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Stufo di essere nessuno
Bobbi era stufo, stanco e stufo, veramente stufo, di essere un signor nessuno. Era cresciuto nella sicurezza che un giorno sarebbe diventato qualcuno, che tutti avrebbero conosciuto il suo nome.
Invece niente. Era sempre stato e probabilmente era destinato a essere per sempre una nullità, un loser per dirla con un neologismo inglese del gergo giovanile di oggi.
Bobbi non riusciva a capire se il suo sentirsi una nullità era legato al fatto che era davvero una nullità oppure se quella sensazione avesse ragioni più profondamente legate al suo stato mentale e che quindi non sarebbe mai scomparsa anche se fosse davvero diventato qualcuno.
Per saperlo con certezza sarebbe dovuto diventare qualcuno. Ma come? L’unica cosa che sapeva fare era scrivere ma scrivere lo sanno fare quasi tutti nel mondo occidentale. Farsi strada come scrittore o giornalista, senza essersi mai veramente specializzato, o anche solo applicato, in nessun campo specifico, era solo un’utopia.
Da giovane aveva provato a prendere una scorciatoia: sniffare e spacciare cocaina. La cocaina ti faceva immediatamente sentire al centro del mondo. Un tiro e il mondo si spostava dal suo asse geo-metafisico e si metteva a girare intorno a lui. Tutto e tutti ruotavano intorno a lui perché tutto e tutti quelli che aveva intorno ruotavano intorno alla cocaina.
Era una situazione ideale ma non poteva durare e non durò. Gli diede alla testa in pochi mesi e poi ci si misero anche concorrenti agguerriti, polizia e giudici a rendere tutto più difficile.
In compenso la sensazione di aver irrimediabilmente compromesso un’esistenza normale per sentirsi speciale solo pochi attimi era destinata a durare molto, ma molto, più a lungo.
Ora era lì, seduto alla sua scrivania, che pensava a come convincere qualche direttore di qualche testata a pubblicare qualche suo articolo.
Scriveva di tutto, di ogni cosa, come se fosse l’unico a sapere come gira il mondo: politica, geopolitica, religione, filosofia, scienza, tecnologia. Qualsiasi cosa. Si considerava un tuttologo con tutta la superbia e l’arroganza di chi, in realtà, non conosce nulla.
L’unica differenza era che, al contrario di molti altri tuttologi, lui era consapevole di non sapere nulla. L’unica cosa che sapeva di sapere era che l’unico modo per farsi ascoltare, quando non si sa nulla, è di parlare, o scrivere, come se si sapesse tutto.
La vita di un tuttologo ai tempi di Internet, però, era tutt’altro che facile. Da una parte era molto più semplice reperire informazioni per promulgare la sua tuttologia ma dall’altra era molto più semplice reperire informazioni anche per tutti gli altri che quindi avevano molto meno bisogno delle informazioni fornite da un tuttologo.
Così Bobbi andava avanti per la sua strada, da solo, come era sempre stato per tutta la sua vita. Solo e alienato, diverso da tutti, ignorato dalle donne e dai datori di lavoro.
Il suo era un caso piuttosto singolare: si dice che chi sia fortunato al gioco sia sfortunato in amore e viceversa. Lui invece era sfortunatisismo in entrambi i casi. In tutta la sua vita non aveva mai vinto nulla nel gioco d’azzardo da cui, fortunatamente per lui, aveva sempre avuto la capacità di stare alla larga. In amore era ancora peggio: in tutta la sua vita non aveva mai neanche fatto inammorare, veramente innamorare, una donna. E mai ne aveva realmente amata una.
Non che fosse vergine. Di sesso ne aveva fatto anche tanto per uno come lui, basso, tozzo, grassoccio e pelato, e con un pene di dimensioni medio-piccole, ma solo imbrogliando. Sesso per droga, sesso per soldi. Qualche volta c’erano state delle storie di brevissima durata, basate solo sullo scambio sesso per sesso, ma erano delle rarità e su un periodo di oltre trenta anni, le storielle di due settimane o tre mesi erano come gocce colorate in un’oceano grigio di tristezza e solitudine.
