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Affetto pericoloso - Parte terza e ultima
Alle due e mezza di un mattino, Lullaby scese le scale e raggiunse la cucina avvolta dal silenzio dell'abitazione.
Si diresse verso l'armadietto, recuperò un bicchiere e lo riempì d'acqua. Stava tornando in camera quando una voce la raggiunse.
"Tuo padre voleva chiamarti Fede."
Lullaby si voltò e nel buio della stanza e la luce della Luna, riuscì a mettere a fuoco l'immagine.
"Mamma, che ci fai qui a quest'ora?"
La donna rimase silenziosa, e Lullaby prese posto di fianco a lei.
"Allora?", domandò nuovamente.
"Tuo padre voleva chiamarti Fede, ma io avevo optato per Libera per via del movimento delle femministe di cui avevo fatto parte negli anni delle proteste giovanili."
Lullaby sorrise.
"Poi quando Ivan ti ha vista piangere durante la proiezione di un film sulla guerra degli anni venti, ti ha soprannominata Lullaby, e ti è rimasto. Era il nome dell'attrice protagonista."
Fece una pausa.
"Lullaby", ripeté la madre come se fosse la prima volta che udiva quel nome.
"Avevi solo cinque anni."
Lull sorrise di nuovo.
"Perché l'hai fatto?", domandò d'un tratto la donna.
La ragazza scosse il capo.
"A cosa ti riferisci?"
Allora lentamente la donna tirò fuori della tasca, un fazzoletto con le iniziali D. M.
"Lo riconosci?"
Lullaby lo fissò. Poi annuì.
"Sì, è un fazzoletto."
"Non è un fazzoletto qualunque."
Fece una pausa. Poi continuò.
"M. D.", disse sfiorando con le dita le iniziali. "Daniela Mavera."
Dopo qualche attimo Lull annuì.
"L'avrà dimenticato l'ultima volta che è stata qui."
La donna sospirò.
"Lo so che cosa hai fatto, Lullaby."
La figlia si toccò l'interno della bocca con la lingua, e rimase con quella smorfia fino a che si appoggiò allo schienale della sedia.
"Dovevo farlo", si decise a dire dopo un po'.
"No, non dovevi", controbatté prontamente.
Poi di scatto si protese in avanti verso il viso di sua madre.
"Quella lì tradiva Ivan, e si era messa in mezzo."
"In mezzo a cosa?"
"In mezzo a noi, alla nostra famiglia."
La mamma scosse il capo.
"Ivan ti avrebbe voluto bene ugualmente, anche se stava con una ragazza."
Ora fu il turno di Lullaby di scuotere il capo.
"Non c'entra. Il problema era lei: la troia."
"Dov'è adesso?", domandò dopo qualche secondo.
"Che importanza ha?"
"Ne ha per me."
Lullaby la fissò negli occhi, e ne vide le lacrime.
"Io non dirò niente", disse sfinita la madre.
"Perché?"
"Sono tua madre, Lullaby, e non permetterei a nessuno di farti del male..."
Lullaby sorrise.
"Ma non era una cosa che dovevi fare", continuò.
"Cosa?"
"Pensaci, che cosa hai ottenuto? Ora sei un'assassina."
"L'ho tolta dai piedi. Nessuno deve intromettersi in questa famiglia, o meglio nessuno deve farle del male. Perché credi che Giovanni sia ancora integro? Perché è una persona ok, che non ha mai fatto del male né a Livia né a Barbara."
Dopo una piccola pausa durante la quale la donna si mise a piangere, domandò: "Che cosa ti aveva fatto di tanto terribile?"
"Aveva tradito Ivan, e io non l'ho posso permettere. Chiunque faccia del male alla mia famiglia, lo fa a me."
Fece una pausa. "Poi investigava, e nessuno deve ficcanasare nelle mie cose. Era solo una stronza impicciona. Nessuno sentirà la sua mancanza."
"E Ivan? "
"Ivan la dimenticherà molto presto."
"È trascorso quasi un mese da quando è scomparsa. Non lo vedi come sta?"
"Starà meglio."
"Avevi paura che non ti volesse più bene, adesso che stava con Daniela?"
"Certo", rispose con ovvietà.
Sua madre arricciò il mento, in cerca di trattenere il pianto.
