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Jack non vuole morire.
"Liberamente ispirato ad una storia vera".
Jack non vuole morire perché ha paura.
Jack non è né un santo né un eroe, per questo teme di scomparire nel nulla. Ha solo quarant’anni e la sua vita è fluita in modo stranamente troppo normale.
Jack sa che deve morire. Il male si è incuneato nelle sue membra come un verme nella terra umida e nessuno al mondo sa come stanarlo. Jack ha girato tanto, in lungo e in largo; cliniche specializzate e specialisti con svariati riconoscimenti, ospedali di fama nazionale e professori con fama di successo. Nulla è servito a niente, tranne nel far scomparire e poi apparire i suoi neri capelli, adesso ridotti a ciuffi isolati, per effetto della chemio.
Jack adesso è a casa. Mangia poco per via dell’ascite. La sua bocca è amara come l’inferno ma le sue condizioni sono abbastanza buone. È notte, sua moglie e i suoi due figli sono già a letto.
La casa è silenziosa, un silenzio quasi surreale, apatico, inverosimile se accostato al turbinio di emozioni negative che la sua famiglia sta vivendo.
Jack si avvicina alla stanza dei suoi figli che ha la porta aperta, li guarda dormire nella loro alcova incantata, sapientemente costruita, mattone dopo mattone, dalle sue mani e dalla sua mente in vent’anni di lavoro. Dormono. Forse sognano. Loro sanno già tutto e non smettono di mai di pregare per un padre “normale” ammalato di un male, dicono, incurabile.
Jack soffre perché i suoi figli sono illusi, tremendamente illusi. Continuano a pregare di nascosto, magari di sera quando la luce soffusa delle stelle accarezza i vetri della loro stanza. Hanno solo quattordici anni lui e dodici lei.
Jack ama i suoi figli. Questo provoca in lui sensazioni indescrivibili. È la forza dell’amore che se miscelata alla paura di alienarsi per sempre, distaccarsi da sentimenti purissimi, diviene un atroce tortura. Preferirebbe cento cicli di chemio e non la consapevolezza che a breve essi piangeranno sul suo corpo, segnati per tutta la vita da questo drammatico evento. È troppo dura da concepire. È come se qualcuno ti privasse della tua vita due volte. Troppo dura da accettare ; quale famigerato Dio vuole questo per i suoi figli?
Gli occhi lucidi brillano di luce riflessa mentre una fitta di dolore lacera i suoi pensieri.
Domani è il suo compleanno, molto probabilmente l’ultimo. I suoi figli gli faranno gli auguri e magari un regalo. Quali auguri? Quale speranze? Non sarebbe meglio domani non arrivasse mai, mentre il tempo si fermasse come per incanto?. Quel tempo che sembra secondario e trascurabile quando stai bene e le cose sono a posto. Quasi fosse un dono gratuito, un giro in giostra che non finisce mai. Quel tempo oscuro e prezioso, nel quale i secondi passano, lanciati in aria come raggi di luce a velocità immense e incalcolabili. Quel tempo che non basterà mai a far capire a coloro ami per davvero ciò che provi per loro, perché le parole rimangono chiuse in bocca per la pura paura di arguire l’effetto contrario, ovvero di ferire e lacerare ancor di più, rimarcando il distacco.
Le lancette della vecchia sveglia attaccata al muro segnano mezzanotte e cinque invece. Il tempo non si ferma, almeno in questa dimensione.
Jack ritorna piano nel suo letto mentre il dolore fisico si fonde con quello mentale. Sua moglie dorme. Molte volte è sveglia accanto a lui ed ai suoi spasmi dovuti alla malattia; molte volte ha pulito il vomito bagnato dal suo male; molte volte ha pianto insieme a lui da quando ha scoperto di essere ammalato. “È una donna forte” – pensa Jack mentre una lacrima attraversa silenziosa le sue rughe premature.
Si sdraia lentamente accanto a lei. Come quando facevano l’amore avulsi dalla realtà, senza chiedersi se la felicità esistesse oppure se qualcosa avrebbe potuto rompersi un giorno o per sempre.
Jack non riesce a dormire. Appena prova a farlo sente i liquidi ascitici pervadere il suo stomaco, spingere i succhi gastrici verso l’esofago quasi a volerlo soffocare.
La disperazione è padrona del tempo e Lui è schiavo dei giorni che restano. Domani andrà in ospedale per l’ennesimo svuotamento del liquido, attraverso una siringa bastarda e inanimata. Non servirà a nulla, un’altra tortura, un’altra morte in vita, l’ennesima.
Jack si solleva con difficoltà dal letto ed esce dalla stanza. Va verso il balcone del sesto piano e si affaccia sulla terrazza. Guarda inquieto il cosmo, nella serenità oscura della notte. I pensieri si incrociano come un vortice roboante di parole non dette e immagini sfocate di momenti di felicità vissuti che sembravano eterni.
- Quale gioco oscuro si nasconde dietro la morte?-
Qualcosa ora si accende, come una luce invisibile, in una parte oscura e trascendentale della sua psiche. Qualcosa che non aveva mai provato prima. Qualcosa di unico.
Sta provando per un attimo a chiedere a Dio o chi per esso di sapere. Magari un segno, una prova che morire non è marcire in una cassa di mogano nell’oscurità totale.
Non può essere così, non avrebbe senso. L’anima si riceve intatta da quando uno nasce, non si fabbrica né si costruisce. La biologia non è ancora arrivata a questo. E se non si costruisce vuol dire che già di per sé, per sua stessa trascendente natura, non è in questa dimensione fatta di mille lati amari e carenti di verità, in cui essa affitta un corpo fatto di acqua e di carne senza senso.
Jack non ha mai pregato in vita sua. Lo sta facendo adesso al chiarore di quelle stelle che non aveva mai scrutato a fondo come questa notte.
La paura del nulla, del niente, dell’eclissi perpetua è sconfitta solo da chi crede in qualunque cosa. Non serve essere bigotti o affidare ciecamente a qualcuno che è più sapiente e colto di noi la propria anima. Basta credere in qualcosa e sapere che al di la del “muro” qualcosa esiste. Che sia Dio, energia, massa, materia oscura o antiparticelle ciò non importa. Il legame resta intanto nel tempo di questa dimensione, che è solo sgraziatamente “relativo”.
Jack continua a pregare. È più sereno adesso.
Il cielo nero macchiato di stelle ardenti e immobili; sembra infinito.
È immenso, bellissimo. Si accorge solo adesso che siamo noi il nulla al cospetto dell’universo. Ciò che ci attende all’orizzonte della linea degli eventi naturali è sicuramente la “vera” realtà.
Jack sa che deve morire, ma domani festeggerà lo stesso con la sua famiglia. Adesso sa per certo che un giorno senza ore, una vita senza notte, sarà di nuovo insieme a loro.
Come uno dei tanti passati, immersi in ciò che crediamo “realtà unica e irripetibile” in verità solo un tempo finito di un “insieme” più grande e veritiero.
Jack morirà tra due mesi.
Fine.
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