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Oh Brasil! (Parte prima: Rio de Janeiro).
L’idea di un viaggio lungo le coste brasiliane mi accarezzava sin dall’adolescenza. Di ritorno da Praga avevo conosciuto una ragazza brasiliana bellissima, Tania, con la quale eravamo ottimi amici: lei studiava canto lirico, in quanto figlia di un famoso direttore d’orchestra di Rio de Janeiro. Data la sua bellezza e la sua statura non le era stato difficile trovare lavoro come hostess di terra. La presentai al mio amico Tony C. il quale non ebbe difficoltà ad inserirla in alcuni ateliér così poteva mantenersi anche gli studi di italiano. E mi parlò tanto del suo Brasile, prima di tornare in patria, da lasciarmi con la voglia di andarci al più presto.
Ne parlai al mio caro amico Maurizio. In pochi giorni organizzò il viaggio nel quale avrei dovuto usare più la telecamera che la macchina fotografica: avremmo realizzato un documentario sulla costa atlantica brasiliana e sui suoi abitanti.
Giungemmo a Rio de Janeiro la seconda settimana di gennaio del 1992. La mia amica Tania venne a prenderci all’aeroporto e ci sistemò presso un “apart hotel” (un tipo di residence) in una stradina interna nel quartiere di Copacabana.
Che dire è un posto che non si può raccontare, ogni giorno è diverso, bisogna viverlo. La cosa che mi impressionò è la dedizione di questo popolo al proprio corpo. Migliaia di persone correndo o marciando lungo un marciapiede che costeggia la spiaggia, dove di tanto in tanto si trovano spazi attrezzati per fare esercizi ginnici, docce volanti. Poi tanti chioschi, dove bere i succhi di frutta più fantasiosi e dai quali pendono grappoli di cocco verde. La spiaggia è affollata ma vivibile, dove ambulanti passano in continuazione vendendo i loro prodotti, da quelli artigianali a quelli alimentari.
Alla fine della spiaggia c’è un piccolo promontorio, oltrepassato il quale sei alla spiaggia di Ipanema. Quest’ultima è più raccolta, ma ugualmente animata. Non puoi non fermarti a sorseggiare un cocco verde (“agua de cocco”), fare un tuffo nell’oceano Atlantico “pegando a onda” (prendendo l’onda), e guardare quelle bellissime ragazze in ridottissimi tanga, che ti sorridono amabilmente. Ma non siamo qui per turismo sessuale. Tania è un ospite eccezionale ma non può passare tutto il suo tempo con noi. La seconda sera usciamo da soli, per fare un giro sul marciapiede antistante l’ Avenida Copacabana: bar, ristoranti e locali da ballo uno dietro l’altro per oltre un chilometro. All’improvviso mi si avvicina un tizio offrendomi, a voce, di tutto: fumo, cocaina, crak. Io nemmeno avevo capito bene, in quanto ancora non padrone della lingua, che mi sono trovato circondato da 4 poliziotti che mi accusavano di aver comprato merce da un trafficante. In parole povere volevano 300 dollari americani per non portarmi al locale commissariato. Fortuna volle che avevo con me solo la fotocopia del passaporto, la fotocopia di alcuni travel cheque e una vecchia tessera di fotoreporter. Iniziai a recitare la mia parte, dicendo di essere ospite di Rede Globo (= Rai ), e mentre mi buttavo a terra gridai a Maurizio di telefonare in redazione. Nel frattempo qualche passante, per di più turisti, iniziava a soffermarsi mentre tentavo di far capire ai poliziotti che avremmo potuto incontrarci l’indomani per cambiare i travel cheque. All’improvviso questi iniziarono a realizzare che non ero uno sprovveduto e dopo essersi guardati tra loro decisero di lasciarmi andare trattenendo con loro la fotocopia del mio passaporto, mentre con gesti tentarono di farmi capire che avrebbero fatto ricerche sulla mia identità. Presero il finto trafficante, gli mollarono due finti ceffoni e lo caricarono sulla volante. Mezzora più tardi lo incontrammo a circa duecento metri da dove lo avevano caricato. Mi avvicinai e senza alcun timore gli dissi in italiano che era meglio per lui far finta di non vedermi le prossime sere o gliela avrei fatta pagare: non so dove tirai fuori quella grinta ma effettivamente non lo rivedemmo più.
