Una goccia trasparente, lentamente, cominciò a scivolare sulla verde foglia carnosa.
Come una lente, mostrava al suo passaggio i particolari delle fibre, tingendo di smagliante smeraldo il suo interno. Pigramente si abbandonò, lasciandosi cadere fino alla costa centrale. Strisciò senza fretta, un’umida scia restava ad illuminare la strada percorsa.
Adagio raggiunse la fine, restò sospesa il tempo di un respiro per poi lasciarsi andare, leggera, nel vuoto, ricomposta in perfetta sfera, riflettendo l’intorno, morbidamente in volo.
Le mani seguivano il ritmico movimento della schiena procurato dal respiro, ascoltavano il tepore del lento scorrere del sangue sotto la pelle. Presero a muoversi lungo la colonna, senza fretta raggiunsero le natiche, le accarezzarono, le strinsero a fondo, con calma e fermezza, quasi a cercare il confine del dolore. Si sciolsero a poco a poco lenti fiumi di piacere e d’ ebbrezza, gradualmente uscirono dagli argini. Le dita li raggiunsero, si intinsero, si inebriarono del loro profumo, si scaldarono al loro tepore, a rilento cercarono, trovarono ed esplorarono angoli nascosti, schiusero senza fretta ogni piega, ogni anfratto. Un lago calmo di voluttà proteggeva l’entrata. Il membro, turgido ed eretto controllando la sua forza vi si immerse, pacatamente sparti le acque, le dighe si sgretolarono. Spinse ancora più in fondo, cercando l’abisso mentre a poco a poco l’onda cresceva, sempre più alta fino a chè, esausta, con fragore si disfece ricomponendo le acque nell’immenso infinito oceano dei sensi. La goccia dolcemente si posò al suolo, si disciolse nella terra e lentamente ricominciò il suo viaggio.