racconti » Racconti su problemi sociali » L'ultima fumata
L'ultima fumata
Eddie non ne poteva più, proprio più, di vivere in quella casa. Era vero, aveva tutto quello che gli serviva ma non era abbastanza.
Aveva un tetto, cibo a volontà, una stanza comoda, una bella fidanzata, un cane e persino un giardino. Soprattutto aveva tutto il crack che voleva a portata di mano. Lo fumava sempre più spesso. Era una sensazione pazzescamente bella e a lui ormai non importava nient’altro al mondo.
Il suo spacciatore abitava nella stessa casa, al piano di sopra. Per Eddie era un gioco da ragazzi, appena aveva qualche soldo o della merce rubata da scambiare, andare di sopra e farsi dare la sua dose. Solo che la dose non bastava mai. A prescindere da quanto gliene davano. Non poteva bastare e non sarebbe mai bastata. Come può il più buono di tutti i frutti proibiti essere mai abbastanza?
Doveva andarsene se voleva sopravvivere ma non poteva e non ci sarebbe mai riuscito da solo. Neanche Megan, la sua fidanzata, avrebbe mai potuto convincerlo. Anzi ormai si era quasi arresa. Quando Eddie era sobrio – il che succedeva sempre più raramente - era simpatico e divertente come quando lo aveva conosciuto ma appena si attaccava alla pipa di vetro era finita. Diventava una specie di automa il cui unico scopo nella vita era rimepire la pipa e svuotarla.
Eddie aveva tutto del crackomane: la testa rasata con un grosso tatuaggio di una tarantola in una ragnatela sul cranio pelato, il modo di fare punk, lo sguardo spento e penetrante allo stesso tempo, l’aspetto trasandato da vagabondo e la cattiveria necessaria per farsi rispettare dalla gente con cui inevitabilmente doveva avere a che fare. Ultimamente andava a rubare sempre più spesso per alimentare la sua sempre più costosa abitudine. Rubava computer dalle università oppure entrava nelle casa in cerca di contanti e gioielli. Quella sera gli era andata molto meglio del solito. Nel comodino della camera da letto della casa in cui era entrato aveva trovato un rotolo con 500 dollari di contanti. Voleva dire almeno 10 grammi di crack.
Aveva dato a Megan 100 dollari da mettere da parte per l’affitto ed era corso subito di sopra da Al, il suo spacciatore “in domicilio”, e gli aveva buttato lì il rotolo da 400 dollari.
“Voglio almeno 10 grammi, Al, adesso”.
“Eddie, Eddie”, rise Al, “hai trovato un bel gruzzoletto”.
Al era un domincano di Harlem. Era scappato dal ghetto per andare a vivere nella suburbia e fare una vita più tranquilla ma – dopo aver provato vari lavori - presto si era reso conto che il modo più rapido e sicuro di fare dei soldi veri era spacciare ai coglioncelli suburbani il crack che ad Harlem poteva procuarsi molto facilmente. “Sei sicuro di volerli spendere tutti in una volta? Non ti farai del male a fumarteli tutti in un colpo solo? ”
“Questa è bella Al”, rispose Eddie, “ma la consulenza è inclusa nel prezzo oppure offri servizi di supporto ai tuoi clienti gratuitamente? ”
“Lungi da me Eddie. Io voglio solo i soldi. Se vuoi bruciarti la vita in una notte sono affari tuoi”.
“Non penso che una notte basterà per far fuori 10 grammi di crack. Me ne serviranno almeno due”.
“Non ti preoccupare Eddie, dieci sono un po’ tanti. Per quattrocento euro te ne posso dare otto”
“Otto? Ma sei pazzo? Almeno dieci”.
“Cinquanta dollari al grammo è un ottimo prezzo oggigiorno, prendere o lasciare. ”
“Sei un bastardo”.
“Prendi o lasci? ”
“Prendo prendo. Dammi qua”.