Anche perdere la verginità non era stato facile. Le prime volte non c’era riuscito. Aveva negato di essere vergine e, quando era arrivato il momento, la paura aveva preso il sopravvento e il suo pene era rimasto floscio e flaccido.
La primissima volta che aveva avuto una reale possibilità di perdere la sua verginità era stato il suo più grande disastro, reso più doloroso dal fatto che era con la più bella ragazza che gli fosse mai capitata. Si chiamava Angela. Era la sua ragazza da qualche giorno. Lei aveva addirittura lasciato il suo tipo, un figaccione ricco e fisicato, per lui. Diceva che lui la faceva ridere. Si erano appartati in un boschetto di notte. Quando era arrivato il momento di metterglielo dentro gli si era afflosciato come un palloncino bucato. Cercando di farlo indurire di nuovo glielo aveva strofinato pateticamente sulla pancia ed era venuto. Probabilmente era stato l’atto sessuale più patetico della storia.
L’anno dopo era andato al college. Ah già, mi sono dimenticato di dirvi che Bobbi era andato a vivere in america a 14 anni. Era ancora vergine e ancora non riusciva a farlo con nessuna. Per fortuna molte ragazze si accontentavano di fare altro: pompini, ditalini, seghe. Lui faceva finta di arrabbiarsi ma in realtà era felicissimo che nessuna insistesse per fare sesso, inteso come penetrazione. Quando, dopo aver iniziato a spacciare cocaina, si era finalmente trovato una ragazza fissa, era persino riuscito a coinvolgerla in delle orge pur di non trovarsi nella situazione in cui avrebbe dovuto per forza fare sesso con lei. A 19 anni era finalmente riuscito a farlo per davvero per la prima volta con una ragazzina coreana ma anche quella volta era stato patetico. Si sentiva il pene mezzo moscio e anche se era riuscito a infilarglielo dentro non sentiva alcun piacere.
La sua prima vera storia sessuale arrivò quasi due anni dopo, quando lui aveva già 20 anni, con una ragazza molto bella che per qualche ragione aveva preso a cuore il suo caso disperato e, anche per orgoglio personale, aveva fatto di tutto per “sbloccarlo” e ci era riuscita. Nel frattempo però c’erano stati due anni pieni di abusi e spaccio di droga, cocaina e acido in primis.
Bobbi si rendeva conto di essere “sbagliato”. Di non essere adatto al mondo in cui viveva. Andare in America aveva acuito questa sensazione esponenzialmente ma non riusciva, non era mai riuscito, a fare nulla per vincere questa battaglia contro se stesso. Sentiva di avere dei demoni dentro da esorcizzare, dei traumi psicologici da esorcizzare, e non provava altro che odio per tutti coloro che gli stavano intorno.
Nel tempo quella sensazione si era gradualmente affievolita ma non era mai svanita del tutto. Più che odio per le persone che aveva intorno, ora provava amore ma non era poi così diverso. Comunque si sentiva sempre strano ed estraneo, alieno e alienato.
Forse le cause andavano ricercate nelle sue origini. Era un ebreo ma non era stato cresciuto come un’ebreo. I suoi erano atei e comunisti e lui era cresciuto - nella cattolicissima Italia - con le dottrine e gli insegnamenti di Marx e Lenin. Poi, dopo la morte di sua madre, era andato in America con il padre e la cattolicissima matrigna, a vivere in un paese dove le dottrine comuniste sono considerate alla stregua del nazismo e del demonio stesso. Ma l’America era anche il Paese dei vizi e del peccato e lui vi si era perso, come Pinocchio nel Paese dei Balocchi. Suo padre e la sua matrigna l’avevano lasciato lì; lui aveva lottato contro il sistema ed alla fine era sopravvissuto, fuggendo appena prima di trasformarsi un asinello perduto. Poi, un po’ come nella storia di Hansel e Gretel, aveva ritrovato la strada di casa ed era tornato in Italia, dove era nato.
Ora non era più ebreo, non era più italiano, non era più americano, non era più cattolico e non era più comunista. Non era anarchico (anche se simpatizzava), non era buddhista, non era new age e non era un satanista (quella era stata solo una fase, per uscire dalla droga). Non era un sacco di cose, ma cos’era? Non era nulla.
