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Seth
MA CHI HA VISTO
LE CITTA’ RAGGELATE
O LE TORRI SIGILLATE
DA TEMPO INFINITO
INGHIRLANDATE D’ALGHE E CONCHIGLIE?
Cercò di raggiungere il letto, ma la stanza ruotò malignamente sotto i suoi piedi, facendogli perdere l’equilibrio. Finì per sbattere contro un tavolino sbucato da chissà dove e un vaso andò a fracassarsi sul pavimento.
Il dolore provocato dall’impatto fu terribile: sentì ogni singola scheggia conficcarsi nella sua povera mente torturata. Imprecando, scagliò il tavolino contro la parete (cosa che gli provocò una nuova fitta di dolore) e barcollò verso il letto, lasciandosi cadere tra le coperte e i numerosi cuscini.
Quella maledetta stanza non smetteva di muoversi.
Esasperato, chiuse gli occhi, sperando in un poco di sollievo.
“Come hai potuto?! Tu sei mio fratello!! Hai avuto tutto: il regno, l’amore di uomini e dei…Iside. E ora, …ora Nefthi! ” l’antico odio tornò a montargli dentro come veleno di scorpione. “Mi hai strappato tutto, ti detesto! ”
Gridò le ultime parole al soffitto, i muscoli contratti e coperti di un sudore gelido. I palmi gli dolevano per la forza con cui vi aveva conficcato le unghie. Lentamente, cercò di allentare la presa.
Ormai era passato così tanto tempo, così tanto…
Iside.
L’immagine di lei lo fece sussultare. La vide ridere, gli occhi scuri accesi di gioia e i capelli nerissimi che le ricadevano sul viso.
Iside…il suo ricordo si trascinò dietro quello di Nefthi, la sua bellissima sposa-sorella. Oh, l’aveva amata moltissimo, il pensiero che il suo sentimento non fosse ricambiato lo aveva tormentato in modo incredibile e il suo tradimento lo aveva reso pazzo di rabbia. Lei, che non lo amava, lei che non avrebbe mai fatto quello che Iside aveva fatto per Osiride…
Le lacrime di Iside, le sue grida disperate, tornarono a straziargli il cuore.
Irritato per aver permesso al passato di riemergere, afferrò una brocca di vino e la bevve in un solo sorso. Perché no? In fondo lui era Seth, l’ubriacone, l’incostante, il vigliacco. E allora tanto valeva bere e poi continuare a bere ancora e ancora, bere fino all’oblio.
Desiderava l’oblio più di qualunque altra cosa: perdersi, annullarsi e dissolversi in una miriade di granelli di sabbia spinti dal vento.
Odiava la consapevolezza, odiava sentire i rivoli di vino scorrergli lungo i muscoli del collo e del petto nudo, e il morbido contatto dei cuscini contro la schiena. Odiava i ricordi che premevano contro le pareti della mente cercando di farle esplodere.
Seth il malefico. Davvero comico che lui solo tra tutti gli dei fosse ancora lì. Iside, Osiride, Nefthi, …se n’erano andati tutti da molto tempo, abbandonando il mondo degli uomini a se stesso. Forse si erano ritirati nel Paese d’Occidente, il cui accesso era proibito ai viventi, forse erano tutti morti. Non lo sapeva, come non sapeva perché lui era ancora lì. Erano semplicemente scomparsi, lasciandolo solo a vagare nei regni dei piccoli umani. Aveva visto i vecchi templi andare in rovina, gli antichi culti dimenticati. Molti non ricordavano nemmeno il nome degli dei di un tempo, edifici e rituali rimasti invariati per millenni erano persi per sempre o completamente stravolti.
Vino. Aveva bisogno di altro vino.
Anzi, no: voleva della birra. Il vino aveva un sapore aspro che gli faceva storcere la bocca: meglio la dolce birra che scorreva come oro liquido nella gola e cancellava il passato.
