CAPITOLO 1: L’ULTIMO VIAGGIO.
Questa sirena mi assorda... ormai sono più di dieci minuti che la sento martellare la mia testa. Maledetto traffico di New York del dopo lavoro! Non arriveremo più in tempo, ormai ne sono certo. Non è colpa dell’autista... sta davvero facendo quello che può per trovare il benché minimo varco tra le colonne di macchine che ci sbarrano la strada e che se ne fregano di me e del mio amico... soprattutto di lui. E non è colpa nemmeno dei due paramedici che tentano in tutti i modi di stabilizzare le condizioni del ferito. Sono vicini a me e li vedo davvero preoccupati. Si muovono in continuazione attorno alla barella, impacciati anche dallo spazio angusto dell’ambulanza. Li vedo osservare continuamente quel monitor in alto... anch’io lo scruto da quando siamo entrati ma non sembra voglia dare buone notizie... sullo schermo quei picchi distano parecchio l’uno dall’altro ed anche i bip non si ripetono affatto spesso. Il numero in alto a destra segna cinquant’otto ma sta diminuendo gradualmente. Se ne sta andando.
Il mio amico se ne sta andando.
I due camici bianchi vorrebbero stabilizzarlo... vorrebbero fermare quella dannata emorragia che invece non vuole saperne di fare la brava ed anzi sembra aumentare ad ogni istante quasi a volere prendere per il culo gli sforzi dei due giovani dottori, che non si rassegnano ancora, come sto cercando di non fare nemmeno io.
Li vedo sudare copiosamente mentre afferrano siringhe, fanno iniezioni di tutte quelle sostanze che ho sentito nominare tante volte ma che non ho la minima idea di cosa siano... epinefrina, soluzione di sodio eccetera. Solo arabo per quanto mi riguarda e del resto non sono un dottore. Tutto quello che è certo al momento è la marea di sangue che sprigiona dalla ferita all’addome del corpo privo di conoscenza sdraiato sulla barella e che sta gocciolando sul pavimento dopo aver imbevuto le garze che dovevano in teoria fermarlo.
Non c’è più nulla da fare... vorrei sperare ancora ma non ci riesco più. Lo temevo da quando siamo saliti sull’ambulanza. L’ospedale è ancora a qualche isolato ma anche se fosse ad un metro sarebbe uguale. Mi consola il fatto che non ha mai ripreso conoscenza. Voglio pensare che non stia soffrendo... beh, magra consolazione.
Non è giusto.
Non è giusto che un ragazzo di appena ventitrè anni faccia una morte così schifosa per niente!
Soltanto ieri pensava a cosa fare nella vita... aveva una laurea in mano e tante possibili strade da percorrere... adesso sta per intraprendere una strada senza ritorno. Aveva il sorriso stampato sul volto al momento della sua proclamazione, ne sono convinto. Era ansioso di buttarsi nella mischia e di fare tutto quello che poteva per costruirsi una posizione in questo schifo di mondo... voleva solo questo, niente di più. Ma credo che al giorno d’oggi, cercare di vivere in tutta onestà sia divenuto una chimera.
Non lo conoscevo... come non conoscevo gli altri e le altre. Non sono vecchio, solo trentacinque anni ma ne ho visti tanti, troppi e sono stufo. tutte persone che chiedevano alla vita solo una cosa... viverla serenamente. C’è qualcosa di male in questo? Io penso di no, ma non conta quello che penso io. Vorrei che le cose andassero per il verso giusto ma non conta quello che vorrei io... perché alla fine tutto va sempre nel verso sbagliato e non conta nulla arrabbiarsi. Fai l’impossibile per cercare di arginare la situazione ma per quanto rattoppi da una parte, c’è sempre qualcosa che ti sfugge dall’altra; ed alla fine accade che qualcuno che non meritava di morire ci lascia la pelle senza che esista un senso in tutto questo.
Non che la morte abbia senso, secondo la mia opinione... non ha mai senso. Ma a maggior ragione non può averlo in questi casi. Mi viene da piangere. Non lo conoscevo ma vorrei piangere ugualmente per lui, come ho fatto tante volte anche per gli altri. È vero quello che dicono di me i colleghi: sicuramente sono troppo emotivo ma non potrei fare il mio lavoro se non lo fossi. E credo anche di farlo bene; eppure ciò non basta mai.
Questo ragazzo non può nemmeno avere un familiare vicino che gli tenga la mano nel suo ultimo viaggio... nemmeno questo è giusto. Una madre ed un padre hanno il fottuto sacrosanto diritto di stare vicino al proprio figlio negli ultimi attimi della sua vita! Dovrebbero avere l’opportunità di dirgli addio e di abbracciarlo un ultima volta, ma non possono perché non sono qui. Come potrebbero? Sono stati avvisati, certo e presto arriveranno in ospedale, magari anche prima di noi... arriveranno solo per effettuare l’identificazione e per ascoltare le parole del coroner che descriverà la dinamica del decesso, dopo aver eseguito l’autopsia, come se importasse qualcosa.
La dinamica del decesso? Una coltellata allo stomaco per una maledetta rapina dal magro bottino, eseguita da un tossico del cazzo in crisi d’astinenza che voleva comprare la sua dose e non aveva nessuna intenzione di lavorare per guadagnarsi i soldi necessari. Ecco la dinamica del decesso! Potrebbe fornirla benissimo il sottoscritto senza bisogno di stilare un rapporto che verrà archiviato dopo un giorno e buttato nel cesso dopo una settimana.
Un tossico del cazzo che è stato arrestato e che verrà rilasciato fra ventiquattr’ore per insufficienza di prove o per qualunque altro cavillo legale che consenta al suo avvocato hippie di rimetterlo in strada... non ci sarà nemmeno il processo perché anche i giudici sono pigri e non si mettono la toga e si alzano presto la mattina per processare uno sbandato di strada. Una piccola cauzione ed il gioco è fatto.
Troppi diritti che stanno dalla parte sbagliata. Troppa inutile burocrazia che non aiuta leggi già di per sé sbagliate. Ed il risultato è inevitabile: le vittime restano dimenticate ed i criminali continuano a spezzare sogni e vite. Non è giusto... ne ho viste troppe di cose ingiuste.
I picchi sul monitor non ci sono più... hanno lasciato il posto ad una deprimente linea piatta accompagnata da un fischio continuo che martella le orecchie più della sirena. Il numero in alto ha raggiunto lo zero alla fine. Provano anche il massaggio cardiaco... nulla. scariche con il defibrillatore... nulla. Iniettano adrenalina direttamente nel cuore.
Sono davvero bravi. Ma ancora nulla. Non riesco più a trattenere le lacrime e decido di coprirmi la faccia con la mano.
cercano di scorgere una anche minima traccia di battito cardiaco o di respiro ma senza successo... il sangue continua a scivolare sul pavimento dell’ambulanza descrivendo una chiazza che si allarga sempre più... e il suo odore si fa quasi insostenibile. Anche le garze appena messe sono tinte di rosso come tutte quelle già sostituite e buttate nel bidone di fianco a me. Uno dei due, mi sembra il più giovane, spegne il monitor mentre l’altro afferra il telo sterile di colore azzurro e copre il volto addormentato di quel ragazzo che non potrà più sperare di avere quello che sognava da bambino. Il traffico inizia a scorrere... le auto si muovono sempre più rapidamente e la miriade di incroci sembra svuotarsi. Andiamo avanti piano ma mancano ancora un paio di isolati al pronto soccorso... non c’è fretta adesso. Non più.
Ora del decesso. 17. 55.
CAPITOLO 2: IL FUNERALE.
È più freddo del solito questa mattina. Le nubi grigie che si stanno accalcando nel cielo sembrano garantire pioggia entro breve.
La prima pioggia di primavera. A dire la verità l'inverno è durato molto più del previsto quest'anno. Un inverno rigido come tanta gente non ricordava da anni. Il sole non ha avuto molte opportunità di splendere sin dai primi giorni di inizio anno... questo poteva anche essere comprensibile ma in Aprile si spererebbe in qualcosa di meglio a dire la verità. Perlomeno di andare in giro abbandonando i pullover e le giacche pesanti, invece non è ancora tempo per questo. C'è stata una settimana di sole che ha fatto illudere e sperare ma adesso pare che il tempo sia tornato a Gennaio... ed ancora nuvole e pioggia. Un tempo che mette addosso malinconia e non aiuta a fare ottimisti propositi per l'anno che sta avviandosi verso il suo apice.
Ma d'altronde, anche se fosse una giornata soleggiata, anche se vi fosse l'allegro accompagnamento del canto dei balestrucci che iniziano a ricostruire i loro nidi dopo aver fatto ritorno, anche se si riuscisse a sentire a piene nari il buon odore dell'erba appena tagliata e delle prime margherite sboccianti oggi nessuno potrebbe nemmeno accennare un sorriso, almeno le persone radunate in questo luogo, stamattina.
Situato su una piccola collina alla periferia della città dove la cementificazione è giunta soltanto marginalmente, anche se sarà solo questione di tempo purtroppo, il cimitero di Joseph Hill è uno dei più belli, se può essere usato questo termine per descrivere un cimitero. La sua storia inizia molto indietro nel tempo... venne edificato dai primi coloni inglesi nella prima metà del sedicesimo secolo ed all'interno delle cripte sparse un po' ovunque in quella vasta area di pace, possono ancora essere viste le tombe di alcuni degli antenati delle attuali famiglie. È presente anche una parte dedicata al ricordo di chi ha servito il paese in Vietnam ed ha dato la vita per esso; molte scolaresche lo visitano tutti gli anni commentando con orgoglio ed ammirazione le medaglie ed i nastri al valore autentici dei soldati chiusi nella teca ai piedi dell'imponente lapide di marmo bianco che si erge davanti alle tombe dei caduti e che reca incisi tutti i nomi di questi ultimi. È un cimitero ben curato e così è sempre stato negli anni... è stato persino scavato un ruscello da cui attingere l'acqua necessaria per le miriadi di piante e fiori che decorano tutt'intorno. Nemmeno se venisse raffigurato in un dipinto potrebbe suscitare quella sensazione di pace e serenità che infonde all'anima osservandolo... e le parole che lo descrivono non sono in grado di fornire neanche una lontana idea di quello che è. Può sembrare estremamente contraddittorio per un luogo del genere ma non si sente tristezza nel cimitero di Joseph Hill... solo pace per sé stessi ed i propri cari, quasi come fosse l'anticamera del Paradiso... e nei tempi che si vivono provare tutto questo è importante più di quanto si creda.
Anche George Wilkins è stato più volte a Joseph hill. Ha visitato le tombe dei veterani quando era in prima media; si è fermato più volte di fronte a leggere le storie riportate sulle lapidi dei coloni, che tanto avevano sacrificato per costruire il futuro che loro stanno vivendo; ha persino lavorato come giardiniere quando non riusciva a trovare impiego appena dopo essersi laureato a pieni voti. Ed anch'egli ha seppellito molti dei suoi cari in quella terra accogliente: suo nonno, sua madre, suo padre e persino uno dei suoi fratelli, strappato al mondo dopo aver a lungo sofferto per un male incurabile. Ognuno ha la sua tomba sul terreno, vicino ad un grande acero che ha visto nascere e crescere quel luogo, come molti dei suoi “colleghi” disseminati sulla collina e lungo il vialetto di ghiaia rosata che conduce alla cappella in cui vengono celebrate le cerimonie funebri. Giganti di legno come guardiani del sonno eterno di tutte quelle anime.
