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Paradiso all'alba

Parecchio che Marco non viaggiava in treno, meglio, così aveva tempo per pensare alla sua vita anche se lo faceva spesso, per rimanere, ancora una volta, con l’amaro in bocca.
Ma non si lamentava mai in modo eclatante. Certo, sarebbe stato bello se le cose fossero andate in un altro modo.
E poi oggi era una giornata diversa. Dopo aver consegnato i plichi al Ministero, aveva preso la pazza decisione di fermarsi alla Scuola Militare frequentata da ragazzo, quasi quaranta anni prima. Veramente una pazza idea, ma in fondo lui amava vivere di ricordi e quella Scuola era un piacevole ricordo di giovinezza.
Chissà perché, dondolato dal rumore del treno, gli era così dolce e congeniale ricordare tutta la sua vita.
Gli tornava puntuale alla mente il pensiero di non essersi fatto una famiglia. Gli sarebbe piaciuto tanto, una donna, dei bambini, ma non c’era mai riuscito. Non aveva mai provato e dentro di se ammetteva di non avere avuto coraggio, in questo come in altre cose.
Quando si era arruolato i suoi genitori erano ancora vivi, la famiglia unita, i parenti in armonia. Come era bello, quando tornava a casa, giovane, pieno di belle speranze, come erano belle le feste di Natale e Pasqua e quelle del Santo Patrono, tutti uniti, davanti alla chiesetta bianca che si affacciava sul mare!
Per non parlare dei battesimi, comunioni e cresime, dei matrimoni all’antica, che duravano una settimana, con le file di spiedi che arrostivano nei cortili e i vecchi che parlavano di cose memorabili! I nonni tenevano unita la famiglia. Morti loro, erano cominciati i primi screzi, i litigi fra zii e cugini sulla spartizione dei terreni, cause in tribunale, voltafaccia, smettere di rivolgersi anche la parola.
Ricordava i giorni che tornava in licenza, i genitori tristi, abbandonati dagli altri figli, che erano andati a trovare lavoro lontano, come lui. Ma lui tornava sempre a casa appena poteva.
Anche dopo che i suoi morirono. Tornava sempre e guardava con dolore l’erba che aveva invaso l’orto e allora, sgomento, usciva da quella casa vuota, cercando il calore della gente nel paesino bianco di sole e di facce che lo evitavano.
Con immenso dolore aveva venduto la casa dei genitori e non era più tornato al paese.
La caserma era diventata il suo paese, la sua casa, la sua famiglia. Il suo monastero. Ora stava per arrivare il momento di andare in pensione e non sapeva dove andare. Aveva insistito perché mandassero lui al Ministero a portare delle scartoffie urgenti, suscitando sorrisi di compatimento nei superiori e nei colleghi, davanti a questo suo colpo di coda, lui, che si teneva sempre accuratamente in disparte.
Ma si era messo di puntiglio, e alla fine l’aveva spuntata.
Si complimentava con se stesso. E poi aveva deciso di fare una capatina alla sua vecchia Scuola Sottufficiali, frequentata da ragazzo. Sentiva che doveva andarci. Si prendeva in giro, bonario e tollerante, dichiarandosi un poeta fallito, a causa di questo suo sentimentalismo infantile. Si. In fondo era un poeta, anche se non aveva mai scritto poesie.
Ma bisogna veramente scrivere poesie per essere poeti?
Non era mai riuscito ad essere se stesso, pensava di essere un uomo buono, ma sicuramente era sempre stato travisato per questo suo atteggiamento. Passava un po’ per lunatico, suonato, forse anche ambiguo, guardato con divertente e malevolo sospetto per la sua scarsa partecipazione a interessi e divertimenti comuni. Era come un marchio rimastogli appiccicato addosso tutta la vita e che lo faceva stare male.

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3 commenti:

  • alberto tosciri il 04/07/2009 23:40
    Grazie Luca Del Bue per il tuo apprezzamento.
    Grazie Rocco Burtone, effettivamente un po' "chierichetto" il racconto, come dici tu, ho scelto un militare, ma poteva essere un operaio, un contadino.
    Loro ci vanno in paradiso e forse possono essere poeti? Magari hanno fatto il soldato, chissà...
  • Rocco Burtone il 04/07/2009 16:43
    Un po' prevedibile e "chierichetto". E i militari non vanno in paradiso... dai che scherzo (ma non troppo)... e un militare non può essere poeta... dai che scherzo (ma non troppo).
  • Anonimo il 28/03/2009 19:09
    Benissimo, onirico, toccante, ben scritto