Eddie guardò Al che pesava la sua merce sul bilancino digitale. Otto grammi esatti. Li prese e se li mise in tasca.
“E vedi di non morire in questa casa se no ci tocca buttare il tuo corpo in qualche fosso”
“Fanculo”.
Mentre scendeva le scale per andare in camera sua a preparare la pipa aveva già l’acquolina in bocca. Mille volte più salivazione di quando si preparava a mangiare qualcosa di buono. In effetti la sensazione non era minimamente paragonabile. Il crack era la cosa più buona che esisteva in assoluto. Aveva il sapore dolce-chimico più buono, l’odore più buono e faceva il rumore più bello quando, bruciando, scoppiettava nella pipa. Aspirare il fumo e trattenerlo nei polmoni era la seconda cosa più bella del mondo; espirare e sentire l’effetto che andava subito al cervello era la prima.
Eddie si sedette sul suo letto, con il suo pitbull sdraiato di fianco a lui come ogni volta che si faceva di crack. Preparò la prima pipa riempiendola per bene, come solo raramente poteva permettersi di fare. Avvicinò la fiamma alle piccole rocce bianche e le accese. “Crackle, crackle”. Adorava quel suono scoppiettante. Si portò la pipa alle labbra e aspirò la più grande quantità di fumo possibile. Sentiva il petto gonfiarsi del potere degli dei e lo trattenne più a lungo possibile. Poi esalò una gigantesca nuvola di fumo e in un attimo l’effetto lo colpì come un treno a tutta velocità che sposta milioni di metri cubi d’aria attraversando un tunnel. Le pareti del suo cervello rimbombavano come quelle del tunnel. La sensazione di onnipotenza saliva dal petto, passando per la trachea e il collo, e arrivava alla mente. In quell’attimo lui era dio e poteva fare qualsiasi cosa.
Poi c’erano due minuti di piacere intenso: gioia, felicità, la sensazione di essere al centro dell’universo. La sensazione di aver fatto la cosa giusta, di essere un vincente, di amare tutto e tutti. Tutto mescolato alla gioia di vivere e di essere vivo. Una sensazione che sembrava durare per sempre e invece durava solo 120 secondi, fino a quando nella sua testa si insinuava il primo pensiero negativo. Da lì in poi era come una valanga di negatività che gli si abbatteva addosso. Un piccolo pensiero negativo ne attirava altri che rapidamente formavano una massa sempre più grossa. Quando lo travolgeva rimaneva solo lui, nudo, e il bisogno di un altro tiro di crack. Era più di un bisogno, era un obbligo. Senza altro crack rimaneva da solo con il pensiero di essere un crackomane, un fallito, un perdente. Senza il crack non aveva più l’anima.
Questa volta però avrebbe potuto posticipare il problema dell’ultimo tiro per un sacco di tempo. Anche per un crackomane come lui far fuori 8 grammi di roba richiedeva un bel po’ di tempo. Questo pensiero, l’idea di aver ancora un sacco di crack da fumare, gli diede un sensazione di gioia indescrivibile. Attinse dal sacchetto che gli aveva dato Al e rimepì di nuovo la pipa. Altro tiro, altra gioia, altro godimento, altra sofferenza, altro bisogno di un altro tiro… la routine era semplice e a Eddie andava benissimo così.
Aveva iniziato a fumare venerdì sera, verso le 22. Sabato mattina, chiuso in camera sua con le tapparelle abbassate, era ancora attaccato alla pipa. La busta era ancora bella piena e lui continuava a fumare, senza sosta, senza pausa, se non i cinque minuti scarsi tra un tiro e l’altro. Quando aveva poco crack a disposizione faceva passare almeno un quarto d’ora tra le tirate ma questa volta non doveva preoccuparsi. Poteva vivere il sogno del crackomane americano. Crack a volontà, senza preoccuparsi di quando sarebbe finito.
