racconti » Racconti brevi » Un'insolita serata
Un'insolita serata
Miriam spense il computer, spense le luci, chiuse la porta dell’ufficio e s’avviò per il lungo corridoio
che portava all’ascensore.
Anche quella sera, aveva fatto tardi pensò . Guardò l’orologio che aveva al polso, segnava le 22.
Era molto stanca, gli occhi le bruciavano per le troppe ore trascorse davanti al computer.
Doveva finire un articolo sullo scandalo del giorno: un’implicazione di un alto dirigente d’industria
e un fattaccio di pedo- pornografia.
Spinse il bottone che la portava al piano terra.
Si trovò sulla via Roma dove aveva l’ufficio. Torino era particolarmente fredda in quella serata di fine febbraio
Alzò il bavero del cappotto e s’incamminò verso il parcheggio dove aveva lasciato la sua macchina. Aveva cinquecento
metri da percorrere prima di arrivare in piazza S. Carlo. Mai come quella sera le sembrava una distanza chilometrica.
Devo proprio cambiare vita, pensava, affrettando il passo.
Da quando si era separata da Giulio, i suoi giorni li passava al lavoro trascurando, oltre che sé stessa, anche
i rapporti sociali. L’unico che la capiva era Marco, amico di sempre. Marco, giornalista di fama, suo collega, era
presente ogni volta che lei aveva bisogno. Quando si era separata da Giulio lui le fu molto vicino, con consigli
affettuosi e facendole molta compagnia.
Accese il motore e la macchina partì. Percorse via Vittorio Alfieri, al semaforo svoltò a sinistra in via
dell’Arsenale e giunta in corso Vittorio Emanuele II° , passò il fiume Po sul ponte Umberto I° recandosi verso casa.
Una villetta sulla collina prospiciente il centro cittadino. Non vedeva l’ora d’immergersi nella
vasca da bagno e rilassarsi. Voleva stare nella vasca calda cosi poteva pensare e poltrire tranquillamente.
''''Quei fari sono troppo alti pensò, ''danno proprio fastidio''.
Mise il piede sul freno, per rallentare la corsa, 'Cosa sta succedendo'. Forse c’è un incidente.
Fu costretta ad arrestarsi, perché al centro della mezzeria c’era una macchina ferma con luci accese e
il cofano fumante. Anzi, guardando meglio, aveva il paraurti anteriore completamente sfondato.
Tutto fumava. Accostò e scese. Mentre s’avvicinava alla macchina ferma, ebbe un attimo di paura.
Fu solo un attimo, perché era tardi per qualunque altra decisione. Era arrivata vicino all’auto, ma non vide nessuno.
Guardò tra i vetri mezzo sfondati, non c’era nessuno.
'Che diavolo sta succedendo' disse tra sé.
Decise di chiamare col cellulare il pronto intervento. Sentì un lamento umano, aguzzò la vista, fece
il giro attorno alla macchina e vide tra le due ruote dell’auto un uomo con la fronte sanguinante.
Era seduto e si teneva con una mano la fronte.
-Cos’è successo?- chiese Miriam rivolta al ferito.
‘’Ho ucciso un uomo ’’rispose’’. Là, giù dalla scarpata. Non l’ho visto ‘’.
L’ uomo perdeva sangue vistosamente dalla ferita che aveva alla fronte.
‘’Cosa vuol dire giù dalla scarpata ’’si chiedeva cominciando ad inquietarsi.
‘’Mi è apparso davanti all’improvviso’’ disse ancora l’uomo.
La mente di Miriam cominciava ad avere dei brutti pensieri, come colta da un colpo
di genio pensò’’ chiamo la polizia e l’ambulanza;'' come ha fatto a non vedere? ’’
‘’Ho visto un uomo scaraventato da una macchina che viaggiava davanti a me,
la macchina non si è fermata. Io ho cercato di non investirlo. Sono andato a sbattere con un testacoda
contro il garde -rail. La mia manovra non è servita ad evitare l’impatto.
Miriam prese il cellulare e chiamò la polizia e l’ambulanza.
