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Grecale
Notizia presa dal quotidiano locale di Derry
Impiegato modello Ucciso dalla sua stessa follia!
Nel pomeriggio della giornata odierna è stato trovato ed ucciso Joshua Francis, 35 anni, impiegato presso un' azienda che gestisce gli appalti. “Non si è fermato al nostro altolà” afferma l'agente Willis, Capo del dipartimento della polizia di Derry. “Gli abbiamo intimato di fermarsi, ma lui non ci ha dato ascolto”. L'uomo, che dalla descrizione di diversi testimoni sarebbe “comparso dal nulla” camminava in modo strano, con la testa reclinata di lato. “Sanguinava dagli occhi e dalle orecchie” afferma Aileen F., una testimone che ha osservato la scena dalla finestra che dava sulla strada. “Sono un'infermiera, e posso assicurarvi che da come era piegata la testa doveva essere morto, in una qualche maniera si deve essere spezzato il collo” conclude. Il medico forense da ragione a questa teoria “ L'uomo si è procurato la frattura del collo cadendo da una distanza di non più di quindici, venti centimetri, la cosa che non mi spiego però è come abbia fatto ad alzarsi in piedi e camminare”. “Era un impiegato modello, puntuale e diligente, non capisco come sia potuto succedere tutto ciò” racconta Matthew Leerbaum, suo sovraintendente, “quando non lo abbiamo visto arrivare, pensavamo ad una svista, può succedere a tutti di arrivare in ritardo, no? ”.
“Abbiamo dovuto sparargli, chissà che sarebbe successo se non avessimo aperto il fuoco. ” dichiara l'agente Rodriguez, il poliziotto che gli ha sparato. “Non ho avuto altra scelta” conclude in lacrime. I funerali si terranno giovedì mattina nella chiesa di San Antonio.
Joshua lascia una moglie e due figli.
Il telefono comincia a squillare appena sono rincasato, rispondo e rimango in ascolto. Un altro caso di “morto che cammina” come ho preso a chiamarli è stato avvistato e da quel che mi dice il mio informatore, questo ha una gamba rotta. L'ultima informazione che mi da è che la polizia è già sul posto, poi riattacco ed esco di casa...
Ma torniamo all'inizio. Mattina fredda, nebbiosa mattinata d'inverno. Mi sveglio e dopo i primi tentativi falliti di alzarmi finalmente ci riesco. Le tapparelle sono giù, il buio è totale. Dal comodino alla mia destra proviene l'acuto allarme della sveglia. Il bicchiere d'acqua che mi ero preparato in caso di attacco di sete la notte precedente, ora mezzo vuoto, ascolta quel suono da una distanza troppo vicina. Prima integro, ora rotto, la sveglia mancata. Il contenuto cola giù fino al tappeto, portando con sé piccoli detriti di vetro, molto taglienti. La sveglia smette. Dalla bocca mi esce un “Ma porca... ” tutto impastato ma perfettamente comprensibile. Facendo attenzione ai possibili pezzettini di bicchiere mi avvicino all'interruttore. Gli occhi si assottigliano all'istante, colti alla sprovvista dalla luce. La stanza è piccola e puzza di chiuso. Oltre ad un letto, la scrivania ed un piccolo armadio senza ante, non c'è molto altro. Di fronte al tavolo fa capolino una porzione di schienale blu. Il resto della sedia è sommerso, soffocato dai vestiti del giorno precedente. Anche il bagno è piccolo, anche le piastrelle del bagno sono blu, precisamente celesti ed è composto da una toilette, lavandino ed una piccola doccia. Prendo lo spazzolino, ci spalmo il dentifricio sopra e pronti, attenti, via! Tre minuti come consigliato dai medici nelle pubblicità degli spazzolini. Sono leggermente in ritardo quindi la colazione verrà fatta andando al lavoro. Alle otto e cinquanta ho fatto tutto, dal vestirmi a fare i bisogni che puntualmente chiedono di essere evacuati alle otto quarantacinque esatte. Annodandomi la cravatta, il triste ricordo: oggi è giornata di pensioni... ”No... ” dalla bocca però nessun suono, tutto in playback. Prendo le chiavi, spengo la luce ed eccomi fuori. Rientro appena aver chiuso a chiave. Prendo la borsa e ripeto l'operazione. L'interruttore nel corridoio come al solito non funziona, oppure le lampadine sono rotte. Attaccato al corrimano, saltello giù per quattro piani, l'ascensore guasto da oltre tre mesi. A me non importa molto, sono giovane e non mi fanno ancora male le ossa, al massimo il fiato si accorcia. Fuori la strada è ancora silenziosa, presto però si popolerà di motori, tubi di scappamento, clacson e parolacce. La B&F Bank dove lavoro da appena due mesi e sei giorni, dista cinque, massimo sette minuti di camminata, dieci se trovo i semafori rossi. Ed oggi è proprio una giornata da dieci minuti.