Fu soltanto pochi mesi fa che George venne in questo luogo con suo figlio Steve. Una giornata molto simile a questa... freddo e nuvoloso... l'anniversario della morte del nonno si Steve. Il decimo per l'esattezza. Quel giorno George non riusciva a spiegare il motivo delle tristezza che lo aveva torturato dalla mattina. Ricorda ancora le parole che disse a suo figlio:
“Steve... voglio che tu mi faccia un favore, figliolo. Il giorno che toccherà a me lasciare questo mondo voglio che tu e mamma mi seppelliate qui, accanto ai miei genitori e mio fratello e non semplicemente perchè è una tradizione. Sento che è giusto così. Che questo deve essere il posto dove dormirò il mio ultimo sonno. ”
George ricorda bene anche la reazione stranita del figlio:
“Ma papà, che razza di discorsi stai facendo? Non sei poi così vecchio in fondo! E poi non puoi certo azzardarti a morire prima di avermi pagato l'appartamento che abbiamo visto la settimana scorsa! ”
“Mmmhh... quindi hai deciso così? Vuoi davvero trasferirti nel Upper Side dopo la laurea? ”
“Dai, papà! Ne abbiamo già parlato un sacco di volte. Non fare quella faccia delusa! Non farmi sentire in colpa come cerca di fare la mamma! ”
“Sai che tua madre si preoccupa solo per te. E non posso nasconderti che un anche io sono preoccupato. E poi quello è un quartiere pericoloso! ”
“Ma non c'è nulla da temere, invece! Vi comportate come se avessi ancora dieci anni ed anche se lo capisco non posso continuare a vivere con voi! C'è quello studio dove mi hanno chiamato per fare praticantato... è uno dei più famosi della città. Sarà un buon punto di partenza ed una bella referenza per il mio futuro professionale! È stato un vero colpo di fortuna trovare quel bilocale a soli due isolati. E non sono il tipo da dare calci alla fortuna! Del resto, non mi hai sempre detto che certi treni vanno presi al volo o si rischia di non vederli più passare? ”
“Beh, lo ammetto... ma era prima che volessi andartene da casa. Abbiamo solo te. Ci mancherai. ”
“Lo so. Ma credo di essere stato coccolato abbastanza nella mia vita ed è ora che inizi a farmi le ossa. Sono certo del fatto che i primi tempi saranno duri e che mi mancherete un sacco anche voi, ma in fondo non mi trasferisco in un altro stato. Sono solo due ore di treno. Vedrai che tornerò tutti i fine settimana! ”
A quel punto George si era dovuto arrendere... non poteva tenerlo sempre con sé, questo l'aveva sempre saputo come lo sapeva sua moglie... ed ammirava la tenacia del suo ragazzo. Non sarebbe stato giusto proibirgli di seguire la sua strada e di negargli la rincorsa ai suoi sogni; certo, magari avrebbe fatto errori e scelte sbagliate come fanno tutti... in fondo sono anche gli errori ad arricchire il bagaglio di ciascun individuo, forse più delle scelte azzeccate. E certamente il dovere di un genitore è quello di sostenere sempre e comunque un figlio in tutto quello che per lui è importante e che lo farà essere fiero di vivere... anche se questo vuol dire rinunciare a vederlo alle partite di baseball ed ai tiri a canestro dietro il garage di casa.
“E va bene. Ma scordati che ti la macchina che mi hai indicato ieri! Una Mitsubishi del cinquanto'otto! Non posso crederci! Un figlio che preferisce le auto giapponesi a quelle americane! In che mondo vviamo dico io!! ”
“Ah ah ah!! affare fatto allora! E io ti prometto ti prenderò la più bella tomba che esista e ti porterò un camion di fiori tutti i giorni! ”
“Ehi, calma ragazzo! Ho solo detto che vorrò essere seppellito qui ma non ho detto che dovrà essere a breve! Il tuo entusiasmo mi impone di prendere delle contromisure che non potrei adottare se ci fosse anche tua madre con noi!!! ”
“Ah ah!! Ti voglio bene, papà! ”
Il bellissimo abbraccio che seguì cancellò completamente la tristezza e la malinconia nel cuore di George. Si stava godendo in pieno quel momento e non pensava a nient'altro. Non c'era bisogno di pensare a niente. Presto il suo Steve se ne sarebbe andato a lavorare lontano e non lo avrebbe visto tutti i giorni ma era certo che lo avrebbe reso fiero, più di quanto non fosse già ora. Era la cosa giusta lasciare che spiccasse il volo da solo. Era pronto. Ed ora si trovavano entrambi vicini a godersi quell'attimo di gioia. Una sensazione unica.
Sta iniziando a piovere.
Le piccole gocce d'acqua fanno un rumore quasi impercettibile quando si infrangono sui vestiti e sui visi delle persone radunate attorno alla tomba di Steve. Il parroco ha appena terminato gli ultimi sacramenti per il defunto e concluso la predica sulla vita e sulla morte. Ma oggi la vita non c'entra nulla. Oggi è la morte a fare da protagonista in questo giorno sfibrante e tristemente indimenticabile. Sua moglie Sarah si stirnge al suo fianco con tutta la forza che può ed i suoi singhiozzi disperati accompagnano la lucida bara che scende lentamente verso la profonda fossa. Tanti gli amici che sono venuti a piangere un ragazzo così buono quanto disponibile verso il prossimo. Tutti loro sono onorati di aver potuto far parte della sua vita seppur per così poco tempo... e tutti loro non possono ancora credere che non ci sia più... né capacitarsi dell'assurda morte che lo portato via.
George non può fare a meno di sentirsi in colpa. È come se mille pugnali gli scavassero simultaneamente nelle carni... ed ancora questo non basta a rendere l'idea del tormento che sta provando. Era la cosa giusta fargli seguire la sua strada ed i suoi sogni. Steve aveva messo tutto sé stesso ed aveva sacrificato gran parte dei divertimenti riservati all'adolescenza per raggiungere i suoi obiettivi. È stata la cosa giusta lasciarlo andare. O forse no? Forse l'ha solo mandato a morire?? se si fosse imposto come genitore e lo avesse obbligato a rimanere a casa adesso sarebbe ancora vivo. Sarebbe ancora vivo ma senza alcun rispetto per suo padre. Gli avrebbe negato la vita che voleva costruirsi. Ma ora non c'è più niente.
Tutti i sogni, tutti gli obiettivi e le speranze sono state brutalmente cancellate da una pugnalata che ha spaccato un'arteria e l'ha dissanguato come fosse una bestia destinata al macello. È stato ucciso senza pietà per pochi soldi da chi aveva invidia di ciò che era... chi invidiava la sua spensieratezza il suo entusiasmo per tutto ciò che aveva di fronte... e gliel'ha portata via per sempre! E non può fare a meno di sentire rabbia per questo e rabbia verso sé stesso... lo ha mandato a morire. Ha ucciso suo figlio.
Oggi Joesph Hill è un cimitero come gli altri. Oggi non si prova nessuna sensazione di pace e serenità nell'aria. Solo dolore.
Poco lontano dal folto gruppo, George vede un uomo. È in disparte e quasi sembra volere nascondersi fra gli alberi vicini. Lo vede quasi per caso ed è sicuro di non riconoscerlo... eppure può leggere sul suo volto la stessa tristezza e compassione che attanaglia lui stesso. Per un momento la curiosità si fa più forte e lo convince ad avvicinarsi.
L'uomo lo vede e sembra imbarazzato ma pur ritraendosi un poco non cerca di scappare e rimane in attesa della persona che si fa avanti. Nota immediatamente la somiglianza... è suo padre.
“Salve. ” esordisce timidamente George.
“Salve. Lei è il signor Wilkins, vero? Non so dirle quanto sia addolorato per la perdita di suo figlio. ” dice l'uomo con estrema sincerità e tendendo la mano verso il genitore dello sfortunato ragazzo, che la stringe caldamente.
“La ringrazio. Mi scusi, non voglio essere maleducato, solo non ricordo di averla mai conosciuta. ”
“Oh, non si preoccupi. È vero, non ci siamo mai visti e non conoscevo nemmeno Steve prima di due giorni fa. Mi chiamo Edward Stanton, sono un poliziotto. ”
“L'agente che ha chiamato l'ambulanza ed è stato con il mio ragazzo fino alla fine? ”
“Sì, signore. Ho sperato tanto che si riprendesse... fino all'ultimo. Volevo essere presente al suo funerale. ”
“La ringrazio, signor Stanton. Mi dica... le va di prendere un caffè con me? ”
Seduti al tavolo del bar, i due uomini non hanno voglia nemmeno di sorseggiare il caffè che entrambi hanno davanti. Devastati dal dolore vogliono solo parlare di quanto è accaduto. Ed il padre del ragazzo mai avrebbe creduto di incontrare qualcuno che provasse così tanta sofferenza verso chi conosceva appena. L'empatia di quell'uomo è quasi impressionante.
“Sono contento di averla conosciuta, signor Stanton, anche se in questa circostanza. Le devo moltissimo. Anche mio figlio avrebbe apprezzato quello che ha fatto. ”
“Io non ho fatto niente, signor Wilkins. Avrei voluto fare di più per Steve. La sola cosa che mi può consolare marginalmente è che non ha mai ripreso conoscenza. Non ha sofferto. ”
“Lei ha figli? ”
“No, non sono nemmeno sposato. Non collima con il mio lavoro anche se tanti miei colleghi potrebbero smentire immediatamente questa frase. Il fatto è che non potrei mai fare il mestiere che faccio pensando di preoccupare ogni giorno la mia famiglia. Posso solo immaginare come ci si sente al solo pensiero di vedere tuo marito o il tuo ragazzo o tuo figlio uscire di casa la mattina e non vederlo rientrare mai più. Ho fatto troppe telefonate alle mogli dei miei colleghi dicendo loro che erano diventate vedove. Ho sentito troppi singhiozzi al telefono alle quattro della mattina... ho consegnato troppe bandiere americane agli orfani. Mi è passata la voglia di una famiglia. L'avevo tanto tempo fa ma ora mi è passata. E del resto non sono in grado neanche di proteggere le famiglie altrui. ”
“Lei è troppo severo con sé stesso. La colpa non è sua ma di quelle belve che girano indisturbate per le nostre strade e si sentono padroni di fare tutto ciò che vogliono! ”
“Sono le nostre leggi ad essere inadeguate. Ci sono tante persone che si battono per abolire la pena di morte ma non hanno idea di cosa dicono e non vedono più avanti del loro naso. E le stesse persone ci sputano addosso e ci danno degli infami perchè non garantiamo loro sicurezza e permettiamo che accadano queste cose. Il distintivo che portiamo non vale nulla per non parlare della pistola! ”
“Ancora non l'hanno preso, vero? ”
“Sanno bene chi è, signor Wilkins... ma non gli faranno nulla neanche stavolta. Quel maledetto fa parte di una banda che impazza e fa il bello e cattivo tempo in tutto il quartiere da mesi ormai. Cinque sciacalli che terrorizzano la gente; nessuno testimonierà anche se ha visto tutto. Lo arresteranno, certo... e lo lasceranno andare dopo ventiquattr'ore. ”
“Non è giusto. ”
“No. Non lo è signor Wilkins. Sono stanco di tutto questo. Dovrei proteggere e servire. È stato questo il mio giuramento. Ma guardiamo dall'altra parte invece. Bisogna fare qualcosa subito. Lei è d'accordo? Bestie come quella che ha portato via ad un ragazzo tutto ciò che aveva e che poteva avere e che ha distrutto la sua famiglia merita di pagarla cara! ”
“Non sono giudice signor Stanton. Non ho il potere di fare quello che dovrebbe essere fatto. E non sono mai stato neanche credente. Posso solo sperare che mio figlio ora sia in un posto migliore di questo dove potrò incontrarlo nuovamente un giorno e posso solo sperare che chi lo ha ammazzato senza alcun motivo la paghi o per intervento divino o per quello degli uomini. Ma sono solo speranze. ”
l'espressione dell'agente Stanton si muta di colpo... ora è una maschera di profonda durezza... ed il tono della sua voce appare profondamente inquietante.
“A volte le speranze vengono esaudite, signor Wilkins. Non dobbiamo mai smettere di sperare. ”
senza aggiungere altro, l'uomo si alza e stringe ancora la mano allo sfortunato padre di famiglia.
“È stato bello conoscerla, George. Spero di rivederla un giorno. Se non le spiace verrò qualche volta a salutare suo figlio e portargli dei fiori. ”
“Quando vuole. Sarà il benvenuto. ”
CAPITOLO 3: RIFLESSIONI.
“Non ricordo neanche più da quanto tempo ho l'abitudine di riflettere davanti allo specchio del bagno la mattina presto né mi interessa ricordarlo in fondo. È una delle cose che faccio sempre appena alzato, il principio della mia routine. Non so perchè né quando ho preso questa abitudine ma so che non ci voglio rinunciare. Mi fa stare bene e mi aiuta davvero a prendere delle decisioni importanti.
Alle volte mi convinco che sia meglio di una seduta dallo strizzacervelli! Guardo la mia brutta faccia allo specchio e riesco a capire cosa non va. Cosa non mi quadra. Potrebbe anche essere un dono di natura, chissà. Sta di fatto che ci riesco e mentre mi fisso bene negli occhi e scorgo ogni smorfia del mio viso scrutando in profondità dentro di me, mi parlo e divento io il MIO strizzacervelli.
Mi consolo se vedo che sono giù di corda, mi congratulo se mi vedo sereno e cerco di trovare l'entusiasmo adatto se vedo il mio volto troppo abbacchiato. Sono certo che è abitudine di tanta altra gente fare così, ma sono anche certo che pochi lo fanno tutte le mattine. Non nego che potrebbe anche trattarsi di qualche turba isterica... in fondo potrebbero nascere con il mestiere che faccio e spesso i poliziotti hanno il bisogno di confidarsi con uno psicologo.
