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Requiem per i defunti
Primo movimento_ Angelique, assolo: Mondi riflessi
Camminava sempre con la testa abbassata, un’abitudine che derivava in parti uguali dallo scarsissimo interesse che il mondo reale suscitava in lei e dal desiderio di farsi notare il meno possibile.
Non aveva bisogno di guardarsi intorno per trovare la strada, in realtà non era nemmeno consapevole degli edifici che le scorrevano accanto: da molto tempo il suo corpo aveva imparato a muoversi e ad evitare gli ostacoli autonomamente, senza disturbare la parte conscia della sua mente. In quel momento, infatti, i suoi occhi non vedevano i gruppi di persone accalcate sul marciapiede
(anche se il suo corpo le evitò agilmente, infilandosi nello stretto spazio tra un furgone e il muro di una vecchia casa abbandonata); quello che vedeva erano streghe dalle lunghe vesti multicolori intente a compiere oscuri rituali sotto la luce della luna.
Quell’immagine la tormentava ormai da due giorni, ed era il motivo della sua passeggiata.
Il volto le si illuminò di un sorriso quando vide davanti a sé le luci calde e invitanti della libreria: era arrivata.
Lentamente aprì il cappotto e sciolse la sciarpa che le copriva il viso; gli occhiali dalle lenti di una tenue sfumatura viola le davano un piacevole senso di protezione, di anonimato.
Con calma cominciò ad aggirarsi tra gli scaffali, sfiorando lievemente le copertine e sfogliando le pagine con reverenza: nulla le dava più piacere dei libri. Passarono diverse ore, o forse solo pochi minuti, prima che trovasse quello che cercava. Non aveva
importanza: il tempo si fermava quando si trattava di libri, e il mondo poteva pure aspettare o sparire, come preferiva. Non ne avrebbe sentito la mancanza.
Mentre attendeva di pagare i suoi acquisti, la sua attenzione venne attirata da alcuni ragazzi alle sue
spalle: “Davvero non hai mai letto nulla di Angelique?! ”
“Ma dove sei vissuto?! I libri di Angelique sono magnifici: sono pieni di fantasia, avventure e…vita. È così che il mondo dovrebbe essere”.
Non dirlo a me. Pensò mentre si rimetteva la sciarpa. Ho già abbastanza problemi a cui pensare senza soffermarmi su quanto fa schifo questo mondo.
Sopirò tristemente mentre usciva dalla libreria: più passava il tempo, più diventava insofferente nei confronti di ciò che la circondava. La frustrazione per il modo in cui ogni cosa non sembrava che il pallido riflesso di ciò che anni di lettura avevano instillato nella sua mente la spingeva a scrivere opere sempre più ricche di passione e fantasia, ma la continua frustrazione dei
suoi desideri la portava verso un fatale senso di rassegnazione, che la faceva sentire impotente e minacciava di soffocarla.
Perfino il suo ultimo libro, l’attesissimo finale di una trilogia, era fermo a un punto di non ritorno: i personaggi rifiutavano di muoversi, erano come statue intente a compiere quel rituale all’infinito.
“Angelique”
Riconobbe quella voce senza bisogno di girarsi: ”Alucard”
Doveva essersi trattenuta in libreria più di quanto avesse immaginato se lui l’aveva raggiunta. Una rapida occhiata al cielo glielo confermò: il sole era tramontato, anche se da poco.
“Sapevo che ti avrei trovata qui: presentavi tutti i sintomi di una crisi d’astinenza e questa è la libreria più vicina a casa tua”
Angelique sorrise nel sentirlo parlare così: ”Allora devo essere stata proprio insopportabile in questi giorni”
Forse sarebbe stato più esatto dire “in queste notti”, ma non era il caso di parlarne per strada
“Come al solito quando perdi l’ispirazione” rispose Alucard con un sorriso che le fece tremare le ginocchia.
Era così bello da apparire assolutamente irreale, anzi, era incredibilmente reale. Reale come un sogno materializzato, abbastanza concreto da non sfigurare in uno dei suoi libri e da essere l’unica cosa ad aver veramente catturato la sua attenzione nel mondo di tutti i giorni.
“Dai, vieni: ti porto a fare una passeggiata”.
Secondo movimento_ Angelique e Alucard, duetto: La verità
Non aveva nemmeno chiuso la porta quando sentì le labbra di Alucard posarlesi sul collo e poi scendere giù lungo la spalla, giù…
Con un gemito spinse il battente, che si chiuse senza fare rumore.
“Alucard”
Le mani di lui si insinuarono sotto il vestito che portava, salendo lungo le cosce e spingendolo sempre più su.
“Alucard” mormorò di nuovo Angelique contorcendosi
“Mmm” la sollevò premendosela contro e si diresse verso il letto. Le sue mani percorrevano frenetiche il corpo di Angelique e le sue labbra premute contro quelle di lei sembravano volerle succhiare l’anima, impedendole di parlare. Ma lei doveva parlare. Doveva farlo assolutamente e doveva farlo subito. Se non l’avesse fatto, Alucard l’avrebbe fatta sprofondare in un vortice di piacere tale da farle perdere se stessa e da lasciarla così spossata da non riuscire nemmeno a pensare.
Quando lui staccò le labbra dalle sue per baciarle la curva del seno, Angelique cercò di nuovo di parlargli, ma la voce le si strozzò in gola. Con uno sforzo cercò di allontanarlo spingendogli via la testa, ma il suo debole tentativo ebbe come unico risultato quello di fargli spostare le labbra più in basso, sul ventre. E scendeva..
