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Un giorno come gli altri
Capitolo 1
“Viva la Pampers! ”
<< Cera una volta… Come lo faccio iniziare il libro, Dino? Secondo te? Non fare quella faccia dai, assecondami qualche volta! >> Dino mi guardava schifato, come suo solito quando iniziavo ad infastidirlo.
O lo faceva tutte le volte che ci parlavamo? Difficile dirlo.
<< Ma fallo come vuoi! Ma che me ne fregherà a me… >> mi rispose, dolce come al solito.
Almeno quanto un pugno in un occhio.
<< Inizialo col protagonista che crepa, così migliori un po’ sta schifezza. >> si agitò esasperato.
E grande Dino. Cosa farei se non ci fosse lui.
Neanche la bellissima giornata di pioggia giù al parco riusciva a tirarlo su…
E come dagli torto in fondo. Sarà colpa del nuovo incombente anno scolastico, fa a tutti un certo effetto dopo un estate di baldorie.
Ovviamente un estate di videogiochi e fumetti; più baldoria di così! Noi siamo tipi che si divertono con poco.
E dopo lunghe vacanze di sofferta (forse) lontananza, eccoci qui al solito parco sotto casa sua, alle prese con una delle nostre solite insensate scommesse. All’ordine del giorno c’è: Facciamo a gara a chi scrive il racconto più bello. Immagino già lo scempio che le nostre menti riusciranno a vomitare. Avremo le Sodoma e Gomorra della letteratura.
Il mio amico lanciò in aria i fogli, imprecando contro il cielo << Ma va a quel… Senti Giacomo, non so se riuscirò a continuarlo sto libro. Tu vai avanti, poi se và ti raggiungo. >>
<< Chi è che và? >> Chiesi con finta idiozia.
Mica tanto finta a volte. Così mi dicono.
<< Tua zia và. Non mi rompere. >>
<< Mm, si, lei potrebbe, ma tua nonna và di più. >>
Dino mi biascicò in faccia un mezzo insulto annoiato, forse riguardante i miei genitori. Non ho capito di preciso chi dei due fosse, ma fa lo stesso, mi arrendo. Inutile insultarsi con lui, avrebbe sicuramente la meglio.
Lui è una di quelle persone con cui è impossibile prendersela. Nonostante l’altezza invidiabile, ha un aspetto così fragile che avresti paura di spezzarlo con un grissino.
Questo ragazzo è meglio del tonno!
Poi però gli volti le spalle e ti ritrovi con mille macumbe addosso, e magari anche un tir sparato a centottanta sulle gengive.
Ma io so che sotto quella gelida scorza di malvagità e bestemmie si nasconde un cuore d’oro. O d’ottone. O di freddo acciaio, un po’ come Robocop. In effetti un po’ ci somiglia.
Dino potrebbe essere benissimo suo figlio, per quanto ne so.
<< Che hai da guardare, checca? >> Mi sibilò “dolcemente”.
<< Si, anch’io ti voglio bene, caro. Non fare quella faccia, dai. Comunque non mi puoi fare questo. Non mi puoi mollare così a scrivere da solo, questa è una scommessa! >>
<< Ma guarda, non ti mollo mica. Il libro è tutto qui dentro >> mi dice puntandosi il dito alla fronte << Tu vai avanti, io mi scriverò tutto mentalmente >>
<< Molto simpatico, Dino. Dai non rompere. >>
<< E che è difficile… è complicato! Non riesco a trovare i nomi adatti ai personaggi… Vedere tutti quegli spazi bianchi sul foglio mi scoraggia, mi toglie la forza! >>
<< Va bene, ho capito… continuerò da solo, mi arrendo. Tanto ormai mi sono affezionato alla storia, quindi con o senza di te la porterò avanti. >>
<< Che storia è? >>
<< Maporrca zzia, te l’ho già raccontata un sacco di volte, com’è possibile che non la ricordi? >>
<< Beh, sai che io non ti ascolto mai quando parli… >>
Io lo guardo amareggiato << Tu sei un oasi nel deserto della disperazione >>
Lui mi guarda seccato << Allora, sta storia? >>
<< Uff, guarda, in parole povere parla di un brutto bimbo alieno che si perde sulla terra, e finisce nel garage di un bambino umano. Questo lo nasconde in casa, diventano amici, e con l’aiuto del bambino l’alieno riesce a ripartire. Figo no? >>
<< Ma questa è la trama di ET, cretino! >>
<< Sul serio? Mi sembrava di averla già sentita in effetti, cavolo. >>
<< Riesci solo a copiare, come sempre. Sei proprio un pirla! >>
<< Uff, che ci vuoi fare se altri prima di me, hanno le stesse geniali idee >>
<< Si, geniali. Come no… Ma và là! >> fissò ammummiato il cespuglio davanti a noi, come se sperasse che qualcosa ne saltasse fuori, tanto per dissolvere l’inutilità della vita.