Mi parlo... penso come potrà essere la giornata che devo ancora affrontare... penso se davvero sto facendo quello che volevo fare nella mia vita... mi chiedo se provo qualche rimorso per qualcosa che ho fatto o qualche rimpianto per qualcosa che NON ho fatto. Alcune volte mi è capitato di pensare che forse mi piacerebbe fuggire e che magari potrei aprire un chiosco su una spiaggia di una qualche invidiata località dei tropici e passare la mia vita a vendere aperitivi ai turisti di passaggio. Questa mattina non penso nulla di tutto ciò. Sono spiazzato, sinceramente... spiazzato e spaventato perchè è la prima volta che fisso questo specchio e non riesco più a riconoscere il volto che riflette. Vedo un volto che si potrebbe definire serio ma che invece è molto di più... vedo uno sguardo perso che cerca disperatamente delle risposte. Vedo il viso di un uomo che non sa più se continuare o no in quello che crede... se quello che crede stia dalla parte del giusto o meno. Non ho mai provato una sensazione così disturbante eppure non posso soffocarla e non posso smettere di guardare quella faccia finchè non avrò trovato il modo di farla passare, di sentirmi meglio.
Il padre di quel povero ragazzo vuole giustizia. Ho letto questo nel suo volto e non credo di essermi sbagliato. Un forte desiderio di giustizia ed una richiesta d'aiuto diretta a me. Ma chi ha detto che sono l'uomo giusto? Chi ha detto che spetta a me fare quello che è giusto? Ed è davvero giusto poi? Io non sono un assassino! Non sono come quelle belve... ho sempre avuto dei principi che mi hanno fatto da solide fondamenta e mi sono fatto due coglioni quadrati cercando di non sgarrare mai dal percorso che dovevo seguire e che rifletteva questi principi. Però ora provo qualcosa di diverso. Tanti potrebbero chiamarla rabbia mista a voglia di vendetta oppure giustizia sommaria. In parte è vero, ma c'è qualcosa di più... e non riesco a capire cosa diavolo sia. Non è la prima volta che parlo con un genitore o un amico che ha subìto una grave perdita ma non ho mai reagito in questo modo... forse ho passato il punto di non ritorno e la mia mente sta cedendo. Magari sarebbe meglio consegnassi distintivo e pistola e comprassi davvero quel chiosco.
Per quanto possa apparire assurdo però sento che non posso mollare, che non è la cosa giusta... non sono un assassino... ma sono un poliziotto ed il mio scopo è proteggere e servire. Sono questi i principi che mi hanno guidato fino ad ora e che ancora mi stanno guidando. Ma ora mi sembra di sentire un fuoco che mi consuma dall'interno. Come posso proteggere e servire se non riesco a fare quello che è giusto? E come posso fare quello che è giusto senza calpestare tutto quello che mi da la forza di continuare? Io non mi sento come loro... non voglio essere come loro. Ma George Wilkins mi ha chiesto aiuto gridandolo con tutta l'anima! Ho il dovere di aiutarlo, per la miseria!!
il caffè che esce dalla moka mi distrae e mi strappa al mio tormento, assopendo quel bruciore temporaneamente. Devo sbrigarmi. Sono in ritardo per l'inizio del turno.
CAPITOLO 4: L'APPOSTAMENTO.
“Pianeta Terra chiama Ed Stanton! Mi ricevi Ed? Ed? CHE CAZZO, ED!! ”
“Cosa? ”
“Alla buon’ora, cazzo! Si può sapere che cavolo hai stamattina? Non sei mai stato un tipo loquace ma oggi passi il segno! Una mummia sarebbe una compagnia migliore! Guarda che siamo solo all’inizio del turno; restano altre sei ore e non ho voglia di passarle così! ”
“Scusa John. Hai ragione. Il fatto è che non mi sento proprio in forma in questi giorni. Ieri sono stato ad un funerale. ”
“Che? E chi è morto? ”
“Era il funerale di Steve Wilkins. ”
“Di chi?? ”
“Dai, il ragazzo morto l’altro giorno accoltellato per rapina. ”
“Ahhh... ho capito. Ancora ci stai a pensare? E sei pure andato al suo funerale, davvero? ”
“Ero con lui in ambulanza quando è morto. Mi sembrava doveroso andare dai genitori e dirgli che il loro figlio aveva qualcuno vicino. ”
“Cazzo, Ed! hai proprio sbagliato mestiere! Uno con la tua sensibilità doveva fare lo scrittore di romanzi rosa o magari assistenza ai disabili. ”
“Lo sai che non voglio essere preso in giro su questo, John. ”
“E chi scherza? Sono serissimo, invece! Da quanto tempo siamo partner? Mi sembra quattro anni, no? Fin dal primo giorno ho pensato che non ci stavi a dire niente in una divisa da sbirro! Non voglio dire che non ho rispetto per te, anzi... e per quello che può valere il mio giudizio, penso che fai questo lavoro di merda meglio di tanti altri che giocano a fare i duri! Ma il punto è proprio questo, alla fin dei conti. Te ne metti troppe! E ultimamente sei anche peggiorato in questo senso. La tua emotività posso anche ammirarla ma non posso condividerla. Non è roba che puoi portare con te quando inizi a lavorare e non ti aiuta in quello che fai! ”
“Conosco a memoria il ritornello, John. Me lo avrai fatto almeno cinquanta volte! ”
“E allora questa è la cinquantunesima, cazzo! ” sbotta il collega con uno scatto “Perché, a quanto pare hai la testa dura come un macigno e non hai ancora capito una sega di quello che ti ho ripetuto! E adesso vai pure ai funerali degli sconosciuti!! Ti dico francamente che se fossi il padre di un ragazzino sbudellato in strada da un coglione del cazzo non vorrei davvero che un piedipiatti venisse a rompermi le palle mentre lo sto salutando per l’ultima volta, anzi mi farebbe alquanto incazzare la cosa e mentre lo afferro per il bavero della camicia gli chiederei che cazzo ci fa lì e dove cazzo era quando mio figlio veniva rapinato e fatto secco da un cesso ambulante che ha più buchi nelle braccia di un pezzo di emmenthal!! ”
“George Wilkins non ha reagito così, mi spiace deluderti. Ha avuto rispetto per me. ”
“Beh, allora sei stato fortunato vecchio mio. Ma se vuoi un consiglio, credo non ti convenga ripetere l’esperienza con i genitori di tutte le vittime nelle quali andrai a sbattere durante la tua carriera! Non credo sarebbero tutti così educati e fidati quando ti dico che parlo per esperienza! ”
“quindi fammi capire... allora il nostro lavoro consiste nel stare seduti in macchina a guardare la gente che passa e se succede qualcosa, scendere lentamente, fare un controllo di routine e rimandarli a casa con una multa e una marea di raccomandazioni che tanto non seguiranno? O magari limitarci a prendere le generalità dei morti ed eventuali dichiarazioni di possibili testimoni che NON aiutano mai nelle indagini? ”
“Andiamo, Ed piantala! Stai parlando come un bambino! Per me puoi fare quello che vuoi nel tuo tempo libero, non sono affari miei. Se vuoi fare l’abbonamento annuale a tutti i funerali che ci saranno da qui a San Francisco sei padrone di farlo, ma sai benissimo quello che intendevo ed in cuor tuo sai anche che ho ragione o non ti incazzeresti così tanto! Non so se mi consideri tuo amico... io personalmente sì o perlomeno riesco a sopportarti di gran lunga più di mia moglie e per me è sufficiente... ad ogni modo mi spiace che tu stia così male per giorni quando succede quello che è normale routine per ogni poliziotto. ”
“Abbiamo permesso noi che diventasse routine! ”
“No, Ed. Non siamo noi ad ammazzarli tutti quei poveretti ma non possiamo neanche pensare di poter salvare tutti. Ci saranno sempre dei pazzi e delle teste di cazzo nel mondo e questo indipendentemente dagli sforzi che facciamo per evitare che impestino le nostre strade. So che il sistema è una merda, lo sappiamo tutti che credi? Ma saperlo non cambia le cose e ci sono tanti ragazzi al distretto che ti prendono per il culo per il tuo atteggiamento compassionevole! Ti chiamano la suora con il distintivo. Non sembra poi un gran complimento, che dici? ”
“Dico che non mi interessa. ”
“Va bene, allora mettiamola sul piano lavorativo e più specialmente nel rapporto fra noi due. Ti confesso che la cosa mi preoccupa in parte e questa mi sembra una buona occasione per dirtelo. E se ti facessi troppo prendere da questa tua compassione e decidessi di non fare fuoco quando serve? Potrebbe anche essere utile per coprirmi le spalle o per salvarmi il culo. Un giorno potresti dover sparare ad un quattordicenne che mi sta per far saltare la testa con un cannone a mano più grande di lui! Ti sei mai fermato a pensare ad una situazione del genere? Ti sei mai chiesto che faresti? In fondo si tratterebbe di fermare un criminale che minaccia un tuo collega. Magari non ci sarebbe il tempo per pensare. Dovresti sparare per uccidere. Che faresti in quel caso? Sono curioso di sentire una risposta. ”
Edward è aggredito da un imbarazzante silenzio che pesa all’interno dell’auto della polizia ferma vicino al marciapiede tra la decima e l’ottava strada, vicino al quartiere ghetto di Brownsville. Dove è avvenuto il tragico omicidio di Steve Wilkins. L’agente Stanton non riesce proprio a replicare alla provocazione del collega ed amico. Ci prova ma non ce la fa. E spera che un’ipotesi del genere si tenga sempre molto alla larga dalla realtà. Dopo qualche attimo, John decide di stroncare quel silenzio così opprimente:
“Va bene, va bene. È stato un colpo basso, lo ammetto. Sapevo di metterti in difficoltà ma volevo solo farti capire che i pericoli possono esserci eccome. Ascolta... non ti si chiede certo di cambiare carattere ma hai mai pensato a chiedere il trasferimento in ufficio? Forse potrebbe aiutare te stesso più di quanto credi... ”
Ed sorride e scuote la testa:
“Non riesci davvero ad essere discreto per quanto ti sforzi, vecchio mio. Questa non è una tua idea vero? Sono convinto che il capitano ti ha detto qualcosa in questo senso. Magari ha pensato che potevi conoscere bene il tuo partner e persuaderlo a far sì che non fosse più un peso e andasse a prendere polvere su una scrivania assieme a pile di documenti e prove da catalogare. ”
“La vedi nell’ottica sbagliata, Ed... ”
“Non so se essere più sorpreso o deluso che proprio tu mi dica una cosa del genere. Sono d’accordo con quello che hai detto. È vero, sono troppo emotivo e un giorno potrebbe costarmi molto più di un nomignolo al distretto ma lascia che ti dica anche che non so fare a meno di quello che faccio... di questa vita. E non intendo rinunciarci per tutto l’oro del mondo! Sono certo che mi fai questi discorsi in buona fede... ma sai bene che sono inutili e un amico... un partner al quale si affida la propria vita... beh, non credo ci sia bisogno di continuare, no? ”
Adesso è John a rimanere zitto. Non sembra essere davvero la giornata migliore per i due amici. Il minimo che si può fare ora è cercare di smussare gli angoli mangiandoci sopra.
“Che ne dici di una ciambella? ” chiede timidamente John.
“Cibo da poliziotti... non posso certo dire di no. ”
“Vado io và. Torno fra un attimo. ”
“Mi raccomando la glassa rosa nella mia... e quelle granelle colorate sopra. ”
Il clima si distende nuovamente ma per poco... non appena John scende dall’auto e si allontana verso l’invitante pasticceria dall’altro lato della strada, Ed si incupisce nuovamente, lo sguardo fisso su un vicolo sporco e buio alla sua destra. Si può scorgere una porticina proprio all’inizio del vicolo, semi nascosta da una vecchia ed arrugginita scala antincendio che corre fino al tetto del cadente edificio. Una porticina dipinta malamente di nero che passerebbe inosservata a tutti... eppure è proprio quella piccola porta che calamita lo sguardo di Ed.
A volte le indagini sono rapide, specialmente quando si sa bene dove cercare.
Poco dopo essere partiti dal dipartimento, una chiamata radio li ha messi al corrente che il nascondiglio dell’assassino di Steve Wilkins è stato individuato. Un nascondiglio che ospita non solo un assassino. Come ha detto anche al padre della loro ultima vittima, Edward conosce bene le gesta di tutti i membri della banda dei Mexican Skulls. Definirli una banda è esagerato a dire il vero. Sono soltanto in cinque... ma la loro fama è già troppo conosciuta e la paura di tutti è che altri potrebbero aver voglia di aggiungersi a quei topi di fogna. Tanti omicidi a scopo di rapina in tutto il quartiere e qualche volta anche oltre. Ma non solo. Atti di vandalismo, stupri, estorsione e violenze di ogni tipo sono sempre nel menu di quelle carogne. Ed il fatto di non essere mai stati a lungo in galera e di non aver trovato in nessun caso qualcuno che potesse accusarli apertamente e senza paura senza poi finire male, li ha fatti sentire ancora più forti e liberi di credere che nessuno potesse mettersi contro di loro. Julio Gomez è solo il nome che conosce. Gli altri li ha visti in qualche occasione ma non sa come si chiamano e non gli importa. Julio invece ha imparato a conoscerlo scorrendo le pagine elettroniche del suo fascicolo ed i suoi precedenti sul computer dell’automobile. Davvero un bel tipino, non c’è che dire... di certo si troverà bene nei Mexican Skulls e di certo si sentirà protetto all’interno di un club così esclusivo.
