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Sulle ali di una farfalla
Agosto
Passeggiavo per la spiaggia di Marina di Massa ammirando lo spettacolo che il sole donava al paesaggio, quando pian piano si andava a nascondere all’orizzonte. Il mare assumeva mille sfumature arancioni e quello spettacolo rendeva l’atmosfera assai romantica. Mi sedetti su di uno sdraio e rimasi a guardare il panorama fino a che il sole non fu inghiottito dal mare. L’aria in quel momento si fece più fresca, decisi quindi di continuare a passeggiare. La spiaggia era deserta, vi erano solo coppie di signori anziani che rientravano dalla loro consueta passeggiata del dopocena raccogliendo le conchiglie che le onde lasciavano sul bagnasciuga.
Qualche volta anche io avevo raccolto conchiglie con la nonna Concetta, ma non mi gradiva molto come passatempo. Quella sera ero sola, coi miei pensieri, avevo lasciato che la nonna restasse a casa a riposarsi e godersi la vacanza.
22:00. L’aria si era fatta ormai troppo fresca per restare in maniche corte così decisi di riprendere la strada di casa. Non avevo di certo immaginato che quella sera avrei trovato l’amore proprio sulla spiaggia.
<Piacere Enzo> mi disse con il sorriso sulle labbra. Era un ragazzo più grande di un anno, abbastanza robusto e poco più alto di me. Aveva l’accento meridionale, ma il caso voleva che abitasse a soli 10 km da casa mia.
<Valentina> gli risposi un po’ intimidita, non mi era mai piaciuto parlare con le persone, ero una ragazza molto chiusa e preferivo la compagnia di me stessa.
Enzo accennò ad un lieve sorriso. Presi coraggio e rimasi con lui per il resto della serata che si rivelò tutto sommato abbastanza divertente.
Settembre
Arrivò presto il giorno in cui dovetti partire dal mare per rientrare nella caotica città dove vivevo, Modena, come arrivò presto il giorno del mio 16° compleanno verso la fine del mese. Il cielo quel giorno era grigio, faceva freddo. La scuola non aiutava per niente. Alla fine delle lezioni, m’incamminai verso casa. Ero abituata, al ritorno, a percorrere tutta la strada a piedi, i miei genitori lavoravano fino a tardi ed io spesso ero costretta a pranzare da sola. Non quel giorno. Mi sistemai la lounguette di jeans che indossavo con tutta l’eleganza possibile, non ero abituata a certi indumenti ed in un certo senso non mi sentivo propriamente a mio agio. Voltai il capo a destra e a sinistra un paio di volte per scrutare la strada prima di attraversare una grossa via sempre intasata dal traffico, specie nelle ore di punta. Fu lì che vidi Enzo in sella al suo motorino rosso fiammeggiante. Ci fermammo a parlare per un po’.
<Ah oggi è il tuo compleanno? Auguri allora.> dal modo in cui parlava mi dava l’impressione fosse un tipo simpatico.
<Grazie ma non c’era bisogno degli auguri.> ironizzai. <Ho saputo che sei amico di Paolo, io conosco molto bene la sua nuova ragazza, Elena, fino all’anno scorso eravamo nella stessa classe.>
<Sì è vero, ci conosciamo da un paio d’anni grazie ad un amico in comune.> si sistemò il casco sulla testa e riavviò il motorino <Mi dovrai scusare ma vado di fretta.> Mi salutò con un cenno della mano ed entrambi continuammo per la nostra strada, ma mi promise che ci saremo rivisti qualche giorno dopo. Infatti, mantenne la parola data, qualche giorno più tardi uscimmo insieme per una passeggiata, come successe altre due volte prima di fidanzarci.
Ottobre
Passò più di un anno e mezzo dal mio fidanzamento con Enzo. I primi tempi era dolce, mi regalava spesso dei fiori quando si festeggiavano i mesi trascorsi insieme. Ma ora sembrava cambiato come il giorno e la notte e non lo riconoscevo più. Ai miei genitori non andava giù il fatto che fosse d origini sicule e non facevano altro che ripetermi che non era un ragazzo adatto a me, in continuazione.