I suoi insuccessi con le donne, culminati in una storia d’amore materiale e materialistico che tra varie pause era durata la bellezza di 11 anni e aveva spaziato su due continenti e un’oceano, gli avevano fatto venire la nausea all’idea di stare con una donna. Mai, mai in vita sua, men che meno in questa storia ultradecennale, aveva conosciuto una donna a cui lui stava veramente a cuore e che per lui era disposta a fare qualsivolgia sacrificio. Lo usavano e basta e Jade, quella della storia di 11 anni, lo aveva semplicemente usato più a lungo e meglio di tutte le altre. Non che lui avesse poi così tanto da offrire.
Da piccolo era un bellissimo bambino ma ora, dopo anni di batoste, era diventato acido e pessimista, e, insieme ai capelli biondi, aveva perso quel poco di sex appeal che aveva avuto. A volte pensava di essere gay e in effetti era una possibilità più che probabile. Molti suoi amici pensavano che fosse gay e lui stesso era conscio del fatto che gli esseri umani sono in grado di godere con entrambi i sessi senza alcun problema se non i vincoli imposti dalla società. Però, se l’idea di stare con una donna lo nauseava, l’idea di stare con un uomo lo schifava completamente. Ma forse non aveva trovato la persona giusta, in entrambi i casi.
Sicuramente la sua insicurezza sessuale era una delle cause (o degli effetti) del suo sentirsi una nullità. Sicuramente il senso di insoddisfazione che lo pervadeva costantemente era una delle ragioni per cui era finito nel giro delle droghe pesanti. Sicuramente c’erano tante, tanitssime altre cause che ora non starò qui a elencare, ma l’inadeguatezza sessuale era una delle principali.
Ora però tutto questo era alla spalle e lui rimaneva una nullità. Ma cosa poteva farci? Oltre all’amore e al gioco era sfortunatissimo anche sul lavoro. In vita sua non era mai stato promosso, quando trovava un buon lavoro l’azienda chiudeva nel giro di qualche mese e nessuno gli aveva mai risposto all’invio di un curriculum. Nessuno aveva mai letto per caso un post del suo blog. Nessuno gli aveva mai dato ragione su niente. Nessuno, mai nessuno. Non c’era da stupirsi che si fosse messo in proprio a spacciare cocaina. Lì, a presciendere dall’uso, dall’abuso, dalle truffe, dai furti e dai soldi per gli avvocati, perderci era impossibile. Ma non poteva e non voleva più andare avanti con quella vita.
Così Bobbi decise di fare qualcosa di eclatante. Vivere sentendosi una nullità era peggio di non vivere e era certo che nei seguenti 30-40 anni la situazione sarebbe certamente peggiorata. A 33 anni era nel mezzo del cammin della sua vita, era in una selva oscura e la diretta via era stata perduta da tempo. Era ora di tracciare una nuova via verso la vita eterna della memoria collettiva.
Una mattina si svegliò di buon ora e si recò a poligono di tiro vicino a casa sua. Noleggiò una pistola e uscì dal poligono senza farsi vedere. Fu più facile di quanto si era aspettato. Nessuno aveva fatto caso a lui che usciva dall’entrata. Si diresse in moto verso la più vicina stazione di polizia, che distava solo un paio di chilomteri. Questione di pochi minuti, anche nel traffico cittadino. Arrivò alla centrale. Era un edificio antico ma squallido, come tutte le centrali di polizia del mondo. C’era una scalinata che portava all’ingresso principale. Salì i gradini che conducevano all’entrata, valicò la soglia e si trovò davanti al gabbiotto del guardiano.
“Dove deve andare? ”
“Devo pagare una multa”
“Secondo piano. Terza porta sulla destra”.
“Grazie”
Salì le quattro rampe di scale e arrivato in cima si fermò un attimo a guardare il corridoio. Era squallido, con i muri azzurrini e le porte bianche. C’erano 5 o 6 porte che conducevano a uffici diversi. Si diresse verso la terza porta a destra ed entrò.
