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Come foglie nel vento
[prequel di Angelo e L'anglo e il redento]
Nel periodo in cui tutto iniziò, per Michael, l'autunno era appena arrivato col suo vento fresco a staccare le foglie dai rami degli alberi. Tutte foglie rinsecchite che ormai non avevano più linfa per rimanere vive attaccate laddove avevano avuto vita.
Guardando quel turbinio della natura volare nel vento che andava dal forte al leggero, Michael, suo fratello e sua sorella si sentivano proprio così.
Come foglie nel vento che staccate dalla propria 'casa' erano destinati senza scelta a viaggiare nell'aria che non rivelava nulla sulla loro destinazione.
Sapevano solo che un giorno sarebbero riuscite a posarsi di nuovo sulla terra e a trovare il meritato riposo per poi tornare a vivere.
La loro situazione era analoga e pensando che la stagione rispecchiasse i loro animi, realizzarono che dopo l'autunno ci sarebbe statao l'inverno, qualcosa di peggiore rispetto alla stagione che stavano vivendo.
Quando i loro genitori morirono in un tragico incidente e furono affidati ai nonni in un altro quartiere, uno povero e poco raccomandabile, a loro parve di cadere in un sonno pesante e di vivere costantemente in un incubo. La sensazione di non riuscire a svegliarsi era sempre più crescente e sembrava non avessero scelta che lasciarsi vivere così, subendo la crudeltà che la vita aveva riservato per loro.
Ognuno reagì a modo proprio. La sorella più piccola, Hannah, non faceva che piangere dalla mattina alla sera nella sua fragilità innocente e pura. Non avrebbe mai compreso come mai mamma e papà avevano dovuto andarsene così presto, lasciandoli soli. Tutto quel che riusciva a fare era versare lacrime e sperare che fosse tutto davvero un sogno. Aveva iniziato a mangiare sempre meno e la notte riusciva a dormire unicamente abbracciata stretta al fratello maggiore.
Edward era il fratello minore e lui reagì chiudendosi completamente in sé stesso, diventando aggressivo e facendo spesso la cosa più stupida di tutte, cacciandosi regolarmente nei guai, attaccando briga con chiunque e accettando le cattive compagnie. Si era allontanato repentinamente dagli altri due chiudendosi al di là di un muro, senza possibilità apparente di ritorno. Lui ormai era solo e nessuno poteva capirlo. Gli altri cercavano di consolarsi e tornare a vivere come prima, ma come potevano? Questo era ciò che pensava senza rendersi conto che quello a non capire per primo qualcuno, era proprio lui.
Michael era il maggiore, al tempo aveva 16 anni e mezzo e non si poteva certo dire che era abbastanza grande per affrontare una situazione così difficile come fosse già un uomo.
Però non trovò il tempo di disperarsi e reagire a modo suo. Fu troppo occupato a sostenere Hannah e a stare dietro a Edward che ogni istante ne combinava una sempre peggio della precedente. E si che aveva 12 anni. Poteva anche sforzarsi di giudicare con un po' di senso quel che faceva! Si diceva questo il biondo dai capelli corti che sfioravano appena il collo coprendo parte della fronte.
Michael era la colonna di quella che ormai era la famiglia e sapeva che non poteva crollare altrimenti gli altri due si sarebbero persi e i suoi genitori avrebbero pianto da lassù.
Facendosi forza come sua sorella e suo fratello non riuscivano a fare, andava avanti a testa alta sforzandosi di fare quel che c'era da fare senza mollare, senza piangersi addosso, senza guardare le proprie sfortune ed i propri bisogni.
Mentre loro due dicevano che non ce l'avrebbero mai fatta e che stavano troppo male, lui diceva che anche se era difficile ed impossibile, bisognava farcela, non avevano scelta, e caricandosi sulle spalle il dolore di tutti procedeva con una maturità superiore ai suoi anni. Se non ci fosse stato lui a fare da padre e da madre, la piccola Hannah a soli 8 anni non ce l'avrebbe fatta a risollevarsi e oltre a piangere e mangiare poco, probabilmente, si sarebbe davvero lasciata morire.
E lentamente arrivò al punto da dipendere completamente da lui, non faceva nulla senza il fratello e la mattina apriva gli occhi solo perché a chiamarla era Michael che, a sua volta, ormai la sentiva come una figlia. Se non ci fosse stata forse anche la sua ragione di vita drasticamente dimezzata non sarebbe più stata sufficiente a farlo andare avanti.
Quando capitava di doversi separare per la scuola per lei era dura, davvero dura. Si obbligava a farsi forza e andare bene nelle materie per non dare pensiero al fratello e così poco a poco riprese colore e vita. Però il sorriso risplendette solo dopo molto ma molto tempo.
