Era in una capitale assurda, a caccia della più bella donna del mondo; “si chiama Inna,” diceva, “ci siamo stretti la mano e da allora non respiro.”
Donald stava sotto il palazzo di tre piani; quello doveva essere il suo balcone, e la piccola finestra di fianco al balcone doveva essere l’unica stanza del piccolo appartamento.
Donald non era sicuro; ma Inna doveva pur abitare da qualche parte, come tutti.
“Scusi, può dirmi l’ora?” chiese una donna che gli si era avvicinata senza che se ne fosse accorto.
“Certo, ” rispose Donald, “è mezzanotte e venticinque.”
Donald guardò la donna. Una bella donna, anche lei. Poi rischiò:
“Lei sa per caso se una certa Inna abita qui?” e indicò il palazzo.
“Certo che sì, ” disse, “abita proprio lì. ”
“Oh.”
“La sta aspettando?”
“Mah, veramente…”
“Se vuole venga da me, non faccia complimenti, fanno solo 200 dollari. Abito qui vicino.”
“Ok, andiamo.”