A mezzogiorno circa sentì bussare alla sua porta. Fortunatamente per lui il crack non lo faceva diventare paranoico come invece capitava a molte altre persone. Non era preoccupato di chi potesse essere, in quel momento non gliene importava niente di nulla e nessuno.
“Chi è? ”
“Sono Megan, Eddie che fai? ”
Eddie si alzò per farla entrare. Megan non aveva mai fumato il crack. Al massimo si faceva di coca. Anche lei era molto punk e aveva la testa rasata eppure era sempre bellissima. La sua bellezza era ancora più vera perché solo pochissime donne splendide rimangono belle anche quando sono rasate a zero. Inoltre aveva un corpo minuto ma perfettamente proporzionato, lo stomaco piatto di una ventenne senza un filo di grasso in più e i seni piccoli e sodi. Aveva addosso, come sempre, una minigonna scozzese, un top leggero e gli stivali neri con le punte d’acciaio.
“Stai fumando di nuovo? ”
“Sì Megan” rispose Eddie. Non le mentiva mai ma tanto mentire non sarebbe servito a nulla. Ce l’aveva scritto in fronte, negli occhi e dappertutto che si stava facendo di roccia.
“Fammi entrare”.
Eddie aprì la porta. Megan si accomodò sul futon e accese la tele. Eddie si rimise sul letto a riempire un’altra volta la pipa.
“Se vuoi andare a dormire ho un sacco di sonniferi qui con me”. Megan lavorava in un centro di smistamento di medicine scadute. Naturalmente, anche se erano scadute, funzionavano benissimo e lei riusciva sempre a mettersi in tasca Valium, Xananx, Vicodin, Oxycotin e tanta altra roba che andava a ruba tra i ragazzini e i tossici.
“In questo momento credo proprio di no”, rispose Eddie mostrando a Megan la busta che era ancora piena di rocce di crack.
“Ma è tantissimo! Hai intenzione di fumartelo tutto? Non è pericoloso? ”
“Forse”, rispose Eddie, “ma non me ne frega un cazzo perché mi sto divertendo un mondo”.
“Affari tuoi”, disse Megan. Posso stare qui un po’?
“Accomodati pure. Mi casa, su casa”.
Era metà luglio. Faceva un caldo pazzesco nella stanza di Eddie. Megan si tolse la gonna e il top rimanendo con solo le mutandine rosse e si sedette sul futon a fumare una canna.
Eddie tornò al suo crack.
Dopo un po’ Megan non ce la fece più a far finta di nulla. “Eddie com’è quella roba? Come mai ti piace così tanto? ”
“Non lo so. Mi piace e basta”.
“Allora anch’io voglio provarlo”.
“Non se ne parla nemmeno. Tu ci devi star lontano da ‘sta roba”.
“Se tu lo fumi anch’io posso fumarlo. Ah no. Ho capito. Lo vuoi tutto per te”.
“Anche se fosse sarebbero affari miei. Comunque vaffanculo, se lo vuoi provare ecco qui”, disse Eddie stizzito porgendole la pipa.
Megan in realtà aveva solo voluto provocarlo ma adesso che si trovava la pipa carica in mano le era venuta una curiosità irresistibile. Come si fa a reistere al più delizioso dei frutti proibiti?
Si mise la pipa tra le labbra e l’accese.
“Devi aspirare il più possibile e poi trattenere il fumo più a lungo che puoi”, le spiegò Eddie.
A vederla lì sul divano, giovane e splendente, che fumava il crack per la prima volta Eddie si eccitò tremendamente. Al contrario della coca il crack non inibiva la sua libido, anzi la aumentava. Gli venne una voglia matta di lei.
