racconti » Favole per bambini » La gatta maola
La gatta maola
I genitori di Laura erano partiti per ragioni di lavoro.
Dovendo trattenersi lontano da casa per qualche giorno
avevano affidato la bambina ai nonni e, sapendo quanto
Laura tenesse alla favola della buonanotte, avevano
incaricato il nonno di raccontarle una favola ogni sera.
Subito dopo la cena in casa dei nonni, Laura, eccitata dalla novità, si lasciò
condurre a letto prima del solito e si dispose all'ascolto di nuove meravigliose favole. Il nonno raccontò la favola di Cappuccetto Rosso. Laura non nascose la sua delusione: "Ma, nonno -disse risentita- è una favola vecchia! Raccontamene una che non conosco. Anzi, inventala tu una bella favola". Il nonno rimase
sconcertato: "Inventare favole! -disse fra sè - È una bella pretesa! Sono troppo
esigenti questi ragazzini moderni". Ma non voleva fare una brutta figura con la nipotina e così ripescò nella sua memoria una favola-scherzo che ai suoi tempi lo
aveva molto divertito.
"Questa è la favola della Gatta Maola
della Circuìta. Vuoi che te la dica?"
"Si"-rispose Laura tutta eccitata. "Non si dice si, perché questa è la favola della Gatta Maola della Circuìta. Vuoi che te la dica?" Il nonno ridacchiava. compiaciuto
di se stesso. Laura lo guardò peplessa. Per provocarlo e curiosa di conoscere la prossima mossa del nonno, rispose con un secco "No".
"Non si dice no perché questa è la favola della Gatta Maola, della Circuìta. Vuoi
che te la dica?" Laura rimase in silenzio per un po'. Le sembrava di trovarsi
di fronte ad una specie di cassaforte fatta di parole e che si dovesse trovare la combinazione per aprirla. "Forse"- azzardò. "Non si dice forse perché questa è la favola della Gatta Maola, della Circuìta. Vuoi che te la dica?"
L'espressione furba ed ironica del nonno irritò molto Laura. Le venne quasi voglia
di piangere e cominciò ad avvertire un leggero mal di testa per lo sforzo di venire
a capo della diabolica favola. Chiuse gli occhi per concentrarsi nel tentativo di
risolvere l'enigma. A bassa voce pronunciò la formula magica che credeva
di avere scoperto. "Gatta, gattina. Maola, maolina, racconta la tua storia alla bambina".
Improvvisamente la stanza piombò nel buio più nero. Nel vano della porta comparve un enorme animale grigio; da tutto il suo corpo emanava una forte luce
bianca che rischiarò tutta la stanza. "Mi hai chiamato? Sono io la Gatta Maola".
"Oh! -esclamò Laura, battendo le mani per la gioia. Ho scoperto la chiave della
tua storia segreta!" "Chiunque cerchi appassionatamente di svelare un mistero, di
conoscere una verità, trova sempre la chiave" - disse solennemente la Gatta.
"Avvicinati" - chiese Laura, molto emozionata. La Gatta avanzò lentamente e si
sedette ai piedi del letto. "Dunque, -cominciò - tu vuoi conoscere la mia storia.
Devi sapere che migliaia di anni fa non esisteva la specie dei gatti. C'erano i maoli
che somigliavano ai gatti ma erano molto più insignificanti. Non avevano gli artigli e nemmeno gli occhi capaci di vedere al buio. Erano animali randagi perché nessuno voleva ospitarli a casa sua. Io vivevo in Egitto e, come tutti i maoli, desideravo una casa calda e sicura. Mi infilai nella reggia del Faraone e mi strusciai alle gambe
della principessa, tentando di farmela amica. Ma quella, infastidita, mi allungò
un grazioso calcio facendomi volare fuori dalla porta. Offesa e affamata vagai a lungo, cibandomi di erbe ( i maoli erano erbivori) e cercando, per dormire, un
rifugio tra gli alti fusti dei papiri.
Una notte, mentre me ne stavo rannicchiata contro una pietra ancora calda dei raggi del sole tramontato da molto tempo, vidi brillare nel buio due piccole, intense luci gialle che avanzavano lentamente nella mia direzione. C'era la luna piena, quella notte e quando le misteriose luci furono a pochi passi da me, mi accorsi che
erano gli occhi meravigliosi di un magnifico ghepardo. Il cuore cominciò a
battermi forte per l'emozione. Quegli occhi mi avevano stregata. Mi alzai e cominciai a girare intorno al ghepardo per farmi notare. Ormai ero cotta di lui.