Maledizione, no! Non.. di nuovo.. devo… Ormai anche i pensieri cominciavano a farsi scoordinati.
Con un ultimo guizzo di volontà, raccolse le forze e gridò: “Tu non sei un essere umano! ”
L’effetto fu immediato: Alucard si immobilizzò e lentamente sollevò il capo per fissarla.
“Come, scusa? ” la sua voce era incredibilmente calma, ma priva di qualunque sfumatura.
“L’ho fatto” pensò Angelique incredula. Per un istante si ritrovò a guardare gli occhi color smeraldo di Alucard, così profondi da rischiare di perdercisi e incollati su di lei con un’intensità disumana. Doveva dire qualcosa, ma non poteva sostenere il suo sguardo, così girò il capo di lato e parlò fissando il muro.
“Ho detto che tu non puoi essere un essere umano, almeno non uno normale”. Incredibilmente la voce non la tradì: non aveva paura di morire ma le implicazioni di quello che stava per dire erano immense, e il fatto di essere completamente nuda, con Alucard sdraiato sopra di lei e il respiro ancora affannoso, non contribuiva a farla sentire più sicura di sé.
“Io mi sono accorta che non usciamo mai durante il giorno: compari dopo il tramonto del sole e sparisci prima dell’alba.
Così ho riflettuto e ho fatto alcune ricerche e alla fine ho nascosto delle piccolissime macchine fotografiche in casa.
Non è stato difficile: qualche tempo fa ho dovuto fare delle ricerche sugli hacker per un libro, e sono rimasta in buoni rapporti con alcuni di loro. Le ho sistemate e programmate per scattare automaticamente. E tu sei sempre sfocato. Tutto il resto è ok, perfettamente dettagliato, ma tu no. E ho fatto degli esami del sangue: li faccio periodicamente perché sono leggermente anemica.
O meglio, ero leggermente anemica. Sono peggiorata di brutto ed è strano, visto che prendo regolarmente delle pastiglie di ferro ”
Per l’agitazione aveva cominciato a parlare a ruota libera e sempre più velocemente. Rendendosene conto si interruppe e attese una reazione.
Si girò sentendo un suono soffocato. Una risata. Alucard buttò indietro la testa e rise sempre più forte. “Non sono umano” ridacchiò “Ah ah ah…ma ti rendi conto di quanto suona ridicolo quello che dici? Se lo raccontassi ti rinchiuderebbero” Improvvisamente smise di ridere e la fissò con uno sguardo folle e disperato ad un tempo “Ma questo non ti fermerebbe, vero? Continueresti ad indagare per scoprire cosa sono.. ”Avvicinò il viso a quello di Angelique, fino a sfiorarlo con i lunghi capelli castani “Se vuoi te lo
racconto io…”
La ragazza ormai era incapace di distogliere gli occhi da quelli del vampiro, ipnotizzata come la vittima di un serpente.
“Io sono un vampiro”. Lentamente le passò la punta delle dita sulle clavicole delicate, così facili da spezzare, e le posò le mani attorno alla gola “I vampiri esistono da sempre, assieme a molte altre cose, e tu avresti fatto meglio a rimanerne fuori” strinse un poco la presa “perché, vedi, la cosa più importante per noi vampiri” strinse ancora “è la segretezza” aumentò ancora la presa, ma lentamente, come un gatto che gioca col topo “sono sicuro che comprenderai”. Osservò con attenzione gli occhi di lei allargarsi, i polmoni lottare in cerca di ossigeno, le guance imporporarsi. Però c’era qualcosa di strano: Angelique non si dibatteva. Lui la stava uccidendo e lei non faceva nulla per impedirglielo, si limitava a fissarlo. Non sembrava nemmeno spaventata, piuttosto…serena!
Si, non c’era dubbio: era lievemente dispiaciuta ma indubbiamente serena! Sorpreso Alucard allentò la presa e si raddrizzò: “Perché? ”
Quel comportamento lo aveva completamente spiazzato: era abituato a grida di terrore, a suppliche e lacrime, non a quegli strani occhi azzurri che sembravano nascondergli qualcosa
Ripresa_ Angelique e Alucard, duetto: Amore e Morte
La trasformazione di Alucard l’aveva sorpresa e terrorizzata, ma ad un livello inconscio aveva sempre saputo che indossava una maschera: ora stava finalmente vedendo il vero Alucard.
L’idea di morire non la spaventava, la vita non le era mai piaciuta, ma era davvero un peccato andarsene ora che tante domande attendevano una risposta: avrebbe voluto saperne di più sul mondo di Alucard.
Improvvisamente la stretta attorno all gola si allentò e l’ossigeno invase di nuovo i suoi polmoni, fresco e meraviglioso.
Ansimando in cerca d’aria, lo sentì chiedere “Perché? ”.
Lottando contro il dolore che le provocava anche il solo deglutire riuscì ad articolare: “Perché? Dovrei essere io a chiedertelo, no? Ma immagino che tu ti riferisca al perché non lotto e non ti supplico di risparmiarmi la vita. Io non ho paura di morire, non credo che lottare contro di te servirebbe a qualcosa e non credo nemmeno che ti lasceresti commuovere dalle mie preghiere. Soddisfatto? ” Inarcò un sopracciglio per sottolineare le sue parole. Questo sembrò spiazzare Alucard, come se la sua mente faticasse ad accettare la realtà di quello che stava accadendo. Poi i suoi occhi tornarono ad essere duri e un sorriso sprezzante gli incurvò le labbra.