<Vally ma perché non lo capisci? Secondo me non è il ragazzo giusto per te.>
<Ma per favore, io lo amo quindi penso basti questo.> le risposi con un tono quasi aggressivo, forse era il nervoso che avevo accumulato da quando Enzo era entrato nella mia vita. Si era piazzato a casa mia, tutti i giorni era lì, non ci lasciava un attimo di tregua. Per di più aveva dei comportamenti aggressivi nei miei confronti: era diventato gelosissimo per ragioni oscure, mi aveva vietato l’uso di maglie scollate e gonne, mi aveva cancellato dal cellulare tutti i numeri dei miei amici maschi, vietato di parlare con dei maschi, vietato di uscire con le amiche perché a lui non stavano simpatiche e per di più quando seppe che una sera invece di stare insieme a lui uscii con un’amica d’infanzia mi diede l’ultimatum di scegliere tra lui e la ragazza.
Mi sentivo stressata, ma non vedevo oltre il mio naso, lo amavo e certe situazioni per me non esistevano.
<Perché non rispondevi al telefono? Dove sei stata?> Enzo era a dir poco adirato quel pomeriggio e mi urlava dietro, mi dava sui nervi, stavo per avere una crisi isterica. <Hanno visto Emilio venire verso Modena, è stato da te, con te c’è già uscito. Perché tu sei una poco di buono.> urlava fino a farmi scoppiare i timpani, non riuscivo a calmarlo.
<Ma cosa centra se hanno visto Emilio venire a Modena, non esisto solo io da queste parti. Non c’è bisogno che ti arrabbi con me per dei motivi così futili.> ripresi fiato cercando di stare il più calma possibile <Mi dispiace se non ti ho risposto ma avevo delle cose da fare in casa, non posso stare sempre col telefono in mano. In ogni caso non sono una poco di buono se sono uscita con un altro ragazzo prima di te.>
Lo guardai piena di rabbia ma avevo anche un po’ di paura, avevo il respiro affannato. La situazione però da quel momento degenerò. Sarà stata la mia risposta, sarà stata la rabbia che gli ribolliva nel cuore ma quella fu una delle mie più brutte esperienze. Mi spinse contro l’armadio della camera con forza, cercavo di fermarlo ma lui era troppo forte per me, mi diede un calcio a livello dello stinco. Gemetti ma cercai di rimanere calma, mi convincevo che quello fosse solo un momento di stress dovuto al lavoro. Iniziò poi con le mani, mi tirava i pugni a livello della spalla sinistra.
<Voglio vedere quanto resisti prima che ti metti a piangere.> Sulle sue labbra riuscivo a leggerne il godimento. Cercai di resistere, di fermargli il braccio ma era troppo forte, ero arrivata al limite. Avevo la spalla dolorante e gli occhi cominciavano a bagnarsi di lacrime <Ti prego smettila, non ho fatto nulla. Perché devi essere così cattivo? Cosa speri di ottenere vedendomi piangere?>
<Nulla amore, solo vedere quanto resisti.> Per fortuna la tortura durò poco, mia madre tornò presto a casa ed Enzo fu costretto a smettere con le sue angherie. Mi ricomposi al meglio che potessi, non volevo far notare lo stato in cui ero in quel preciso momento.
Agosto
Passarono ben 10 mesi da quello spiacevole pomeriggio di ottobre. Nonostante avessi subito dei maltrattamenti dal mio fidanzato, non avevo il coraggio di lasciarlo. Ero innamorata, il mio cuore seppur pieno di rabbia sorvolava su questi avvenimenti. Mia madre sapeva che io ed Enzo spesso litigavamo e che non andavamo molto d’accordo, ma non aveva la minima idea di quello che realmente facesse. Non ne avevo mai parlato con nessuno, tendevo a tenermi dentro tutto e rischiavo di scoppiare da un momento all’altro. In effetti, non a caso, ero spesso soggetta a crisi di nervi.
<Vally, dammi retta, quello che ti serve è restare sola. Dì a Enzo di non venire per un po’. Non ti rendi conto che lui gode a vederti piangere? Più piangi e più lui si comporta così. Queste cose le so, sono grande e ho avuto anche io le mie esperienze.> mi disse mia madre quel pomeriggio vedendomi triste.
<Ma pensi che non gliel’abbia detto di non vederci per un po’? Eppure sembra che le parole gli entrino da un orecchio e gli escano dall’altro. Mi dice sempre va bene non ci vediamo ma alla fine è sempre qui. Ogni giorno.>
<Allora non sei molto convincente. Diglielo chiaramente che non lo vuoi vedere, fatti sentire, fai valere le tue idee, non devi farti calpestare in questa maniera.> non mi stava sgridando, ma le sue parole erano state pronunciate con un tono abbastanza severo, probabilmente per farmi capire quello che era la realtà.