Io ruppi il suo attimo di magica perdizione << Dici che la storia è da rifare, allora? >>
La sua occhiata in tralice fu piena di significato.
D’accordo, sto zitto. Per ora.
D’un tratto un gruppo di ragazze spuntò da dietro un cespuglio poco lontano. Venivano verso di noi.
Allora esiste davvero un Dio da qualche parte!
Io mi tolsi prontamente gli occhiali, nascondendoli. Selvaggina fresca, ragazzi! Cerchiamo di darci un tono.
Non parliamo di Dino, lui i suoi occhiali non se li toglie manco se stessero per esplodere. Si girò semplicemente verso di loro, con la lentezza di una testuggine e lo sguardo assassino.
In realtà lo sguardo non riesco a vederlo, il bifolco mi da le spalle, ma a me piace immaginarlo così.
Le ragazze ci passano davanti, sono in tre, molto carine devo dire.
Ci guardano con mix di pena e disprezzo. Devono aver mangiato parecchio pesante, perché io espressioni così non le avevo mai viste.
Forse solo nei film dell’orrore.
Mentre Dino le lancia una sciagura a denti stretti in un qualche dialetto satanico, io rinforco deluso i miei occhiali. L’autunno non è la nostra stagione di caccia, poco ma sicuro. Insieme a tutto il resto dell’anno.
<< Accidenti, avrei dovuto usare il mio sorriso smagliante. Sono certo che avrei fatto colpo. >>
<< Si, come no, le avresti ‘ccecato un occhio. Ma lascia stare, che è meglio. Tanto quelle hanno vita breve, vengono messe sotto da un caccia in picchiata fuori dal cancello. >>
<< Eh, difficile che passi un caccia da queste parti, ma non sarebbe male! >>
<< Scommettiamo? >> disse alzando un sopracciglio.
<< Non guardarmi con quell’espressione sexy, Dino. Potrei saltarti addosso. >> Mi avvicinai in un minaccioso abbraccio.
<< No, Giachi stammi lontano! Dannata bestia… >> si alzò sbuffando dalla panchina, imprecando i cieli. Il disprezzo nei suoi occhi era come una benedizione, per me. << Prima o poi ti castreranno, stanne certo. Quando fai così sei proprio un rompiballe! >> sentenziò.
<< Va bene, va bene, la smetto. Promesso. Se non dobbiamo continuare con i racconti tanto vale iniziare ad andare, però. Sembra proprio che stia per piovere. >>
Il cielo era davvero carico, ed io non avevo neanche l’ombrello.
Una doccia al mese è più che sufficiente.
Ci avviammo verso il cancello di uscita, svuotati di ogni energia vitale. In pratica, camminavamo per forza d’inerzia.
La vita, come succede a molti ragazzi di questi tempi, per l’infelicità che procura ci stava togliendo ogni gioia di esistere. Eravamo soli, era questo il punto, e non solo dal punto di vista sentimentale.
Era come se il mondo stesso si fosse dimenticato di noi.
<< Che fine hanno fatto quelle tipe di prima? Magari se acceleriamo il passo le becchiamo. Credo che non le abbiamo fatto mica una brutta impressione. >> scherzai.
Sul volto di Dino si affacciò un sorriso << Ma guarda… Dalle facce si direbbe proprio! >>
Poi le rivedemmo giù al cancello, erano uscite proprio in quel momento.
Ci guardammo, io abbacchiato, lui inespressivo come al solito, insofferente.
<< Certo che è proprio un peccato perdere delle bellezze del genere… >> sospirai.
Qui l’urlo di Dino << Ma che Dio se le porti! >>
E quello che successe dopo mi lasciò senza fiato.
Un camioncino bianco investì a tutta birra le tre sfortunate ragazze, fermandosi proprio sul pezzo di strada in cui stavano tranquillamente passeggiando.
Sulla fiancata del mezzo spiccava una scritta a caratteri cubitali: “PAMPERS è con te! ”
Il boato del colpo echeggiò per tutta la piazza. E forse fino in Cina.
A parte le imprecazioni che lanciammo per lo spavento, restammo ammutoliti fissando i corpi contorti a terra di quelle povere sciagurate.
Io e Dino ci guardammo, e potrei giuraci il fegato che stavamo pensando la stessa cosa.
Una macumba di troppo può essere fatale, a volte.
Il mio amico mi guardò scioccato << Non vorrai mica dare la colpa a… >>
<< Quando prima dicevi che mi avrebbero castrato, non parlavi sul serio, vero? >> gli chiesi prendendo la dovuta distanza di quarantena.
<< Ma taci, è solo una coincidenza. >>
Si, come no. Ha parlato il becchino.
Tentai di scacciare lo shock. Alcune persone si erano già radunate attorno alle ragazze, ma volevo andare a verificare di persona le loro condizioni.
Magari una era ancora intera, anche se ammaccata a me andava bene lo stesso, non sono mica schizzinoso, io!