Con un movimento improvviso chinò il capo e le afferrò il capezzolo destro tra le labbra, tormentandolo con la lingua. Quando Angelique trattenne il fiato per la sorpresa, la mano di Alucard scese veloce tra le sue gambe. Prima ancora che potesse capire cosa stava succedendo, le dita di lui si stavano già muovendo dentro di lei con gesti così bruschi da strapparle un gemito.
“Credi di essere qualcuno, piccola umana? Tu sei solo cibo. Credi di essere speciale per le tue brillanti intuizioni? Posso fare di te ciò che voglio! ”
Con la mano sinistra la costrinse ad aprire le gambe, quindi si distese sopra di lei e la penetrò con forza. Sentì le unghie di lei conficcarglisi nella schiena e lasciargli lunghi graffi sanguinanti, ma servì solo ad eccitarlo ulteriormente. Aumentò la velocità del movimento e la vide mordersi le labbra per trattenere i gemiti. A quella vista un scintilla di lucidità tornò ad illuminare la sua mente. Con delicatezza le posò una mano sulle labbra e la costrinse a dischiuderle:
“Ti farai male. Fammi sentire la tua voce”
Quando la vide inarcarsi al culmine del piacere, chinò il capo sul suo collo
Terzo movimento_ Angelique, assolo: Risveglio nelle tenebre
Buio. Il buio delle palpebre abbassate. Ma non poteva aprirle, non ancora. Prima doveva ricordare. La sua mente era un vortice di sensazioni confuse. Cosa era successo? Ricordava la libreria e poi…
Alucard! Con uno scatto si alzò a sedere e si guardò freneticamente intorno. Nulla. Almeno non nella parte di stanza che riusciva a vedere. Il panico cominciò lentamente a paralizzare i muscoli del suo corpo. Doveva controllare, ma non riusciva a convincersi a muoversi: come una bambina temeva irrazionalmente che, non appena avesse posato un piede a terra, una mano sarebbe sbucata da
sotto il letto per afferrarla. Era assurdo, lo sapeva, ma questo non cambiava le cose. Alla fine, esasperata, si costrinse a scendere. Nulla. Non riuscì ad impedire a se stessa di chinarsi e controllare sotto il letto, poi passò in rassegna ogni angolo della camera (armadio compreso) e le altre stanze della casa. Man mano che procedeva con l’ispezione la paura la spingeva a muoversi sempre più velocemente: solo uno sforzo continuo di volontà le impediva di cedere all’isterismo. Quello che era successo… Razza di…
“Hai perso qualcosa? ” Girandosi di scatto, Angelique lo vide: appoggiato contro lo stipite della porta, i magnifici capelli castani scompigliati quel tanto che bastava a provocare l’irresistibile impulso di immergervi le mani, un lieve sorriso dipinto sulle labbra.
Fu semplicemente troppo. Come osava?! Prima ancora di rendersene conto, gli era balzata addosso.
Colto di sorpresa, Alucard perse l’equilibrio e cadde a terra. Senza pensare a quello che stava facendo, Angelique gli si sedette sopra, ponendogli le gambe ai lati del corpo, e cominciò a tempestargli il viso di pugni furiosi.
“Razza di bastardo! Stronzo pervertito figlio di puttana! Schifoso vecchio maniaco di un porco! Ti odio!! Ti odio!! ”
Ormai i suoi nervi avevano ceduto e alla faccia di Alucard cominciò a sovrapporsene un’altra..
“Vieni bambolina.. ”
“No!! ” Lacrime di terrore le rigarono le guance. Non voleva…
“Angel! Ehi, Angelique, smettila! Smettila! ” Due mani robuste le afferrarono i polsi, bloccandole le braccia a mezz’aria.
“Uff, vuoi stare ferma? Davvero, non credevo che avresti preso così male la trasformazione. Mi dispiace”
Quelle parole le fecero immediatamente riprendere il controllo.
“Trasformazione? Quale tras…” Improvvisamente capì e gli occhi le si allargarono per lo stupore.
“Intendi dire che.. ”
Alucard era forse più stupito di lei “Ti ho Abbracciata. Ora sei un vampiro. Ma si può sapere perché mi hai aggredito, se non era per questo?! ”
“Un vampiro.. sono un vampiro.. ”
Ritornello_ Angelique e Alucard, duetto: La Caccia Selvaggia
“Si può sapere perché lo hai fatto? ”
“Come? ”
Stavano passeggiando per le vie della città. Cercavano prede, ma Angelique preferiva non pensare a questo, per ora. Era estasiata dai suoi nuovi sensi, dall’energia che sentiva scorrere nel proprio corpo. Tutto era così nitido e bello da fare male agli occhi, nulla di quello che vedeva le faceva più paura. Il mondo intero era ai suoi piedi, in attesa di essere assaporato.