Ed ha insistito per essere della partita. Ha insistito con John perché lo accompagnasse fino a quella porticina tinta di nero. Il mandato di perquisizione e di arresto non c’è ancora... lo stanno preparando e lo porteranno a momenti i rinforzi che sbucheranno a sirene spente dall’ottava strada. Non dovranno fare troppo casino. Potrebbero riuscire a fuggire o scatenare una sparatoria. Meglio non correre rischi. C’è tanta gente per la strada a quest’ora del mattino ed anche se la maggior parte di essi sono complici silenziosi della gang, Ed non si sente di far loro colpe. Forse avrebbe reagito allo stesso modo. Forse sarebbe entrato nella banda se non avesse avuto alcuna occasione dalla vita. Ma ora non vuole fare questi pensieri. Si rifiuta con tutto sé stesso! Julio Gomez e gli altri bastardi che si trovano là dentro potrebbero anche aver avuto tutte le sfighe del mondo... non cancella il fatto che sono assassini e che devono pagarla! E Julio Gomez dovrà pagarla per l’omicidio di Steve Wilkins... e lui spera tanto di essere il primo a mettergli le mani addosso per ammanettarlo. E poi che succederà? Uscirà subito e con lui tutti i suoi degni amici subito dietro? Lui non dovrebbe nemmeno chiedersi questo. Non gli compete! Non deve pensarci adesso. E deve resistere alla voglia che ha di entrare da solo e sfogare la sua rabbia: oltre che da stupidi sarebbe anche pericoloso. Sanno che sono lì dentro ed un colpo di fortuna extra ha fatto sì che i due agenti vedessero uno di loro entrare proprio all’interno di quella porta stretta ed angusta mentre arrivavano. Manca solo il mandato... arriverà presto. Adesso deve solo aspettare e cercare di fermare quel livore e quel nervosismo che fa vibrare gambe e braccia.
Ha un gran bisogno di addentare quella ciambella!
CAPITOLO 5 : LA PREGHIERA DI JULIO.
“Sono qui. Sento il buio nella mia testa. I ragazzi cercano di tirarmi su il morale in tutti i modi. Mi offrono una birra, una spada di dose pura... mi dicono che stasera mi potrò sbattere una gran fica che aspetta solo di fare tesoro del mio uccello. Sono due giorni che va avanti così. Hanno fatto di tutto per farmi sentire come quando sono entrato nel gruppo. Si potrebbe davvero dire che sono veri amici; amici da ammirare. Per due giorni ho scopato, bevuto, fumato di brutto ed ho tutt'e due le braccia piene di buchi. Mi meraviglia non essere andato in overdose. Forse non è questa la punizione per me. Forse merito di peggio. Gli altri sono nella stanza accanto e se la ridono come deficienti per non so quale motivo... e credo non lo sappiano nemmeno loro. Abbiamo troppa droga nelle vene per cercare un motivo per qualunque cosa. Anch'io ridevo quel giorno... ricordo bene le risate... risate folli. Ricordo che ridevo di gusto mentre fissavo gli occhi di quel ragazzo. Ridevo della sua sofferenza... Dio Mio! Io ho riso della sua morte! Potevo vedere la sua paura... la paura di morire... la paura di una fine inevitabile e senza senso! Ho fissato i suoi occhi poi ho fissato il manico del mio coltello e la piccola parte di lama al di fuori delle sue carni. È stato un fendente dritto al fegato. Non so come ho fatto... non so perchè l'ho fatto. Doveva solamente essere una rapina. Dovevano essere i soldi per pareggiare i conti con quel serpente di Shenck e pagargli la roba. Non voleva vendercela se non aveva mille dollari in più del solito prezzo. Quel maledetto porco ci aveva assicurato che era roba molto più pura della merda che ci aveva sempre venduto. A sentirlo era entrato nel giro grosso. Il colpo di fortuna che pochi spacciatori si aspettano nella loro, chiamiamola carriera. Un colpo di fortuna grossissimo per un pesce piccolissimo... un colpo di fortuna decisamente immeritato per uno scarafaggio di quello stampo. Ma aveva detto la verità. Ci aveva dato un assaggio di quella roba ed era veramente il top! Davvero una piacevole scoperta... non potevamo lasciarcela scappare! Ma ovviamente quello stronzo voleva un sovrapprezzo per vendercene solo un chilo... o avrebbe passato tutto il pacchetto a quegli altri stronzi dei Blades, dall'altra parte della baia. Sarebbe stata la fine. Una banda in nascita come la nostra deve essere irremovibile su due cose per poter continuare ad esistere... anche un pivello come me può capirlo: tanta violenza e non farsi scappare nessun affare che possa portare altra gente dalla tua parte. Mancavano quei maledetti cinquanta dollari e dovevamo consegnare la cifra quella sera. Cazzo! Solo cinquanta maledetti dollari! Ma io ero l'ultimo entrato... dovevo dimostrare di essere degno... in fondo è una regola comune per fare questa vita. Devi sempre essere degno di far parte del tuo gruppo; sempre superare gli esami che ti chiedono di sostenere... e se non sei in grado di farlo non è prevista la bocciatura... non nel senso più tenero del termine. Aveva la mia età. Poteva essere un mio compagno di liceo se avessi ascoltato mia madre e fossi andato al liceo. Ma non ho mai ascoltato mia madre. Lei è morta da tanto e la colpa è stata anche mia. Non ho mai creduto in lei mentre lei ha creduto in me fino alla fine... fino a che non ha chiuso gli occhi e si è addormentata. Credeva che suo figlio arrivasse... che le fosse accanto e le stringesse la mano. Ma il figlio non arrivò. Era troppo occupato a sentire quello che dicevano i balordi che gli stavano attorno e che erano dei padri per lui... non dei padri, a dire il vero... molto di più. Dovevo fare in modo che fossero fieri di me! Volevo che mi volessero bene, cazzo!! Beh... alla fine ci sono riuscito. Ho ottenuto il loro affetto e la loro stima. Vedono che sono giù di morale e cercano di tirarmi su, di farmi star meglio. Hanno detto che sono stato un mito quella sera... ho soddisfatto entrambe le regole. Violenza e affari. Adesso ci temono molto più di prima. Ci temono perchè non vogliono morire per strada come quel ragazzo... e ci ammirano perchè vogliono far parte della nostra gang. Vogliono essere temuti anche loro. Vogliono avere quello che credono sia tutto. Tutto? Non è niente, invece... Dio, se non è niente! Volevo che fosse tutto perfetto. Volevo trovare la mia strada... pensavo di avere trovato la mia strada... ma ora l'unica strada che ho trovato e che vedo distintamente è quella buia per l'inferno. Ho pregato tanto... ho pregato davvero tanto per salvare quello che resta della mia anima ma sento sempre l'eco della risata da folle... la mia ultima risata. La risata di un assassino. E ora non si torna indietro... un ladro può cambiare... un drogato può disintossicarsi. Un assassino non può resuscitare le sue vittime... un assassino resta un assassino. Siamo in cinque assassini in questa squallida abitazione. Cinque assassini e topi ovunque. E per quanto possa sembrare pazzesco... non potrei trovarmi in un posto più sicuro di questo. Ora devo restare con la mia famiglia. Non volevo uccidere quel ragazzo. Sono rimasto a guardare nascosto mentre lo portavano via in ambulanza... sono rimasto a guardare mentre quel poliziotto saliva con lui e gli stava accanto. Sono rimasto a guardare le lacrime di quel poliziotto per quel ragazzo che neanche conosceva. La droga mi doveva dare forza. Mi ha dato forza... mi ha dato il potere di togliere una vita... di essere uno di loro... di seguire la mia via... e mi ha strappato l'anima. Continuerò a pregare anche se non servirà. Perchè l'eco di quella risata rimbomba ancora vivo in me stesso. Una risata che la preghiera può sopire ma non soffocare. La risata di un'anima perduta... un'anima traghettata nel paese delle ombre al prezzo di cinquanta dollari.
Il cellulare nell'altra stanza ha suonato. Il capo è agitato e sta agitando anche gli altri. Dobbiamo scappare! Subito!! ”
CAPITOLO 6 : Sbirro buono e sbirro cattivo.
La delusione la fa da padrona. In tutti i volti dei poliziotti che speravano in un buon risultato si può leggere una profonda amarezza che incuriosisce e sembra infondere malinconia anche alla gente di passaggio sulle strade mentre osservano in silenzio il folto drappello di uomini in blu fare ritorno alle loro auto, e partire lentamente con la coda tra le gambe.
Una volta arrivato al distretto, Edward si siede alla scrivania e fissa il vuoto a lungo senza dire una parola. Ma la sua mente, al contrario, è in acceso dibattito, mentre le dita scorrono febbrilmente sulla tastiera in cerca di qualcosa sugli archivi informatici:
“Com’è stato possibile? Il mandato ha tardato troppo ad arrivare? Il posto era sbagliato? Il posto era giusto ma non si trovavano lì in quel momento? ”
Il tonfo del pugno rabbioso sulla superficie lucida in legno fa sobbalzare gli agenti vicini e fa avvicinare bonariamente John, già preparato per la parte del consolatore:
“Io dico che hai qualcosa che ti turba... e non lo dico per la tua intenzione di sfasciare la scrivania a mani nude... il mio è tutto intuito! ”
“John... l’appartamento era quello, ne sono sicuro. ”
“Senza alcun dubbio. Abbiamo trovato un bel po’ di roba a testimonianza della presenza di quelle teste di cazzo. ”
“La cazzo di uscita sul retro l’abbiamo bloccata! La cazzo di scala antincendio l’abbiamo bloccata! Gli altri appartamenti sono stati setacciati senza troppi complimenti... non abbiamo trovato un cazzo da nessuna parte! Cinque uomini non possono svanire nel nulla come niente fosse! Uno di loro era entrato solo quindici minuti prima che arrivassero gli altri ragazzi! L’abbiamo visto tutti e due! ”
“Avrebbe potuto esserci solo lui in quell’appartamento, Ed. un uomo solo può nascondersi meglio di cinque. ”
“Non ci credo. Perché doveva nascondersi? non aveva motivo di farlo. Era al sicuro e non credo nemmeno che si trovasse da solo. Tutti i componenti di una gang stanno sempre assieme. Hanno il rifugio in comune... la loro casa, se vuoi chiamarla così. L’abbiamo visto tante volte. Le tue, sono ipotesi da novellino! ”
John sorride divertito prima di sedersi sulla scrivania e cominciare a giocare con il fermacarte di fronte a lui:
“Veramente le ipotesi da novellino sono le tue, amico mio. Non voglio offenderti ma il fatto è che sei così nervoso che non permetti alle rotelline del tuo cervello di girare correttamente. Diciamo che le hai fatte un po’... incastrare tra loro. ”
“Dovevamo prenderlo, John. Dovevamo prenderli tutti. ”
“È vero, ma non andranno lontano comunque. Sono una banda di stronzi, Ed. Non hanno sufficiente intelligenza per scappare a lungo e specialmente per non commettere errori che ce li facciano scappare tra le braccia. Questa volta sono stati fortunati... quello che penso io è che uno di loro si sia affacciato alla finestra nel momento sbagliato e, per sfiga nostra abbia visto le volanti che svoltavano l’angolo a luci e sirene spente oppure gli uomini che prendevano posizione e siano sgusciati via. ”
“Non avrebbero fatto in tempo. Erano all’ultimo piano. Non potevano scappare così rapidamente prima che bloccassimo tutti gli accessi. ”
“Va bene... allora diciamo che mentre eravamo soli sul posto, quelli sono andati via perché magari avevano una consegna da ricevere o una rapina da fare o magari un’ appuntamento con il loro spaccia di fiducia o con qualche bella fica tossica! Fortuna, tutto qui. ”
“E allora, se fosse andata davvero così, perché non sono usciti dalla porta principale? Non avevano alcun motivo di prendere l’uscita sul retro se non si sentivano minacciati. ”
“Ma chi sei? Il tenente Colombo? Neanche dovessi compilarlo tu il rapporto! ”
“Il fatto è che non sembra che a nessuno importi molto di quello che è successo. Dopo la delusione iniziale è stato un piccolo... buco nell’acqua, non è così? ”
“Abbassa il tono di voce, vecchio mio. C’è qualcuno che non apprezzerebbe molto i tuoi commenti... a dire la verità, anzi, sarebbero in molti. Vuoi che ti dica la mia? ”
“No! ”
“beh, te la dico comunque. Il fatto che tu dimentichi così facilmente che una stazione di polizia non può occuparsi di un solo caso denota, nella migliore delle ipotesi, un forte stress. Prenditi il resto della giornata libera. ”
“Da quando mi dici quello che devo fare? Ti hanno promosso ufficiale tutto d’un tratto? ”
“Sto cercando di esserti amico, idiota! e ti conviene farti bene due conti perché non te ne restano tanti qui dentro, anche se non te ne sei ancora accorto. ”
“Io ho fatto una promessa, John. Una promessa, capisci quello che significa? Non posso far finta di niente. Non posso girare la testa e sperare che li becchiamo fra un paio di settimane, dopo che magari avranno ammazzato altre dieci persone... o dopo che avranno reclutato altri balordi nelle loro fila! vuoi essermi amico davvero? Allora aiutami a capirci qualcosa ed a trovarli. Perché l’unica cosa che mi frulla in mente dal momento in cui abbiamo sfondato quella porta e non abbiamo catturato il bersaglio è che qualcuno li abbia avvisati prima! Ho cercato anch’io di contemplare altre opzioni ma non reggono! ”
“Qualcuno li ha avvertiti prima che arrivassero i rinforzi? ”
“Qualcuno che magari ha visto noi due. Noi non l’abbiamo visto ma lui sì... una sorta di palo all’esterno, magari. ”
John si ferma... pensa alle parole appena sentite e si fa serio di colpo.
