- Pioveva, e le goccioline sembravano un milione di matite... -
“Non possono piovere matite Stefano,” disse la maestra.
“Mi dispiace,” rispose Stefano.
Nella stanza si sentì un sordo risolino.
- e il vento gli solleticava il pensiero, -
“Questa poi! Stefano, proprio non so cosa pensare.”
“No Signora maestra, mi dispiace,” Stefano abbassò gli occhi sul banco.
La maestra continuò a leggere:
- non sapeva dove appoggiare la sua anima, -
“Questo è assurdo oltre che impossibile Stefano.”
- e l’anima gli pesava sempre di più; entrò in un vicolo cieco, scovò tre grossi bidoni allineati lungo lo sporco e buio muro, e con l’ultima forza che gli restava nelle braccia riuscì a sollevarla e la buttò dentro, -
“Stefano! non puoi inventarti cose simili, le cose che scrivi non hanno alcun senso, lo capisci?” La maestra alzò le natiche e le appoggiò sulla cattedra.
“Sì capisco.”
- le matite venivano giù dal cielo e gli rigavano il volto, abbassò la patta dei pantaloni perché doveva pisciare, -
“E Stefano continua:”
- fino all’ultima goccia perché più niente doveva rimanere, -
“Qui salto un paragrafo,” disse la maestra.
I bambini nella classe cominciavano ad agitarsi e alcuni lanciarono delle palline di carta arrotolata mirando alla testa di Stefano.
- si sentì più leggero, spiccò il volo ed incontrò l’angelo che gli aprì gli occhi. -
“Mi dispiace Stefano. 4.”
“Certo Signora maestra, anche a me.”
Stefano si alzò dal banco, ordinò i sui quaderni dentro la cartella, infilò le braccia attraverso le cinghie dello zainetto e lo sistemò dietro le spalle, si avvicinò alla finestra e si buttò.