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Oh Brasil (parte terza)
Partimmo da Recife per recarci ancora più a nord: destinazione Natal. È una città abbastanza tranquilla, molto pulita, e ben ricettiva da un punto di vista turistico. La sua estensione balneare è molto grande e va dal Sud, con la mitica spiaggia di Pontanegra, al Nord con le spiagge di Redinha e Genipabù. In mezzo ci sono la “Costeira” dove sono ubicati gli alberghi di lusso, e “Praia do Meio” che sarebbe quella propriamente cittadina.
Una delle attrazioni principali sono le cosiddette “dune” dove due intrepidi ed ignoranti italiani si sono diretti a piedi, consultando libri turistici, per fare foto e riprese di non si sa bene cosa. Bandane alla testa, seminudi iniziamo la scalata della prima duna ben a nord della città. Dopo qualche centinaia di metri ci siamo resi conto che era un’impresa impossibile. Le dune sono una vasta estensione di carattere desertico e vanno attraversate con le “bugghy” guidate da esperte guide del posto.
In mezzo a quella collinetta desertica udiamo dal basso delle note di samba sparate a tutto volume. Quasi sicuramente sarà un “barsinho” dove poterci dissetare e rifocillarci. Ci precipitiamo nella discesa e, sudati al limite della decenza, arriviamo nel posto, una terrazza imbandita di vivande e bevande, dove senza che nessuno ci chieda niente già abbiamo in mano un boccale di birra ghiacciata. Una gran confusione di gente, un’orchestrina che suona un ritmo dal sapore antico, ma molto ritmato chiamato “forrò”, e tutti che danzano felicemente, mentre arriva il secondo bicchiere di birra. A quel punto dico a Maurizio di controllare quanti soldi avevamo in tasca e chiedere il conto per non fare la solita figura (per una gita nel deserto non avevamo portato granché di contante).
E li si svela l’arcano, tutti a ridere, e rossi per la vergogna apprendiamo che si trattava di una festa di compleanno alla quale ci eravamo candidamente imbucati. Chiarito il mistero, la padrona di casa, che era anche la festeggiata, ci diede due grandi asciugamani, invitandoci a prendere una doccia rinfrescante e poi, col fatto che eravamo stranieri e italiani siamo rimasti fino all’alba, continuando a ballare, bere e fare amicizia.
La signora Marlene fu un’ottima padrona di casa: ma quella non era la sua abitazione principale: era la casetta al mare. Fummo riaccompagnati alla pousada dove eravamo ospiti con l’impegno che ci saremmo visti di li a poco, dopo un giusto riposo e che lei, la signora Marlene, insieme alla sua grande amica Paula, in ferie, ci avrebbero fatto da guide per la città e i dintorni.
I dintorni di Natal sono bellissimi, c’è di tutto: qui il clima e l’ambiente sono decisamente tropicali, 200 chilometri in linea d’aria, dall’equatore.
Palmeti, alberi di banane, frutta tropicale della più svariata, ma in fondo, tutt’intorno, l’aspetto naturale è quello delle dune: sabbia desertica appena verdeggiante. La parte infine turistica delle dune, è veramente una delle cose da non tralasciare se ci si trova da queste parti: enormi dune desertiche affrontate a tutta velocità con le Bugghy, con discese mozzafiato verso enormi “lagoas” (piccoli laghi), alcuni di acqua calda, dove ti siedi a sorseggiare un’ “agua de coco bem gelada” con i piedi immersi nell’acqua mentre graziosi pesciolini ti solleticano le caviglie ed altre avventure il tutto in una giornata intera.
La sera tutti nei locali notturni della città a ballare “forrò” e “pagode”, senza un attimo di sosta, tra boccali di birra che non finiscono mai e sudore. Marlene e Paula sono delle ottime ospiti, entrambe già sposate e separate.
Avremmo voluto continuare più a Nord, verso Belem, dove prendere un traghetto per Manaus, capitale dell’Amazzonia, ma facendo rapidi calcoli di tempo e di soldi infine decidemmo di tornare verso Sud e siamo arrivati a Salvador de Bahia.
Città molto grande, a maggioranza di popolazione di colore nero, dove più numerosi erano concentrati gli schiavi provenienti dall’Africa. È l’unica città brasiliana dove l’integrazione razziale risente ancora di qualche piccolo problema. La città è meravigliosa con un misto di stile coloniale e moderno. Chiese bellissime, dove gli interni in legno sono laccati d’oro, stradine e vicoli stupendi, impossibili da percorrerli da soli. Decidiamo, dietro consiglio di qualcuno, di prendere una giovane guida locale, che ci è stata veramente di utilità e garanzia. Abbiamo così potuto visitare il quartiere alto di “Pelorinho”, abitato da artisti e musicisti con i quali facciamo subito amicizia. Qui incontri le tipiche donne bahiane nel loro classico vestito di cotone bianco, negli angoli di alcune strade, che vendono i loro piccantissimi involtini, dai sapori molto forti.
Ci spostiamo un poco più a Sud, a Portoseguro, dove Cabral attraccò con le sue imbarcazioni e di fatto, scoprì il Brasile. Piccola cittadina tranquilla, con pochi turisti, ma qui abbiamo visitato una delle più antiche scuole di “capoeira” una danza di rimembranze africane, diventata anche una forma di lotta praticata dagli schiavi prima della loro indipendenza.
I dintorni, come L’ Arraial d’Ajuda, Santa Cruz de Crusalia. Sono posti dalle bellezze naturali ancora intatte, poco contaminate dal grande turismo e la gente è a dir poco meravigliosa.
Telefoniamo a Tania per informarla del nostro prossimo rientro a Rio de Janeiro e ci annuncia una sorpresa. Arriviamo alla stazione degli autobus di Rio e ad attenderci, insieme a Tania troviamo anche Valeria e Solange. Miracoli brasiliani. Il mio rapporto con Solange si consolida e il momento del rientro in Italia è veramente doloroso. Il mio cuore era rimasto in Brasile, con quel popolo, in quell’atmosfera magica, di colori, di sapori, di allegria.
P. S. Una anno e mezzo dopo sono tornato in Brasile con tutti i miei bagagli, ho sposato Solange, ho preso con me i suoi figli e a tutt’oggi siamo una famiglia felice. Ana, la figlia di mezzo, mi ha reso nonno, il più grande è un cuoco di gran livello, il più piccolo si sta laureando ed io conto di rientrare in Brasile a tempo quasi pieno nel prossimo anno.
10. 24. 03. 2009
Racconto autobiografico.
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