Con Edward le cose erano molto più difficili. Sembrava odiarlo e gli rinfacciava ogni istante con astio che lui non era il padre e che non doveva comportarsi come se lo fosse. Gli diceva che ormai era solo e che nessuno aveva diritto di dirgli cosa fare, che ormai poteva fare quello che voleva. Gli diceva anche altre cose molto brutte e dure per cui Michael non se la prendeva, consapevole che quello era solo il suo dolore per la perdita. Però ne soffriva senza assolutamente dimostrarlo, tenendosi tutto dentro, ignorandolo e dando attenzione ad altro che non fosse sé stesso.
I nonni non riuscivano a fare nulla per loro e addolorati in prima persona per la scomparsa della figlia e del genero, cercavano di provvedere con difficoltà al sostentamento dei nipoti. Non era facile e quando Hannah finalmente riprese a mangiare regolarmente, fu Michael che cominciò a diminuire i propri pasti per non pesare troppo sui nonni che a momenti nemmeno parlavano.
Edward sembrava non preoccuparsene affatto e spesso nemmeno tornava a casa costringendo il maggiore ad uscire a cercarlo.
Ci si dice che è difficile, che è impossibile, che non si potrà mai fare nulla però poi c'è sempre qualcuno che si rimbocca le maniche, mette da parte sé stesso e pensa a chi ama dandosi da fare, facendo quello che si deve, quello che serve, quello che non si può ma è indispensabile. E si fa.
Si va avanti.
Si riesce laddove molti non arrivano.
La si spunta, si acquistano nuove capacità, nuove doti e si cambia, si cambia radicalmente per adattarsi alla nuova vita ed al vento che continua a trasportarti senza pietà per quel cielo immenso, su un paesaggio sconosciuto.
All'inizio Michael non sapeva fare nulla di quello che poi, dopo qualche tempo, fu in grado di fare.
Non era nessuno, era visto male, come un ragazzetto viziato di città che si credeva chissà chi per la vita felice avuta fino a quel momento. Solo uno che finalmente aveva ricevuto quel che si era meritato e il fatto che non si amalgamasse ai ragazzi di strada del quartiere pericoloso come aveva fatto il fratello, bruciava a tutti. Sembrava che non volesse sporcarsi abbassandosi a stare con loro. Come se si ostinasse a considerarsi migliore.
Questa era l'impressione che diede alle bande che giravano per quelle vie malfamate.
Bande con cui l'incosciente Edward girovagava finché non veniva mal menato per puro divertimento o perché rispondeva male alle provocazioni che riceveva.
Faceva ancora l'errore di considerarsi l'unico a stare davvero male. Credeva che nessuno potesse ancora capirlo e di conseguenza trattava chi lo circondava come se fossero più fortunati di lui o peggio come degli sciocchi.
Sciocchi magari lo erano davvero ma certamente lui non era meglio.
Al tempo non lo era per nulla e lontano da suo fratello anni luce, non capiva come potessero anche solo avere lo stesso sangue.
Michael se poteva evitava di uscire dopo una certa ora e si aggirava per quelle vie il meno possibile, pensando che per salvarsi l'unica fosse mescolarsi a quella gente il meno possibile.
In realtà solo dopo capì quale sarebbe stata la migliore strategia di sopravvivenza.
Grazie a Edward, in un certo senso.
Non lo fece per piacere né per scelta, si trovò obbligato dal proprio amore per Hannah ed Edward. Se voleva continuare a proteggerli c'era una sola cosa da fare e quando una sera il fratello minore non tornò con l'intenzione di scappare seriamente di casa una volta per tutte, dopo l'ennesima litigata con lui, lo capì.
- Cosa fai con quel coltellino? - Chiese Hannah guardando il maggiore mettersi in tasca un serramanico con espressione seria, concentrata e contrariata allo stesso tempo. Tremava e lo stomaco gli si contorceva. Probabilmente non aveva mai avuto così tanta paura. Non era uno sciocco sprovveduto, sapeva bene cosa sarebbe successo se sarebbe uscito di casa con quella di recuperare quello scapestrato. Recuperarlo una volta per tutte.
Sapere cosa era da fare e farlo come sempre non andavano d'accordo. Li separava sempre il 'saperlo fare'.
Eppure se vuoi farcela ti dai da fare e lo fai, in un modo o nell'altro. All'inizio viene male, ci rimetti di sicuro, ma la volta dopo sicuramente andrà un po' meglio e così quella successiva finché non acquisterai l'abilità giusta. Però se non inizi da qualche parte sei finito e lui non poteva permettersi quel lusso.