“Perché mi hai Abbracciata? Credevo che mi avresti uccisa”
“Era quello che desideravi, vero? ” Parole inaspettate che la strapparono bruscamente al piacere della notte per riportarla in un mondo di disgusto e sofferenza. Lanciò un’occhiata ad Alucard, ma subito distolse lo sguardo. “Non hai risposto alla mia domanda”
“E tu alla mia. ” Per un attimo continuò a fissarla, poi proseguì “È da molto che penso di Abbracciarti, ma non è una decisione facile da prendere. Ieri mi hai fatto perdere il controllo. Ti ho quasi uccisa e alla fine sono stato costretto ad Abbracciarti”
Angelique camminò in silenzio per qualche istante, prima di replicare “Non mi hai detto niente. Quello che volevo sapere è: perché mai ti è passato per la testa di farmi diventare un vampiro? Voglio sapere il motivo. Ti sei svegliato una notte e hai detto: “vediamo un po’, cosa faccio oggi? ”
“Sei assolutamente incredibile” mormorò Alucard con un sorriso triste “Ma non credo che ti piacerebbe saperlo. Perché per ora non ti concentri sulla caccia? ”
Le sue parole raggiunsero lo scopo desiderato: distolsero Angelique dai suoi ragionamenti per riportarla alle necessità immediate.
La gola della ragazza era secca per la sete, una sete che si propagava ad ogni fibra del suo corpo in uno spasmo doloroso. Proprio in quel momento dall’ombra di un vicolo sbucarono alcune figure.
“Ma guarda un po’ che bel bocconcino! ”
“Stasera si festeggia”
“E scommetto che sono anche pieni di soldi”
Erano entrati nel territorio di una banda.
Alucard le strinse la mano e, girandosi a guardarlo, Angelique lo vide sorridere appena. L’aveva fatto apposta. In un lampo comprese cosa sarebbe successo e si ritrasse con orrore da quell’idea. Ma poi la sete tornò a farsi sentire, così intensa da strapparle un gemito.
“Ehi, la pupa si sta eccitando” sghignazzò un tipo con indosso un giubbotto di pelle e la faccia piena di piercing.
“Su, bambolina, vieni da papà, che ti insegno cosa significa godere” aggiunse un altro
Quelle parole colpirono la mente di Angelique come un pugno: senza dire una parola scattò in avanti, così veloce che nessuno ebbe il tempo di reagire. Un attimo era in piedi accanto ad Alucard, quello dopo le sue zanne penetravano nella gola del ragazzo. Con un grido di sorpresa e terrore, il giovane cercò di divincolarsi ma Angelique lo strinse a sé con forza, impedendogli ogni tentativo di fuga.
Gli altri teppisti impiegarono ancora qualche istante a capire cosa stava succedendo, quindi si mossero in avanti, con l’evidente intenzione di aiutare il loro compagno.
Una mano si posò con delicatezza sulle loro spalle. Girandosi, videro Alucard che sorrideva gentilmente. “Non credo sia il caso di disturbarli, lasciamoli un po’ da soli. Per giocare con voi ci sono io…”
Il sangue le inondò la gola come un dolce nettare. Tutto il suo corpo gridava per averlo, ancora e ancora. Premendo il viso contro l’incavo del collo della sua vittima, lo assaporò in lunghe sorsate. Ogni fibra del suo essere venne inondata di energia, intensa e inebriante. Il battito del cuore del ragazzo la avvolgeva, dandole un piacevole senso di calore e pace. Lo aveva sentito martellare come un uccellino impazzito, ma ora stava rallentando… Sempre più piano, sempre più piano… Aggiustò la posizione delle braccia, in modo da poter sostenere il peso del corpo che si abbandonava contro il suo. Non c’era altro che il caldo colore del sangue, il tepore che le dava, il battito rassicurante del cuore. Si lasciò avvolgere e annullare
Inizialmente ci fu solo il dondolio. Un movimento appena accennato, come se qualcuno la stesse cullando, ma non troppo forte, per non svegliarla. Tornò in sé molto lentamente, come se la sua mente dovesse farsi largo tra strati di nutella per raggiungere la consapevolezza. Erano le braccia di Alucard a stringerla: la stava portando da qualche parte.
“Dove stiamo andando? ” mormorò con voce impastata
“Ti porto in un posto sicuro. Ci sono alcune cose di cui dobbiamo parlare, prima dell’alba ”
“Oh” Angelique si accoccolò contro il corpo di Alucard. Qualcosa si stava facendo largo verso di lei attraverso la folla di domande risvegliata dalle parole di lui, qualcosa di scuro e terribile. Improvvisamente venne la consapevolezza, sconvolgente come un’inaspettata secchiata d’acqua gelida: si vide affondare i canini nel collo del ragazzo e la sua mente si allontanò con un grido da
quell’immagine. Il suo corpo, però, fu percorso da un brivido di piacere. Alucard si accorse di quello che le stava succedendo, e la osservò con aria comprensiva
“Non preoccuparti. È naturale che tu sia sconvolta, ma hai fatto solo ciò che è nella tua natura. Quei tipi non meritavano di vivere. Hai fatto un favore a tutti. ”
Angelique lo fissò per un attimo, smarrita, poi gli posò la testa sul petto. Aveva un disperato bisogno di qualcuno a cui aggrapparsi, per non lasciarsi trascinare via dalla follia.
Quarto movimento_ Alucard, assolo: La radice della follia
La portò in un appartamento lussuoso, ricco di stoffe, tappeti e cuscini. Un po’ come un bordello orientale, pensò. Si lasciò adagiare su una chaise longue e lo osservò prendere posto di fronte a lei. Sembrava un grosso gatto. Mancavano solo le fusa.
“Cosa ne pensi della mia casa? ”
“Oh, bellissima” Si guardò bene dal confidare la sua prima impressione. Il collo le faceva ancora male.