‘’Prenda la pila dal cruscotto e guardi giù dalla scarpata se si vede quel disgraziato’’ disse l’uomo.
Miriam come un automa obbedì . Prese la pila e scavalcò il garde -rail. Vide una scarpata abbastanza
percorribile e cominciò a scenderla.
Si avviò sotto il livello della strada, con la pila che sondava un paesaggio arido, con scarsa vegetazione.
La paura era tanta.
Alzò la pila per vedere meglio, intanto le passavano nella mente mille pensieri.
'Guarda in che pasticcio si era messa'. Decise di tornare sui suoi passi pere risalire sulla strada.
' A quell'ora, i soccorsi erano già arrivati sicuramente.' Ispezionò la zona puntando la pila intorno, ma non vide nulla.
Aguzzò la vista per vedere meglio. A pochi passi da lei c’era un cespuglio, Miriam s’avvicinò, e vide un uomo
con la testa tutta insanguinata.
'È morto pensò, l’ho trovato!' Per prima cosa decise di scappare: aveva una paura terribile.
Fu però più forte di lei il desiderio di prestare soccorso, e s’avvicino al cespuglio.
Notò che era un ragazzo. Con la pila puntata sul viso del giovane vide che era ferito gravemente.
Non osò toccarlo, disse solo:’’ non ti preoccupare stai tranquillo, sta arrivando l’ambulanza’’.
Non ebbe risposta. È morto pensò di nuovo. Tornò sui suoi passi per risalire la scarpata, quando un colpo
terribile alla testa la fece cadere a terra priva di sensi.
Si svegliò come da un lungo sonno e, quando realizzò quello che le era accaduto, si guardò attorno e vide che
era in una stanza che non conosceva, sdraiata su ad un letto.. Si toccò la testa, perché le faceva un gran
male e sentì che era fasciata.
'Santo cielo dov’era finita? Perché si trovava lì? Perchè si sentiva così male?
Questi pensieri balenarono nella
sua mente e l’angoscia l'attanagliò di colpo.
Provò a sedersi sul letto, per orientarsi meglio. La stanza era vuota, c’erano solo il letto dove stava lei, una sedia
e un piccolo sgabello. Alle pareti nulla. Provò ad alzarsi. La testa le doleva maledettamente,
fece uno sforzo e andò verso l’unica porta.
Guardando meglio, notò una piccola finestra, da cui subito sbirciò. Vide una distesa di campi
coperti da una coltre di brina.
Cominciò a rendersi conto che, oltre il dolore alla testa, il disagio che provava era dovuto al freddo
che incombeva nella stanza.
Capì che dove lei era costretta, doveva essere una specie di capanna che serviva ai pastori o ai contadini
per deporvi gli attrezzi.
Non aveva finito di pensare quando udì dei passi avvicinarsi alla porta.
Un rumore, un colpo e la porta s’aprì. Davanti a lei stava un uomo con il volto coperto da un passamontagna blu.
‘’Vorrei sapere dove mi trovo ’’ chiese Miriam, ben sapendo che rischiava grosso facendo una domanda
di quel genere.
‘’Cara la mia signora, non è lei che deve fare domande, ma sono io”.
“Cosa volete da me! Mi sono fermata sulla strada perché ho visto un incidente. Stavo andando a casa,
avete sbagliato persona sicuramente”.
“ Ah davvero? ” incalzò. l’uomo.
Miriam sentiva che l’irritazione dell’individuo cominciava ad aumentare.
Un filo di luce entrava dalla finestra, che andava a posarsi sulle mani nervose dell’uomo.
'Dove diavolo era il ragazzo che lei aveva visto quasi morto dietro un cespuglio giù dalla scarpata?
Miriam era disperata, non riusciva a concentrarsi.
Aveva un freddo cane e la testa poi… Con la forza della disperazione cercò di mantenersi
calma e disse: “ per favore lasciatemi andare, io sono solo una giornalista che fa il suo lavoro.
Niente di più, non sono neppure ricca. ”
‘’Ah davvero’’, ripetè l’uomo.