Il giorno dopo andammo con Tania al centro: ci spiegò che vive solo di giorno, con i suoi grattacieli a fianco di antiche costruzioni quali il Vecchio Teatro. Qui puoi sederti in un piccolo bar di fronte al teatro e gustare dell’ottima birra mentre ragazzini con secchi ripieni di carbonella accesa ti offrono cartocci di semi di arachidi tostati al momento al costo di pochi spiccioli.
Non starò qui a descrivere tutte le bellezze classiche di questa città: la statua di Gesù Salvatore, il Pan di Zucchero, il tram che si arrampica lungo la favela…
Tania ci disse che stava andando a passare qualche giorno insieme al suo ragazzo, a Parati, una cittadina a circa 200 chilometri a Sud di Rio e che sarebbe valsa la pena visitarla. Partimmo con loro in autobus e attraversammo località splendide, quali Angra do Reis, ritrovo dei Vip di tutto il mondo. Giungemmo infine a Parati e prendemmo in affitto delle camere in una “pousada” (pensione con colazione). La cittadina, piccola in verità, è nota ai più perché ha davanti a sé, nel mare, un arcipelago di circa 40 isolette, visitabili, non tutte, con delle barche che ogni giorno si riempiono di turisti. Prenotammo anche noi per due mattine dopo. Nel frattempo potemmo costatare la bellezza di questo posto, dalle piccole stradine in terra battuta, le abitazioni coloratissime in stile coloniale, quei negozietti pieni di articoli di artigianato, la piccola chiesetta anch'essa in stile coloniale, il ponte di legno sul fiume da dove bambini vivacissimi vi si tuffano dentro e dal quale ammirare un tramonto spettacolare.
Pensavamo di essere tra i pochi italiani in giro, e invece trovammo una troupe di Mediaset che stava girando un film in cui la nota Florinda Bolkan interpretava una suora amazzonica ecc… Fummo invitati a cena in una villa colossale ma sinceramente avrei preferito stare sulla spiaggia.
Finalmente la gita in barca si rivelò bellissima: costeggiammo tratti di Mato Atlantico ancora vergine in quanto non attraccabile a causa di enormi distese di mangrovie e immaginai cosa avessero pensato quei marinai portoghesi al comando di Cabral quando avvistarono queste coste e in genere tutti quei navigatori che si imbatterono nel nuovo mondo.
Poi per raggiungere alcune isolette semiabitate bisognava scendere dalla barca e prendere delle scialuppe fino alla spiaggia. Ci sono sensazioni che è impossibile descrivere, bisogna viverle.
Conoscemmo delle ragazze brasiliane simpaticissime che iniziarono a darci lezioni di portoghese. Uno spasso tra una foto e l’altra e le riprese video.
La sera andammo tutti in uno di quei locali brasiliani che non sono soltanto bar, dove c’è musica dal vivo, dove nella piazzetta antistante si danza al ritmo di “pagode” che è una samba lenta che si balla in coppia, dove si bevono long drink fantastici e dove continuare a scherzare con le ragazze conosciute in barca e dove, infine, la notte ha la più felice delle conclusioni. Che dire Parati: tradotto significa Paradiso….
Avvicinandosi il Carnevale il giorno seguente Tania ci informa che se vogliamo veramente scoprire qualcosa di diverso avremmo dovuto trascorrere questo evento ad Olinda nel Nord-Est dove si svolge il carnevale più pazzo del Brasile. Le rispondemmo che non c’era problema, - andiamoci -. Tania scoppiò a ridere e poi ci informò che Olinda si trovava a poco più di 3. 000 Km. di distanza e che comunque lei non avrebbe potuto accompagnarci.
Il giorno seguente tornammo a Rio e de Janeiro, salutammo Tania e i suoi amici, lasciammo parte del bagaglio dandoci appuntamento al nostro ritorno e iniziammo quel viaggio di tremila chilometri in autobus, praticamente della durata di 45 ore. All’epoca non sapevo quel viaggio avrebbe cambiato radicalmente la mia vita.
In autobus scoprimmo la grande allegria che pervade questo popolo: sono tutti cordiali, desiderosi di conoscerci e di insegnarci la lingua, senza pregiudizi, aiutandosi mutuamente. Ad un tratto mi ritrovai con un bimbo in grembo ad accudirlo mentre la madre tentava di riposare un pò. Quel viaggio terminò a Recife, ma non dimenticherò mai tanta umanità e solidarietà: scendemmo dall’autobus e qualcuno ci invitò a passare a casa sua a prendere una doccia e telefonare a qualche albergo per trovare dove potersi fermare in quanto, essendo il carnevale in atto, sarebbe stato difficile trovare posto.
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