“Sono contento che ti piaccia: per un po’ dormirai qui durante il giorno. Ma adesso parliamo delle cose più importanti. Primo:puoi essere uccisa da: luce del sole, fuoco, un paletto nel cuore o altri vampiri. Tutto le altre storie su paletti e acqua santa sono stupidaggini. Per quanto riguarda dove dormire…”
“Dovremo farlo in una bara? ”
Alucard la osservò sorpreso ”Non necessariamente. Molti lo fanno solo per una questione di “stile”, ma l’importante è che sia un posto sicuro. Alla lunga una bara può diventare scomoda”
Angelique rabbrividì. Si accorse che Alucard la fissava intensamente. “Cosa c’è? ” chiese, a disagio.
“Sei molto più…. ” I suoi occhi sembrarono cercare la parola di cui aveva bisogno nelle pieghe di una tenda “…contraddittoria di quanto avessi pensato. Hai sempre la testa fra le nuvole, ma scopri cosa sono. Hai l’aria timida, ma mi aggredisci come una furia, e non perché ti ho abbracciata. Sembri fragile e orripilata all’idea di nutrirti, poi ti scagli su quel ragazzo come se si trattasse di bere una lattina di coca-cola. E adesso questa cosa della bara che non ti sconvolge nemmeno un po’…”
Mentre parlava, osservò con un sorrisetto Angelique passare attraverso tutto un arcobaleno di emozioni: sorpresa, vergogna, un debole tentativo di protesta e…possibile? Paura. Ma di cosa? Non certo di lui, e credeva nemmeno di quello che aveva fatto al teppista. Cosa accidenti gli nascondeva? Decise di non dire niente e di limitarsi ad osservarla in silenzio, nella speranza di farla cedere.
Come aveva immaginato, Angelique non riuscì a sopportare a lungo l’intensità dei suoi occhi. Non immaginava che la trasformazione avesse esaltato anche lo splendore dei suoi, già bellissimi anche mentre era in vita. Ora aveva iridi di un azzurro chiarissimo e intenso. Indaco, Alucard pensava fosse questo il termine esatto.
“Beh, io…” mormorò a disagio “ecco, è che.. è successo tutto così in fretta… Sono ancora confusa e.. ”
“Balle” l’interruppe bruscamente lui.
Angelique sussultò, sconcertata.
“Il problema non è quello che ti ho fatto io ma qualcosa che mi tieni nascosto. Perché mi hai preso a pugni? ”
Gli occhi della ragazza si allargarono, pieni di timore. “Ero sconvolta perché…mi hai trasformata”balbettò
“Balle, di nuovo. Non lo sapevi nemmeno. Quando te l’ho detto eri così sorpresa che hai smesso di colpirmi”
Angelique spalancò la bocca, sconvolta
“No, no, io…”
“Dimmi la verità. È importane se vuoi evitare che la non-vita ti porti alla follia. ” Si alzò e si avvicinò alla chaise-longue. Lacrime erano affiorate agli occhi di Angelique, che appariva davvero terrorizzata, ma non si lasciò commuovere.
“Perché volevi morire? Perché hai aggredito quel ragazzo? ” la incalzò
Cercò di ritrarsi, come se i cuscini avessero potuto inghiottirla e nasconderla. Le labbra le tremavano. Alucard avvertì una fitta di pietà per quella bambina spaventata, ma non la lasciò trapelare.
“Dimmelo” ordinò, chinandosi su di lei
“No” sussurrò Angelique con un filo di voce
“Dimmelo”
“No.. ” Scosse la testa ma senza muovere gli occhi, fissi e appannati dalla paura
“Ricordi il sangue di quel ragazzo? Doveva essere molto giovane. Chissà se aveva dei parenti. Aveva un buon sapore? Si direbbe di si, dal modo in cui lo hai bevuto” Cercava di provocarla, di sconvolgerla per avere una reazione qualsiasi e oltrepassare le sue difese, ma non funzionava. Eppure doveva esserci qualcosa... Muovendosi a tentoni, continuò a cercare il suo punto debole.
“È stato eccitante? Uccidere è eccitante come il sesso, bambolina? ” aveva aggiunto l’ultima parola senza un vero motivo, solo perché l’umano l’aveva chiamata così, ma negli occhi di Angelique si accese un lampo di difficile interpretazione. Senza sapere bene cosa avesse trovato, Alucard decise di insistere “È così che ti ha chiamato, vero? Se non sbaglio ha detto: Su, bambolina, vieni da papà, che ti insegno cosa significa godere ”.
L’effetto di quella frase fu improvviso e inaspettato: gli occhi di Angelique si accesero di follia.
Rabbia e terrore vi si mescolavano in egual misura. Lo spinse a terra con violenza e gli sferrò un calcio con tutte le sue forze, quindi corse via.
Troppo sconvolta per rendersene conto, non si diresse verso l’uscita ma nella direzione opposta. Attraversò una stanza, scostò delle pesanti tende di velluto e si ritrovò su una terrazza. Senza fermarsi, corse verso la ringhiera e sarebbe caduta dall’altra parte se due braccia non l’avessero afferrata per la vita e tirata indietro.
“Lasciami! Lasciami! ” gridò dibattendosi con tutte le sue forze
Alucard serrò la presa, stringendosela contro il petto
“Ehi, Angel! Angelique, no! Smettila! Maledizione.. ”
Lentamente cominciò a trascinarla lontano dalla terrazza.
“Non toccarmi! No! Non te lo permetterò di nuovo! ” Non aveva mai visto nessuno così terrorizzato.
Preoccupato, si chiese cosa doveva fare. Non voleva farla soffrire in quel modo e si sentiva del tutto impreparato ad affrontare una situazione del genere. Cercando di non farle troppo male, la raccolse da terra e la portò dentro.