“Posso aiutarla? ”, chiese un vigile seduto alla sua scrivania dietro a un vetro.
Bobbi tirò fuori la pistola. Una 9 mm semiautomatica. Pesava un quintale e il suo braccio si muoveva al rallentatore ma nessuno se ne accorse e nessuno reagì. Prese la mira e sparò senza pensarci. Era vicino e non poteva mancare. La testa del poliziotto esplose come un’anguria sotto i colpi di un martello e cadde indietro. Bobbi lasciò cadere la pistola, pensando a Michele Corleone quando uccide il poliziotto corrotto a metà del primo Padrino, e uscì da dove era entrato. Camminava lentamente lungo il corridoio e poi, più rapidamente ma non troppo, giù per le scale. Nessuno faceva caso a lui. Tutti correvano come dei matti, cercando di capire cosa fosse successo e nessuno pensava a lui. “Devo essere proprio una nullità – pensò - se nessuno può concepire, anche solo per un secondo, che sono stato io a far fuori quello sbirro”. Comunque aveva lasciato impronte digitali ovunque e le telecamere a circuito chiuso avevano sicuramente ripreso la sua faccia. Presto qualcuno sarebbe venuto a cercarlo.
Andò a casa e per mezzogiorno era in ufficio. Per avere la mattinata libera aveva detto di avere un appuntamento dal dentista. Nessuno gli fece alcuna domanda. Si mise al suo posto e cominciò a lavorare. Presto sarebbero venuti a prenderlo e il suo nome e la sua foto sarebbero stati su tutti i giornali. Almeno per qualche giorno tutti avrebbero saputo chi era.
Invece nulla. I giorni passavano e nulla. Nessun investigatore, nessun giornalista, nulla. Nessuno era venuto a cercarlo. Neanche quelli del poligono a cui aveva rubato la pistola. Non riusciva a capacitarsene ma l’idea che nessuno lo cercasse, neanche dopo che si era reso responsabile dell’omocidio a sangue freddo di un poliziotto innocente, lo turbava enormemente. Si sentiva ancora più insignificante di prima. Ancora più una nullità, ancora più un perdente.
Visto che dopo sei mesi non era ancora venuto nessuno a cercarlo, Bobbi decise che avrebbe dovuto fare qualcos’altro per attirare l’attenzione. Andò a comprare una bidone da venti litri poi andò alla prima stazione di servizio vicino a casa e lo rimepì di benzina. Quella notte, verso le tre di notte si vestì con una tuta nera e si recò alla sede di Forza Nuova più vicina a casa sua. Prese la macchina. A quell’ora di notte non avrebbe trovato traffico. Ci mise pochi minuti ad arrivare. L’esterno della sede erano due vetrine che davano sul viale, protette dalla saracinesca, al pian terreno di un palazzo di mattoni rossi. Con un piede di porco forzò leggermente la saracinesca e poi, con un colpo secco, spaccò la base del vetro. Infilò un tubo nel buco che si era formato, ci collegò un imbuto e vi rovesciò dentro i venti litri di benzina. Nessuno si accorse di nulla. Di tutte le macchine che gli passavano di fianco mentre con tutta la sua forza cercava di forzare la saracinesca e inondava di liquido altamente infiammabile l’edificio nessuna si fermò insospettita. Dopo che ebbe finito di versare fino all’ultima goccia di benzina tolse il tubo e sulla scia di benzina che si era formata fuori dal buco gettò un fiammifero acceso. Questione di attimi e tutto era in fiamme. Bobbi si sedette di fronte alla sua opera, sul marciapiede dall’altro lato del viale, ad aspettare l’arrivo di polizia, pompieri e fascisti.
Arrivarono in quell’ordine, polizia, pompieri e fascisti, ma non c’era più molto da fare. I pompieri spensero il fuoco in tempo, impendendo che si diffondesse in tutto l’edificio ma la sede di Forza Nuova era carbonizzata. Bobbi era lì che guardava il via vai ma nessuno, proprio nessuno, faceva caso a lui. La polizia interrogava i fascisti, i pompieri combattevano il fuoco e i fascisti piangevano disperati ma nessuno, proprio nessuno, faceva caso a lui.
