non il frutto. Voi mettete palline colorate sui pini, noi addobbiamo le piante con mele fatte in casa”, breve pausa, “Nonostante il sapor non possa esser il medesimo, le mangiano ugualmente”.
“Ogni mela rossa di Domani è una finta mela in terracotta? ”, domandò Adamo incuriosito, il quale, al cenno affermativo di Eva, aggiunse: “Vuoi forse dirmi che non hai affatto idea di che sapore abbia una vera mela? ”.
Eva, già sorridente, sapeva non vi sarebbe stato il tempo di rispondere al quesito poiché, in quella, una voce richiamò l’attenzione del giovane: “Adamo! ”.
Quando questi si voltò, con immenso stupore, vide Piru poggiato al bancone della paninoteca.
Dopo tante peripezie anche il buon Piru era riuscito a trasferirsi ad Oggi: “Porca troia! Quanto tempo! ”, esclamò Adamo, stringendo l’amico in un forte abbraccio che sembrò riecheggiare l’addio di sei anni prima. “Come stai? Ti presento Eva”.
I due si strinsero la mano, Piru sorrise, la guardò, lei fece altrettanto, poi scostò nuovamente lo sguardo verso l’amico: “La tua ragazza? ”. Adamo ed Eva inarcarono contemporaneamente le sopraciglia, sicché fu Piru a dribblare l’imbarazzo creatosi esclamando: “Ho capito, ci sono domande migliori, giusto? ”, pose con fierezza la mano destra sulla spalla di Adamo, “Mio caro amico, non voglio certo importunarvi ulteriormente, ma vediamoci al più presto, intesi? Ho tante di quelle cose da raccontarti”.
“Anch’io, e non sai quante! ”, ribatté Adamo.
Di certo Eva le sapeva.
Piru s’amalgamò col resto della folla, Adamo ed Eva finirono il panino, bevvero un caffè, fecero due passi, infine giunsero all’auto.
Di ritorno verso casa, Eva allungò la mano destra oltre la sua spalla per scovar la cintura di sicurezza: “Questo non l’avevo previsto”, pensò con stupore incontrando quella che si rivelò essere una rosa bianca.
Sbalordì gli occhi, Adamo sorrise, accostò a lato della strada, spense il motore… Lei scartò la busta che accompagnava la rosa, “Posso? ”, recitava il biglietto. Non riusciva a capacitarsi del perché quanto stava accadendo non rientrasse nelle sue consuete premonizioni, nonostante ciò cercò quanto più possibile d’ignorare ansietà ed insicurezza, sussurrando fragilmente: “Posso cosa? ”.
Adamo allora liberò una seconda busta da una tasca dei pantaloni, ne dispiegò il foglio all’interno, lo rivolse a favor di Eva: “Baciarti”.
In quello stesso istante, in paninoteca, Piru inciampò nel gradino dei bagni degli uomini; un’auto in transito schiacciò un grillo persosi nel mezzo della carreggiata, Gloria, sgranocchiando una mela in terracotta, tra sé e sé pensava “Chissà come va tra Adamo ed Eva”; un abitante di Ieri posava, con commovente incredulità, l‘ultimo tassello di un puzzle da cinquemila pezzi, a Domani smetteva finalmente di piovere succo d’arancio.
Da allora furono sospiri e respiri, saliva e sudore, lacrime di gioia e di dolore, sorrisi e carezze, attimi clandestinamente sottratti all’eterno, sogni d’infinito rafforzati da tramonti multicolore e voglia di surrealismo. Adamo regalò ad Eva un piccolo giardino nel retro di casa sua; un pezzetto di verde Eden profumato dai meli, come scriveva Truman Capote.
Nemmeno le ripetute tormente di cocco di quegli inverni fermarono la costanza e l’amore di Adamo, il quale, oramai uomo-cavalletta, si presentava a casa di Eva entrando sempre dalla finestra.
Adamo era una continua sorpresa e, proprio per questo, Eva era sempre più convinta d’aver trovato l’amore della sua vita.
Solamente una questione turbava i di lei pensieri: Adamo era la sola persona con la quale non le riusciva d’aver premonizioni. Peggio ancora: l’amore sembrava le stesse oscurando del tutto e verso tutto e tutti.
Ne ebbe definitiva conferma una mattina, di rientro dal supermercato, quando non le riuscì di prevedere la caduta d’una mattonella, la quale andò a tramortire un’anziana signora in lento cammino alle sue spalle.
“Tutto questo mi turba”, confessò ad Adamo quella stessa sera; “Riesci quantomeno a vedere come starà quella donna? ”, chiese lui. Eva scrollò il viso e trattenne le lacrime.