Doveva pensare di meno e bere di più.
Faticosamente si rialzò e si avvicinò allo specchio per controllare il proprio aspetto. Brutto segno: se riusciva a badare a queste cose significava che era ancora pericolosamente sobrio.
Per quanto mettere a fuoco un oggetto specifico gli risultasse piuttosto difficile, Seth indossò un abito bianco da beduino, magnificamente ampio e comodo. L’aspetto era quello di cui si era invaghito negli ultimi due o tre secoli; lunghi capelli ricci del nero più intenso, morbide labbra e occhi blu come turchesi. Sarebbe andato bene. Completò tutto con un turbante (rischiando di strozzarsi un paio di volte) e al secondo tentativo riuscì a centrare la porta e uscire.
Era una notte meravigliosa, una di quelle in cui può accadere di tutto, anche di veder passeggiare un dio. Un dio che deve appoggiarsi ai muri per non finire nella polvere, ma pur sempre un dio.
Seth vagava senza meta per le strade buie, gli occhi chiusi nel piacere della brezza del deserto o spalancati verso le stelle. A volte questo bastava per trasmettere alla sua anima la loro pace.
Stava riflettendo su quale fosse il modo migliore per procurarsi della birra a quell’ora, quando lo sguardo gli cadde sulla parete di un edificio proprio davanti a lui. Probabilmente un essere umano non sarebbe riuscito a distinguere nulla nel buio, ma lui non era un essere umano e la scritta lo colpì con la forza di una bastonata.
Per la sorpresa si scostò dalla parete a cui era appoggiato, e questo fu un errore. Ansimando, cercò di mantenere l’equilibrio ma, privato del sostegno, il suo corpo non fu più in grado di distinguere l’alto dal basso e precipitò in un turbinio di colori.
Si trovò seduto nella polvere dall’altro lato della strada, gli occhi fissi sulle parole che lo avevano sconvolta a quel modo: il solo guardarle gli faceva venire la nausea. In esse c’era tutta la sua vita in Egitto, i lunghi secoli trascorsi vagando da un luogo all’altro, le civiltà che aveva visto nascere e sparire.
Perché Seth aveva conversato con i nuovi dei nei loro templi e li aveva visti svanire, aveva parlato con saggi ormai dimenticati di paesi sconosciuti, ma non aveva mai capito.
Con un singulto si girò e si allontanò a carponi, rifugiandosi nell’ombra.
E l’ombra si popolò di voci morte da secoli, del profumo dell’incenso e delle offerte, delle immagini di sacerdoti che, secolo dopo secolo, compivano riti sempre uguali, millenni erano trascorsi senza che l’essenza dell’Egitto mutasse, millenni di un eterno presente. Ma poi le cose erano cambiate, rapide e sconvolgenti; il tempo era stato liberato e aveva ripreso la sua corsa.
Era bastato questo a far sparire gli dei? A divorare coloro che avevano creato il mondo?
A quel pensiero le labbra carnose di Seth si incurvarono in un sorriso sprezzante: non ricordava nulla della creazione del mondo o della sua stessa nascita. Come poteva sapere che non erano stati gli uomini a crearli con il loro desiderio, per poi togliere loro la vita dimenticandoli?
Bah, era inutile arrovellarsi su problemi senza soluzione. C’erano cose più importanti a cui pensare. Come la birra.
Lentamente si rialzò, pulì gli abiti dalla polvere della strada e si diresse verso la zona più malfamata della città, dove i locali non chiudevano mai.
Passò però molto tempo prima che le parole che aveva visto smettessero di bruciare nel buio della sua mente.
QUI ABBIAMO INCATENATO E LEGATO IL TEMPO,
CHE ALTRIMENTI AVREBBE UCCISO GLI DEI.
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- Mi è piaciutop molto, pur non essendo il mio genere preferito. ci sono significati intensi tra le righe.
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