Seconda Ripresa_ Angelique, assolo: Il mostro del passato
Era corsa lontano dalle parole di Alucard e dal loro significato. Aveva cercato di fuggire dall’incubo ma ci era precipitata dentro. Frammenti di ricordi cominciarono a perseguitarla. Corse più veloce, nel tentativo di lasciarseli alle spalle, ma fu tutto inutile. All’improvviso Lui la prese e a quel contatto il terrore la sommerse. Non poteva. Non di nuovo. Tentò di divincolarsi, ma fu inutile: la presa si fece più salda e Lui cominciò a trascinarla via, a trascinarla verso… No! Colpì alla cieca, lottando per liberarsi, ma la sollevò da terra senza sforzo e la portò nella stanza. Chiuse la finestra e il buio calò su di loro. Sentì la morbidezza del materasso su cui l’aveva adagiata. Non voleva! No, meglio morire! Quanto lo aveva desiderato: chiudere gli occhi e non aprirli mai più. Tremante, accecata dalle lacrime, glielo gridò: “Non sono più una bambina! Non te lo permetterò! Dovrai uccidermi! ”
Senza dire una parola, Lui le si avvicinò e fece per toccarla. Incapace di sopportarlo, Angelique scattò in piedi e corse verso una parete, alla quale erano appesi un paio di pugnali decorativi. Senza esitare ne impugnò uno. Quella storia doveva finire. Con un gesto deciso se lo conficcò nel cuore. Il sangue schizzò caldo a bagnarle il viso.
La lama affondò con facilità nella carne, Angelique avvertì solo una lieve resistenza e sorrise felice: presto sarebbe stata libera. Le occorse qualche istante per rendersi conto che non avvertiva alcun dolore. Questo, in parte, le restituì la lucidità: abbassò gli occhi, perplessa, e lanciò un grido di stupore. Il pugnale non l’aveva nemmeno sfiorata. Si era invece conficcato nella mano di Alucard,
protesa davanti a lei per proteggerla. La lama attraversava completamente il palmo, da parte a parte.
L’orrore la riportò in sé: si girò e vide Alucard in piedi accanto a lei, il volto contratto in una smorfia di dolore. Per un attimo riuscì solo a guardarlo mentre nuove lacrime, questa volta di dispiacere, andavano a mescolarsi al suo sangue. Poi le sue labbra tremanti riuscirono di nuovo ad articolare delle parole
“Mi.. ” deglutì e ci riprovò “Mi dispiace. Io non volevo…”
“Stai bene? ”
“La tua mano.. ”
“Stai bene? ” insistette lui
Angelique annuì. Dovette mandare giù la saliva un paio di volte prima di riuscire a parlare
“Si, ma tu…”
“Non importa. Sono stato io a provocarti. E poi non è una ferita grave”
Il suo sorriso la riscaldò come nulla era mai riuscito a fare. Gli passò le braccia attorno al collo e si strinse a lui. Alucard, sollevato, rispose all’abbraccio, anche se con una mano sola.
Qualche minuto dopo erano seduti su un divano nella stanza accanto. Angelique aveva estratto il pugnale e ora stava fasciando la mano di Alucard, sdraiato con la testa sulle sue ginocchia.
“Ti devo delle spiegazioni” mormorò “Questa storia non fa che procurarti dei problemi”
Alucard si limitò ad osservarla, così Angelique proseguì
“Mio padre mi violentava” disse tutto d’un fiato
Gli occhi verdi di Alucard si spalancarono per lo stupore. Non avrebbe mai immaginato una cosa simile, ma questo spiegava tutto.
Angelique sospirò, e proseguì: “ Mio padre veniva sempre a darmi la buonanotte e a rimboccarmi le coperte. Una sera, mentre mia madre era andata a trovare la nonna, lui.. ” lacrime silenziose rigavano il viso di Angelique. Era evidente che le costava un notevole sforzo raccontare quelle cose, le parole le uscivano a fatica dalle labbra, soffocate. Alucard le strinse la mano e se la portò alle labbra. Con un lieve sorriso di riconoscenza, Angelique proseguì, stringendolo forte. “Lui è entrato nella mia camera. Mi ha dato il bacio della buonanotte ma poi, invece di rimboccarmi le coperte e dirmi “Sogni d’oro” come al solito, è rimasto a fissarmi. Aveva
La faccia vicinissima alla mia, ma non riuscivo a vedere la sua espressione perché era buio. Poi ha cominciato ad accarezzarmi i capelli. Io ho detto “Papà? ” perché pensavo ci fosse qualcosa che non andava e lui allora ha mormorato “Sei bellissima”. Pensavo fosse solo un complimento, come quelli che fanno di solito i genitori e ho sorriso. Lui però si è chinato su di me e mi ha dato un bacio. Sulle labbra. Poi un altro. Ho sentito la sua lingua nella mia bocca e mi sono irrigidita. Non capivo cosa stava succedendo, ma era strano. Ero preoccupata. L’ho chiamato di nuovo, ma lui non ha risposto. Mi ha baciato ancora, con forza. La sua mano ha spostato le coperte e ha cominciato a toccarmi. Quando si è alzato ho sentito il tintinnio della sua cintura e il fruscio dei pantaloni. Mi sono seduta ma lui mi ha spinto giù e ha ripreso ad accarezzarmi. Io ho cominciato a piangere perché avevo paura e lui ha detto: ”Schh, non è nulla”. Mi ha sollevato la camicia da notte e ha cominciato a muoversi sopra di me. Gli ho gridato: “Mi fai male! ”