<< Andiamo a vedere come stanno >>
Dino rispose con riluttanza << …ok >>
Ci avvicinammo al piccolo drappello di persone e al camioncino, notando che l’autista era ancora dentro l’abitacolo. Aveva la testa accasciata sul volante, sembrava svenuto. Comunque nessuno dava l’impressione di preoccuparsi per lui, la poca gente per strada era accalcata tutta sulle malcapitate. Mi unì anch’io a loro.
Era uno spettacolo parecchio raccapricciante, tre dolcezze in quella postura scomposta e innaturale; davano l’impressione di essere sbucate da un dipinto di danzatrici egizie, di aver partecipato ad un insana sessione di Tetris. O forse Picasso rendeva meglio l’idea. La scelta era ardua.
<< Certo che questa scena fa piuttosto splatter, no? >> Mi voltai verso il mio amico, ma mi ritrovai a parlare con una vecchia signora barbuta, che per tutta risposta mi schiantò in faccia la sua borsetta griffata.
Lei si che mi capisce, signora. Era da tempo che desideravo una plastica facciale.
Cercai a tentoni il mio amico, tenendomi il naso, quasi avessi paura si staccasse. Ma di cosa son fatte le borse d’oggi, pezzi di shuttle? Dannate vecchiette e i loro sbalzi ormonali…
Dino finalmente mi raggiunse. Ma dove ti eri cacciato?
Era parecchio agitato, e molto pallido; più del solito, si intende.
<< Cosa stavi facendo? Ehi, che hai? >>
Non disse nulla, quando ci provò l’unica cosa che uscì dalla bocca fu solo un rantolo mortifero. Non l’avevo mai visto in queste condizioni! Mi prese per il giubbotto, trascinandomi verso il pullmino incidentato.
<< Dino, che ti succede, stai male? Devo chiamare un ginecologo? >> Mi stava facendo davvero preoccupare, pareva avesse visto un fantasma.
Si fermò davanti allo sportello del conducente, indicando inorridito l’uomo svenuto al volante.
Perplesso, mi affacciai sul finestrino.
Mai l’avessi fatto.
Mi venne un infarto, due ictus, un ernia e un poderoso attacco di morroidi.
Riconobbi l’autista del pullmino, lo conoscevamo entrambi. Era il nostro leggendario amico di mille avventure.
Corrado, il nostro inseparabile compagno di classe: il mastro giostraio, l’uomo del giorno dopo. I suoi nomi erano innumerevoli, era conosciuto in ogni dove.
Non mi stupirei avesse conoscenze perfino al Buckingham Palace.
Come fosse finito lì, a guidare un camion pieno di profumati pannolini, era un mistero insolubile, almeno fino a che non si sarebbe svegliato.
Già, svegliato. Era proprio il termine adatto, perché ronfava alla grande.
Altro che svenuto, si era addormentato sul volante!
Io e Dino ci scambiammo un’occhiata stranita, incerti sul da farsi. Il nostro amico era appena diventato un pluriomicida, e nemmeno lo sapeva.
Sarebbe stato sbattuto sicuramente in carcere, se non avessimo fatto qualcosa per aiutarlo. Nessuno guardava dalla nostra parte, avremmo potuto trascinarlo via alla chetichella, prima che a qualcuno venisse in mente di scuoiare il responsabile.
Ci ponderai su attentamente, ma rinunciai. Non era certo quella che si poteva definire una buona idea, ripensandoci.
Corrado non era proprio il tipo che passava inosservato, con la sua perfetta siluette da palombaro e il suo peso piuma da balenottero (senza offesa ai balenotteri, ovvio), risultava alquanto complicato portarlo via per due debosciati come noi. Inoltre Dino ed io non eravamo proprio in condizione di agire.
Il mio povero amico iettatore pareva lì lì per svenire dalla tensione. Dal canto mio, sentivo qualcosa di caldo e molliccio muoversi tra le mutande.
I pannolini mi capitavano proprio a fagiolo.
Guardai Dino, pieno di apprensione << Che facciamo ora? >>
Corrado dietro di noi scattò improvvisamente a sedere, cacciando un violento rantolo stridulo, come uscito da un apnea subacquea.
Ero già abbastanza agitato, ora credo che il cuore mi si sia fermato del tutto.
Urlammo entrambi. Per lo spavento, Dino si carpò di testa contro la fiancata del camion, afflosciandosi al suolo. Per quanto mi riguarda, le mie mutande avevano appena cessato di esistere.
Corrado si guardò intorno con la faccia di uno uscito or ora da un bellissimo sonno ristoratore.
<< Toh! E voi che cacchio ci fate qui? >> chiese il ciccione bastardo, sventolando al vento la lunga chioma castana. << Che vi è successo, per Dio? Che fa Dino a terra? E tu Giachi, che cavolo ci fai in quella posizione? >>
Ero seduto in bilico sul nulla, cercando di trattenere le mostruose perdite. << Stano le talpe Corra, nulla che non si possa risolvere pagandomi i danni morali. >>
Mi sdraiai sull’asfalto, non riuscendo più a tenere quell’assurda postura. Notai che Dino si era ripreso, così diedi a lui l’onere delle spiegazioni.