Il primo semaforo è rosso, iniziamo bene. L'orologio segna le nove meno cinque, ed io dovrei essere là per le nove, massimo nove e un quarto, sennò il capo mi riprenderà di nuovo. Nessuno in vista, attraverso quando è vietato. Arrivato al prossimo incrocio trovo il gemello del semaforo, devono essere omozigoti, perché anche questo segna rosso. Ma sta volta ci sono macchine, e, dalla faccia di chi guida, non è proprio giornata per tentare l'attraversata, allora mi fermo. Seguo le macchine che mi sfrecciano davanti, tentando di ricordarmi il loro numero di targa, dimenticato ad ogni nuova autovettura che passa. La mia attenzione però, stanca di questo stupido gioco, si rivolge altrove, ad un rimbombo che giunge al mio orecchio sinistro, una porta vetrata che si apre. L'uomo che ne esce mi impaurisce. Parlando da solo cade dagli scalini posti di fronte alla porta, si rialza e la testa ballonzola in giro, non più fissa sul collo. La caduta deve averglielo spezzato... Resto pietrificato mentre l'uomo (perde sangue dal naso e dalle orecchie) mi passa accanto borbottando tra sé. I miei occhi sono fissi sulla sua testa che ad ogni passo saltella. Un risolino perplesso mi scappa dalla bocca. Come può essere vivo? Mi guardo intorno, nessuna anima viva, sono l'unico testimone. Con il collo spezzato non puoi vivere, dico. Non puoi. Intanto Mr. Impossibile is nothing continua la sua camminata scomparendo piano piano verso l'orizzonte.
Dalla tasca dei pantaloni estraggo il cellulare, digito il numero del capo. “Pronto? Ciao Alex, non dirmi che arriverai in ritardo di nuovo... Come? Non stai bene? Ah, capisco, nausea... ho capito, ascolta, riprenditi mi raccomando! Chiama appena stai meglio! ” è andata più liscia del previsto. Mi giro verso la porta, dove i raggi solari non mi permettono di vedere ciò che c'è oltre la soglia. Salendo gli scalini vengo assalito da brividi. Siamo a maggio, ma all'improvviso mi sembra di essere in pieno inverno. Aprendo la porta un gelido vento mi alza i capelli.
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Joschua Francis, alias Mr. Impossibile is nothing, continua la sua passeggiata. È caduto altre volte, lasciando chiazze rosse sul marciapiede. Parole incomprensibili macinano nella bocca. La mascella slogata che penzola. I pochi passanti cambiano subito direzione, appena lo vedono. Dall'altra parte della strada lo osservano, chiamando tutti il 911. La stazione di polizia è riempita di descrizioni, tutte colorite, ogni testimone aggiunge un dettaglio in più. I poliziotti decidono di agire, scendendo in strada. Puntandogli la pistola intimano: “Fermo o spariamo! ” Lui non li ascolta e loro aprono il fuoco. Quando tocca il terreno lo fa riempito di buchi e pallottole, attorno a lui un ombra densa e rossastra si espande. Il borbottio però non cessa.
