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Giorgio e il drago
"Oggi è San Giorgio. La sai la storia di San Giorgio? "
"Io no nonno, tu la sai?
"Io sì"
"E chi te l'ha raccontata? "
"Nessuno, io ero lì"
"Davvero?! Mi racconti? "
Un 23 aprile di molti anni fa (era presto, era ancora buio) passavo davanti ad una chiesa, in un piccolo paesino di nome Chièuti, che adesso è molto cambiato. Ero lì perché cercavo, cercavo e cercavo, il primo oggetto che avevo perso, da bambino, proprio mentre giocavo con altri davanti a quella chiesa. Era un oggetto a cui tenevo molto, la mia prima biglia di vetro, che dovevo assolutamente ritrovare, per ritrovare anche tutto quello che avevo perso negli anni successivi.
Non c'era nessuno in giro, era freddo, e la porta della chiesa era chiusa.
Non c'era nessuno in giro, era freddo ed era ancora buio, e la porta della chiesa si aprì.
Un vecchietto piccolo, piccolo, che non riconobbi subito, sistemò le grandi ante della porta regolandole alla massima apertura, poi cavò dalla tasca un mazzetto di biglietti bianchi. Mi guardò, mi chiamò per nome e mi mostrò il primo biglietto, fissandomi negli occhi come aveva sempre fatto, proprio lui, Gino il sacrestano, quando ci trovava a giocare vicino alla chiesa. Mi afferrò una mano e quel biglietto, l'unico che mi sembrasse non stropicciato, me lo spinse nel fondo del palmo.
"Vedi" mi disse "sei arrivato prima e puoi prenderti questo biglietto nuovo. Fra un po' arriva il Santo, il drago è già in sacrestia"
Si girò e scomparve dentro, nel buio oltre la porta aperta, in quella chiesa che ricordavo bene.
Non succedeva spesso di assistere al ritorno del Santo ed erano sempre pochi quelli ammessi a vedere la scena. Quando si incontravano a parlare, nella piazza del paese, spettatori di anni diversi, tutti erano d'accordo sui particolari, sui dettagli dell'azione, sui rumori e sulle espressioni; e se anche qualcosa, al racconto, sembrava in un primo tempo nuova, subito il gruppo di ascoltatori, accomunati dall'essere stati spettatori, ricostruiva la scena con maggiore ricchezza di dettagli, facendovi rientrare anche il fatto nuovo. Così, al termine della rievocazione, si ritrovavano per-fe-ta-men-te d'accordo fra loro.
Stringevo il biglietto come un amuleto. Guai a farsi trovare senza biglietto alla terribile scena! Le nonne del paese raccontavano di gente che aveva perso la vista, o la parola, o altre facoltà come la memoria, per aver assistito senza permesso allo scontro col drago. Questo era accaduto anche per Gino il sacrestano, che la prima volta si era dovuto trovare suo malgrado al cospetto della crudezza dei fatti, senza biglietto e senza preavviso, e se l'era cavata direi bene, cioè solo con una parziale perdita di memoria; voglio dire che da allora, a cose fatte, lui non ricordava assolutamente nulla fino alla volta successiva, quando sentiva l'inconfondibile respiro del drago in sacrestia e, mettendosi la mano in tasca, vi trovava i soliti biglietti.
Io ero seduto sui gradini della chiesa, là dove un tempo avevo perso ciò che quel giorno andavo cercando, quando sentii gente entrare dalla porticina che dalla sacrestia dava sulla viuzza laterale, proprio dove respirava il drago. Gino il sacrestano andò a consegnare loro i biglietti, e tornò verso di me dicendomi che ne era rimasto, lui, ancora una volta privo: di proposito, perché non gli dispiaceva affatto perdere un altro pezzetto di memoria.
Fu così che io vidi e vissi ciò che ti racconto. Ti dico subito che con me, fuori dalla chiesa, non c'era nessuno, a parte Gino nascosto dietro al portone. La gente arrivata dopo di me in sacrestia, che avevo sentito confabulare, non si era mossa da lì. Una lingua di ghiaccio frustò il buio degli altari fino ad un passo da me. L'attacco del drago mi sbalzò dagli scalini della chiesa all'altro lato della strada, quello della canonica vecchia, con un salto di cinque metri. Caddi stranamente in piedi, con la testa riversa all'indietro e gli occhi rivolti alla sommità del campanile. La campana maggiore diede un rintocco.
Mi accorsi di Giorgio per via della forza che provai in me, improvvisa. Sorrisi come ad un sorriso ricevuto e Giorgio passò dentro in un gorgo di gioia, fin là dove aveva respirato il drago.
Ora era il momento di entrare nella chiesa, dove si era fatta luce.
Gino era più giovane, era proprio come l'avevo conosciuto. In sacrestia c'erano ancora quelli di cui avevo sentito la voce, ma non erano uomini: erano ragazzi più grandi di me. Uno di loro si affacciò e scagliò verso di me, a mo' di dispetto, la biglia di vetro che mi aveva portato via, dileguandosi poi da dove era venuto, insieme con gli altri.
Gino si fermò dal lustrare l'altare del Santo, ed era impietrito per quella mancanza di rispetto al luogo sacro. Poi riprese a respirare e parlò senza guardarmi: "Lasciali stare. Quelli là stanno sempre a fare danni, per-fet-ta-men-te d'accordo fra loro".
"E il drago? " chiesi a Gino dopo aver afferrato la mia preziosa biglia con la mano libera dal biglietto.
"In sacrestia, per spolverare il Santo. Se mi aiuti li rimonto insieme, oggi c'è la processione."
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