Come un serpente infilò la testa tra le sue gambe e cominciò a baciarle le cosce, poi l’interno coscia, così liscio, sodo e delicato allo stesso tempo, poi scostò le mutandine da un lato e prese a leccarle le labbra della vagina e la clitoride. Megan intanto si sentiva in paradiso. Non era tanto per l’effetto del crack. Non avendolo mai fumato prima non lo sentiva, o almeno non si rendeva conto di sentirlo. Era l’atmosfera di malvagità che aleggiava in quella stanza buia e calda, unita alla sensazione di avere la lingua di Eddie tra le sue gambe e all’erba che aveva appena fumato. Prese la testa di Eddie e la spinse più a fondo tra le sue gambe poi più su verso la sua. Eddie, che era a torso nudo, si sfilò rapidamente i panaloni e fece scivolare il suo pene durissimo nella vagina di lei che era incredibilmente calda, bagnata e accogliente. Scoparono violentemente e molto a lungo, fino a che Eddie esplose e la inondò con il suo seme.
Dopo aver finito Eddie si preparò un’altra pipa di crack. Poi ne porse uno a Megan che lo prese e aspirò profondamente.
“Non sento nulla” gli disse ancora. “Vado ad aprire l’acqua della doccia”.
Eddie si fece un altro tiro e la raggiunse.
“Oh cazzo”, disse Eddie mentre erano abbracciati sotto l’acqua tiepida
“Cosa c’è? ”
“Mi sono dimenticato di andare in bagno”.
Megan rise.
“Cosa c’hai da ridere”
“Perché non la fai addosso a me? ” Disse lei maliziosamente.
“Davverò? ” Non ti farebbe schifo?
“Non lo so. Proviamo”
Eddie ce l’aveva ancora in tiro e dovette fare qualche sforzo ma alla fine il getto uscì, forte e caldo, tutto addosso alla pancia di Megan. Poi lei si inginocchiò per prendere la sua urina in faccia, sugli occhi, sui capelli e anche sulle labbra. Quando Eddie ebbe finito di urinare Megan gli prese il pene in bocca, facendoselo arrivare fino in fondo alla gola.
“Non sapevo che fossi così pervertita”, disse Eddie divertito. Pisciarle addosso gli era piaciuto tantisismo e il suo pene era tornato duro come una roccia.
“Ghee ghm”, rispose Megan con il pene di Eddie in bocca.
Quando uscirono dalla doccia Eddie era più arrapato che mai e Megan più bella che mai. La prese e la sbattè sul letto a pancia in giù, poi le divaricò le natiche e prese a leccarle l’ano. Era morbido e pulito. Non aveva alcun sapore se non quello della dolcezza della pelle di lei. Dopo averlo leccato per alcuni minuti, inflilandoci prima uno poi due dita, Eddie la penetrò analmente. Megan lancò un urlo che rapidamente lasciò spazio ai gemiti di dolore mischiato con il godimento. Scoparono ancora in maniera così violenta che il letto si sfondò. Poi crollarono sfiniti sul materasso che ormai era appoggiato sul pavimento. Megan si addormentò, mentre Eddie si riattaccò alla pipa.
Quando Megan si svegliò era già passata la mezzanotte di sabato. Eddie aveva continuato ininterrottamente a fumare il suo crack e ne aveva ancora più di mezzo sacchetto. Megan lo raggiunse ma quando lo vide in faccia si spaventò. I suoi occhi erano scavati nel cranio, con occhiaie nere e profonde che lo facevano sembrare uno zombie. Il bianco degli occhi era completamente rosso e la faccia era verdastra.
“Eddie devi smettere subito. Devi staccarti da quel coso, hai un aspetto orribile”.
“Sì, forse hai ragione. Solo un altro tiro poi prendo un po’ di quei sonniferi e vado a dormire”.
Eddie fece un altro tiro.
“Okay adesso prendi i sonniferi! ”
“Dai solo un altro poi basta, te lo giuro”.
Però erano promesse vane. Eddie non aveva alcuna intenzione di smettere di fumare. Alla fine, cedendo alle continue insistenze di Megan, prese mezza dozzina di pasticche di Valium, una tavoletta di Xanax e si sdraiò sul materasso a dormire con lei.
