L’aquilone volava su e giù, a zic zac e la cordicella era tesa come la nota acuta di una tromba. Gli occhi blu del bimbo luccicavano.
Alessandro si girò e si mise a correre sul prato.
“Alessandro non allontanarti troppo mi raccomando, ” gridò la mamma.
“Mammina, guarda, guarda com’è bello!”
“Alessandro!”
“Tranquillizzati Teresa, qui non c’è nessun pericolo,” le disse Marcello.
“Mi dispiace Marcello, ma è la prima volta che usciamo dalla città,” rispose triste Teresa.
Marcello prese la mano di Teresa e la baciò.
“Teresa mi vuoi sposare?”
“Lo sai.”
“Ti amo più di me stesso. Teresa, perché aspettare?”
“Ci sposeremo tesoro, non insistere.”
Teresa si era alzata dalla coperta su cui era sdraiata. Sentiva un pericolo.
“Alessandro! Alessandro! Ma dove è andato a cacciarsi?”
“Vedi l’aquilone?,” disse Marcello, “Alessandro è sotto quegli alberi, non può sentirti da qui.”
“Sono preoccupata Marcello, vado a vedere.”
Teresa si mosse verso gli alberi.
Sotto di lei l'impolverato tappeto di denti di leone ondeggiò nell'aria. Marcello la raggiunse e la trattenne per un braccio.
“Tesoro mio, baciami, quanto sei bella.”
“Lo so, lo so,” sospirò Teresa.
La vita gli aveva finalmente sorriso, pensò Marcello. Lui, Marcello, cinquant’anni passati da solo; lui, aver trovato una ragazza così attraente e giovane, era proprio qualcosa che non aveva più osato sperare. Il vento nel mese di maggio gli entrò negli occhi e una lacrima scivolò giù bagnandogli il volto.