17:00. Enzo era appena rientrato dal lavoro e puntuale come un orologio svizzero prese il telefono e mi chiamò come faceva del resto tutti i giorni, prima di pranzo e prima di cena.
<Mi dispiace ma questa sera non mi va che vieni a trovarmi. Ci stiamo vedendo troppo, voglio avere qualche giorno per restare da sola, ho delle esigenze, le amiche non le vedo più.> gli dissi. Cercavo, come disse mia madre, di essere decisa il più possibile.
<Questa sera no, è giovedì. Aspetta domani, lo sai che puoi uscire solo il venerdì. Domani un amico mi ha invitato ad un locale e tu sei libera di stare per conto tuo.> queste furono le sue parole, parole che mi lasciarono senza fiato e con un nodo alla gola. Avevo capito male oppure quello che intendeva dire era che io dovevo essere ai suoi servizi?
<Come scusa?> non riuscivo a credere a quello che avevo sentito ma cercai di mantenere la calma, una calma che non riuscii tutto sommato a trattenere senza scoppiare ad urlare. <Posso uscire solo il venerdì perché tu esci con i tuoi amici? Ma cosa stai dicendo? Tu esci con i tuoi amici a divertirti, mentre io per te non posso neanche vedere le mie amiche perché non ti stanno simpatiche? Mi dispiace ma questa situazione non mi va bene. Ciao.> chiusi il telefono senza dargli modo di replicare ma continuò a chiamare per almeno un’ora buona. Era già arrivata ora di cena e per fortuna le chiamate avevano terminato, ma la sorpresa era in agguato dietro l’angolo. Il motorino rosso di Enzo sbucò da oltre una siepe della casa vicina e si stava dirigendo verso la mia. Non volevo crederci ma mi sarebbero aspettate due ore abbastanza dure, le quali comportavano urla, pianti isterici, un pugno in pieno viso che mi causò un lieve problema a livello della mandibola e come ciliegina sulla torta, mi tappò bocca e naso facendo in modo che non riuscissi a respirare, perché non avevo nessuna intenzione di fargli leggere il mio diario segreto. Quel diario che in seguito mi rubò e fece leggere a tutti i suoi amici.
Maggio
Erano passati poco più di due anni dal mio fidanzamento con Enzo e non avevo trovato il coraggio di lasciarlo, non ancora. Lo amavo, dopo i suoi comportamenti si scusava ed io come una stupida lo perdonavo e ci mettevo una pietra sopra. Non so per quale motivo non riuscissi a lasciarlo, forse per paura di una sua reazione, ma negli ultimi tempi la sua presenza cominciava a darmi fastidio. Mi davano fastidio le sue telefonate e il suo pensiero mi rendeva molto nervosa. Quella mattina, nella mia scuola, c’era sciopero e decisi che non sarei andata. M’interessava di più fare un giro al parco della città, avevo bisogno di rilassarmi e non vi era niente di meglio che fare una passeggiata in mezzo al verde. L’aria era fresca e frizzante, gli alberi in fiore e il canto degli uccelli rendevano il paesaggio armonico. Mi sedetti su di una panchina, a contemplare quella splendida giornata di sole e rievocare il passato, quando ero sola e felice. Fu in quel momento che mi passò accanto una splendida farfalla bianca, che mi si posò per qualche istante sulla mano prima di volare via. In quel momento pensai alla libertà, era quello che mi venne in mente guardando la farfalla e pensai a come volessi essere come lei, poter volare via lontano da quella brutta persona e sentirmi finalmente libera e felice.
Quella stessa mattina, al parco, incontrai Giuseppe, un ragazzo di 27 anni ospite di un amico. Era una persona dal cuore grande, dolce e sensibile come me che mi fece innamorare perdutamente.
Quella mattina capii che il mio desiderio di essere come la farfalla si stava avverando, capii inoltre che il mio cuore era ancora in grado di donare amore senza essere schiava di nessuno. In seguito trovai il coraggio di lasciare Enzo che si sentii ferito nell’orgoglio, ma fu meglio così per entrambi. Da quel giorno la mia vita cambiò e sentivo di essere finalmente una ragazza felice e piena di sogni.
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