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Dubbio ancestrale
Un mio collega, pochi giorni fa, mi si para davanti la scrivania nel mio ufficio, mani depositate all'interno delle tasche, camicia slacciata fino al terzo bottone ( li ho contati solo in un secondo momento.. ) ... della cravatta nemmeno l'ombra. Quel che mi lascia spiazzato, il suo sguardo... trasognato, distante, gli occhi fissi verso un punto imprecisato del cosmo, viso leggermente inclinato ed un sorriso ebete che non lascia adito ad alcun dubbio... “Giulio si è fumato un cannone alla toilette”( questo il mio primo pensiero..).
Ma c'è di più, sono trascorsi svariati secondi dall'attimo in cui ha fatto irruzione nel mio ambiente lavorativo e continua imperterrito nel volersi estraniare dalla realtà, continua a focalizzare quel punticino posto non si sa dove ( chissà che cazzo sta guardando!!) non ha ancora detto una sola parola, non mi rende partecipe, non accenna ai motivi per i quali si trova li in piedi, davanti ad uno Stefano basito.
Gli attimi si susseguono, comincio ad avvertire un leggero tremolio proprio sull'arcata sopraccigliare destra, sintomo evidente di disagio... condito da un pizzico di nervosismo non lo nego.
Decido di spezzare quel surreale equilibrio, decido di porre termine a quella situazione per me assolutamente priva di alcun senso, decido di aprire bocca.
"Giulio..." un filo di voce... mi stupisco per come io non sia riuscito ad imprimere forza vocale a quel nome. Aspetto un solo istante, un battito di ciglia... ( il tremolio sopraccigliare ora è un terremoto.. ) inspiro velocemente e mi ripropongo a lui.
"Giulio, va tutto bene?"... questa volta la mia voce è udibile... non ho nessun motivo per pensare non l'abbia udita anche lui.
Rimango in attesa di una sua reazione, in cuor mio mi auguro riprenda i "sensi" e mi dica qualcosa, qualunque cosa... "Stefano sei un pezzo di merda!" avrei gioito anche dinanzi ad un'esternazione così forte e al contempo incomprensibile, pur ché mi parlasse.
Un focolaio d'impazienza si accende nell'animo, vorrei alzarmi in piedi di scatto, prenderlo per il bavero della giacca e scuoterlo... e quando l'intenzione è oramai una volontà inequivocabile, mi risponde... placando istantaneamente la mia ira.
"Stefano... sono innamorato”e mentre lo dice, abbassa il suo sguardo fino ad incrociare il mio.
La tensione evapora, al suono di quelle parole tiro un sospiro di sollievo e accennando un sorriso replico...
“Giulio, sei sposato da 3 anni, hai al tuo fianco una donna splendida, certo che lo sei. ”
Continuo a sorridergli, finalmente rasserenato al cospetto di un uomo così legato alla donna per la quale ha deciso di andar contro le opinioni discordanti di tutti, ed in primis contro la sua famiglia.
“Stefano non hai compreso.. sono innamorato, ma nei riguardi di Renata ciò che provo ora è solo affezione. ”
Il sorriso mi muore in viso, ora lo scruto come lo si farebbe con uno sconosciuto... 3 anni di conoscenza, 3 anni di stretta collaborazione in seno all'azienda, ed un bel dì ti accorgi di non aver capito un cazzo della persona con la quale condividi gran parte delle tue giornate.
Un pomeriggio mi chiama per un caffè, lascio la mia postazione e lo seguo verso l'area break.. senza preavviso mi invita a cena, per quella stessa sera. Rispondo affermativamente senza pensarci un solo istante, mi lusinga il pensiero. Serata piacevole, cena deliziosa. Renata nelle vesti della perfetta padrona di casa, ti rivolge le sue attenzioni, con oculatezza, scrupolosità.. precisa, tiene le redini ma non ti dà mai l'impressione d'essere invadente. Nel corso della cena, tra una chiacchiera ed un sorso di vino, mi soffermo a pensare sulla loro unione.. si intendono a meraviglia, a tratti sono estasiato dalla complicità che li unisce e che sanno trasmettermi, si amano e lo si evince senza ombra di dubbio. Ho provato anche un pizzico d'invidia, nulla di deplorevole, solo un momento di nostalgia ripensando alle mie di aspettative... quelle preventivate al fianco della mia ex compagna. Sono trascorsi 4 mesi da quella sera. La conclusione di quel pensiero coincide con la domanda che gli rivolgo con quel tono della voce tipico di chi non sa come procedere.
“Giulio.. per l'amor di Dio, ma cosa vai farneticando? Io.. io non ti capisco.. ”
“Ti devo chiedere una cortesia Stefano.. questa sera, dopo l'orario di chiusura, ti andrebbe una birra? “ Mi rivolge quell'invito con una lucidità, una fermezza d'intonazione in netto contrasto con l'espressività quasi tragicomica da lui ventilata fino a quel punto.
“Si Giulio, hai la mia parola. ” Al mio assenso, in tutta risposta mi strizza l'occhio, si gira sui tacchi e si avvia alla porta.. prima di congedarsi dalla mia visuale alza la mano, improvvisamente comparsa dalla sua tasca destra, in un cenno di saluto.