Dopo un rapido, avvelenato riepilogo, Corrado smontò dal camion e ci rassicurò << Non preoccupatevi, penso io a sistemare il casino. Lasciate fare a me. >> si mise a frugare nell’abitacolo del camion come se nulla fosse.
Dal canto mio, lo guardai storto << Ma ti sei bevuto il cervello? Che diavolo pensi di fare, chiamare la fata turchina? Hai sfracassato tre ragazze, ti daranno la prigione a vita! Ma chi ti ha dato la patente, Topo Gigio? >>
<< Non c’è l’ho mica la patente. >>
Siamo nelle mani di un pazzo. Non ci resta che piangere.
Nel frattempo alcuni dei soccorritori si accorsero di noi, squadrandoci con intenzioni tutt’altro che amichevoli.
Per favore, io non c’entro niente! È stato il pachiderma, io non lo conosco, non è amico mio!
Corrado riemerse fischiettando dai meandri del pullmino, tirandoci due occhiali da sole << Mettetevi questi, in fretta. >>
<< Ma non ci penso nemmeno! Io ‘sta schifezza non la indosserò mai! >> Toh! Dino si era riesumato del tutto. Bentornato nel mondo dei vivi, amico.
<< Allora sono cavolacci tuoi. >> Gli fece spallucce Corrado.
Sostituii in fretta gli occhialoni scuri ai miei, allarmato << Fossi in te farei come ha detto, come minimo vuole evacuare il quartiere con uno spogliarello. Forse gli occhiali proteggono da cecità istantanea. >>
<< O mio Dio!! >> il mio compare di sventura si gettò sugli occhiali da sole, lanciando via i suoi.
Solo una volta in vita mia mi era disgraziatamente capitato di vedere Corrado ignudo e crudo. I ricordi di quel giorno diventano spesso confusi, come se avessi vissuto uno strano sogno.
Ancora oggi non riesco più a dormire a luce spenta, da allora.
Con gli occhi al sicuro, ci preparammo all’immonda visione.
Il bel botolo si piazzò di fronte alla calca di persone, mani sui fianchi e gambe larghe, sguardo superbo. Visto di spalle ricordava vagamente Superman dopo una dieta ingrassante.
E che dieta. A base di rinoceronti africani, immagino. Masticati vivi.
La folla stava già per insorgere contro di lui, quando con un gesto teatrale alzò il braccio, attirando la loro attenzione.
<< Signori e signore, vogliate gentilmente osservare con attenzione questo simpatico oggettino… >>
O mio Dio! Ha già tirato fuori il pitone!!! Quei poveracci sono perduti!
Ma tutto ciò che accadde fu un semplice ronzio sommesso, seguito da un flash stile raggio laser.
Per la Peppa e la Peppina, il suo gingillo fa anche luci e suoni! Non me lo sarei mai aspettato da lui.
È proprio un giostraio coi fiocchi.
La caterva di passanti rimase imbambolata a fissarlo, come fossero tutti sotto ipnosi.
A quel punto Corrado esordì << Le tre ragazze sono state assalite da depravati che volevano rasargli i capelli, di sicuro dei punkettoni. Sono fuggiti in quella direzione. >> Si voltò ed indicò il primo punto a random, manco stesse dando indicazioni stradali ad un vecchio rincretinito. << Prendete le tre sfigate, caricatevele in spalla e inseguiteli. Sono il primo gruppo di pirla che trovate in giro, accoppateli mi raccomando! >>
A queste parole, la strana combriccola si mosse verso le ragazze inermi, le sollevarono sopra le loro teste e partirono all’inseguimento degli ignoti aggressori.
Li osservammo allontanarsi in preda a deliri cantilenanti. Qualunque cosa il ciccione avesse fatto, gli aveva mandato in pappa il cervello.
Davano tanto l’impressione di una comitiva aborigena diretta all’altare dei sacrifici umani.
Poveri quegli sfigati che avrebbero incrociato il loro cammino.
L’importante e che ora noi siamo al sicuro. Mai abbastanza con Corrado, probabilmente.
Si girò verso di noi esibendo un gran sorriso soddisfatto. Era stato davvero un bel bastardone, ma tutto sommato mi sentivo sollevato, sarebbe potuta andare molto peggio.
Almeno i suoi pantaloni erano ancora al loro posto.
Lo guardai esterrefatto << Ma che gli hai fatto a quelli? >>
<< Oh, niente, li ho solo sparaflesciati col mio neuralizzatore portachiavi, me l’ha regalato lo scorso anno un mio amico che lavora giù alla CIA. >>
La prende alla leggera lui. E dici niente.
L’ho detto io che conosceva mezzo mondo! Un neuralizzatore! Sarò io indietro coi tempi, ma nemmeno sapevo esistessero.
Sarebbe un oggetto caruccio da mettere in un qualche film di alieni, mi ispira. Chissà perché.