‘’Non voglio danaro bellezza’’
‘’Che diavolo volete allora? E non mi chiami bellezza''
Miriam barcollando, tornò a sedersi sul letto.
‘’Sei giornalista e stai ficcando il naso in cose che non dovrebbero interessarti. ’’
La donna era terrorizzata. Fingendo sicurezza e grande coraggio disse:’se non mi lasci andare, presto
la polizia sarà qui L’ho chiamata prima, quando mi sono fermata per soccorrere la persona dell’incidente.
Nello stesso momento in cui pronunciava quelle parole, il suo pensiero le rivelava una situazione terrificante: non
era prima, ma la sera prima. Era giorno; lei aveva chiamato la polizia e l’ambulanza la sera prima.
Non ebbe il tempo di dire altro, perché l’uomo le si avvicinò con uno
straccio nero in mano e le bendò gli occhi.
‘’Andiamo’’ disse con voce che non ammetteva altro commento.
Miriam s’alzò dal letto a fatica Aveva tutto il corpo indolenzito e percorso da un tremore incontrollabile.
L’uomo la spinse verso la porta e, afferrandola fortemente per un braccio, la spinse fuori.
All'esterno brillava una luce spettrale che irrigidì i muscoli già intirizziti della donna.
L’aria frizzante accentuava il suo tremore. ''Questo è un incubo'' si ripeteva,' tra un
po’ mi sveglierò e tutto sarà finito''. La realtà, però, era lì davanti a lei inconfutabile.
Ebbe appena il tempo di realizzare la situazione, era buio assoluto.
’’ Forza andiamo disse l’uomo prendendola per un gomito e sospingendola dentro
ad un auto che non aveva visto prima di avere la benda sugli occhi.
Quando l’auto ripartì, per un po’ ci fu silenzio, ma Miriam non sopportava più nulla e, quasi urlando
chiese::’’ Allora mi volete dire che cosa volete da me? ’’
Per risposta ebbe un ulteriore spintone. Questa volta la mano cercava di farla sdraiare sui
sedili posteriori dell’auto.
’’ Si stenda ’’ordinò l’individuo in tono che non ammetteva repliche. ’’ Accidenti a voi ’’ gridò la donna.-
''Se starà in silenzio, tutto finirà al più presto''- replicò l’uomo.
Miriam percepiva che ora gli uomini erano due: uno guidava, l’altro controllava lei.
Decise di non parlare più, anche perché capiva che era inutile. S' affidò al destino.
Per il momento non c’era nulla da fare. L’auto percorreva la strada velocemente e Miriam calcolò a occhio e croce,
che era trascorsa più di mezz’ora di viaggio. Cominciò a pensare a quello che era successo la sera prima.
''Se le cose stavano così, lei era stata colpita dal ragazzo che aveva visto ferito vicino al cespuglio,
allora era tutto falso:l’incidente, il sangue, la macchina ferma incidentata.
''Ma perché?'' si chiedeva ostinatamente.
2
Miriam fu fatta scendere, sentì una mano afferrarla per un braccio e sospingerla con forza dentro una stanza.
Percepiva l’interno di questa, dal calore che sentiva. Era l’ unico elemento gradevole da ormai un giorno
e mezzo a cui essa s’aggrappò con tutta se stessa. Continuava a stare male, sia per il freddo, sia
perchè dalla sera prima non aveva mangiato nulla.
Sentì scoppiettare una fiamma ; pensò ad un camino, anche perché il calore che
sentiva era proprio quello dei ceppi che bruciavano. I suoi nervi erano contratti,
fece un passo al buio ed urtò contro una porta. Il panico le chiudeva la gola.
Non riusciva ad emettere alcun suono.
Sentì qualcuno che le toglieva la benda. La luce d’improvviso l’accecò. Mise una mano sugli occhi per
difendersi dal disagio che le procurava la luce dopo ore e ore al buio. Per gradi le sue pupille
si abituarono alla luce, distinse un tavolo, le sedie, in un angolo un camino acceso.
Mise a fuoco la situazione. C'era una persona, che sembrava stesse lì proprio ad aspettare lei.