Dipendeva dalla posta in gioco e la sua era alta, troppo per non far nulla e farsi mangiare dalla paura.
Quando spostò gli occhi giovani e terrorizzati, l'azzurro delle sue iridi colpì quelle uguali della sorella che impallidì quanto lui capendo cosa voleva fare.
Lì in quel momento senza parlare si ricordarono delle foglie che avevano visto volare quando si erano trasferiti in quel quartiere. Si ricordarono di come si erano sentiti simili ad esse mentre volavano nel vento.
Per quanto sarebbero volati senza prendere in mano la loro vita?
Per quanto si sarebbero lasciati fare?
Era ora di smetterla e prendere le cose nelle proprie mani.
Non sarebbe stato un secondo, sarebbe stata lunga e difficile ma provando e riprovando prima o poi ci sarebbero riusciti.
Doveva farlo.
Michael inghiottì a vuoto, sospirò a fondo, tirò su la testa spostando il ciuffo biondo dagli occhi risoluti ed impauriti al tempo stesso e tirando ogni muscolo di sé stesso e del suo corpo, allargò le braccia verso la sorella che aveva iniziato a tremare al suo posto. Come se ora lei si fosse presa parte della sua paura permettendogli di stare fermo.
- Ho bisogno che tieni tu le mie paure, per stanotte, o non potrò salvare né Edward né te. Puoi fare questo per me? -
La dolcezza e la gravità con cui lo disse le fece credere fermamente e ciecamente di poterlo fare e allargando per la prima volta dopo mesi, le labbra in un sorriso sincero e pieno di luce, si fiondò fra le sue braccia stringendolo a sua volta, sprofondando il visetto tondo pieno di lentiggini sul petto del fratello. Sentì il cuore battergli all'impazzata e strinse forte la sua presa di bambina, trasmettendogli tutto il suo amore.
Aveva una gran paura di non rivederlo ma era consapevole che lui doveva fare la cosa giusta ed anche se era proprio quella da cui sarebbero entrambi scappati volentieri, l'amore per quella persona là fuori in pericolo superò ogni cosa.
In quello scambio di calore reciproco si sentirono come un tempo, come se ad abbracciarli fossero i loro genitori e con una nuova forza e coraggio nel cuore, si staccarono.
Lui la prese per le spalle e abbassandosi appena per guardarla meglio in viso, con aria risoluta e sicura, come se dicesse la cosa più vera di questo mondo, disse:
- Torno presto con lui, tu aspettaci qua. Mi raccomando. E voglio quel tuo sorriso di prima. - Il regalo migliore che gli potesse fare.
Era vero. Sarebbe stato così. L'aveva detto lui e lui non diceva mai bugie. Quando erano morti mamma e papà le aveva detto che ce l'avrebbero fatta anche se lei ed Edward avevano sostenuto il contrario, ora era proprio così. Ora lei non piangeva più tutto il giorno, riusciva a dormire la notte e a mangiare tutti i pasti regolari.
Ora toccava a Edward.
Ma a Michael?
A Michael quando sarebbe toccato?
Quando la piccola tornò con coraggio a sorridergli e annuì con la testa, lui la lasciò, si raddrizzò di nuovo e stringendo i pugni smise del tutto di tremare, quindi la luce dei suoi occhi chiari rivelò che la paura era magicamente sparita davvero, come se Hannah fosse riuscita seriamente a prendergliela tutta.
Sembrava andasse a fare qualcosa che faceva tutti i giorni, come se ne fosse veramente capace.
Eppure non era così...
Ma lui uscì di casa senza dire altro se non un 'ciao' che la sorella pregò di non ascoltare per l'ultima volta.
La paura c'era eccome, nel cuore di quel quasi diciassettenne, ma era contrastato dall'amore per ciò che i suoi genitori gli avevano lasciato e affidato.
C'erano cose che bisognava fare, a costo di contrastare la forza incredibile del vento nonostante la debolezza delle foglie staccate dai rami.
Quando giunse davanti al gruppetto in cui sapeva avrebbe trovato il fratello, si rese conto di non aver mai fatto a pugni. Tutto ciò che sapeva era fare sport, in quelli riusciva bene. Specie il basket. Sapeva di avere dei buoni riflessi, di essere veloce e di essere agile.
Tutto ciò che sapeva fare era quello e chiedendosi come si tirava un pugno, sperò in cuor suo di riuscirci usando l'istinto!
- Edward? - Chiese con voce ferma.
