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I tre angeli custodi cap 3 Leira
Per quanto fosse di natura ribelle, Leira aveva un gran rispetto per sua “madre” e ne accettava gli ordini, anche se spesso le sembravano strani; ad esempio non capiva perché mai non andassero mai insieme nel villaggio vicino, ogni volta, Wanta, ci andava da sola, nonostante le accorate suppliche della piccola…
Comunque, aveva precocemente imparato a leggere e scrivere e far di conto…così, quando restava sola, tirava fuori i libri dalla cassapanca, e assieme anche i fogli e l’inchiostro e, affilata una penna, spesso scriveva …raccontando a se stessa le sue scoperte, i suoi giochi, le sue avventure nel bosco, i suoi sogni; ecco, i suoi sogni; spesso le capitava di sognare di trovarsi su in alto nel cielo, come se stesse volando, e da lì osservava le lucine della valle e le anse del fiume che l’attraversava…
Spesso sognava di essere sola nel bosco, inseguita da un “nemico sconosciuto” senza volto, senza forma, un “nemico” e basta; un “nemico” che voleva, lei ne era certa, farle del male, addirittura ucciderla…strillando di paura si svegliava di soprassalto e si lasciava cullare, dalle ruvide braccia di sua madre, prontamente accorsa.
Spesso sognava una voce, sì, una voce che dal nulla le diceva :- Leira, piccola regina, ascolta, devi essere paziente, devi accettare la disciplina di tua madre, devi eseguire i suoi ordini, poi, un giorno, quando il Gran Consiglio avrà deciso che sarà il momento giusto, tu diventerai…….-
E lì, il sogno, sistematicamente si interrompeva, mai, era riuscita, a sentire cosa sarebbe dovuta diventare, e quando ne parlava con Wanta, chiedendole se sapesse cosa fosse il Gran Consiglio, restava disillusa perché la madre faceva spallucce, guardandola come fosse una matta!
Comunque di una cosa era certa, sentiva di essere diversa, speciale, unica, perché avvertiva nello scorrere del suo sangue una forza particolare, avvertiva che tutti gli animali del bosco ai quali si avvicinava, la guardavano con dolcezza, senza paura, lasciandosi accarezzare, sentiva che il ruscello, rallentava decisamente la sua corsa, quando d’estate, per vincere il caldo si calava nelle sue acque, e i rami degli alberi si inchinavano al suo passare, come a farle ala in un corteo nuziale, sentiva talvolta i fiori come se le stessero parlando, e allora si fermava, incantata, ad ammirarli, annusarli, inspirando le essenze della natura, natura che era ben lieta di essere posseduta dalla piccola Leira.
Dal grande libro della storia del mondo, aveva letto di vita e di morte, di guerre e distruzioni, di cavalli ed armi, di donne e di uomini, di mamme e bambini; ecco, gli uomini, mai, da che aveva memoria, Wanta le aveva parlato di suo padre, e quando la piccola intavolava questo genere di discorsi, la madre trovava sempre il sistema per deviarlo su altro argomento.
Una mattina, pochi giorni dopo la grandinata eccezionale, Wanta si recò di buonora davanti la Grotta dei Giganti, e inginocchiata e con le braccia conserte, gridò:- Rappo!, Grande Mago! Ascoltami, non so più come rispondere alle domande della creatura che tu mi hai affidato, oramai è cresciuta troppo per credere ancora alle mie goffe bugie, Rappo, ti imploro, aiutami, scioglimi dai miei giuramenti!-
Dopo alcuni minuti, scanditi solo dal fischiare del vento fra i cunicoli della grotta, si udì da voce di Rappo :- Va a casa, ho recepito il tuo appello, provvederò non appena il Consiglio sarà reso partecipe, prepara la bambina, vestila come una dea, adornala come un prato fiorito, profumala come una notte d’estate, e dille di aspettare, con pazienza, la mia visita!-
Continua
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