Miriam aveva paura persino a respirare, aveva la pelle d’oca.
Sentì qualcosa di freddo alla nuca. Quando realizzò, capì che era la canna di una pistola.
Sulla soglia apparve una silhouette, ben definita. della figura di un uomo.
‘’Siedi’’ disse, indicando alla sventurata una sedia vicino al tavolo.
Miriam ubbidì sempre più confusa ed impaurita. Ebbe la forza di chiedere ripetendo
la solita litania :’’ cosa volete da me? ’’
L’uomo che parlò aveva un cappuccio sulla testa, una donna di mezz'età, vestita da cameriera,
entrò nella stanza con un vassoio in mano.
S’avvicinò al tavolo e mise il vassoio proprio davanti a lei.
Guardò la cameriera con occhi interrogativi. La figura col cappuccio
disse :- Bevi, è caffè caldo.- Miriam non se lo fece ripetere, prese la tazza con le due mani e la portò alle labbra
Il liquido caldo scese nel suo stomaco. risollevandola, anche perchè non sentiva più la canna della
pistola premere nella sua nuca.
''Cara la mia signora, disse l'ndividuo- lei è una giornalista, scrive articoli davvero interessanti, solo che,
in questo momento, ha toccato fatti e argomenti delicati, troppo delicati.
Non è aria per una come te -riprese- passando al tu.
Miriam alzò gli occhi sull’uomo e rispose:’’ Questa è una messainscena per non farmi fare il mio mestiere
di cronista? Scordatevi! ’’
Finì di dire questa frase ancora più terrorizzata di prima.'' Ma come le venivano in testa certe idee,
proprio non capiva, era proprio stupida, si, stupida. Era il caso di essere più docile, accidenti!
L’uomo rispose: -Avevo immaginato, anzi lo sapevo che eri un osso duro –
se''vuoi uscire viva da qui, devi bloccare l’uscita dell’articolo.'' -
-'' È un’indagine di routine- disse la donna. È tutto nel mio computer. Stavo
giusto per finire la stesura;' poi è il redattore capo che autorizza o meno la stampa.''
''Dubito che ne venga fuori qualcosa se tu non tornerai mai più al lavoro.
- Qualcuno è andato nel tuo ufficio e ha distrutto il microchip.
L’articolo come vedi non uscirà più . Non vedrà la luce mia cara.-
-È importante che tutto finisca qui, con la promessa che dimenticherai ogni cosa
se vuoi vivere.''-
Era troppo per i nervi contratti di Miriam, che cacciò un urlo: -sono mesi che sto lavorando
a quel pezzo; è un fatto importante, è giusto che la cronaca se ne occupi.-
-È qui che ti sbagli carina- rispose l’uomo che le si avvicinò sospingendola verso una porta
che si aprì. C’erano delle scale che Miriam immaginò portassero in cantina.
-Aspetta- disse la voce dietro di loro. Miriam si bloccò, mentre l’uomo che la spingeva
ad alta voce chiese :- Che c’è ora?-
La figura che era vicino al camino, ora senza cappuccio, con un grosso
sigaro in bocca, si aggirava per il salotto. S’avvicinò ai due vicino alla scala,
piantando loro addosso i suoi grossi occhi da rospo
dicendo:-L’accordo era di lasciarla andare, una volta eliminato il microchip.
Possiamo liberarla se non apre bocca.-
Miriam pregò silenziosamente, affinché quell’incubo davvero finisse.
Dunque lei si trovava in quella terribile situazione, perché aveva pestato i piedi all’uomo potente
dell’industria ………..
Ora era tutto chiaro. Per quanto si sforzasse di ricordare, le voci, che udiva, non le dicevano nulla.
Non conosceva le persone che la tenevano prigioniera, -Eh sì, era proprio così,- era prigioniera.
Si rese conto con angoscia della grave situazione in cui si trovava.
Scorse che in fondo alla stanza, vicino alla finestra, c'era una sagoma nella penombra.
La paura aumentò; come un film, in un attimo, la sua vita le passò davanti.
