(Fluido Non-Sense)
L’amaca all’ombra dei due faggi dondolava pigra.
D’improvviso fece tre giri su se stessa e scaraventò Gloria al suolo.
Il pavimento era freddo, metallico, illuminato dal neon intermittente che gettava lunghi lampi azzurri tutt’intorno.
L’asettica stanza risuonava di un ronzio alieno e meccanico.
Qualcosa si mosse sotto il corpo stupito e indolenzito della ragazza.
Gloria sentì un secco click e si ritrovò con le cinture allacciate sulla grande ruota panoramica.
Il luna park ai suoi piedi era inanimato; solo i palloncini colorati, che vedeva minuscoli da lassù, sembravano muoversi nell’arida fissità della fiera deserta.
Il palloncino giallo si staccò dagli altri e risalì verso la giostra, venendole incontro.
Gloria lo legò stretto al dito indice, slacciò la cintura di sicurezza, pesante come un’ancora, e si lasciò trasportare dal vento.
Vide la città ai suoi piedi, accarezzò con la punta delle scarpe verdi le tegole dei tetti poi rimase sospesa sulla grande casa di mattoni rossi.
Gloria avvicinò il suo dito alla bocca e strinse il filo del palloncino tra i denti.
Il filo tagliato si avvolse su se stesso in spire di cotone e Gloria fu inghiottita dalla scura bocca del camino.
Era ancora in trappola.
Buio e pareti strette avvolgevano il suo corpo impaurito.
Gloria si fece piccola, piegò le ginocchia al petto ed appoggiò la fronte sulla lana morbida del vestito nuovo.
Diventò un gomitolo nella vecchia scatola di legno del cucito di sua nonna.
La sentiva ancora cantare, mentre raccoglievano insieme conchiglie, splendenti nel sole del mattino, come doni candidi, lasciati sulla sabbia dalla bassa marea.
La sabbia era fresca e l’acqua lambiva placida i piedi nudi.