Mentre guardava il soffitto sentiva la sensazione di schifo riemergere. Il bisogno di un altro tiro si faceva più intenso ma i sonniferi aiutavano ad affievolirla. Rimase a guardare il soffitto, con le braccia allargate come Gesù sulla croce, mentre Megan si addormentava appoggiata al suo petto.
Quando fu sicuro che Megan dormiva si alzò. Andò a sedersi sul futon e si riattaccò alla pipa. Fumò e fumò e fumò. Poi Fumò e fumò e fumò. Caricava la pipa sempre di più e faceva tiri sempre più grossi. Non era mai abbastanza. Andò avanti tutta la notte, ininterrottamente. Qualche volta, quando sentiva il suo cuore andare a mille all’ora, pensava di interrompere, di imbottirsi di sonniferi e andare a dormire, ma quando la sensazione di bisogno assuefattivo lo assaliva tutti i suoi buoni propositi erano presto dimenticati.
La mattina di domenica Megan era ancora addormentata mentre Eddie si stava per fare l’ultimo pezzettino di crack della sua busta da otto grammi. Lo mise nella pipa e aspirò profondamente. Trattenne il fumo più a lungo che poteva, ancora più a lungo di tutte le altre volte perché quella era l’ultima. Sarebbe stata l’ultima per davvero. Ne era certo. Non avrebbe mai più fumato crack in vita sua. Lui e Megan sarebbero andati via insieme da qualche parte e sarebbero vissuti felici e contenti, lontano dalla droga e da tutta la merda. Era certo che sarebbe stata l’ultima volta perché non gli sarebbe mai più capitato di avere la possiblità di farsi 8 grammi tutti in una volta e le piccole dosi che i crackomani suoi amici si facevano di solito gli sarebbero sembrate solo noccioline in confronto a quella sessione pazzesca.
Poi però, circa cinque minuti dopo aver esalato l’ultimo fumo di crack cominciarono i pensieri brutti. Altro che andare via con Megan, altro che vivere felici e contenti. Era solo un perdente e un illuso. La sua vita sarebbe solo andata sempre peggio e dopo essersi bruciato il cervello in quel modo non sarebbe potuto essere altrimenti.
Per cercare di combattere la negatività che lo assaliva Eddie andò nella borsa di Megan e prese una decina di pasticche di valium. Si sdraiò nel letto per cercare di dormire ma non ci riuscì.
Ritornò a cercare nella borsa di Megan e tirò fuori altre due barrette di Xanax. Le ingoiò e già che c’era prese anche un paio di Vicodin. Tornò a sdraiarsi sul letto ma il sonno non sopraggiungeva e la negatività non scompariva. Anzi peggiorava. Vedeva tuta la sua vita evolversi in una spirale discendente verso gli abissi della disperazione e delle miseria. Tornò alla borsa di Megan. Tirò fuori la boccetta con le pasticche di Valium e se ne rovesciò una manciata. Non le contò neppure; le ingoiò e basta. Poi ingoiò anche qualche altro Xanax e tornò a sdraiarsi sul materasso di fianco a Megan.
Verso le due di pomeriggio Megan si svegliò. Il pensiero della fantastica scopata della sera prima era ancora vivido nella sua mente. Si girò verso Eddie e lo abbracciò. Era freddo e lo coprì con la trapunta. Poi andò in bagno.
Quando tornò nella stanza Eddie era ancora lì, nella stessa identica posizione. Megan gli diede un bacino sulla testa rasata.
“Io vado amore, ci sentiamo presto. Sei stato fantastico ieri sera”.
Eddie non rispose e non si mosse. Megan pensò che stesse dormendo profondamente dopo tutto il crack che aveva fumato. “A presto”.
123456
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
- Bello, ma non si sembrava il caso di chiamarlo il più bel frutto proibito... non osanniamo certe cose, fanno male.
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0