Aveva un buon lavoro, si era laureata in lettere moderne in tempo da record. Ci aveva messo cinque anni esatti, inclusa la tesi; cosa ritenuta quasi impossibile. Infatti, quando frequentava l'ultimo anno, veniva spesso additata dagli studenti più giovani e da quelli più vecchi fuori corso. Erano davvero in pochi quelli che finivano in cinque anni. Tenendo anche conto del fatto che nel frattempo era anche diventata maestra di musica. All' Universita', durante l'anno in cui aveva lavorato alla sua tesi, una tesi di ricerca aveva fatto amicizia con Marco, che frequentava il suo stesso corso di lettere.. Erano ancora amici, lui l'aveva aiutata molto. Marco non suonava nessuno strumento, lei invece suonava bene il pianoforte. Già Marco, chissà se si era accorto della sua assenza... Di solito si sentivano quasi tutti i giorni... Lui la chiamava, accertandosi che andasse tutto bene...
Quel giorno era il compleanno di Mara, una sua cara amica; dovevano andare a festeggiare tutt'insieme la sera.
''Che ci faceva in quell'intrigo?... Le scocciava molto se la sua vita fosse finita lì
''Dio, se ci sei aiutami''.
Doveva pensare a come uscire da quella situazione.
Forse una possibilità di uscire indenne da quell’orribile momento c’era.
Azzardò, con un filo di voce, comunque fingendo una sicurezza che proprio in quel momento
non aveva;- Non potete impedirmi di fare il mio mestiere.-
Ancora una volta si diede della stupida per aver aperto bocca, senza pensare alle conseguenze.
-Non ti proccupare, se farai la brava non ti succederà nulla-. L'uomo la spinse per le
scale e Miriam scese con la paura che attanagliava il suo stomaco.
Come lei aveva pensato, si trovò in una cantina, illuminata da una luce fioca...
C'erano cianfrusaglie ovunque. L'uomo, che non la lasciava, afferrandola sempre per il braccio,
le indicò una sedia, e le ordinò di sedere.
Quando Miriam prese coscienza del luogo, vide che in fondo alla stanza, vicino ad una finestra,
c'era una sagoma che nella penombra non distingueva bene. Era un uomo, comunque, questo
si vedeva, con un cappuccio in testa.
Ci risiamo penso' la donna... che succede ora?
Stava per mettersi a piangere, perchè oramai era giunta al culmine della sopportazione.
Non ebbe il tempo di dir nulla, perchè quello che vide, davanti ai suoi occhi, ebbe dell'in_
credibile. Per poco non svenne... L'uomo si era tolto il cappuccio, avanzando
verso di lei, dicendo:- mi dispiace Miriam, ho dovuto farlo, mi serve del denaro,
molto danaro. Il gioco... sai...
Non ti preoccupare, non ti succederà nulla Me l' hanno garantito.-
Miriam aprì la bocca, ma non usciva alcun suono. L'aprì e la chiuse ancora per qualche attimo
finchè la voce uscì: emise un urlo - Marco!!!!!-
S'udì un gran trambusto lungo le scale, e quando Miriam si rese conto di ciò che
avveniva, ringraziò mentalmente la fortuna, perchè ancora una volta non riusciva ad emettere
suoni. Poliziotti, con le armi in pugno, misero le manette ai due uomini.
- È finita signora. Per fortuna che la donna delle pulizie del suo ufficio, si è decisa
a venire da noi per parlare. Gina, la donna delle pulizie, aveva udito una telefonata di Marco
che prendeva degli accordi.
Udì che diceva:- Avete promesso che a Miriam non torcerete un capello.-
Poi, vedendo che lei era sparita, si è fatta coraggio ed è venuta da noi -
-La donna delle pulizie, già, - disse Miriam con una voce che sembrava uscita dall'oltretomba.
Ebbe la sensazione che il mondo le crollasse addosso.
-Sicuramente, appena la vedo la ringrazio...-
Posso andare a casa e fare un bagno caldo ora?
silvia trabanelli dic. 2007
12345678
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0