“Gli ingranaggi hanno ricominciato a funzionare... questo è positivo. In effetti, la cosa è interessante. Questo può fare la gioia del sergente che deve stendere il rapporto. Ok, a parte gli scherzi, il discorso del palo potrebbe spiegare il buco nell’acqua come l’hai definito tu. A questo punto si tratta di trovare questo palo... e non sarà una cosa semplice, credo. ”
“Su questo non sono d’accordo... a volte la fortuna può anche essere dalla nostra parte. Mentre ascoltavo le tue cazzate, ho trovato qualcosa nello schedario. Thomas Hardy, detto Schenck. Un nomignolo più facile per uno spacciatore che rifornisce tutta la zona della baia... e probabilmente anche i Mexican Skulls. È un po’ poco ma vale la pena andare a parlarci un attimo. ”
“E va bene, vecchio mio. Voglio darti corda ancora un po’. Andiamo da Schenck e sentiamo cosa ci racconta. Magari ci fa anche un buon prezzo su qualche pasticca di allucinogeno... ti farebbe bene! ”
Mezz’ora dopo, Edward è già nella macchina all’esterno ed aspetta con visibile ansia l’amico.
“Sto facendo le mosse giuste. Quello spacciatore saprà qualcosa di sicuro e ci condurrà dritti da loro. Sto seguendo tutte le regole. Sto assecondando i miei principi morali e sto mantenendo la mia promessa senza uscire dalla mia strada. Li sto cercando, Steve. Ti prometto che li troverò presto e che avranno quello che si meritano. Ma non posso ucciderli... ci ho pensato, sai? Ho pensato a lungo a questo. Guardo lo scudo dorato appuntato al petto, sulla mia divisa... non posso dimenticare di essere un poliziotto. Avrai giustizia, ragazzo. E sarà... giusta. ”
“Ma che cavolo stai facendo? ”
Il tono di John è perplesso e scontroso al tempo stesso e Ed ne rimane altrettanto perplesso:
“Che sto facendo? Mi sembra abbastanza chiaro. Dovevamo andare da Schenck o hai già cambiato idea? ”
Il collega scuote la testa con un sorriso rassegnato:
“Mio caro collega ed amico, si vede che sei stato sulle strade per poco tempo. Non hai ancora quella malizia che distingue un veterano da un pivellino. ”
“Fingerò di non aver sentito la storia del pivellino. Ed in che cosa consisterebbe l’errore del sottoscritto? ”
“Presto detto, Ed. Non si va da un pesce grosso così alla luce del sole, specialmente quando deve essere torchiato. Prima dobbiamo farlo rosolare bene nell’olio caldo e quando è cotto a puntino lo facciamo saltare dalla padella! ”
“E lasciando perdere i paragoni gastronomici? ”
“In pratica adesso ci limitiamo a spargere nel quartiere la voce che lo stiamo cercando così lo facciamo stare sulle spine, dopodiché stasera alla fine del turno gli facciamo una visitina a casa sua... vedrai che lo troveremo lì. ”
“Sembra interessante come programma. Ma perché così sicuro di trovarlo a casa? Potrebbe prendere il primo aereo per il confine messicano non appena gli fischiano le orecchie! ”
“No, che non lo farà. Ha troppe galline dalle uova d’oro per andarsene su due piedi. Vorrà essere sicuro che qualcuno lo sta davvero cercando ed anche se sarà teso come una corda d violino se ne starà rintanato nel suo buco, forte del fatto che i poliziotti devono avere un mandato per entrare nella casa di un sospetto criminale... ed il nostro uomo è convinto di non avere nessun’accusa sulla sua testa... quindi nessun poliziotto può procurarsi il mandato per entrare a casa sua. ”
“Beh, questo è vero... ”
“Infatti è per questo che ho detto che gli faremo visita stasera alla fine del turno... da privati cittadini. Devi prestare ascolto alle sfumature delle frasi, vecchio mio”
“E va bene, grande saggio. Allora rimandiamo a stasera. Sono curioso di vedere se il tuo piano non fa una grinza come hai detto. ”
“Lo proverai di persona, pivellino... ma intanto resta in macchina. A proposito di paragoni gastronomici è quasi ora di pranzo ed ho una fame da lupo! In fondo mi merito una mangiata offerta dal mio collega, visto che praticamente gli ho risolto il caso! ”
“Ma senti questo! Andiamo collega! ”
Ore 18. 30. Di fronte al numero sessantadue di Washington Avenue, nei pressi del grande ponte sull’East River.
Barricato in casa, Thomas “Schenck” Hardy è sdraiato sul suo sporchissimo divano, intento a seguire la puntata odierna del Jay Leno Show. Roba da sbellicarsi dalle risate, come dice sempre lui. È convinto che avrebbe anche potuto diventare un ottimo anchor man se avesse scelto quella strada... ma è pur vero che quella dello spacciatore è mooolto più redditizia. Specialmente ora può diventare ancora più redditizia... i boliviani pagano bene per smerciare la loro roba e si fidano di lui. Del resto è lui ad avere la clientela più vasta sul mercato attuale... ed è anche il migliore nel rapporto qualità- prezzo. Non è avido, anche se gli piacciono i facili guadagni... non ha villa con piscina né iscrizione al country club o limousine con autista. Non è fanatico nemmeno della mobilia da quanto si può vedere buttando un’occhiata al suo bilocale... tutta roba da rigattiere o peggio. Ma chi dice che non ha il becco d’un quattrino sbaglierebbe di grosso... ne ha eccome. Il commercio di droga è redditizio.
Commercio. Così preferisce chiamarlo, Schenck. Commercio è una parola più raffinata di spaccio. Spaccio dà immediatamente l’idea di qualcosa di brutto... di criminoso. Potrebbe scoraggiare tanti potenziali clienti. Clienti di un certo tipo che non devono mancare mai nella sua lista... i clienti più prestigiosi. Se sentissero quella parola così negativa potrebbero essere tentati di rivolgersi a qualcuno della concorrenza che spacciatore lo è davvero... e pure fanfarone. Ne ha conosciuti tanti di quel genere; gente che pensava di farsi ricca in questo mercato promettendo cose che non poteva mantenere... e che ha fatto una brutta fine. D’altronde è un mercato molto difficile, anche se qualcuno potrebbe pensare il contrario... una qualità su tutte è indispensabile: il carisma.
Schenck ne ha da vendere di carisma... potrebbe persino arrotondare le sue entrate tenendo un corso di carisma. È da anni sulla piazza ed è sicuro che resterà sulla piazza ancora per molto tempo. In sordina, certo... sempre sulle sue, d’accordo... stando bene attento a non pretendere troppo e non essere esageratamente avido. Solo in questo modo si può cavalcare bene l’onda senza timore di cadere. Lui continuerà ad accontentarsi e tenere la casa come il porcile che è, forse anche a ricordo di dove proviene e di come potrebbe ritornare se facesse un passo a vuoto. Può essere un buon monito ed una buona regola di professione oltre che di vita. l’unica cosa che piace a Schenck, l’unica sua debolezza è l’abbigliamento... si può trovare di tutto all’interno del suo mastodontico armadio. Rigorosamente di marca. Miriadi di polo, pantaloni di velluto, maglioni di seta, cravatte, camicie a volontà, giacche lunghe e corte e persino qualche smoking per le occasioni speciali... tanti colori e tante variazioni per qualunque accostamento... per il giorno e la sera. Passerebbero almeno tre settimane prima di mettere due volte la stessa cosa. È una regola ferrea anche questa... un ordinamento fondamentale che fa la differenza fra spacciatore e commerciante, come lui si definisce. Essere sempre presentabile per avere la credibilità necessaria alla vendita di un prodotto che ha tantissime qualità e pochissimi effetti collaterali... un prodotto antistress che dona eccitazione e felicità anche se per brevi momenti... ma in fondo ci sono molte persone che non possono assaporare la felicità neanche per un istante delle loro vita sempre in salita. Pagare un giusto prezzo per stare meglio è certamente un buon compromesso.
E con la roba che gli hanno dato i boliviani andrà sempre meglio. Sembra che vada davvero tutto bene dopo un periodo di alti e bassi in cui pareva che la crisi dei mercati finanziari avesse fatto stringere parecchi portafogli. Sta andando tutto liscio e continuerà così... si deve solo stare attenti a quello che succede intorno. Anche in questo Schenck sa il fatto suo... e contrariamente alle previsioni di John, il sapere che due poliziotti lo stanno cercando per non si sa bene quale motivo, non lo preoccupa più di tanto. Gli sbirri hanno solo sospetti su di lui... mai una certezza. E sarà sempre così perché lui sa quello che fa. Vogliono solo rompere le palle, vedere se compie un errore... se si innervosisce alla vista dei distintivi, delle manette e delle pistole nella fondina. Non succederà, purtroppo per loro. Li conosce molto bene e sa che giocheranno al gatto con il topo... il punto è che non hanno ancora capito che lui non è né l’uno né l’altro... lui è il cane in questo gioco. E poi non possono neanche entrare in casa sua. Tanto vale rilassarsi e continuare a seguire il vecchio Jay in tv.
“Quanti ricordi. Sono passati quasi dieci anni da quando la portai l’ultima volta. Ero pieno di speranze a quel tempo. Colmo di entusiasmo come un bambino che va a scuola il primo giorno e che non vede l’ora di dare sfogo ai suoi sogni ed alle creazioni che gli soffocano la testa. Tanti progetti che si accalcano con la frenesia di iniziarli e portarli a termine tutti assieme. Un giovane pieno di belle speranze, come dicevano in tanti. Ero irruento come tutti quelli che iniziarono con me. Avevo preso la decisione di entrare in accademia quasi per gioco... ma alla fine ero convinto di quel che facevo. E lo sono ancora. Lo sono adesso. Voglio andare fino in fondo e spero che questa sia la svolta. Non so perché mi sono voluto rimettere questo pezzo da museo... ma sento in esso una forza che credevo di avere perso. Sento di essere ancora quel ragazzo. Mi ci vuole quella forza. Ora più che mai”
Ed rimane ancora a lungo davanti allo specchio. A lungo a fissare sé stesso e quel giubbotto di pelle marrone chiaro che l’accompagnò in accademia e che mise quasi subito in armadietto a causa delle regole di abbigliamento all’interno del corso... non pensava di averla ancora. L’aveva dimenticata... ora la vede come se non l’avesse mai tolta. Vede sé stesso ancora all’accademia. Vede quel ragazzo ricco di ideali e progetti sul futuro che ancora ha voglia di costruire. Vuole essere ancora allievo in accademia per una volta. Deve tornare ad esserlo per andare fino in fondo senza dimenticare l’entusiasmo di un tempo... per non perdere sé stesso.
Il campanello. John è arrivato.
I due bussano tranquillamente alla porta.
Dopo qualche istante di attesa fatto di sguardi complici e risoluti, come a dire “Nessun problema”, ecco che l’uscio si apre lentamente e lascia il posto al viso falsamente cordiale di Thomas Hardy.