ma lui non si è fermato. Ha ansimato: “Fai la brava. Fai vedere a papà quanto sei brava” e si è mosso più veloce. Mi sono morsa le labbra per non gridare. Piangevo. Quando ha finito, mentre si rivestiva, ha detto “Pulisciti, sei tutta sporca” e se n’è andato. La notte dopo è tornato. Quando l’ho sentito arrivare ho cominciato a tremare. Avevo tirato su la coperta fino agli occhi. Gli ho detto: “Per
piacere, papà, non farlo più. Non farmi male. ” Ma lui ha detto “La mia bella bambolina” e ha tolto le coperte. È andata avanti per anni. Diceva: “Vieni bambolina, fai vedere a papà come sei brava” e mi violentava. Mia madre lo sapeva, ma faceva finta di nulla. Non aveva il coraggio di affrontarlo. Se cercavo di ribellarmi mi colpiva, diceva che era tutta colpa mia, che ero una puttana, che ero sporca. E mi sentivo sporca davvero. Non parlavo con nessuno, non permettevo a nessuno di avvicinarsi. Se qualcuno mi toccava sobbalzavo terrorizzata. Mi rifugiavo in biblioteca. C’era un bel silenzio; i mobili di legno e le luci basse e calde mi davano conforto. E c’erano i libri: quando leggevo non ero me stessa ma il personaggio di una di quelle avventure. Vedevo mondi pieni di magia, lealtà, coraggio, dove il male veniva sempre sconfitto. Mi perdevo. Tornare a casa era uno strazio, sarei voluta rimanere tra i libri per sempre. Poi un giorno ho pensato: chi me lo impedisce? L’idea mi ha bloccato al centro del marciapiede per diversi minuti. Pensavo: perché tornare a casa? Perché non andarmene? Non mi importava la destinazione, l’importante era che fosse lontana. Detto fatto. Quando non si ha nulla da perdere è facile prendere certe decisioni. Pagai un prezzo molto alto per la mia libertà: un’altra notte in quella casa. Fu necessaria una forza di volontà enorme, che non credevo di possedere, ma la mattina dopo ero libera. Uscii di casa come se nulla fosse, con lo zaino della scuola sulle spalle e un borsone a tracolla. Avevo detto a mia madre che sarei dovuta andare in piscina e avrei fatto tardi. In realtà avevo raccolto tutte le cose a cui tenevo, un po’ di vestiti, del cibo e, cosa molto più importante, tutti i soldi accumulati nella vecchia scatola di latta dei risparmi. Ho girato un po’, poi sono finita a vivere qui, in un appartamento squallidissimo, e ho cominciato a scrivere. Il resto lo sai. ”
Contrappunto_ Angelique e Alucard, duetto: Il vampiro
Alucard si mise a sedere, la prese e se la strinse al petto con forza.
“Mi dispiace” mormorò.
Sorpresa, Angelique cercò di scostarsi, ma Alucard non la lasciò andare
“Non importa” replicò con tono volutamente leggero “È passato tanto tempo e tu non lo sapevi”
Alucard nascose il viso tra i suoi capelli. “Mi dispiace” ripeté in un soffio.
A disagio, Angelique provò di nuovo ad allontanarsi, ma non ci riuscì. Non voleva lasciarsi andare, voleva solo cancellare ogni cosa, parlare d’altro.
“Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace…” la voce di Alucard era soffocata dai ricci in cui strusciava il volto.
“Ti ho detto che non importa” sussurrò Angelique con un groppo in gola “Non ho bisogno della tua compassione”
“Ma io non ti sto compatendo” le soffiò lui nell’orecchio “Hai fatto bene a raccontarmi ogni cosa. Ti aiuterò a liberartene. Mi dispiace di non essere stato là per proteggerti” Queste parole sorpresero perfino lui
Angelique non riuscì a trattenere le lacrime. Un piacevole senso di calore la invase, facendole girare la testa. Ma non credeva che averne parlato l’avrebbe aiutata.
Alucard le prese il viso tra le mani e lo tenne vicinissimo al suo “Non è stata colpa tua. Tu avevi diritto di essere felice. Tuo padre era uno stronzo”
“Lo so”
“Dillo”
Angelique esitò “Non è stata colpa mia, io avevo diritto ad essere felice. Mio padre era uno stronzo”
“Ancora”
Qualcosa si incrinò dentro di lei, minacciando di spezzarsi “Alucard, io…”
“Forza”
“Non…non…è stata…colpa mia” singhiozzò. Sentì una barriera rompersi nella sua anima, travolta dal sollievo “Non è stata colpa mia. Non è stata colpa mia” Il senso di colpa venne spazzato via dal dolore e dalla rabbia “Non è stata colpa mia! ” gridò “Io non sono sporca! Non sono sporca e vi odio! Vi odio entrambi! Anche te, schifosa vigliacca, ti odio! ”
Alucard la abbracciò di nuovo e lasciò che le sue lacrime gli bagnassero la camicia. Quando l’alba si avvicinò, la prese tra le braccia e la portò a letto, coprendola con cura. Si addormentò con la testa di Angelique posata sul petto, le gambe di lei intrecciate alle sue e i lunghi ricci rosso fuoco che gli solleticavano il viso. Appena prima di addormentarsi, Angel fece una cosa che lo lasciò attonito: si alzò sui gomiti e posò le labbra sulle sue. Gli rivolse un sorriso carico di affetto e mormorò “Grazie”.
