IL VENDITORE DI CERTEZZE (secondo capitolo)
“Sì, la strada per Nulla è questa…ma sei sicuro di volerla percorrere? ”
“Perché mi fai questa domanda? ” chiesi.
“È risaputo che lungo questa via vi siano ostacoli apparentemente insormontabili, bestie feroci e fiumi di lava; c’è chi ha parlato anche di strani esseri ingannatori col corpo coperto da un mantello grigio e gli occhi di ghiaccio, capaci di pietrificarti e renderti talmente pesante da non riuscire più a risollevarti dopo la caduta. Se hai deciso di inoltrarti in quella selva di pazzi e alcuna certezza, preparati al non ritorno”.
Dapprima a stento intesi il vero significato delle parole pronunciate dal mercante: sembrava stesse quasi parlando di una specie di ‘terra di nessuno’, dove ogni gesto perde di significato e le parole non sono altro che foglie secche nella corrente. Un luogo in cui quando credi di essere libero, in realtà, attorno a te, qualcun’altro sta già costruendo alte barricate. In un secondo momento quei suoni fuoriuscirono dalla mia mente e, dopo averlo ringraziato, cominciai a camminare verso lo svanire dei miei dubbi.
Rimasi alquanto esterrefatto dalla velocità con la quale si dileguò tra le piccole calde casette colorate del paesino sulla costa, probabilmente così frettoloso di raccontare a chiunque del mio passaggio da dimenticarsi persino della fame che ore ed ore di duro lavoro gli avevano procurato; un cittadino in preda ad un attacco di panico, forse terrorizzato al solo pensiero di doversi trovare al mio posto anche solo per una manciata di secondi. Un mortale come tanti altri, timoroso di ciò che non conosce e tanto succube della vita da preferire una parziale consapevolezza di ciò che accade intorno a lui per evitare di metterla a repentaglio e che si crogiola nella sua ignoranza illudendosi, in questo modo, di poter proseguire il suo grande viaggio anche solo per qualche momento di più. Il classico amante della precaria stabilità, della calma apparente, della finta quiete, dei valori effimeri: il classico falso moderato che al punto di morte rimpiange un’esistenza non vissuta. Il classico indisturbato che alla resa dei conti si rivela infelice.
Accarezzai con lo sguardo l’alba che mi si sdraiava di fronte: un’occasione che pochi ormai possono permettersi di osservare. Nessuno ha più tempo da dedicare ad un sole che si sveglia protetto dall’orizzonte che, per quanto possa coprirlo, è sempre più basso di lui…è tutta una questione di punti di vista.
Io avevo scelto di essere lì in quel momento per vederlo apparire.
Chissà a quale spettacolo stava ora assistendo il mio fantasma.
Io lo immaginavo avvolto nel suo lenzuolo nero, logorato dal tempo e dalle passioni, con il viso puntato alle stelle che ancora dovevano apparire. Ero sicuro che sapesse individuare anche alla luce del giorno tutte le costellazioni…e questo grazie alla sua cecità. Non esiste miglior osservatore di colui il quale sia stato privato del dono della vista. Gli occhi sono soltanto una barriera che l’umanità definisce indispensabile, ma non è possibile considerare un limite come garante delle emozioni.
E questo il mio fantasma lo sapeva.