“Salve. Desiderate? ”
“Vorremmo parlare con te, Schenck. Si tratta solo di qualche minuto. ”
La richiesta di John è estremamente cortese ed educata ma non viene accolta nel migliore dei modi. Lo spacciatore aggrotta un po’ le sopracciglia e crede sia giusto dar loro un po’ di problemi da subito per far capire che non è stupido né tantomeno una preda facile da manipolare:
“Beh, a dire il vero avrei un appuntamento proprio ora al quale non vorrei fare tardi e poi non credo che ci conosciamo. Potremmo vederci domani a pranzo da qualche parte, se volete. Avremo modo di presentarci e di parlare di quello che volete. ”
“Preferiremmo parlarti adesso. ” Prosegue John in tono pacato “Ti garantisco che non ti faremo avere alcun ritardo, anzi ti porteremo al tuo appuntamento noi stessi. È una cosa breve, ti assicuro. E quanto al conoscerci, io mi chiamo John Arliss e questo è il mio amico Edward Stanton. Adesso possiamo dire che ci conosciamo almeno un po’! ”
“E potrei sapere di cosa volete parlarmi? Sapete, sono un uomo a cui non piacciono molto i misteri e le sorprese. ”
“Questioni d’affari. Meglio non discuterne su un pianerottolo, no? ”
“Allora è un’altra cosa! Se si tratta di affari sono costretto a rinnovare l’invito a pranzo per domani. Non faccio mai entrare in casa mia clienti o potenziali clienti. È una questione di principio. Il lavoro va sempre tenuto separato dalla vita privata! ”
“Non sei affatto cortese, vecchio mio! Hai paura a lasciarci entrare? ”
Il tono di voce di John resta di un’ invidiabile pacatezza... tuttavia, per chi lo conosce bene come Ed, è possibile distinguere chiaramente nelle sue pupille una sorta di bagliore che descrive alla perfezione un uragano in arrivo.
Dal canto suo, Schenck si sta divertendo da matti. Li sta facendo rotolare sulle spine quanto vuole e la cosa gli piace non poco e si vede dal sorrisetto che si stampa sulla sua faccia da cazzo quando risponde a tono ancora una volta:
“Veramente siete voi ad essere insistenti. Mi state facendo perdere del tempo prezioso per il mio appuntamento e vi ho già detto quello che dovevo dire. Spero che abbiate capito questa volta e vi invito a non essere più inopportuni. ”
L’uomo sta per richiudere la porta ma il piede di John si mette in mezzo e quella luce nei suoi occhi adesso è visibile anche a Schenck, così come il sorriso nervoso sulle sue labbra.
“E va bene, Schenck. Non puoi dire che non ci abbiamo provato con le buone. Adesso vediamo che succede con le cattive! ”
Un rapido e robusto spintone da parte dell’agente in borghese proietta Hardy all’interno del suo appartamento quasi senza che lui stesso se ne renda conto, facendogli anche perdere l’equilibrio e dando come risultato le sue grosse chiappe sbattute malamente sul pavimento. John oltrepassa la soglia un secondo dopo e bisbiglia all’amico:
“Entra e chiudi la porta! ”
Comando che Ed esegue prontamente anche se sente un disagio sempre maggiore crescere dentro di sé; non si aspettava che le cose prendessero una piega del genere così presto e non è sicuro di sapere se sarà in grado di reggere a quello che sta per succedere, di qualsiasi cosa si tratti. Ma deve trovare la forza di fornire valido supporto all’amico, se non altro per dimostrargli la sua gratitudine per averlo aiutato in una battaglia che, alla fine dei conti, è stato egli stesso a volere che divenisse sua. Si sforza e cerca di concentrarsi al massimo per far sparire l’ansia e quella sensazione di gelo che neanche il suo giubbotto di pelle da giovane macho sembra schermare.
Dall’altro lato, anche Schenck è costretto a rivedere la sua posizione, dopo gli ultimi eventi... tanto per cominciare, quel sorrisetto ha fatto molto in fretta ad abbandonare il suo viso, lasciando un’espressione impaurita e preoccupata di chi non è più in grado di gestire la situazione in cui si trova... e nel momento in cui John lo afferra per il colletto della camicia con entrambe le mani e lo fa rialzare senza troppi complimenti, lo spacciatore... o meglio “il commerciante di felicità” si rende conto perfettamente che non sarò una piacevole e soprattutto facile chiacchierata per lui.
“Allora? Adesso pensi di avere più voglia di stare a sentirci? ”
“Voi non potete trattarmi così!! Siete due poliziotti! Voglio vedere il mandato!!! Posso denunciarvi al vostro distretto!! ”
Tante minacce che risultano davvero poco credibili quando vengono proferire da una voce molto, troppo tremolante.
“Allora hai deciso di scoprire le carte, a quanto pare! Ero sicuro che ti fosse arrivata la voce che ti stavamo cercando! L’ho messa in giro apposta per te, ma devo dire che mi ha sorpreso vederti sfoggiare quella faccia da culo di bronzo quando hai aperto la porta. Pensavo che ti cagassi sotto come tutti i topi di fogna del tuo calibro o come i disperati che tirano avanti con la tua merda che sniffano o che si sparano in vena... evidentemente credevi di fare giochetti con noi e di prenderci per il culo, ma vuoi sapere la novità? Mi sa che ti è andata male, vecchio mio! Hai sbagliato a crederti il padrone del mondo una volta di troppo e se ti vedessi in questo momento, non avresti difficoltà a capire che sei solo un povero stronzo come tutti gli altri con cui trattiamo! ”
Le parole di John colpiscono a fondo l’animo del criminale e fanno male... ma al tempo stesso aumentano la sua paura:
“Maledetto bastardo! Lasciami andare!! ”
Detto fatto: John scaglia Schenck avanti a sé mandandolo a sbattere contro il suo prezioso armadio e dopo l’impatto con la spessa anta di legno in rovere, l’uomo si affloscia nuovamente al suolo emettendo soffocati gemiti di dolore. Ma non può sperare di avere diritto ad una pausa. John si avvicina subito e si china lentamente su di lui, dandogli una pacca sulla spalla e sorridendogli come un buon amico che si sente in dovere di consigliarlo per il suo bene... ed in effetti, è proprio quello che il poliziotto ha intenzione di fare anche se non si può affatto definire una manifestazione di amicizia, la loro.
“Ascolta, Schenck. Tutto considerato, mi sento buono oggi e credo che tu ne abbia già abbastanza. Se la pianti di comportarti come un idiota, io ti faccio una semplice domanda... tu mi dai una risposta sincera ed io e il mio amico ce ne andiamo in un lampo e ti lasciamo tranquillo nel tuo appartamento di merda. Devo dire che pensavo meglio, vecchio mio! Vivi davvero in un porcile! ”
“Non mi fai paura. È inutile che giochiate al trucchetto sbirro buono e sbirro cattivo! Conosco anch’io i miei diritti! Voglio vedere il mandato di perquisizione e di arresto!! ”
Alle richieste di Schenck fa subito seguito la risata genuina e fragorosa di John:
“Ah ah ah ah!! Ma tu guarda questo! Sei spiritoso Schenck, te lo devo riconoscere. Ti piacerebbe che avessimo un mandato, vero? Così potresti avvalerti di quei diritti che sembrano starti tanto a cuore e potresti farla franca una volta in più. Purtroppo per te, noi non abbiamo nessun mandato. Anzi, ti devo fare una confessione: abbiamo finito il nostro giorno lavorativo qualche ora fa, quindi non siamo neanche poliziotti, in questo momento. Siamo solo due ragazzoni grandi e grossi che ti faranno un culo così se non ci dici quello che vogliamo sapere. Dove li troviamo i Mexican Skulls? ”
“Io... io non so di cosa stai parlando... ”
Pessima idea mentire ad un uomo che sa fiutare molto bene le balle e che è già abbastanza incazzato:
“Sto perdendo la pazienza, Schenck... ”
Le dita di John si chiudono violentemente sul naso dello spacciatore e stringono con forza, mentre i polpastrelli si inzuppano del sangue che sprizza dalle narici ed anche Ed può sentire l’umido scricchiolìo della cartilagine che va in frantumi... un rumore che precede di un istante l’acuto grido di dolore del malcapitato, mentre viene sollevato dal naso dal suo impietoso interrogatore, che gli rivolge la domanda una seconda volta:
“Dove sono i Mexican Skulls? Dove li troviamo? ”
Thomas Hardy è troppo concentrato sulle sue urla di dolore per rispondere a qualunque domanda.
“Lo sentiranno i vicini, John! Potrebbero venire a bussare! ”
Il collega, non insensibile all’obiezione di Ed, molla la presa e lo rassicura, volgendo uno sguardo rilassato verso di lui:
“Non verrà nessuno, non preoccuparti. Sanno quali sono i giri che frequenta questo maiale ed a nessuno frega niente di lui! E poi mi conoscono. Non verranno a vedere! ”
Ed resta visibilmente scosso. Si sente smarrito ed inutile in quel contesto. Ed il sorriso del collega lo inquieta... sembra si stia divertendo a pestare quel tipo. Non che non se lo meriti... ma si direbbe una cosa che John ha già fatto con una certa consuetudine. E che ci abbia provato gusto. Come dovrebbe provarne anche lui! Questi rifiuti umani devono pagarla cara per quello che fanno tutti i giorni... perchè rendono uno schifo un mondo che è già difficile vivere senza i loro crimini. Dovrebbe ridere di gusto anche lui e pregare John di continuare a picchiarlo e farlo soffrire ancora! Dovrebbe unirsi a lui e pestare quel coglione come merita! Allora perché si sente così debole? Perché tanti dubbi nella testa?
Ma John di dubbi non ne ha assolutamente e ripete la domanda a Schenck, tenendolo ben premuto contro l’armadio:
“I Mexican Skulls, vecchio mio. Dove li troviamo? ”
“Io... io non lo so... non lo so, giuro! ”
“Invece lo sai. Come io so che sei stato tu a fare la soffiata a quegli stronzi prima che gli mettessimo le mani addosso, vero? ”
“NO! NO, QUESTO NON È VERO! ”
“Te l’ho già detto... io detesto le bugie! ”
Un primo pugno arriva dritto allo zigomo destro, ma con l’altra mano, il poliziotto afferra la preda prima che possa crollare e gli sferra un secondo diretto all’occhio destro poi una furiosa ginocchiata all’inguine. Ridotto ad una maschera di sangue e dolore, Schenck trova solo la forza per sussurrare pietà al crudele aguzzino, mentre le sue stesse suppliche si mischiano al gorgogliare della saliva e del sangue che colano pietosamente fra le labbra tumefatte... eppure questo dolore non basta e non è sufficiente per impietosire John:
“Se continui così ho paura che non arriverai puntuale a nessun appuntamento, vecchio mio! In fondo è colpa tua. Ho cercato in tutti i modi di essere comprensivo e di darti la possibilità di tenerti intatto il tuo bel visino, ma non hai voluto sentire ragioni e mi hai fatto arrabbiare. Adesso siamo noi a perdere tempo con te e ti dico francamente che voglio andarmene da questo cesso d’appartamento il più presto possibile, quindi fai uno sforzo e cerca di dirmi quello che voglio sentire. ”
“Se... se te lo dico... se te lo dico sono un uomo morto. Mi troveranno e mi faranno a pezzi... ”
“Credimi, Schenck... se non mi dici dove stanno, le loro minacce saranno l’ultimo dei tuoi problemi. ”
Fissando negli occhi l’agente in abiti civili, Thomas “Schenck” Hardy si rende conto di non avere alcuna alternativa... tutta la sua baldanza è crollata per sempre lasciando posto ad una reale paura di morire ed ora può solo chinare la testa e dire l’unica verità che può dargli una debole speranza di vedere il sole di domani:
“So che hanno un covo al porto... di preciso non lo so, lo giuro... una volta ho sentito Miguel che ne parlava... non so se siano lì adesso... ma non so altro, lo giuro... ”
Il silenzio che segue, rotto solo dall’ansimare dello spacciatore, è spiazzante e la tensione pare palpabile. Spettatore sin dall’inizio, Ed prega che John smetta quel massacro e decida di credere alle parole che entrambi hanno sentito... non avrebbe mai creduto di provare pietà per un uomo che vive sulla morte altrui eppure il suo senso di pietà parla chiaro... è conscio che questo è solo l’inizio. Andrà sempre peggio e dovrà essere pronto a reagire prima di quanto si aspetti. Ora si chiede se sarà in grado di onorare il tacito giuramento fatto a George Wilkins ed a suo figlio.
Alla fine, il sorriso soddisfatto di John smorza l’adrenalina di tutti:
“E va bene, Schenck. Voglio crederti. Almeno i denti li hai salvati... beh, forse non tutti. Vuol dire che io ed il mio amico ci faremo una gita al porto per verificare quello che ci hai detto. Forse, l’aria dell’oceano mi servirà per spazzare via la puzza del tuo sangue. Adesso vedi di dormirci sopra e di darti una ripulita. ”
Con un ultimo gesto sprezzante, Schenck viene buttato sul pavimento ancora una volta. La faccia a terra e gli occhi gonfi di lacrime per la vergogna che lo ha avvolto. La vergogna di svegliarsi in una realtà molto diversa da quella che credeva... una realtà dove non è altro che una nullità... dove tutto il suo personaggio è svanito come nebbia trafitta dai raggi dell’alba. John gli volge le spalle e sorride all’amico:
“Tutto a posto” gli dice. Ma Ed non riesce a ricambiare il sorriso... e tantomeno a rispondere.