L’indomani Adamo incontrò Piru di proposito: era loro abitudine cercar di farlo almeno una volta, meglio due, alla settimana. Quella mattina discussero a lungo della situazione di Eva: “Ricordi la madre di Letizia? Purtroppo è deceduta questa notte”.
Seguì un lungo silenzio, poi proseguì: “Letizia resterà da Gloria fin a quando servirà”.
“Ma come? Così, all’improvviso, cosa può essere peggiorato? ”.
“Non è solamente questo il punto”, ribatté Adamo, “all’origine Eva aveva predetto che tutto si sarebbe concluso per il meglio, ricordi? Capisci cosa vuol dire? ”
“Non ti seguo”
“Eva ha iniziato ad aver queste mancanze da quando stiamo insieme”
“Quindi questo è il suo prezzo dell’amore? ”.
Adamo pregò l’amico d’abbandonare il bar nel quale sedevano per recarsi a proseguir dibattito in un luogo più isolato.
“Sto facendo crescere dei meli rossi per Eva nel giardino di casa, sai? ”
“Adamo, che c’entrano ora i meli? Parla, dimmi che sta succedendo davvero”
“Ho paura, tanta paura”
“Di cosa? ”
“Di non sapere quando morirà Eva”.
In quella i loro discorsi vennero intramezzati dal passaggio d’un gabbiano in volo con una rosa bianca tra le zampe.
“Ma che stai dicendo Adamo? Cosa vuoi dire? ”
“Ricordi le sue premonizioni, vero? ”
“E allora? ”
“Il buio eterno renderà la sua immagine uguale a tutto il resto; per questo farò della sua fossa il nostro nuovo nido d’amore”
“Adamo, te ne prego! Mi stai confondendo, non capisco dove vuoi arrivare: Eva è malata? ”
“Credo di sì”
“Che cosa?! ”
“È malata, o meglio, si sta ammalando, e non c’è nulla che nessuno possa fare per aiutarla”
“Quanto le resta? Come lo sai tu? ”
“Non sta morendo, almeno non fisicamente…”
“Sta impazzendo? ”.
“Sono tornato! ”, esclamò Adamo richiudendo le finestre del salotto. Eva sedeva sul divano, ricopriva il suo corpo nudo con un lenzuolo di seta celeste, tra le mani stringeva un libro, ne accarezzava dolcemente la copertina di pelle, recitando a memoria parole del passato…
“Amore mio”, sussurrò Adamo sedendosi al suo fianco ed accarezzandole il viso, “hai imparato a memoria anche questo? ”
“Sì”
“Tutto? ”, ribatté Adamo, stupito per l’elevata altezza del volume
“Sì, tutto”, Eva posò il testo tra le mani di Adamo, il quale lo voltò e ne lesse il titolo: La Divina Commedia – Inferno, Purgatorio, Paradiso.
“Ho tanto freddo, dove sono i miei gigli? ”, disse Eva abbracciandosi forte ad Adamo, “Sono di là in camera amore mio, domani li spostiamo in salotto, se preferisci”, “No”, replicò Eva, “Voglio solo che mi prometti di non lasciarmi mai”.
Il pomeriggio seguente Adamo ed Eva scherzavano in giardino, seduti all’ombra del loro melo rosso più alto e ricco. Sul principio del viale, una figura sembrava sempre più delineare le proprie intenzioni di considerare sua finale destinazione la loro abitazione.
E così fu.
“Buongiorno”, esclamò Adamo fermandolo sul cancello d’ingresso, “lei è? ”
“È un dottore! ”, gridò Eva dal giardino.
L’uomo sorrise alla reazione di Eva, poi donò sguardo ad Adamo e si presentò: “Non sono un dottore, perdoni se sciarpa e cappotto impediscono di rivelarmi ancor prima delle ufficializzazioni, sono un prete, mi chiamo Don Renato”.
I tre sederono al tavolo volante della cucina e discussero in compagnia di un infuso alla viola.