<< Vabbè, ridatemi gli occhiali, và. Mi son costati il didietro, al mercato nero. E non è un modo di dire. >> Disse Corrado massaggiandosi il fondoschiena.
<< Si, riprenditeli, mi stavano già dando noia. >> Dino gli porse occhiali, si alzò la maglietta e ne tirò fuori un paio da vista nuovo di zecca.
Questo giovane mi fa sempre più paura.
<< Ma come mai tu Corra non hai messo gli occhiali? Perché tu non ti sei rincretinito come quelli? >>
<< Tzè, ti pare che queste cose abbiano effetto su di me? >>
È vero, essere già dementi aiuta a volte.
Una cosa è sicura, questi due non sono umani. E io sono solo un povero pirla, non è valido!
Dino guardava incuriosito il camioncino della Pampers << Perché cavolo stavi guidando questo coso? >>
<< Questo è il mio piccolo impiego estivo, sai, per arrotondare. Non avevo più voglia di seguire i miei per ogni dove, così ho deciso di mettere su un po’di soldi e trovarmi una sistemazione qui in città >>
Capiti giusto giusto, c’è una pattumiera vicino a casa mia che farebbe proprio al caso tuo.
I genitori di Corrado sono proprietari di un famoso parco giochi, con cui girano tutta la regione nell’arco dell’anno.
E in tutti questi anni il porco spilorcio non mi ha fatto fare manco un giro gratis, dannato. Ma tanto prima o poi finirà investito dalle sue adorate montagne russe, può starne certo.
A proposito di investito << Corra, ma lo sa il tuo datore di lavoro che sei spatentato? >>
<< Spatentato? Ma che hai bevuto? Impara l’italiano, mostro! Certo poi che lo sa, è un mio conoscente e mi doveva un favore, tutto qui. >>
Mah, vedi te. Se per un favore devono crepare centinaia di innocenti…
Vabbè, questo era il problema meno urgente. Il vero dramma era il fetore maleodorante proveniente dai miei pantaloni.
Conoscete il numero dell’autospurgo, per caso?
<< Corra, già che ci siamo… >>
<< Cosa? >>
<< Mettila così, ho i pantaloni come se avessi appena preso un purgone. Non è che hai un pannolino della mia taglia? >>
Il suo volto divenne paurosamente inespressivo, come se stesse cercando una qualche spiegazione logica alla mia domanda. Neanche il mio PC si impalla in questo modo.
Poi di punto in bianco si riprese << Tranquillo, ho dei pannolini XL scientificamente testati per i cacasotto. >>
Cosa non si inventano queste grandi marche per vendere.
Il ciccio bastardo aprì il portellone posteriore del camion ed iniziò a frugare in cerca della mia salvezza.
Mi rivolsi a Dino << Beh, mi è andata bene. Meno male che Corrado trasporta pannolini; ti immagini il casino se lavorava per la Tampax… ? >>
Dino era in preda ad un’estasi di maniacale crudeltà. Mani in tasca, stava saltando su un nido di formiche giganti. << Morirete tutte, bastarde… vi ridurrò in poltiglia, si… Con chi credete di avere a che fare, eh? >>
Mio Dio.
La noia su di lui ha effetti devastanti. Meglio lasciarlo stare, non vorrei che mi scambiasse per una regina in trasferta dal formicaio.
Tanto l’aspetto ripugnante c’è l’ho.
<< Ecco qui Giachi, il tuo pannolino… E smettila di fare il pazzo, tu! >> il becchino si ritrovò accapottato a terra da un “Blocco Pampers convenienza formato famiglia 2m x 2” preso al volo sulla nuca.
Non credo si rialzerà a breve stavolta.
Indossai il mio bel pannolone ben stretto sopra i pantaloni, e finalmente a mio agio ed al sicuro dalle perdite, mi alzai con sguardo fiero.
Chiamatemi Capitan Mutanda.
Corrado recuperò il corpo esanime di Dino, schiacciato dell’enorme mattone di pannolini, trascinandolo fino al camioncino.
Il povero ragazzo-tonno era ancora in preda a deliri omicidi, tutti indirizzati a Corrado, adesso.
Se il ciccione cade morto a terra io stavolta scappo, giuro. Non reggerei un altro evento tragico.
Anche perché la prossima vittima di Dino sarei io, poco ma sicuro.
Ci scommetterei il pannolino.
Seguii il mio amico giostraio fino al retro del pullmino, dove aprì i portelloni e scaricò dentro Dinozombi senza troppi complimenti.
Roba da non credere.
Quello non era un vano merci… Era il paese dei balocchi.
Tra le varie casse, scatoloni e pacchi di nylon spiccavano action figures, cantanti metal impagliati, videogiochi e fumetti a badilate. Montati alle pareti stavano scaffali, console di ultima generazione e un pianobar.
Appiccicato in un angolo ci stava pure un cesso a cielo aperto.