“Che c’è, Ed? Il gatto ti ha mangiato la lingua? Possiamo tornare a casa, ma prima mi offri una birra. Ho faticato solo io. La prossima volta ci scambieremo di ruolo, ti va? ”
Poi, di scatto, John si volta nuovamente verso il verme che striscia nel sangue davanti a lui e lo fissa stranamente:
“Ma sì... in fondo, meglio stare tranquilli! ”
Due colpi rapidissimi. Due tuoni che rimbombano nel palazzo e nelle orecchie di Edward e che fanno schizzare nelle loro tane i due criceti di Schenck. Due proiettili nella nuca che spaccano la squallida esistenza di Schenck Hardy tra un fiotto di sangue che dipinge di scarlatto l’armadio contenente il suo guardaroba da uomo d’affari ed un ultimo, violento sussulto del cadavere.
Un incubo. Non può essere altrimenti. Solo un tremendo incubo.
Sente tremare tutto il suo corpo. Lo vede tremare ma non riesce a fare niente per farlo smettere. Non riesce a parlare o muoversi con coerenza. E non riesce a distogliere lo sguardo mentre vede l’agente di polizia John Arliss chinarsi sul corpo senza vita e mettergli in mano la pistola con cui l’ha ucciso, per poi rialzarsi e sorridergli ancora come se non fosse successo niente. Dalla canna una sottile colonna di fumo sale verso il soffitto ma si disperde prima di poterlo raggiungere ed il penetrante odore di polvere da sparo funge da antidoto. Il tremolìo cessa come d’incanto e lascia il posto allo sdegno ed allo stupore.
“Cristo, John... che hai fatto? Che cazzo hai fatto? ”
“Non ti preoccupare... non è la mia pistola d’ordinanza. ”
“Cosa? Come cazzo puoi fare delle battute? Hai appena fatto secco un uomo a sangue freddo! L’hai ammazzato, cazzo!! ”
“E quello lo chiami un uomo? Nessuno ne sentirà la mancanza, puoi esserne certo. ”
“NON È QUESTO IL PUNTO, PORCA TROIA!!! Sei un poliziotto!! Siamo poliziotti!!! ”
“Se hai finito di urlare possiamo continuare questa costruttiva discussione in macchina. Sarebbe imbarazzante trovarsi qui se arrivasse qualche collega chiamato da uno dei vicini di questo sacco di merda, non credi? ”
Senza aggiungere altro, John oltrepassa l’amico ed esce sul pianerottolo, prendendo le scale per uscire dal palazzo. Per qualche attimo, Edward resta a guardare attonito il cadavere... vede degli schizzi di sangue sul giubbotto di quel ragazzo che era. Frammenti di una violenza senza fine che non aveva mai provato in prima persona. Una spirale di violenza per una giusta causa. Un compromesso che credeva di poter accettare... ma mentre varca la soglia della porta e sente i singhiozzi di paura oltrepassare le porte accanto al teatro della tragedia, la sua forza sparisce di botto e fa spazio al pianto dirotto di un uomo minato nell’animo. Il suo pianto. Il pianto di un ragazzino di un tempo che ancora una volta ha visto morire le sue speranze ed il suo entusiasmo.
CAPITOLO 7 : IN AUTO.
“Sarebbe ora che parlassi! Non stai rendendo facili le cose, Ed! ”
“Non posso credere che l’hai fatto... non riesco ancora a crederci... ”
“Fatto cosa? Ho tolto dalla strada uno scarafaggio che vendeva droga anche ai ragazzini! Ho fatto pulizia e ne vado fiero! ”
“È stato un omicidio. Puoi trovare tutte le scuse che vuoi, John... ma non cancella il fatto che è stato un omicidio... e l’abbiamo commesso entrambi. Io non ti ho fermato. Sono colpevole quanto te. ”
“Nessuno è colpevole di niente in questa macchina! E soprattutto nessuno potrà risalire a noi. ”
“Non eravamo nemmeno agenti di polizia. Abbiamo ucciso un uomo da civili. Non credevo neanche che tu portassi la pistola. ”
“Questa è bella! E sarei dovuto andare a casa di un criminale senza la possibilità di difendermi? E se anche lui avesse avuto la pistola? Se fossi stato disarmato, ora ci saremmo noi stesi su quel pavimento. E lo sai bene. ”
“No, John... Schenck ormai non era più un problema. L’avevi ridotto in modo tale da togliergli anche la dignità. ”
“Quel verme non ce l’ha mai avuta una dignità. Non gli ho tolto proprio nulla. ”
“Potevamo presentarci in divisa come avrei voluto fare. Forse avrebbe parlato subito e non ci sarebbe stato bisgono di tutto questo. ”
“Di cosa, Ed? di cosa non ci sarebbe stato bisogno? Di picchiarlo? Di ucciderlo? Sei veramente ingenuo e non hai ancora capito come funziona il nostro mondo. Per questo credo staresti meglio in ufficio. ”
“Questo non è il mio mondo. È il tuo mondo, John. Io non voglio che diventi il mio. ”
“A volte è necessario sporcarsi le mani per ottenere giustizia. A volte si deve uscire dal sentiero e percorrere strade che non vorremmo per difendere noi stessi e la gente che dobbiamo proteggere da belve come quello là! Tu che avresti fatto? Ti saresti presentato con l’uniforme da parata bella lucida e ti saresti fatto prendere per il culo? Non avrebbe parlato, Ed! ma lo hai visto? Hai visto la faccia da culo che aveva quando ci ha aperto? Hai visto come pensava di poter controllare il gioco? Credeva di avere di fronte due sbirri e credeva di sentirsi al sicuro per questo! Io non mi pento di quel che ho fatto. Se fossi andato lì ed avessi mostrato il distintivo... se avessi seguito le regole che ci hanno insegnato all’accademia, adesso non avrei niente in mano. Non l’avrei neanche potuto sfiorare, per rispetto del nostro codice e perché ci sono così tanti stronzi agli affari interni che non vedono l’ora di fare carriera proprio con storie del genere! Un poliziotto violento è una manna che cade dal cielo per quei rettili! Vuoi sapere perché l’ho ammazzato? Tu credi che abbia un perverso senso della giustizia, te lo leggo negli occhi, ma lascia che ti dica una cosa... non sono il solo a pensarla così! Tu pensi che mi sia divertito a farlo... ma se l’avessi lasciato in vita, quello avrebbe chiamato i Mexican Skulls e ci avrebbe mandato dritti ad un imboscata dalla quale non saremmo usciti vivi!! Quindi meglio lui che me! Forse è vero: forse ho provato un po’ di piacere a farlo fuori ma non mi frega niente perché so di aver fatto quello che dovevo. Nessun errore! Ho applicato la legge! ”
“Non siamo giudici né boia, John. Siamo agenti di polizia e quelle regole che ci hanno ripetuto fino alla nausea sono fondamentali proprio per il fatto di non compiere azioni come quella di oggi. Non abbiamo il diritto di erigerci al di sopra della legge! Avevamo il rispetto delle persone che credono in noi, nel nostro corpo... ora non abbiamo più nulla. ”
Il piede pesta con violenza il pedale del freno e la Playmouth inchioda in mezzo alla strada di periferia... subito dopo la rabbia di John si scatena ancora:
“VAFFANCULO, ED!! MA CHI CAZZO CREDI DI ESSERE?? HAI PIAGNUCOLATO FIN DAL PRIMO MOMENTO PER QUEL RAGAZZINO MORTO! UN RAGAZZO CHE NANCHE CONOSCEVI! ALL’INIZIO HAI FATTO FUOCO E FIAMME PER RISOLVERE QUESTA COSA ED ORA TI TIRI INDIETRO? SONO STATO TUO AMICO FIN DALL’INIZIO! HO CERCATO DI ESSERE PIU’ DI UN COLLEGA PER TE!! SONO VENUTO CON TE OGGI PERCHÈ PENSAVO CHE FOSSIMO LEALI L’UNO CON LA’ALTRO... CHE DOVESSIMO AIUTARCI SEMPRE E COPRIRCI LE SPALLE SEMPRE!!! HO VOLUTO IMBARCARMI IN QUESTA STORIA PERCHÈ SENTIVO CHE AVEVI RAGIONE ANCHE SE ALL’INIZIO TI ESORTAVO A LASCIARE PERDERE. MA ADESSO LE COSE STANNO COSI’? MI GUARDI COME SE FOSSI IO IL FIGLIO DI PUTTANA!!! COME SE FOSSI STATO IO AD AMMAZZARE STEVE WILKINS!! NON AVRESTI OTTENUTO NULLA SE NON TI AVESSI DATO UNA MANO, CAZZO! NON MERITO IL TUO SGUARDO E NEMMENO I TUOI RIMPROVERI!! SE PENSI DI ESSERE TROPPO DELICATO PER AFFRONTARE LE COSE QUANDO SI FANNO PESANTI ALLORA BUTTA VIA IL DISTINTIVO E VAI A FARE IL PASSEGGIATORE DI CANI!!! NON FARE PROMESSE AI PADRI DELLE VITTIME DICENDO LORO CHE FARAI GIUSTIZIA QUANDO NON SAI NEMMENO IL SIGNIFICATO DI QUELLA PAROLA! SAI SOLO NASCONDERTI ALLE REGOLE DEL CAZZO CHE PENSI SIANO TANTO IMPORTANTI! MA QUESTA È LA STRADA ED!! NON È L’ACCADEMIA!!! QUESTA È LA REALTA’!! ”
Cala un profondo silenzio. I due si fissano, uno gonfio di rabbia ed ansimante di furore... profondamente tradito da quello che credeva un amico e l’altro deluso e amareggiato per come sia finita... per tutto quello che è successo. John è un amico. John è sempre stato un amico. Ed è vero tutto ciò che ha detto. Gli ha coperto le spalle in tutte le occasioni da quando sono diventati una squadra... lo ha seguito per dargli supporto e non avrebbe ottenuto nulla se non lo avesse seguito. Forse dovrebbe essere lui a vergognarsi di essere un poliziotto. Forse è solo un vigliacco che non merita amici come John... e mai avrebbe dovuto promettere al padre di Steve che avrebbe punito l’assassino di suo figlio. Magari è stato soltanto la rabbia di un momento a fargli fare quella promessa. La voglia di giustizia che sentiva e che sente ancora. O forse pensava semplicemente che sarebbe stato più facile. Ma il prezzo da pagare è così alto... questa non è l’accademia, è vero... questa è l’orribile realtà. Una realtà che non osserva alcun regolamento. Una realtà violenta che non aveva mai scorto e che adesso gli si è buttata davanti brutalmente. Deve scegliere se continuare o fermarsi... e deve scegliere da che parte stare. Deve capire davvero cosa vuol dire proteggere e servire.
Ed china la testa mentre i lineamenti del viso di John si distendono ed il respiro ritorna regolare:
“Scusa Ed. mi dispiace davvero. Non avevo alcun diritto di gridare a quel modo... ”
“Scusami tu, amico mio. Sono stato io a coinvolgerti in tutto questo ed ora ti colpevolizzo per avermi aiutato. Faccio davvero schifo. ”
“Voglio solo che tu non commetta sbagli, Ed. s che adesso senti l’irresistibile impulso di raccontare quello che è successo oggi al capitano o all’ispettore... ma non farlo, ti prego. Non distruggerai solo la mia vita... anche la tua sarà finita per sempre. Te ne rendi conto, vero? ”
“me ne rendo conto, John. È l’unica cosa di cui mi rendo conto in questo momento. Ma se vuoi una risposta... ora non posso dartela, mi dispiace. Ho bisogno di riflettere su tutto quello che è successo. Ho bisogno di riposare e pensare a quello che voglio. ”
“È la cosa più giusta. ” Risponde l’amico con un sorriso “Anch’io voglio pensare a tutto quello che è successo. Penso mi farà bene riflettere... ma voglio dirti che io sono sempre il tuo compagno di squadra. Puoi contare su di me quando vuoi. E se decidi di andare al porto, non farlo da solo, per favore. ”
“Te lo prometto. ”
Entrambi sono consapevoli che il loro rapporto è cambiato drasticamente. Sia Edward che John condividono un segreto che pesa come un macigno e qualunque decisione sarà presa, anche se questo segreto sarà reso pubblico, dovranno convivere con esso per sempre e cercare di ricostruire il loro rapporto di reciproca fiducia. Adesso, qualunque altra parola sarebbe inutile... è sufficiente una vigorosa stretta di mano.
Un sorriso appena accennato e Ed scende dalla macchina e percorre lentamente i pochi metri che lo separano dal suo appartamento, seguito dallo sguardo preoccupato e vagamente sospettoso di John.
CAPITOLO 8 : LA DECISIONE DI EDWARD.
