Un grande fiocco a doppio nastro abbelliva la scatola di cartone e plastica lucida posta al centro della mensola. Proprio al centro tra l'orso seduto e il cavallino a dondolo dalla bella criniera.
Due tra i premi più ambiti, insieme a lei. Lei che aveveva lunghi riccioli biondi e due occhioni spalancati sull'opacità dell'involucro trasparente, che le faceva da finestra im mezzo a tutto quel cartone. Lei, dall'abito di organza e pizzo francese; mille gale a formare una corolla evanescente. Nascoste erano le deliziose scarpine di vernice che potendo avrebbero saltato giù dal ripiano e iniziato a farla camminare.
Quella sera il banco del tiro a segno era illuminato da surreale luce rosa. I nuovi neon ad intermittenza creavano una cornice perfetta, come perfetto era quel delizioso luna park, proprio fuori dal centro città.
E quella sera dove tutto sembrava ideale, con tre colpi secchi, fu raggiunto il massimo punteggio.
Da quell'oblò appannato aveva visto qualcuno indicarla e con moto deciso una forbice aveva tagliato un cordoncino robusto che con gesto veloce era divenuto un piccolo cappio per inserire giusto tre dita. Proprio quelle tre dita che iniziavano a farla oscillare a pochi centimetri da terra.
Dondolava piano mentre riusciva a vedere colori e forme fuori fuoco come fotogrammi alternati a velocità sostenuta.
Fortunata la bambina che avrebbe scartato quel pacco, che avrebbe potuto pettinare e metter fiocchi a quei bellissimi ricci lucenti. Farla volteggiare in immaginarie serate danzanti dopo pomeriggi in poltrona a sorseggiare in minuscole porcellane, il thè delle cinque.
Questi, i pensieri delle signorinelle che la vedevano ondeggiare. Questi, i suoi pensieri che si innalzavano come onde guidate dal flusso delle maree, uno seguiva l'altro immaginando il sorriso della bambina che l'avrebbe accudita e le avrebbe dato finalmente una vita.
Fu appoggiata delicatamente sul sedile posteriore della macchina, che la stava portando via da quel mondo di musica e voci sovrapposte.
Ci fu solo il tempo per un ultimo colpo d'occhio. Giusto il tempo per farsi dare un ultimo colpo d'occhio e lasciare quei volti sconosciuti.
Ancora immagini scomposte, scure stavolta, come ombre scivolose e repentine.
Ancora le tre dita e un moto oscillante che la faceva sobbalzare fino a trovarsi finalmente ferma.
Era arrivato il momento sperato. Fu sollevata di nuovo.
I suoi occhi dipinti videro quelli di un uomo che la scrutavano con ammirazione.
E la bambina dov'era? Si, la bambina che tanto sognava. Come quelle che si fermavano a guardarla.
Quelle che battevano i piedini affinchè i padri perdessero in quattro cinque giochi, i soldi con i quali l'avrebbero comprata con facilità.
No, la bambina non c'era. C'era quell'uomo che la squadrava sorridendo. E questo non le piaceva.
Quell'uomo non l'avrebbe fatta giocare. Niente balli. Niente colazioni con fittizi pasticcini ripieni. Niente cambi d'abito. Niente ninne nanne stonate cantate a metà.
No, non le piaceva affatto.
L'uomo pronunciava elogi sulla sua bellezza e sulla bravura nel centrare i tre colpi. Borbottava passando da una stanza all'altra.
Tutto era perfetto. Serata perfetta. Mira perfetta. Bambola perfetta.
Come perfetto era lo spazio tra altre due scatole a lei destinato. I cartoni colorati che combaciavano meravigliosamente nel grande armadio a due ante che si richiusero davanti ai suoi occhi immobili.
Avrebbe gridato se la sua bocca non fosse stata un bocciolo perfetto, perfettamente chiuso.