Se avessimo mai avuto dubbi della sistemazione usata da Corrado per tutta l’estate, ora erano confutati.
Feci una mezza smorfia stralunata: da fuori il camioncino sembrava più piccolo. Incredibile che ci stesse tutta quella roba, Corrado compreso, ovviamente.
<< Tu vivi in mezzo alla merce. >> gli feci notare.
<< Si, e ci sto da Dio. >>
<< Immagino… E dimmi, dov’è che dormi? O fai come le giraffe e ti arrangi dormendo in piedi… >>
In tutta risposta puntò l’indice verso l’alto, indicando il soffitto. No, non dorme sopra il tettuccio, anche se ne sarebbe certamente capace. Indicava dentro l’abitacolo, dove era appeso quello che inizialmente avevo scambiato per un telo, messo lì tanto per, che invece si rivelò essere un enorme amaca a piazza matrimoniale.
Risolto il mistero del letto. Non ne aveva. Dormiva come le scimmie.
Anche se, a parer mio, ci sarebbe voluta un’intera puntata di SuperQuark solo per scoprire come riusciva a salirci.
Dino si mise a sedere, ancora rintronato << Porca zozza! >>
<< Che hai? >>
<< Niente, mi andava di imprecare >>
Mh, tutto a posto allora. Ormai è chiaro che un semplice macigno di pannoloni non può uccidere la morte in persona.
Sentimmo un ambulanza in lontananza avvicinarsi sempre di più.
Guardai Dino di traverso << Beh, che hai combinato stavolta? >>
<< Ma che cavolo centro io! È più che ovvio che l’incidente con quelle tipe è colpa dell’obeso, no? >>
Corrado si sentì toccato << Obeso sarà tua mamma! Di che state parlando? >>
<< Dino è diventato un macumba semovente, Corra! Ti sei schiantato per colpa sua, ne sono certo! >>
<< Tu sta zitto che sei un allucinato! >> mi strigliò il ciccione << Ma ti pare che mò questo povero ragazzo possa far del male a qualcuno. Non ha neanche forza a sufficienza per aprirsi il frigorifero! >>
Il commento spassionato non fu ovviamente gradito da Dino << Ma che ti muoia la rotula, bastardo! >>
Mi guardai attorno guardingo, trattenendo il fiato. Niente bulldozer alla carica… niente aeroplani in rotta di collisione con noi… Tirai un sospiro di sollievo << Dino, ti prego, per il nostro bene comune, non farlo mai più! >>
Corrado scoppiò in una grassa risata << Hai visto, non è successo nulla. Tu e le tue cazza…! PORCO DINO! PORCO DINO!! >>
Iniziò a dimenarsi come un porco al macello, reggendosi il ginocchio sinistro.
Gli ci era piovuto sopra un mattone da muro. Dal nulla.
Io iniziai a sclerare e mi guardai attorno. In un balcone del palazzo davanti a noi esultava entusiasta una rogna di bimbo. Era lui che aveva fatto centro. La iettatura del becchino aveva agito per mano sua!
Lo feci notare anche ai miei amici.
<< Brutto pidocchio bastardo!! Se vengo lì ti squarto! >> Ululò il ciccio a terra tra le convulsioni.
Dino guardò sdegnato il nostro povero amico a terra, soffiandosi sull’indice come fosse la canna di una pistola. Poi si girò dal bimbo, mostrandogli teatralmente il pollice all’insù << Continua così, piccolo! >> La peste rientrò in casa gongolante e fiera del suo operato.
<< Tanto ti rompi il collo sul triciclo! >> lo maledì Dino con un colpo di tosse.
Lo guardai impietrito. Toglie di mezzo pure i suoi alleati!
Mi fece spallucce << Io ODIO i bambini! >>
Dopo questa performance non avevo dubbi.
L’aria risuonava sempre più delle sirene dell’ambulanza, che svoltò l’angolo e si fermò proprio davanti a noi.
Dal veicolo uscirono due infermieri alquanto concitati.
Si guardarono attorno, e notando che le uniche forme di vita presenti nel parcheggio eravamo noi, ci chiesero << Scusate ragazzi, hanno chiamato in clinica poco fa, denunciando un incidente in questo parcheggio, ci è stato detto che sono rimaste coinvolte tre giovani donne. Dove si trovano? >> L’uomo soffermò un attimo lo sguardo sul mio pannolino, scrutandomi da cima a fondo con disgusto.
Se cerchi rogne, bel moretto, le hai trovate. Ti avverto. Capitan Mutanda non perdona.
Toglietemi tutto, ma non il mio panno.
Mentre l’infermiere parlava, notai che il collega gironzolava nervosamente intorno al mezzo di soccorso, sfregando tra loro i poli di un defibrillatore.
Si era calato perfettamente nel suo ruolo: sembrava appena uscito dall’ultima puntata di Medici in prima linea… O Giochi senza frontiere, contando l’euforia nei suoi occhi.
Non vedeva l’ora di provare quell’arnese addosso a qualcuno, sano o morente che fosse, parola mia.