Si alzò, si mise in macchina e se ne andò a casa sconsolato. Ormai ne era definitivamente certo: non era solo una sensazione, era veramente una nullità. Anzi era più (o meno) che una nullità, era il nulla più totale e nessuno avrebbe mai conosciuto il suo nome. Sarebbe morto solo e sconosciuto come tutte le nullità. Era sempre più depresso ma non si arrese. Nei mesi seguenti uccise altri poliziotti innocenti, bruciò altre sedi di estremisti di destra, fece persino esplodere un ordigno rudimentale vicino al municipio ma nulla, assolutamente nulla. Nessuna reazione, nessuna indagine, nessuna ricerca, nessuna richiesta di presentarsi in commissariato per essere interrogato.
Si sentiva sempre più una nullità ma a forza di uccidere impunitamente poliziotti e fascisti stava cominciando a prenderci gusto. Uccidere e distruggere gli dava una certa soddisfazione ma non poteva rimuovere l’alone di solitudine che lo circondava. Sapeva che fare del bene, aiutare la gente che ne avesse bisogno, lo avrebbe aiutato a stare meglio ma proprio non ci riusciva. Lui sentiva di aver più bisogno d’aiuto di chiunque altro. Anche senzatetto e barboni, alla fine, erano mentalmente più sani ed equilibrati di lui. Ormai andava regolarmente in giro con la pistola in mano, senza neanche nasconderla, sparando a tutti i poliziotti e ai fascisti che incontrava. Al telegiornale parlavano di “inspiegabile ondata di crimine” e per qualche strana ragione lui non veniva mai, proprio mai, inquadrato dalle telecamere dei telegiornali o dai flash dei fotografi. A volte si piazzava danvnati alla macchina ma quel pezzo veniva regolarmente tagliato. Addirittura, quando scriveva sui blog dei principali quotidiani assumendosi la responsabilità di quegli eccidi i suoi commenti non venivano mai pubblicati.
Alla lunga anche uccidere e distruggere divenne monotono e noioso come tutto il resto. Bobbi era sempre più stufo. Forse uccidere persone completamente innocenti, chessò dei bambini dell’asilo, gli avrebbe permesso di arrivare in prima pagina ma non ci sarebbe mai riuscito. Va bene poliziotti e fascisti ma i bambini e i civili no.
Un giorno gli venne un’idea. Ci aveva già pensato prima ma era troppo difficile da attuare: avrebbe cercato di uccidere il Papa. Alla fine Ali Agca, che non c’era neanche riuscito, era arcinoto in tutto il mondo e aveva persino la sua pagina su Wikipedia. Se fosse riuscito anche solo a sfiorarlo…
Ecco. Era giusto. Lo sapeva che era la cosa giusta da fare. Avrebbe anche fatto un piacere al Mondo perché questo Papa era veramente un bastardo. Avrebbe tolto di mezzo il papa e si sarebbe tolto di mezzo lui: due piccioni con una fava e il mondo sarebbe stato un posto migliore per tutti.
Non dovette aspettare molto. Alla prima camminata del papa tra i fedeli a Roma lui ci sarebbe stato. Nel frattempo si sarebbe allenato a tutto, come Robert De Niro in Taxi Driver. Solo che a lui, quando si parlava allo specchio, non rispondeva nessuno, neanche nella sua immaginazione.
Andò armato. Nessuno lo perquisi’. Ammazzò anche un paio di poliziotti per strada. Si creò un po’ di scompiglio ma il corteo non venne fermato. Il Papa si diresse verso alcuni fedeli che volevano baciargli la mano. Bobbi saltò fuori da dietro di loro e addosso al papa. Caddero entrambi a terra. Il Papa si dimenava ma Bobbi gli afferrò i capelli e gli sbatte violentemente la faccia contro il cemento. Per qualche ragione le guardie del corpo del Papa non reagirono subito. Era come se non riuscissero a identificare l’assalitore e Bobbi ebbe il tempo per assestare un paio di colpi al naso e allo stomaco del Papa che gemeva sempre più dolorante. Poi le guardie si sbloccarono e lo individuarono.
Finalmente.