Tre ore più tardi, sediamo uno di fronte all'altro. Sono trascorsi più di 30 minuti da quando, di comune accordo, abbiamo individuato in un pub poco distante dall'azienda il luogo in cui trattenerci. Giulio fino a quel momento ha toccato, con lo stile unico e coinvolgente che lo contraddistingue, ogni argomento potesse rivelarsi di comune interesse... ed io, comprendendo la difficoltà con la quale tergiversava senza giungere al clou di quella chiacchierata, mi dimostro altrettanto interessato e partecipe attivo alle discussioni fin li affrontate. Convinto di come all'improvviso avrebbe incanalato il discorso su quanto accaduto nel pomeriggio in ufficio, mi sistemo più comodamente contro lo schienale della poltroncina imbottita e sorseggio la doppia malto ascoltandolo piacevolmente.
“ Pensi io sia un folle, non è così? ” Pronuncia quasi sottovoce il suo intervento... ne rimango sorpreso, nonostante fossi certo che quell'esternazione sarebbe giunta entro breve tempo. Sfugge il mio sguardo ora, osserva gli avventori seduti ai tavolini.
“ Non penso tu lo sia più di me, ma comprendi quale sia stata la mia sorpresa nell'apprendere una verità per la quale mai avrei pensato l'esistenza, Giulio. ” Scuote il capo, il viso ora rivolto alla superficie del tavolino, le mani strette intorno al boccale quasi in una morsa assassina, le sue nocche diventano bianche per quanto stringe il vetro del boccale.
“ Giulio, ci conosciamo da tre anni, e nel corso di questo tempo, l'idea che ne ho ricavato sulla tua persona non può che essere positiva... hai chiesto la mia compagnia, hai fatto leva sulla stima reciproca condivisa da entrambi... hai voluto fossi io la persona con la quale sfogare le preoccupazioni che ti assillano.. ” allungo la mano e gli afferro il polso, stringendoglielo con forza, costringendolo a rialzare il viso in modo tale che possa osservarmi dritto negli occhi... “ Giulio voglio che tu mi dica cosa ti succede, Renata è a casa, in attesa del tuo rientro... e non è sola, ma in dolce compagnia, lo ricordi, vero? “
Quella mattina di novembre, mi venne incontro all'interno del parcheggio aziendale, ricordo i suoi occhi... una luce di straordinaria intensità li illuminava e per un istante vi scorsi perle di lacrime. Mi tese la mano, euforico, raggiante, la palpabile emozione che lo animava mi ricordava quel Giulio bambino che ebbi il piacere di osservare negli scatti conservati all'interno dell'album di fotografie, suo e di Renata. Gliela strinsi senza comprendere, strinsi la sua presa d'istinto, sorridendo con lui.. abbozzai ad un'ipotesi fantastica. “Hai sbancato il superenalotto? Perché se così fosse, ti avviso fin da subito, ho intenzione di cambiare la mia vita radicalmente, ti ringrazio fin da ora”. Sorrise di gusto, strinse ancor di più la mia presa e mi tirò a sé cogliendomi di sorpresa. Mi cinse nel suo abbraccio sussurrandomi all'orecchio.. “ Renata aspetta un bambino... diventerò padre. ”
Il mio sguardo è sempre rivolto al mio collega, ma ora che quel ricordo è svanito, metto a fuoco il suo viso. Giulio non distoglie il suo sguardo dal mio, la presa al polso non accenna ad allentarsi, non ne ho intenzione fino al momento in cui proverà a spiegarmi le sue ragioni.
“Frequento una ragazza da circa un mese.. ci siamo conosciuti in azienda, ha acquistato presso di noi un complemento d'arredo. Stefano tu ci credi nei colpi di fulmine? ” Scuoto il capo incapace di rispondergli..
“Nemmeno io sai, nemmeno io... ma ho dovuto ricredermi.. e ti giuro non si tratta d'infatuazione, ne del bisogno di scoparmi la prima ragazza carina che visita ol padiglione espositivo. ” Continuo a fissarlo, cerco di concentrarmi sulle sue parole.. avverto un ronzio alle orecchie, distolgo per un attimo lo sguardo.. gli acuti di Satriani riecheggiano nel locale, davanti al bancone due ragazzotti impettiti, si pavoneggiano sperando di accaparrarsi le grazie della biondina in servizio..
“Stefano.. posso solo intuire quale sia la tua delusione, ma credimi.. questa ragazza mi ha scosso da cima a fondo.. mi ha rivitalizzato, ha portato alla luce il Giulio che nessuno ha mai conosciuto.. io stesso sono rimasto di stucco, io stesso mi sono stupito profondamente per come sia riuscita a riscoprirmi... mi sento vivo capisci?
“Non reggi più la birra, dici solo un mucchio di cazzate! “
“Stefano non è così.. tu non puoi comprendere quel che provo.. ”
“Oh si che posso! Io ritengo ti abbia dato di volta il cervello, perché solo un pazzo potrebbe pensare di voltare le spalle alla donna che porta in grembo tuo figlio! Solo un pazzo minerebbe alla propria stabilità familiare assecondando un colpo di testa così sciocco ed inconcludente... ci sei stato a letto?! Benissimo... ora il mio consiglio è questo... torna a casa Giulio, torna a casa e scordati la Fata Turchina... torna a casa, hanno bisogno di te.. “
Ovviamente non ha seguito il mio consiglio. Il mio appello, affinché ritrovasse un barlume di ragionevolezza è caduto nel dimenticatoio. Da quella sera Giulio ed io restiamo a debita distanza, ognuno per le proprie ragioni... anche se per quel che mi riguarda, non tarderà ancora a lungo il momento in cui avvertirò il bisogno ed il dovere di riavvicinarmici. Mi auguro valga anche per lui.
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