“Chi l’ha chiamata Don? ”, domandò Adamo
“Io”, rispose Eva
“Tu? E perché amore? ”
“Non vuoi sposarmi? ”
“Ma io… Non mi hai detto nulla, non ne abbiamo mai parlato in questi anni, almeno non seriamente…”
“Volete che vi lasci soli? ”, domandò il parroco
“No, resti Don Renato”, ribatté Adamo
“Don Angelo”, precisò lui
“Come Don Angelo? Poco fa si è presentato come Don Renato, o mi sbaglio? ”, chiese Adamo guardando in alternanza, quasi come a voler seguire una pallina da tennis in gioco, i volti di Eva e dell’uomo
“Sono un ex carcerato, ho scoperto la mia vera vocazione in prigione, leggendo testi sacri; mi hanno concesso la libertà dopo dieci anni, ma lo Statuto della Chiesa di Domani prevedeva una pena eterna per i preti peccatori, sicché la mia fu questa…”
“Credo che, almeno a me, sfugga qualcosa”, disse Adamo quasi ridendo in faccia all’ospite, Eva fu complice di quella risata
“Rubavo fondi dalle parrocchie corrotte: parrocchie dove i contributi dei fedeli venivano poi utilizzati per l’abuso di droga ed alcool da parte di molti uomini di Chiesa, quasi la totalità dei membri delle parrocchie talvolta. Oppure per pagare notturna e carnale compagnia sconosciuta”
“Un paladino della giustizia come lei, don…”
“Eraldo”
“Eraldo”, sottolineò Adamo, “condannato ed imprigionato? ”
“Certe cose s’insabbiano ancor prima d’essere atte; chi mai avrebbe creduto a quanto affermavo? ”
“E le prove? I conti? ”
“Io non avevo prove, almeno non concrete: lo sapevo, lo so, perché queste cose le vedevo. O partecipavi, o restavi zitto pregando al crocifisso nelle notti d’insonnia per colpa di grida e gemiti. Questo è quanto ho portato in tribunale; il mio intento era solamente rubare più soldi possibile da riconsegnare ai fedeli, piuttosto che consegnarli ad un destino tutt’altro che cristiano”
“Insomma, agli occhi del mondo lei era solamente un ladro? ”
“Esatto”
“Ma perché racconta a noi tutto questo? ”
“Lo faccio con chiunque, non mi vergogno di ciò che sono, di ciò che ho fatto. Ho ricevuto anche minacce di morte, lo sa? ”
“Da altri preti?! ”
“Non solo; vescovi, sacerdoti… Pergamene di gabbiani viaggiatori, ologrammi di personaggi lugubri nel cuore della notte, serpenti, ragni e topi sotto le lenzuola, negli armadi, nelle valigie; la Chiesa sa fare schifo! ”
“Ammesso che tutto questo sia vero, perché lei non ha abbandonato la Chiesa? ”
“Sono certi uomini di Chiesa a doversi vergognare, non la religione: la mia vocazione era ed è sincera, è ciò che talune volte ci ruota intorno che fa ribrezzo! ”
“Lei rubava soldi dai conti dei suoi, diciamo, fratelli e per fare ciò si procurava false identità? ”
“Ci è arrivato facilmente Adamo! Ecco il mio contrappasso: il Divino muta in me nome ogni qualvolta qualcuno lo pronunci…”
“Io l’ho chiamata ancora per nome prima, quando me lo ha ridetto”
“Infatti ora sono Don Franco”
“Bel contrappasso! ”
“Specie per un innocente peccatore! Ma, antitesi a parte, sempre meno crudele di quelli danteschi! E tu dovresti saperlo, Eva”.
Adamo si fece perplesso in viso, tacque per diversi istanti, titubò muovendo meccanicamente labbra e dita, poi, esitando quanto meno gli era possibile, disse: “Un momento Franco; contrappassi, Dante, voti, Chiesa, dai del tu ad Eva… Tu sei suo fratello, giusto? ”
“Ora sono Don Carlo, ad ogni modo sì, lo sono”, in quella Eva sorrise di gioia e si premurò ad abbracciare forte il fratello: “Corro ai fornelli a preparare una zuppa di Speranza”, esclamò senza abbandonare quella stretta, “voi avrete sicuramente molto di che discutere”.
Nel bel mezzo del cammino della sua esistenza, della sua passione, Adamo si ritrovò nella più buia e sconfortante delle selve, laddove nulla sembrava lasciar credere ad orizzonti di speranza, nonostante il profumo di zuppa che iniziò ad espandersi per quelle stanze, impregnate d’acquiescenza.