Ce l’aveva fatta. Aveva raggiunto il suo obiettivo. Ora che le guardie l’avevano visto tutto il mondo l’avrebbe visto. Prima che riuscissero a bloccarlo completamente tirò fuori la pistola e sparò. Questo papa non aveva la stoffa o il carisma carmico di Woytila e morì sul colpo. Le guardie afferrarono Bobbi e lo immobilizzarono. Senti’ qualcuno in sottofondo ordinare di non ucciderlo. Bobbi intanto era in trance e godeva. Il suo più grande desiderio si era finalmente avverato. Lo avevano voluto e lo avevano preso. Tutti avrebbero saputo chi era. Tutti avrebbero conosciuto il suo nome e tutti avrebbero ascoltato quello che aveva da dire. C’erano anche buone possibilità che il suo sarebbe stato il processo del secolo.
I giorni che passò in cella aspettando il processo furono i più belli della sua vita. Gli avvocati e i giornalisti facevano a gara, no, si scannavano letteralmente, per parlare con lui. Per avere il diritto a una conversazione di pochi minuti. Era una star internazionale. Era quasi 24 ore al giorno su CNN, Fox, BBC, Sky News, la RAI… Tutti parlavano solo di lui da oriente a occidente e molti non ne parlavano neanche così male perché l’odio che questo Papa era riuscito ad attirare nel mondo era tanto. Gli avvocati più noti e prestigiosi volevano il suo caso. Lo imploravano di farsi difendere, gratuitamente, e gli promettevano non solo una comoda prigionia ma anche indennizzi in denaro. In prigione era trattato come un re. La maggior parte del tempo era in isolamento ma le poche volte che usciva era accolto come un’idolo dalla gran parte dei carcerati. Ancora nessuno lo aveva collegato alle precedenti stragi di poliziotti e fasci e quindi anche i secondini, tutto sommato, lo lasciavano in pace. C’erano persino quelli che erano venuti a chiedergli l’autografo.
Il processo iniziò dopo solo quattro mesi. Un record per le tempistiche giudiziarie italiane. Con il suo esercito di avvocati, vestito di tutto punto in un’abito firmato che gli era stato cortesemente donato da un celebre stilista (in realtà tutti gli stilisti gliene avevano donato uno da mettersi durante il processo, aveva solo l’imbarazzo della scelta), Bobbi entrò in aula e si sedette al banco degli imputati. Gli avvocati gli avevano garantito di essere in grado di ottenere l’infermità mentale quindi lui non doveva far altro che dire le cose più stramapalate. Sicuramente era un bene visto che ciò che avrebbe detto era la cosa più stampalata di tutte. E forse proprio per quello qualcuno gli avrebbe persino creduto. Di sicuro l’avrebbero ritenuto pazzo da legare.
“Il giudice chiama a testimoniare Bobbi Goldman, accusato di aver ucciso a sangue freddo sua santità il Papa”.
Bobbi si alzò. Si sentiva un dio. Camminò lentamente fino alla sbarra, godendosi ad ogni passo gli occhi del mondo puntati su di lui. Prese posto e giurò sulla Bibbia lasciandosi scappare un’evidente risatina al momento di dire “lo giuro”.
Il PM attaccò: “Lei è accusato di aver ucciso il Papa. Come si dichiara, colpevole o innocente? ”
“Innocente”.
“Ma l’hanno vista milioni di persone! Ci sono decine di riprese televisive! ”
“Sono innocente perché non ho ucciso il Papa. Quell’uomo era un impostore”.
“Sta dicendo che quello’uomo non era colui che è stato scelto dai vescovi? ”
“Sto dicendo che il Papa non viene scelto dai vescovi ma da Dio”.
“Quindi sta dicendo che quell’uomo non era il Papa perché, secondo lei, non era stato scelto da Dio? ”
“Sto dicendo che quell’uomo non era il Papa perché io non l’ho scelto per essere il mio rappresentante sulla Terra”.
Dalla platea – ma Bobbi poteva sentire anche gli eco globali delle folle accalcate davanti ai televisori – si levarono risate, urla e ave maria. “Ordine, ordine! ” urlava il giudice battendo il martello all’impazzata ma ci mise almeno dieci minuti per riportare una parvenza di ordine che pareva reggersi su un equilibrio estremamente precario. Alla prima parola di Bobbi sarebbe scoppiato il finimondo.