“Come mi è uscita? A me sembra di star tremando come una foglia... ”
Si chiese cercando un umorismo che lo salvasse dal collasso emotivo e quindi fisico!
Quando il cerchio di ragazzi si allargò rivelando il viso selvatico ed aggressivo del fratello, i suoi occhi si incupirono ulteriormente e con durezza e veleno nella voce fece un passo in avanti e sbottò senza la minima esitazione:
- Vattene! -
- No. - Rispose determinato continuando a stringere i pugni.
- Io non torno a casa, mi sono stufato di te e Hannah che giocate a fare la famiglia felice! Non vedete come stanno le cose? Io non faccio parte di voi, non ho nulla a che fare con voi. Vattene e lasciami perdere! - Si prese la briga di spiegarsi almeno un minimo sperando di convincerlo ad andarsene. Non voleva assolutamente continuare a vivere con loro. Gli ricordavano così tanto i genitori... era una tortura averli lì davanti tutti i giorni. Come si poteva dimenticarli se sua sorella somigliava a sua madre e suo fratello a suo padre?
I due continuarono a guardarsi a qualche metro l'uno dall'altro, seri in viso, uno concentrato e deciso mentre l'altro aggressivo e selvatico. Quanto erano diversi... non si somigliavano in nulla, a partire dai diversi modi di porsi, di fare, di parlare, di guardare gli altri e di reagire al dolore.
Solo allora notarono quanto uno fosse simile ad un angelo, e non solo per l'aspetto, mentre l'altro ad un demone.
Uno pieno di amore, uno pieno di odio.
- Vuoi una mano? - Chiese uno del gruppo al moro dai capelli scompigliati che ricadevano mossi sulla fronte.
In realtà voleva una scusa per mettere le sue mani su quella meravigliosa creatura delicata così diversa da quell'Inferno in cui erano.
- No. Vattene, Michael! - Replicò pronto l'altro muovendo un passo indietro come ad intendere che se non avesse seguito la sua volontà avrebbe permesso ai suoi nuovi amici di intervenire.
Gli altri lo capirono e cominciarono a muoversi intorno al biondo che non si mosse di un solo passo.
Dentro un turbine di emozioni gli gridavano di andarsene, che non era pane per i suoi denti, che ci avrebbe rimesso e che non poteva fare nulla eppure dall'altra parte non solo la testardaggine ma anche i sentimenti verso il fratello gli impedivano di mollarlo lì. Per nulla al mondo l'avrebbero lasciato perdere o non si sarebbe mai perdonato. Se l'avesse fatto non avrebbe più superato la morte dei genitori. Mai più.
- No. Non me ne andrò senza di te. Edward, tu sei nostro fratello, noi ti vogliamo bene. Io darei la vita per te. Non voglio lasciarti solo o non avrò più la forza di svegliarmi la mattina! - Si stava scoprendo come non aveva mai fatto in vita sua, specie con lui. Vinceva la paura che già non dimostrava più in superficie e dando un impressione di sé di chi è molto sicuro e addirittura supponente, scavava dentro sé stesso per trovare le giuste parole per convincerlo e fargli capire come stavano le cose.
Ma era difficile... non gli aveva mai detto che... stava lentamente morendo dentro, sopprimendo il proprio dolore.
- MA NON FARMI RIDERE! SENZA DI ME HAI UN PENSIERO IN MENO! E POI SE MI VUOI A CASA SOLO PER LA TUA COSCIENZA, ALLORA QUESTO è UN MOTIVO IN PIU' PER ANDARTENE! LASCIAMI QUA E NON ROMPERE! IO VOGLIO CHIUDERE CON TUTTI VOI! -
Cominciò a gridare Edward tornando ad avvicinarsi al ragazzo più grande che ancora non muoveva un muscolo, come fosse di pietra. Quasi non respirava.
Diceva delle cose e ne dimostrava altre. Era solo un ipocrita. Non stava davvero male come diceva o avrebbe fatto qualcosa per esternare il suo dolore. A lui non gli importava nulla di nessuno, in realtà. Solo della propria coscienza!
Così la vedeva il ragazzino.
- Hai ragione, non lo faccio solo per me o per te ma principalmente per i nostri genitori. Cosa pensi, che sarebbero felici di vederci separati così? - La risposta che gli diede era ancora contenuta e altera. Si stava indurendo in reazione al terrore per i ragazzi intorno che lo circondavano con la feroce intenzione di picchiarlo di lì a poco e per l'angoscia di non convincere il fratello a tornare con lui, di non arrivargli al cuore.
Per la paura di perderlo davvero.
