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Come vorrei che tu fossi mio fratello
“Leila, taci,” supplicò Lorenzo, “dobbiamo avere fiducia e sperare in tuo padre.”
“Ma non ha senso!” sospirò Leila, “io ti amo, tu mi ami...”
“Leila, per amore del cielo, aspettiamo l’intervento di tuo padre; non possiamo fare altro...”
“Tu aspetti l’intervento di mio padre, ma… la mia piccola vigna è qui ed è già tutta tua.”
“Ti prego Leila, non svegliare la mia passione, no, non provocarla prima del tempo.”
“Il tempo non lo voglio; rincorri tu pure il domani e insegnami ora l’amore.”
“Leila amica mia, come sono belle le tue guance, tra le trecce, com’è bello il tuo collo,”
“Anche tu amore mio, quanto sei bello, meraviglioso sei; questo prato d’erba è il nostro letto Lorenzo, questi rami di cedro sono le travi della nostra casa.”
“Leila, è un melo!”
“Ma che cazzo! Che salsa di sceneggiatura è questa, per Dio!”
“Leila, calmati, c’è scritto melo, guarda, - melo - non cedro: questi rami di melo!“
“Io, io, cedro, melo e poi cedro del cazzo, non c’è la faccio più, oh la mia testa,”
“Porca miseria ci risiamo, un altro attacco!” imprecò Martin il regista, “come si fa a lavorare così!” Martin si alzò dalla sua sedia e lanciò il copione contro il fondale.
“Calmati Martin! calmati, stai mandando tutto all’aria,” esortò Francis, produttore, interprete principale e sceneggiatore.
“Tutto in aria? Dio! Se c’è qualcuno che dovrebbe partire sulla luna è quella puttana lì,” gridò Martin.
“Puttana a me! Io a quello lì gli cavo gli occhi!”
Leila si lanciò contro Martin.
Francis si interpose tra loro:
“Leila calmati amore mio, non è niente, sei solo un po’ stanca.”
Gli elettricisti spensero le luci di profondità del set, qualcuno si accese una sigaretta.
Martin era fuori di sé: “Il film te lo puoi ficcare in culo Francis.”
“Sono io il film,” gridò Leila trattenuta dalle braccia di Francis, “tu pure puoi andare in culo alla luna!”
“Ignoralo. Leila per piacere,” continuò come poté Francis.
“Ignoralo un melo, mi ha offesa quel porco!”
Leila cercò di liberarsi ma Francis la tratteneva.
“Bada di non avvicinarti, cicciona,” la provocò Martin.
“Oh Dio, Dio mio, cosa mi tocca sentire...” e Leila svenne nelle braccia di Francis.
“OK. Brutto figlio di puttana!” urlò Francis, “sei licenziato Martin,” e poi tenendo Leila tra le braccia, “Leila, Leila, tesoro mio...”
“Se tu fossi anche solo mezzo uomo,” continuò Leila ripresasi ma piangendo, “cancelleresti l’onta con il sangue!”
Martin lasciò lo studio, “splendido!”
“Su tesoro, l’ho licenziato, lo ammazzo un’altra volta. Nessuno ci fermerà; il film lo finiamo. Su ora ti accompagno all’Hotel.”
“Mi ami vero Francis?”
“Sai che ti amo, Leila.”
“Senti Francis,” gli disse poi Leila, “rimani pure qui, devi sistemare molte cose. Domani alle otto sarò pronta. Mi sono calmata. Vado da mia madre, prenderò qualche calmante e starò meglio.”
“Come vuoi Leila riposati, riprendiamo domani.”
Un macchinista schiacciò la sua sigaretta, i tecnici spostarono un grosso riflettore, Francis si guardò in torno, l’aiuto regista gli portò il copione.
Quando squillò il telefono era tardi la notte.
“Pronto?... Oh Francis, sì sì, capisco bene, sì, domani alle otto.”
Martin si allungò sopra il corpo di Leila. E lasciò cadere la cornetta sul telefono.
“Che c’è?” chiese Leila.
“Domani alle otto riprendo il lavoro,” e Martin si tirò un pezzo di lenzuolo.
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0 recensioni:
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- carino, ottima dissimulazione delle corna
- Stile decisamente asciutto e cinematografico, efficace. Mi piace. Cosimo
- Ihihihih... Che buffo!!! È un casino, sì, ma mi è piaciuto il finale!!!!
- che casino... vabbè...
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