Alucard non riusciva a capire la ragione del suo turbamento. Aveva ricevuto innumerevoli baci prima di allora, decisamente più “passionali” e dormito con innumerevoli donne, spossato dal sesso appena fatto. Perché dunque si sentiva imbarazzato e felice come un ragazzino?
Ci stava ancora pensando, quando il sole lo sorprese, costringendolo a chiudere gli occhi.
Conclusione_ Angelique e Alucard, duetto: Buon Compleanno!
Due mesi dopo era il compleanno di Angelique.
Trovava un po’ assurda l’idea di festeggiare una simile ricorrenza, considerato che non sarebbe più invecchiata di un solo giorno, ma Alucard era lontano da una settimana e le aveva promesso che sarebbe tornato con un regalo per lei.
Per questo era uscita presto per nutrirsi e ora correva veloce verso la casa dell’appuntamento. Alucard possedeva diverse case e appartamenti, era più sicuro per difendersi da eventuali nemici, ma le aveva detto che l’avrebbe raggiunta in quella in cui l’aveva portata la prima volta.
Un vago senso di inquietudine si associava in lei a quel posto, per quanto adorasse l’arredamento orientaleggiante ricco di tappeti e cuscini. Rimaneva come un’ombra di quello di cui avevano parlato, quasi che le parole avessero evocato un fantasma, rimasto impigliato alle stoffe preziose e ai tavolini di legno scuro.
Esitò un attimo prima di entrare, quindi aprì la porta senza bussare. Era convinta di essere arrivata troppo presto, ma si sbagliava.
Alucard era semisdraiato su un divano, intento a leggere un libro. Nel vederla, lo posò e le sorrise. Aveva la camicia parzialmente sbottonata a mostrare il ventre piatto e liscio, una cravatta slacciata lasciata pendere con noncuranza ai lati del collo.
Angelique si sentì le ginocchia molli e la gola secca. Fu costretta ad appoggiarsi allo stipite della porta.
“Ehi, sei arrivata presto. Stavo leggendo” Le mostrò il dorso del libro: era il suo ultimo romanzo.
Si avvicinò. “Mi sei mancata” mormorò
Al diavolo, pensò Angelique. Si sporse in avanti e lo afferrò per l’orlo dei pantaloni, tirandolo a sé. Il gemito di sorpresa di Alucard fu soffocato dal suo bacio. Gli infilò le mani sotto la camicia, facendogliele scorrere lungo la schiena, e lo sentì rabbrividire.
“Il tuo regalo... ” biascicò lui prima che un bacio sul collo spazzasse via dalla sua mente ogni cosa che non fosse Angelique.
Più tardi, mentre gli tracciava ghirigori sul petto, lei domandò: “E il mio regalo? ”
“Oh, è vero” esclamò Alucard “Si tratta di quello di cui abbiamo parlato la prima notte, proprio qui. ”
Lo sguardo di Angelique si incupì
“Non fare quella faccia. Ti piacerà. Ho deciso che devi chiudere i conti con il tuo passato, altrimenti non potrai affrontare l’eternità della non - vita. Le cose si ingigantiscono con il tempo e finiscono per portare alla follia. Ci sono vampiri ridotti a grovigli di fobie e paranoie per molto meno”
Il corpo della ragazza si irrigidì. “Angel…” mormorò Alucard passandole una mano sul braccio in una carezza affettuosa “Fidati di me. Vieni a vedere”
Angelique annuì, ma si vedeva che non era convinta. Seguì comunque Alucard lungo una scala nascosta da un arazzo, che scendeva in profondità nel terreno. Non era mai scesa in cantina, ma si rese conto dell’insolito spessore delle pareti, adatte a trattenere qualunque suono. L’ambiente in cui la condusse era buio, l’ultimo di una serie di locali. Quando Alucard accese la luce, vide che il pavimento era di terra battuta e che dalle pareti pendevano diverse catene di metallo.
Ogni pensiero venne però spazzato via dalla vista dell’uomo che giaceva incatenato davanti a lei.
Qualcosa sembrò esploderle nella mente.
“Tua madre è morta da diversi anni, credo si sia suicidata. Questo patetico ubriacone è ciò che resta di tuo padre”
Angelique si sentì invadere da un forte senso di aspettativa, come se una parte di lei già sapesse quello che stava per accadere.
Si girò a guardare Alucard.
“È tutto tuo” disse lui con un sorriso “Fanne quello che vuoi. Ho sistemato le cose in modo che nessuno lo venga a cercare, perciò non c’è problema. Pareggia i conti con lui come meglio credi, senza fretta. Ti ho portato anche questo” aggiunse porgendole un coltello dalla lama larga e apparentemente molto affilata. “Ho pensato che potesse tornarti utile” sogghignò.
Angelique vide la sua mano afferrare l’arma. Sembrava pesantissima ma le dava una piacevole sensazione stringerla. La osservò, poi guardò suo padre, poi di nuovo l’arma.
“Sei morta e rinata. Lasciati alle spalle il passato” sussurrò una voce suadente alle sue spalle. Si girò verso Alucard, deglutendo. Le sembrò che un enorme peso le fosse tolto dal cuore.
Con labbra che sentiva insensibili disse: “Dare un taglio al Passato.. ”. Ricordò le mani sul suo corpo e ripeté con aria rapita “Dare un taglio al passato. Già.. . ”
Si girò sorridendo. Sapeva benissimo da dove cominciare.
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- Davvero superlativo... complimenti
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