“Ora capisco perché ad Eva dava tanto fastidio ch’io bestemmiassi! Comunque… Sei qui perché hai visto tutto, non è vero? ”
“Sì Adamo, come tu avrai avuto modo di capire, noi abitanti di Domani possiamo solamente assistere inermi alle nostre premonizioni, non possiamo interagire con esse, non possiamo influenzarne il predestinato sviluppo… Da quanto tempo Eva ha smesso di lavorare a Teodicea? ”
“Circa sei mesi”
“Questo crea problemi in casa? ”
“Per fortuna, e per il momento, direi proprio di no: io continuo a lavorare e ciò è sufficiente per vivere serenamente”
“Non ho mai ben focalizzato quali siano le tue mansioni, Adamo”
“Sono un uomo-cavalletta, faccio ciò che fanno tutti quelli come me”
“Ossia? ”
Adamo sospirò profondamente: “Qual è il vero problema di Eva? ”
“Quando nel corso delle nostre pluri centenarie esistenze diciamo che non si può avere tutto dalla vita, effettivamente affermiamo il vero”
“Beh, noi più che altro diciamo che una sola vita non basta per fare tutto! ”
“Lo dite perché a Ieri la vita media è dieci volte meno quella di Oggi e cento volte meno quella di Domani, ma anche la nostra lunga degenza terrena o terrestre che dir si voglia, ha vincoli e convenzioni”
“Vincoli o convenzioni di che genere? ”
“Siamo soggetti alla sfortuna, come tutti. Eva sta perdendo la memoria Adamo; a poco a poco, Eva giungerà all’estremo di non aver più coscienza né di sé, né tanto meno di tutto ciò che accade dentro e intorno a sé…”
“Ma perché tutto questo? Perché proprio ora che ci amiamo? ”
“Perché non sempre si può avere tutto dalla vita”
“E secondo te io dovrei accontentarmi e rassegnarmi al cospetto di una frase del cazzo come questa? ”
“Adamo, non vorrei sembrarti il prete che parla per luoghi comuni, ma devi solamente fartene una ragione: non è colpa tua, né tanto meno sua, o vostra… Doveva capitare, questo è quanto, capisci? ”
“Sarebbe successo comunque? Indipendentemente da noi, dal nostro incontro, dalla relazione? ”
“Sì Adamo, era il suo destino, la sua sfortuna, il suo non poter avere tutto come avrebbe voluto dalla sua esistenza”
“Lo sapevi da sempre, non è vero? ”
“Anche lei”
“Le sta succedendo quanto capitato anche alla madre di Letizia, vero? ”
“Praticamente sì”
“Perché? Perché non mi ha mai voluto dire nulla? ”
“Non si sarebbe mai data pace per questo, perché non sapeva come avresti reagito”
“Ma come? E le premonizioni? ”
“Anni fa, quando vi siete conosciuti, mi confessò che ebbe preciso segnale del fatto che avrebbe seriamente e profondamente potuto innamorarsi di te”
“Ti ha raccontato del nostro primo incontro e della rosa, vero? ”
“Ancora prima Adamo, prima di quegli istanti. Successe quando stavate passeggiando dopo cena, diretti alla tua vettura… In quel frangente mi confessò che nella mente cercò di captare la tua reazione nel momento in cui t’avrebbe confessato il suo destino futuro: fu in quel momento che capì che qualcosa stava già mutando in lei, poiché quella fu la primissima non premonizione della sua vita”
“Ma così facendo non ha cercato di mutare il corso degli eventi, dei suoi eventi? ”
“Questo non potremmo mai saperlo, poiché la sua premonizione era già di per sé inesistente, dunque non saprei dirti se il suo futuro sarebbe stato differente a riguardo. Resta comunque la magra certezza che l’epilogo non sarebbe cambiato”
“Io non l’avrei mai lasciata! Mai! E nemmeno la lascerò ora! Per nessuna ragione al mondo”
“Prima che la gomma del tempo cancelli affetti, sogni e speranze, vuoi sposarla? ”.
La vista d’una lacrima sul viso di Adamo consigliò risposta affermativa alla domanda di padre Carlo, il quale, insieme con il giovane, si voltò di scatto verso la cucina, sentendo Eva esclamare a gran voce che la cena era servita.
La cerimonia, tenutasi in stretto riserbo sul promontorio più alto di Oggi, fu contornata da pochi ed intimi invitati. Testimoni furono Piru e Letizia.
Il sole era alto ed innamorato e persino il mare sembrava trasmettere frenesia per il lieto evento: i sassi della scogliera, per l’occasione, accompagnarono l’intera funzione con melodie vittoriane.
Nulla si concluse peggio di quanto non fosse già scritto, né tanto meno meglio di quanto Adamo, in cuor suo, non riusciva a smettere di sperare.
Questo fu ciò che ricevettero dalle loro esistenze; questo fu il miglior equilibrio tra quelli possibili sull’ago delle loro bilance, l’inevitabilità delle loro predestinazioni.
Non vi furono lacrime sprecate, nemmeno sorrisi costretti; solamente un’intima cerimonia, pochi invitati, un sole alto ed innamorato, la frenesia del mare, le melodie dei sassi…
Adamo, quella stessa sera, sedette di fronte alla molteplicità dei colori del tramonto: “A cosa mai potrebbero servirmi? ”, si domandò scovando un paio di vele nelle sue piccole tasche scucite.
Poi alzò gli occhi e vide l’oceano.
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