Io una scarica lì dove non batte il sole quasi quasi la prenderei… Potrebbe centuplicare la mia virilità!
Se solo ne avessi una…
Si fece avanti Corrado, rispondendo all’infermiere << Guardi, le hanno portate via poco fa. >>
<< Come sarebbe a dire le hanno portate via? Chi si è permesso? >>
<< Credo fosse quello che le ha messe sotto, si è offerto di portarle in ospedale. Sa com’è, si sarà sentito in colpa, e come dargli torto. Erano proprio mal messe, poverine. >>
Chissà per colpa di chi.
Corrado è proprio un gran bastardo quando ci si mette.
Il bello è che quasi si convince lui stesso delle balle che spara.
Dalla faccia, si capiva bene che l’infermiere non era sicuro se il ciccione lo stesse prendendo per i fondelli o meno << D’accordo, ho capito. Non c’è più niente da fare qui, torniamo all’ospedale. >> Disse al collega matto, che per tutta risposta lo guardò con l’espressione più delusa che avessi mai visto. Faceva quasi pena.
Peccato, oggi niente scossa.
Ci salutarono frettolosamente e montarono in macchina, sgommando a tutta forza su una pozzanghera.
Venimmo investiti da una fredda, fetida onda di acqua stagnante.
Grazie tante.
Dino iniziò a tremare e schiumare, ed esplose << Ma porca di quella vacca depressa, vi faccio a pezzi! Ma voi crepate all’istante di… >> Io e Corra ci fiondammo su di lui, tappandogli al volo la boccuccia d’oro.
Meglio non avere altre vittime sulla coscienza, almeno per le prossime ventiquattrore.
Dino tentò di divincolarsi, ma inutilmente per fortuna.
Se lo lasciassimo parlare ora come minimo ci crollerebbe addosso l’intera città. Meglio non provare.
Dino riuscì a liberare la bocca dalla ferrea stretta di Corrado, mordendolo.
<< Che Dio ti faccia diventare donna, bastardo!! >> ululò il povero ciccio lesionato, che in risposta assestò allo iettatore un letale colpo alla gola.
Avevo già visto questa mossa… ma non ricordo esattamente dove. La faceva un personaggio di qualche film, e assomigliava in qualche modo a Corrado, anche.
Ah si, ci sono. Era Xena. L’insuperabile principessa guerriera.
Il povero giovane iettatore si irrigidì all’istante, cadendo come una pera cotta a terra.
Non è proprio la sua giornata, oggi.
Andando avanti così a fine serata quei due si sarebbero crepati a colpi di bestemmie e wrestling, potete crederci.
Corrado lo caricò sul furgone insieme alle scatole dei Pampers e lo chiuse dentro << Sali Giachi, fra poco arriverà sicuramente la polizia, non ho voglia di essere trattenuto ore e ore a dare spiegazioni inutili. >>
Puoi sempre sparaflesciargli i neuroni, però. Sai che figurone farebbero, in centrale.
Montai in fretta sul camioncino, osservai con terrore il ciccione sistemarsi al volante << Corra, sei sicuro di quello che fai? Sai, io vorrei vivere ancora, ci sono tante cose che vorrei provare. Che ne so… Vincere la lotteria, indossare una volta nella vita le mutande al contrario… Per non parlare del mio atavico desiderio di violentare Dino, per giunta! >>
<< Non parlarmi di istinti brutti con quel pannolino addosso, mi fai impressione! Dannato animale… >> Diede un colpo di acceleratore a vuoto, pronto a partire. << Vi porto a casa di un amico, così ci diamo una sistemata. Sono sicuro non gli dispiacerà lasciarci il bagno. >>
Avere il volante tra le mani pareva proprio infogarlo. Brutta cosa questa, bruttissima!
Sull’orlo di un attacco di panico, mi allacciai la cintura e mi tenni forte al cruscotto.
<< Stai calmo, smettila di agitarti >> Mi rimproverò il ciccione << Guarda che sono anni che mi esercito a guidare, che ti credi. Certo, rispetto a questo camioncino gli autoscontri del parco giochi sono solo un po’ diversi. >>
Voglio scendereee!
Corrado partì sgommando a tutta birra, sicuro delle sue grandi capacità di pilota.
Io un po’ meno.
Svoltò a sinistra fuori dal parcheggio, trovandoci davanti una folla di fedeli, uscenti dalla chiesa di fronte. In questo frangente, mi sembravano tanto molte belle pecorelle pronte ad andare al macello.
Fate largo gente, il giudizio universale è arrivato!
Il ciccione sfoderò tutta la sua virtuosità in uno slalom mortale.
Io intanto, per allontanare la fifa tenevo il conto dei caduti ad ogni tonfo.
Complimenti Corra, hai vinto un peluche! Una decina di bigotti in meno al mondo faranno si è no mille punti. E una trentina di anni di carcere.