"Ascoltami Lullaby. Ho sempre in mente la tua immagine di quando sei piccola, di quando sei sul tappeto con i tuoi fratelli. L'immagine di te che li vai a baciare uno per uno con una spontaneità che non ho visto mai in nessun altro bambino. Tanto bella che io e vostro padre vi abbiamo immortalato. La foto è quella sul caminetto."
"Sì, lo so", disse sorridendo come una bimba alla quale nè appena stato fatto un complimento.
"Tu, Lullaby eri una bambina molto speciale, davvero, ma al tempo stesso eri terribilmente gelosa. Lo eri da piccola, e lo sei anche ora."
"E con questo?", domandò quasi offesa.
"Io non dirò nulla perché tu sei mia figlia, e ti difenderei anche a costo della mia vita, ma ti prego di dirmi dov'è Daniela."
Lullaby le lasciò le mani, e sorrise di scherno.
"Se mi vuoi tanto bene cosa t'interessa sapere dove si trova Daniela?"
"Dobbiamo liberarla. Se lo facciamo, la faremo andare lontano da qua. Nessuno verrà mai a cercarti."
Lullaby la fissò, e rise. Poi si morsicò il labbro inferiore.
"Hai ragione, sai? Da piccola ero molto affettuosa, ma anche molto gelosa. Tutto è scattato quando avevo dieci anni. Vedevo Ivan stare con una ragazzina che non ero io, allora gli sono andata vicino e gli ho chiesto se potevo prendere parte al loro gioco. Sai cosa mi aveva risposto per la prima volta? Che dovevo lasciarli in pace e che stavano facendo un gioco segreto, che nessuno poteva conoscere."
Fece una pausa.
"Vederlo in compagnia di un'altra, e sapere che me lo stava portando via, mi fece andare fuori di testa. Mi aveva respinto. Mio fratello rideva con una ragazzina che non ero io, e anche lei rideva, quella troia. La ragazzina della casa in fondo alla via, la sua compagna di scuola, la sua compagna di banco, e la sua compagna di letto..."
Poi in tono divertito, disse: "Poveretta, è morta prematuramente."
La madre la guardò con paura, e allo stesso tempo con orrore.
"Perché? Lei non ti aveva fatto nulla!"
"E cosa ne sai? Mi aveva portato via il fratello e ogni volta che si presentava a casa nostra aveva sempre quell'atteggiamento da stronza presuntuosa. Mandala via, diceva sempre ad Ivan quando mi vedeva. Capisci? Alla fine ho dovuto prepararle una sorpresina. Non mi ha lasciato scelta."
"Cosa?"
"La ragazza ventitreenne trovata morta nel canale, quasi dieci anni fa, era la compagna di scuola di Ivan. Non lo sapevi?"
La donna si alzò e di scatto si allontanò dalla figlia.
"Lullaby, dimmi che non è vero."
"Non posso mamma, perché ti mentirei, ed io non voglio più farlo", disse inclinando il capo come fanno i cani.
La donna chiuse gli occhi, e li riaprì l'istante dopo.
Esitò prima di parlare.
"Ho mentito a me stessa", disse facendo una pausa. "Sapevo che era morta, e sapevo anche che eri stata tu ad ucciderla."
Poi alzò lo sguardo lucido verso la figlia.
"Ho sempre sperato che non fosse vero Lullaby. E... fin dal momento in cui siamo tornati dalla passeggiata, sapevo che eri stata tu a far sparire Daniela, ma non so in che modo."
"Credo che sia meglio risparmiartelo, mamma."
La ragazza stava dirigendosi fuori dalla cucina col bicchiere d'acqua quando la fissò nuovamente, e con un sorriso disse: "A proposito... davanti casa nostra, tutte le domeniche continuava a fermarsi un uomo. Credo che avesse messo gli occhi addosso alla piccola Barbara."
Fece una pausa, mantenendo il sorriso.
"Adesso gli occhi glieli ho chiusi per sempre."
La madre rimase ammutolita.
"Buonanotte, mamma.", disse infine con assoluta calma.
Poi scomparve.
La donna chiuse gli occhi, e si appoggiò esausta al tavolo. Sua figlia era un'assassina, e dentro sé sapeva che non avrebbe riferito mai a nessuno la verità.
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