“Sono le tre del mattino. Penso che ormai non ci sia verso di dormire questa notte. Magari domani telefono al distretto e mi metto in malattia. Non mi piace barare ma, in fondo è la prima volta che lo faccio. Non me la sento di stare ancora a letto a provare di prendere sonno guardando il soffitto da imbiancare o chiudendo gli occhi e contando le pecore... meglio alzarsi e farmi uno spuntino. ”
Velocemente, Ed si scopre e butta entrambi i piedi fuori dal letto, camminando stancamente in direzione della cucina. Non accende l’interruttore del corridoio... preferisce stare al buio.
“Come mi è saltato in mente di comprare questa casa? Troppo grande per una persona sola. Mia madre ha visto il prezzo stracciato ed è riuscita a convincermi... come ha sempre fatto. Una capacità che non ho mai capito. Come diavolo faceva a farmi fare sempre quello che voleva? Un affare da non lasciarsi sfuggire, mi diceva! E sei anche vicino al lavoro. Verissimo, peccato che abbiano aperto una stazione della metropolitana proprio sotto di me! Ecco spiegato il prezzo così conveniente, altro che affare! Naturalmente, il padrone lo sapeva da tempo e si è guardato bene dall’avvisare il sottoscritto. E così, l’entusiasmo e l’ingenuità della mia cara mammina mi hanno fatto incappare in una truffa bella e buona. E lei è addirittura morta prima che potesse vedermi entrare in questa casa tanto decantata! Pazienza... almeno hanno chiuso la stazione di notte l’anno scorso, anche se mi ero già abituato a quel casino ed in un certo senso mi conciliava il sonno. Ma non è davvero per l’assenza del treno che non riesco a dormire questa notte. Forse, quando questa storia sarà finito mi deciderò a traslocare. Non è che abbia molti bei ricordi qui dentro ed è davvero un posto troppo grande per una persona sola... mi fa sentire ancora più solo, a volte. Forse me ne andrò da qui e da questa città... mi piacerebbe prestare servizio da qualche parte nel Texas o nel Montana, in quelle cittadine dove il tempo sembra essersi fermato, dove tutti si conoscono e si salutano. Dove ci si ritrova sempre nello stesso locale dopo il lavoro per bere qualcosa e decidere tutti assieme cosa fare nel fine settimana. Non lo so se sbaglio... è probabile che un quadro del genere si possa vedere soltanto nei film... ma perché non tentare? Non posso credere che ci esista la stessa violenza che ho trovato qui... la stessa indifferenza... Bah, ecco che inizio a fare il filosofo da quattro soldi! Mi fa davvero male l’insonnia! ”
Assorto nei suoi pensieri, Edward neanche si rende conto di trovarsi già in cucina... la mano si allunga per aprire il portello del frigorifero poi tentenna qualche secondo ed infine ritorna ad adagiarsi lungo il fianco dell’uomo, che ora volge lo sguardo verso la finestra e resta a fissare le luci dei grattacieli... sembrano meno brillanti del solito e più fredde. Persone così distanti da lui... persone che hanno vite completamente diverse e che magari trovano anche felicità in quelle vite... nel benessere che cercano di conquistare o di mantenere ogni giorno. Persone che magari ha visto qualche volta quando era ancora per le strade, i primi anni... a piedi. Il cosiddetto agente di quartiere. Non un lavoro rischioso e poco da fare. L’inevitabile gavetta a cui sono destinate tutte le reclute fresche di accademia. Era difficilissimo far passare il tempo i primi giorni... ed era uno strazio quando pioveva o nevicava. Poi si è abituato poco a poco e, come spesso capita, ha iniziato a cogliere i lati positivi di un quartiere così comune. Le persone iniziavano a salutarlo e gli concedevano piano piano quel rispetto che lo faceva stare bene... quella fiducia data dal distintivo e dall’uniforme che indossava... ma anche dal suo aspetto cordiale e dalla disponibilità che ha sempre dimostrato verso il prossimo... può dirlo senza falsa modestia. Era davvero cordiale! Gli era venuto a piacere quell’incarico. Aveva voltato pagina. Non si sentiva potente... solo responsabile... responsabile della sicurezza del suo prossimo eppure anche così vicino a loro ed alle loro esistenze come essere umano e non come poliziotto. Aveva davvero preso la decisione giusta e la sua vita pareva essere come doveva. Salutare i pendolari che uscivano dalla sotterranea e correvano in ufficio, prendere il caffè al bar e scambiare due chiacchiere con il proprietario e con i clienti su tutto quello di cui si poteva parlare. Dare indicazioni ai turisti che ormai scomparivano dietro a quelle cartine topografiche più grandi di loro... aiutare a dirigere il traffico quando ce n’era bisogno e soccorrere i feriti quando si verificavano incidenti stradali e rimanere con loro in attesa dell’ambulanza. Alla fine, la giornata lavorativa volava eccome... si sentiva al servizio del cittadino come doveva essere. Erano altri tempi... adesso sembrano così lontani. Ma la gavetta era terminata... adesso era il momento di prendere servizio sul serio. Anche questo era decisamente un bene. Poteva essere ancora più utile a tutta quella gente. Forse avrebbe dovuto usare decisione ed autorità... probabilmente avrebbe imparato a diventare inevitabilmente meno cordiale e più autoritario... qualche volta avrebbe anche dovuto usare manganello o addirittura la pistola... avrebbe cercato di non arrivarci ma sarebbe potuto accadere e si sentiva pronto anche a questa eventualità.
Quello che è successo oggi l’ha cambiato. Quello che è accaduto tre giorni fa l’ha cambiato. Non è la stessa città di prima... non la riconosce più. E la gente che si trova in quei palazzi lontani gli sembra scivolata via dalle mani. Non crede di poterla più proteggere... davvero la sua vita è stata una favola fino alla morte di Steve Wilkins? Davvero è stato ingenuo per così tanto tempo? Davvero l’unico modo per vincere contro le belve è diventare belva? John ne è convinto e forse ha ragione. Se domani dovessero sorprendere i Mexican Skulls in quella baracca al porto... non potrà parlare con loro. Non potrà vendicare quel ragazzo e tutti gli altri ammanettandoli e portandoli al distretto come fosse una parata. Domani dovrà sparare ed ucciderli tutti perché venga fatta giustizia... una parte di sé lo desidera da matti. La sua parte furiosa vorrebbe vederli stesi a terra come quel povero ragazzo... agonizzanti e senza speranza. E quella parte vorrebbe sorridere della loro sofferenza e della loro morte. Ma sarà quella parte a manifestarsi, una volta che sarà necessario? Sarà l’ Edward rabbioso a presentarsi al rifugio di quella banda o sarà l’Edward compassionevole anche per i criminali e troppo titubante per le decisioni difficili? È pazzesco non poter essere in grado di sciogliere un dubbio che riguarda soltanto sé stesso e quel che è peggio è che se fosse l’Edward Stanton buono a prevalere... quasi certamente non ne uscirebbe vivo.
Un rumore nel buio della notte lo strappa a tutto e lo fa tornare in quella cucina. Un rumore quasi impercettibile e secco... come uno scatto meccanico. Alle sue spalle.
Non si può dire se sia stata solo questione di riflessi allenati dalla professione o pura fortuna, quella che permette a Ed di rendersi conto del pericolo e di gettarsi sul pavimento prima che il proiettile gli sfondi il cranio e gli spappoli il cervello.
Il colpo si schianta contro la finestra della cucina ed il vetro esplode di botto, proiettando pericolosi frammenti nella stanza... alcuni di essi feriscono leggermente l’agente in pigiama, che trova la prontezza di rovesciare il tavolo di legno e ripararsi dietro ad esso. Non riesce a vedere nulla e l’interruttore è da tutt’altra parte... impossibile raggiungerlo. Com’è impossibile raggiungere la pistola nel cassetto del comodino in camera da letto. Davvero una brutta situazione me se il panico riesce ad impadronirsi di lui è davvero la fine. Trattenendo il respiro e cercando di muoversi molto lentamente, Ed cerca di sporgersi dall’improvvisato riparo per avere una traccia della posizione dello sconosciuto attentatore. Sente che è ancora lì... sa di averlo mancato e vuole porre rimedio al suo errore. Gli occhi si abituano all’oscurità e le rare luci dei grattacieli all’esterno permettono di distinguere una sagoma robusta proprio sull’ingresso della cucina... ma non è sufficiente averlo individuato. L’ingresso è unico e non può trovare scampo gettandosi dalla finestra sia perché non farebbe in tempo ad evitare i proiettili che lo raggiungerebbero a frotte nella schiena e sia per l’altezza eccessiva... la caduta lo ucciderebbe certamente. Questo gli insegnerà a trovare una casa in futuro che non abbia camera da letto e cucina al secondo piano.
L’aggressore resta immobile sulla soglia per qualche istante... un falco che aspetta pazientemente che il topo esca dalla sua tana per ghermirlo. Un falco implacabile e spietato. Qualche istante dopo Ed lo vede muovere un passo incerto verso di lui, poi un secondo passo. Il rumore dei frammenti di vetro che si sbriciolano sotto le scarpe lo fa tremare. Evidentemente ha capito che è disarmato e che non può difendersi in alcuna maniera. Due detonazioni squarciano ancora il pesante silenzio e le fiammate degli spari sono come lampi di una tempesta definitiva. I colpi si piantano contro il robusto legno del tavolo, ma l’uomo continua ad avanzare... anche se non può vederlo in volto, Edward sa che sta sorridendo. Pregusta il momento in cui lo raggiungerà e gli sparerà in fronte... e riderà del fatto che è stato così facile uccidere un poliziotto! Non c’è più tempo per farsi delle domande, per chiedersi chi è e perché ce l’abbia con lui... rimane solo il tempo per decidere se vivere o morire. Un riflesso sul pavimento attira l’attenzione della vittima... Ed è veloce ad afferrare il lungo ed acuminato frammento di finestra ed a stringerlo nella mano anche se i bordi taglienti scavano nel palmo e gli fanno digrignare i denti dal dolore. Appellandosi al suo istinto di sopravvivenza, alla sua velocità, al fatto che sia buio, al fatto che un attacco è l’ultima cosa che il killer ora si aspetta, a tutta la fortuna che può baciargli la fronte... Ed si china e attende l’ultimo passo dell’avversario. Di scatto stende le gambe e si proietta contro di lui con un grido di rabbia. Lo sconosciuto spara e riesce a ferirlo alla spalla poi se lo trova addosso e i due stramazzano al suolo pesantemente.
Uno, due, tre affondi del vetro nella carne dell’uomo. Edward sente le grida di dolore martellargli le orecchie ma non si ferma. Soffoca i tentativi del nemico di sfuggire alla sua reazione... di liberarsi dalla sua furia ed intanto continua a colpire. Sente il sangue uscire dalle ferite... lo sente bagnargli la mano ed il viso, ma non si ferma. Lo colpisce ancora ed ancora fino a che non si rende conto che ha smesso di agitarsi e di gridare... adesso il silenzio è spezzato solo dal suo ansimare, poi anche questo si affievolisce gradualmente e torna la calma.
Ed rimane sdraiato sul cadavere ancora un po’ prima di alzarsi faticosamente e di appoggiarsi alla porta. La mano destra stringe ancora il pezzo di vetro che gli ha regalato la salvezza, mentre la sinistra cerca a tentoni sulla parete fino a trovare ciò che voleva. E quando le dita premono sull’interruttore e la luce al neon del lampadario distrugge le tenebre in un istante l’identità del corpo steso a terra è subito svelata. Non lo conosce... non lo ha mai visto ma sa chi è... il teschio sulla maglietta nera lorda di sangue e quel sombrero disegnato sul cranio sono una prova che non si può contestare. Il simbolo disegnato sulle pareti del covo dove non li hanno beccati. Il simbolo dei Mexican Skulls.
Mentre la mano si apre ed il vetro cade a terra spezzandosi in due, Ed fissa il cadavere vicino ai suoi piedi... gli occhi sbarrati e stupìti, come se non pensassero che una preda potesse ancora mordere e ribaltare la situazione a suo favore.
La rabbia sale... la verità è chiara ed urlata ai suoi occhi. In fondo dovrebbe ringraziarlo per aver cercato di ucciderlo. Ora Edward non ha più dubbi... nessuno spazio per i ripensamenti... nessuno spazio per la compassione. Ora sa da che parte sta la ragione e quali sono i mezzi necessari per essere davvero un poliziotto. Non rimpiange né rinnega quel giovane agente di quartiere che era. È stato felice ed ha fatto tesoro di tutte le esperienze trascorse. Ma adesso è finita. Adesso deve voltare pagina un’altra volta. Deve pensare diversamente da quanto ha fatto fin’ora e non ha più paura di cambiare. Non ha più paura di abbracciare un lato di sé che prima lo spaventava... non ha più paura ad affrontare il mondo che gli si para davanti. E non ha paura della volontà di uccidere che gli sale da dentro e si stringe attorno alla sua anima: quei figli di puttana devono morire! Questa è la giustizia che deve essere fatta! La decisione è presa... la decisione giusta.
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