La porta è richiusa alle mie spalle, il silenzio è ovunque, non lascia spazio a niente. Davanti a me un corridoio, niente finestre, illuminato da una singola debole lampadina posta in mezzo. Il coraggio scappa lasciandomi solo. A passi piccoli percorro il varco. La brezza aumenta, gelido come il Grecale*, deve esserci una finestra aperta, oppure qualcuno tiene un ventilatore acceso vicino ad una ghiacciaia...
Una risatina... e a destra una porta aperta. È da li che proviene quella risata. Girandomi in quella direzione divento pietra... L'apertura da su una stanza grigia anch'essa senza finestre. Al centro un cavalletto, davanti un uomo, nudo, magro, ha il colore dei muri ed è lui che ridacchia. Un brivido freddo mi percorre la schiena, lasciando al suo passaggio peli dritti. Non riesco a muovermi, la paralisi si è attorcigliata attorno a me partendo dalle caviglie arrivando a bloccarmi il collo. Lo sconosciuto sta disegnando saltellando a destra e a sinistra, il sedere osseo si tende e si rilassa ad un ritmo crescente. Riesco a liberarmi dalla morsa della paura ed a nascondermi vicino alla porta nel momento esatto in cui l'uomo urla “Ta dah!!! ” girandosi di 180° gradi. L'eco si muove attraverso il corridoio, fermandosi davanti alla porta che da sulla strada, poi il silenzio torna per un periodo infinito. Viene scacciato provvisoriamente dalla caduta di qualcosa di media grandezza, la tavolozza suppongo. Il rumore seguito da un altro più piccolo suono, può solo essere il pennello. Quello che non vedo ma che le mie orecchie percepiscono mi fanno drizzare i capelli, l'uomo deve essersi chinato, e dal suono che proviene dalla stanza accanto sembra stia leccando qualcosa, forse i colori della tavolozza. Mi muovo prima ancora che il mio cervello se ne renda conto. Via, verso l'uscita. Vengo fermato da un altro rimbombo, una porta che si apre e che viene sbattuta con violenza. Cala il sipario della quiete, lo spettacolo è finito. Immobile come una statua attendo un altro schiamazzo, un altra risata, qualcosa che potrebbe tradire quel pittore pazzo. Le orecchie così tese da sentire solo il mio battito. Sbircio nella stanza, nessuno, ma neanche l'ombra di una porta... Il cavalletto però è fermo al centro, la tela un groviglio di colori resi indistinguibili dalla distanza. Dove è andato? Io ho sentito perfettamente il cigolio dei cardini e il tonfo sordo della porta richiusa. Varco la soglia e sono nella stanza. Tremo, gli occhi che schizzano in ogni direzione, cercando di carpire ogni minimo movimento. C'è un odore strano, di vecchio, ma sotto questo fetore si nascone qualcos'altro. Mi avvicino al dipinto, a passi lenti, i colori si dividono, prendendo lentamente forma. Il porpora è il colore che ha usato di più, lo vedo perché la tavolozza che è ai suoi piedi ne è piena, sembra l'arma di un delitto. Sono abbastanza vicino da capire cosa ha dipinto quel personaggio bizzarro... quello che si presenta davanti a me è straordinario, cosi bello da stordire. I colori, le forme, tutto mi ipnotizzano, facendomi avvicinare ulteriormente. Non mi accorgo della porta che si richiude silenziosamente dietro di me. Non noto che lo sconosciuto è dietro di me, con quel suo sorriso da squilibrato. Inizio a tremare, dalla gola escono parole incomprensibili, mi giro e l'artista di quest'opera fantastica mi saluta e finalmente lo vedo in faccia; è uguale a me! Mi apre la porta, ed io sono pronto ad uscire in strada. Tutti devono vedere questo dipinto, tutti!!!
Dalla porta esce un ragazzo, cade dagli scalini. Si rialza e cammina strisciandosi dietro la gamba destra. Borbotta, sbava e sanguina. Lo fisso mentre mi passa accanto attraversando l'incrocio con il rosso. Scatta il verde ma ormai lui è un punto all'orizzonte... Cellulare alla mano chiamo il mio capo per dirgli che oggi non sto tanto bene...
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