Adesso era il PM a far fatica a non ridere mentre parlava. “Se ho capito bene lei sta dicendo di essere Dio? ”
“In questo momento, per essere precisi, sono il messia di tutte le religioni monoteistiche ma sì, certo, alla fine io e Dio siamo una cosa sola. Uni e trini”.
Il giudice si scusò un secondo per guardare i messaggi che avevano iniziato a martellargli il cellulare
“L’Udienza è sospesa fino a data da definirsi”. Annunciò prima di ritirarsi nel suo ufficio e richiamare i mittenti dei messaggi che continuavano ad arrivargli al ritmo di uno al secondo.
“No signor primo ministro non ho la piú pallida idea del casino che sta succedendo”
“Lo faccia subito smettere di parlare. Stiamo ricevendo milioni di chiamate da tutto il mondo. Un sacco di gente crede che quel pazzo sia davvero il messia! ”
“Ma com’e’ possibile? È solo un idiota che ha ammazzato il Papa! Come possono credere a quello che dice? ”
“Senta adesso non faccia il finto tonto con me. Come crede che io sia arrivato al Governo? La gente crede a tutto quello che dicono i personaggi televisivi. Questa é stata la nostra politica da piú di vent’anni”.
“Ma signore, una cosa é la scelta dei rappresentanti politici, un’altra é credere che un pazzo sia il messia! ”
“La pianti con questa storia. Perché crede che le veline pubblicizzano i prodotti insieme ai calciatori? Forse perché dicono cose sensate? Perché, secondo lei il Papa é – o era – il Papa? Perché la gente lo vede in televisione o legge quello che lui dice sul giornale. Non esiste altro potere che quello mediatico e ‘sto tizio se n’é appena preso una bella fetta in un colpo solo. Voi toghe mi perseguitate da anni per il mio potere sui mass media. Sono anni che sono al potere proprio per questo. Non c’é alcuna differenza tra ideali politici o religiosi, tra bene e male, tra giusto e sbagliato. L’unica veritá é quella che viene detta in televisione e l’unica dimostrazione della veritá é l’audience. Questo tizio ha un’audience pazzesca che crede a tutto quello che dice! ”.
“Cosa vuole che faccia. Ormai tutti i network della terra sono qui in aula. Non posso semplicemente mandarli a casa”.
“Assolutamente no, avvalorerebbe tutte le teorie cospiratorie. Dobbiamo andare avanti con ‘sta farsa e sperare che si smascheri da solo”.
“Quindi riprendiamo l’udienza? ”
“Sí ma se ha la sensazione che la situazione le stia ulteriormente scappando di mano fermi tutto e rinvii a data da definire”.
Nel frattempo, nell’aula, Bobbi si stava divertendo un mondo a vedere i giornalisti che facevano di tutto per sfondare il muro di guardie che li divideva da lui e strappargli anche solo una dichiarazione monosillabica.
“Quanto tempo hai saputo di essere il messia? ”
“Da poco”.
“Qual’é la tua religione preferita? ”
“Nessuna, sono tutte corrotte”.
“Sei qui per morire sulla croce? ”
“No”.
“Sei arrivato per la fine del Mondo? ”
“Forse”.
“In che posizione preferisci fare sesso? ”
“Tutte”.
“Che squadra tieni? ”
“Inter”
In quel momento rientró il Giudice e, riaperta la seduta, cercó subito di minimizzare.
“Bene, direi che possiamo facilmente intuire che il testimone dice assurditá e che quindi non é disposto a collaborare con la giustizia. Dalle prove che mi sono state presentate direi che ci sono indizi piú che sufficienti per andare a processo. Lei é formalmente accusato di aver assassinato il Papa. La seduta é tolta”.
Bobbi fu riaccompagnato alla sua cella. Era stato il giorno piú bello della sua vita. Chissenefregava di cosa sarebbe potuto succedergli. Nessuno si sarebbe mai piú scordato il suo nome.
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