Il ghepardo dapprima mi guardò con indifferenza, ma quando inarcai la schiena, drizzai fieramente la coda in verticale e, infine, mi sdraiai mollemente a terra con
la testa alteramente alta, lui si avvicinò e mi si stese accanto., facendo le fusa.
Io continuavo a fissarlo intensamente in quei suoi occhi magnetici. Lui accostò
la sua testa alla mia e mi sussurrò all'orecchio: "Mi chiamo Paco. Vivo in una bella tana nascosta dagli arbusti. Vuoi sposarmi e stare sempre con me?" Mi mancò la voce per rispondere. Strofinai il muso contro il suo, mi alzai e lo seguii.
Vivemmo insieme tanti giorni felici. A primavera nacquero i nostri figli: erano
creture nuove, splendide, un po' maoli e un po' ghepardi. Tutti e quattro avevano i magnifici occhi del mio Paco, il pelo lungo e maculato, le zampe morbide come le mie. Ma con mia grande sorpresa, da quei teneri batuffoli che erano i piedi, potevano spuntare affilatissimi artigli. Paco ed io guardammo i nostri figli con
gioia e stupore: avevamo dato al mondo una nuova specie, quella dei gatti.
La mia felicità non durò molto. Una notte, mentre il mio Paco era a caccia,
la freccia di un cacciatore lo raggiunse proprio al cuore. Il suo grido raggiunse
la nostra tana: mi sembrò il suo ultimo grido d'amore. Il grido con il quale risposi era un disperato grido d'amore e di dolore. I miei gattini, ora che la famiglia si era
spezzata, seguirono il loro istinto. Si misero in cammino in cerca di una casa che li ospitasse. Io li seguii. Loro ogni tanto si voltavano verso di me per essere certi
che non mi perdessi.
Arrivammo alla reggia del Faraone. I miei gattini grattarono con i loro artiglil la porta di legno. La principessa che era venuta ad aprire lanciò un grido di meraviglia quando vide le nuove, straordinarie creature. Spalancò la porta, invitando i gatti ad entrare. Quando stavo per varcare la soglia anch'io la
principessa mi riconobbe e, di nuovo, con un grazioso calcio, mi buttò fuori.
I gatti inarcarono la schiena, soffiarono, sfoderarono gli artigli. La principessa
capì e mi lasciò entrare. Rimasi al Palazzo appena tollerata, mentre i miei figli venivano vezzeggiati e onorati. Si, onorati, perchè il Faraone, quando li vide,
li cosiderò un prodigio divino. Da quel momento tutti gli egiziani venerarono i gatti come dei e quando morivano li imbalsamavano. Quanto a me, quando morii, la gente mi proclamò progenitrice dei gatti e, poiché la specie dei maoli era scomparsa, quando si parlava di me si diceva: la Gatta Maola."
Maola tacque. Il suo pensiero andava a quei suoi lontanissimi giorni felici.
Laura aveva ancora una curiosità: " Che significa Circuìta?"- chiese alla Maola.
Negli occhi di questa passò un lampo d' ironia. "Ma perchè - rispose- sono stata
circuita, sedotta dal ghepardo!" Poi cambiò discorso e, con aria divertita, esclamò: "Oh, come sono sciocchi, qualche volta, gli uomini! I miei Egiziani
scacciavano i maoli e divinizzavano i figli della Maola!".
La Gatta rideva, rideva e le sue risa facevano suonare un campanellino che portava infilato ad un collare di diamanti.
Improvvisamente Laura si svegliò. Fece una smorfia di disappunto: non suonava il campanellino della Gatta ma la sua sveglia che la strappava al sonno e al sogno. Laura sorrise felice. Il sogno le aveva svelato il mistero della Gatta Maola. Si vestì in fretta e corse in cucina per fare colazione. Il nonno stava già
seduto davanti alla sua tazza di caffè. La bambina si mise a sedere di fronte a lui,
fissandolo con aria provocatoria. Con voce esageratamente dolce e allusiva gli disse: "Questa è la favola della Gatta Maola, della Circuìta. Vuoi che te la dica?"
"Si" - disse il nonno, ridendo sotto i baffi.
"Non posso, - rispose Laura - è una storia molto segreta".
1234
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati

Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0