<< E smettetela di buttarvi sotto le ruote, idioti! Certo che c’è gente al giorno d’oggi che la voglia di vivere non sa cosa sia, eh? >> Urlava il ciccione.
No comment. Il bello è che lo dice pure convinto.
Svoltammo un altro angolo, lasciandoci alle spalle l’orribile strage, e trovandone subito un'altra, la nostra.
Un tir veniva a briglie sciolte verso di noi. Il ciccio bastardo si era infilato in un senso unico, contromano.
Colgo gli ultimi attimi che ci separano dal botto per cercare nel cruscotto un coltello o simili. Prima di morire voglio avere almeno la soddisfazione di sventrare il boia obeso con le mie mani.
Corrado sterzò improvvisamente a sinistra, entrando da un cancello aperto nel cortile di un palazzo. Dietro di noi il tir ci strombazzava contro all’impazzata, continuando la sua titanica corsa.
Eravamo salvi.
Mmh, io nel frattempo avevo trovato un cacciavite. Che faccio, lo metto via o già che ci sono castro il porco?
<< Siamo arrivati, cagone. >>
Il mio sguardo assassino si posò sulla sua gola << Se eravamo così vicini, mi spieghi perché diavolo hai corso come un invasato? Stavamo per lasciarci le penne! >>
<< Prima si arriva meglio è, Giachi. Come faccio ad imparare a guidare bene se non metto alla prova le mie innate capacità? >> scese raggiante dal camion << Dai, non fare quella faccia, sei vivo, no? Muovi il culo, andiamo a prendere Dino. >>
Lo guardai sconcertato, giurando sul mio pannolino che al ritorno sarei andato a piedi.
<< Mai più… Mai più… >> Frignai tra me e me.
Dino non era certo in condizioni migliori. Lo trovammo spiaccicato contro una parete dell’abitacolo, sommerso dagli scatoloni. Era pieno di lividi e da quell’orifizio distorto che era la bocca uscivano pacchi di roba bianca, stile schiuma da barba.
<< Se non sapessi che è impossibile, direi che è morto. >>
<< Ih guarda… Vieni qua che ti rimetto a nuovo, và. Ma se riprovi a fare una scenata come quella ti assicuro che non ci andrò così leggero. >> Corrado sollevò di peso il povero moribondo e gli schiantò un cazzotto tra il collo e la spalla.
In uno schiocco osceno, il corpo di Dino tornò a muoversi.
Esanime, con un colpo di tosse fece volare nel faccione di Corrado chili di schifosissima schiuma.
<< Puehrg! Sput sput, ma che schifo! Dino, sei una lucciola, accidenti a te! Questa poltiglia sa di anatra all’arancia! >> Tentava di ripulirsi la faccia con le maniche del suo secolare cappotto in pelle, ma i boccoloni bianchi restavano appiccicati pure a quello.
Dino si mise su come Dracula quando esce dalla bara. Ci guardò con aria confusa << E voi chi casso siete? >>. Si rivolse a Corrado, ancora alle prese con lo schifo << E tu con quella strana barba bianca, sei Babbo Natale, per caso? >>.
<< Tuo babbo è Babbo Natale! >> ( E tutti quelli che conoscono il padre di Dino sanno che un po’ ci somiglia; quell’uomo in pratica è il suo gemello magro ) << Smettila di gingillare e cammina! >> Urlò Corra assestandogli un cartone sulla nuca.
<< Zi, padrone >> Biascicò Dino sempre più rintronato.
Bravo Igor. Ah no, scusa, Aigor.
Il ciccio giostraio sprangò il furgoncino e ci fece cenno di seguirlo.
Alzai lo sguardo. Solo ora notai che la palazzina dove stavamo andando a ficcarci era un vero e proprio tugurio.
Se il posto dove abita questo fantomatico amico è così ben messo, posso solo immaginare come sarà lui. Probabilmente una specie di macellaio assetato di sangue, o qualcosa del genere.
Davvero, questo posto è orribile, come minimo rischio di beccarmi la sifilide solo varcando la soglia!
No, pensandoci bene quello è impossibile. Me la sono già beccata grazie al cane della mia vicina. Ma sarebbe una storia troppo lunga da raccontare, questa.
Ci fermammo davanti a un portone sconquassato, Corrado suonò al campanello. Inutile dire che i nomi erano illeggibili.
Rispose una voce assonnata << Mò chi è? Chi sei? >>
Mi pareva stranamente familiare e grottesca.
<< Ciao sono Corra, sono con degli amici, possiamo salire? >>
Il portone fece uno scatto, socchiudendosi. Il citofono si spense.
Benvenuti ad Horrorland, gente.
Per ora lascio ogni speranza qui sull’uscio, magari dopo torno a prenderla.
Se torno, ovviamente.
Così, chi pieno di schiuma, chi col pannolino pieno, chi con le scatole piene, varcammo la soglia, certi che tanto, peggio di come ci era andata finora non sarebbe potuta andare. Forse.
Mah. Come si dice, le vie di Allah sono infinite. E amen, allora.
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