- MA STA ZITTO! COME OSI PARLARE DI LORO PROPRIO TU CHE NON HAI VERSATO UNA LACRIMA? CHE TUTTO QUELLO CHE HAI FATTO È CERCARE DI SOSTITUIRLI?! COME SE SI POTESSERO DAVVERO SOSTITUIRE! NON SEI NEMMENO STATO MALE PER LA LORO MORTE ED ORA TU MI VORRESTI PER LORO? NON TE NE FREGA NIENTE DI MAMMA E PAPA', VATTENE A FARE IL PADRE CON HANNAH CHE NON CHIEDE ALTRO! IO NON VOGLIO PIU' VEDERVI! NON VOGLIO PIU' VEDERE... - Edwuard era esploso ancor di più, se possibile, e pieno di dolore si rese conto che le lacrime gli stavano premendo per uscire traditrici. Se avrebbe pianto avrebbe fatto una figura da stupido davanti a quelli che voleva conquistare, a quelli che sentiva più uguali a lui di quanto non lo fosse il fratello. Si rese anche conto che stava per dire che non voleva più vedere la mamma in Hannah e il padre in lui, in Michael. Ma pur di dirlo si morse la lingua ricacciando a forze le lacrime indietro. Non voleva, non voleva assolutamente dirgli quanto stesse male solo guardando le loro somiglianze con chi amava e non c'era più. Gli sarebbe sembrato di non essere all'altezza di tutti loro che lo guardavano e lo circondavano.
Però il guizzo negli occhi azzurri che divennero più grigi che altro, non lo notò in tempo e pensando solo a non lasciarsi andare troppo, non capì le pugnalate che aveva appena dato al fratello.
Michael fermo davanti a lui tirò tutti i muscoli del corpo e tremando di nuovo ma non per la paura e nemmeno per la rabbia ma solo per il dolore, cominciò a pregare di venir davvero picchiato.
Si chiese perché non lo stavano aggredendo come minacciavano di fare, cosa aspettavano?
Aveva bisogno di uno sfogo fisico. In quel momento sentì così forte il bisogno di provare dolore fisico che si sentì male. Lo stomaco si chiuse, il cuore esplose nel suo petto, il respiro sfuggì dal suo controllo e con due lame di ghiaccio che parvero incredibilmente feroci, imponendosi di non rispondere e serrando deciso la bella bocca carnosa e ben disegnata simile a quella di una donna, divenne colui che in un futuro non molto prossimo sarebbe stato conosciuto come l'Angelo della Strada.
Quindi imprevedibile ed irriconoscibile, senza fare nessuna smorfia di rabbia o di dolore, mantenendo la durezza e la supponenza autoritaria che non avrebbe più perso di lì in poi, alzò il pugno vicino al viso e girandosi verso uno della banda accanto a lui che aspettava il momento propizio per attaccare, lo afferrò per la giacca in jeans e svelto come il vento che trasporta le foglie dell'autunno, lo colpì in pieno viso dandogli dolore ma trasmettendolo anche a sé stesso per l'inesperienza nel tirare pugni. Gli fecero male le nocche e il polso stesso ma lo ignorò lasciando tutti di sasso, Edward per primo.
Chi era quello?
Se lo chiese rimanendo immobile a guardare cadere a terra il suo amico col sangue che gli usciva dal naso, lo sentì lamentarsi per il dolore. Poi come se fosse a metà fra il sogno e la realtà, senza capire se fosse sveglio o se stesse dormendo, vide gli altri reagire immediatamente colpendolo a loro volta, all'inizio Michael pieno di quella forza e quella ferocia che non gli aveva mai visto addosso, una ferocia glaciale e aggraziata simile a quella di un antico re esperto o un angelo punitore, schivò facilmente i colpi e riuscì a colpirne altri due con dei pugni dove continuava a metterci tutta la sua forza, facendosi guidare unicamente dal suo istinto. Un istinto dove l'animo gridava di dolore piangendo e impazzendo per la sofferenza repressa che improvvisamente usciva tutta in una volta esplodendo. In seguito incassò dei colpi anche lui senza però fermarsi, senza sentire nessun male fisico.
Quando si liberò per un istante da loro si avventò su uno e lo fece con una forza tale che gli altri non riuscirono a fermarlo, sulle prime.
Cominciò a picchiarlo di continuo, veloce, sempre più veloce, come se lì fra le mani avesse il colpevole della morte dei genitori.
Le parole di Edward gli risuonavano nella mente e nessuna forza al mondo sarebbe riuscita a farlo smettere, in quel momento.
Dava giù e dava giù risentendo le accusa del fratello.
Non stava male?
Non gliene fregava nulla dei genitori?
Voleva sostituirli?
Non aveva mai pianto?
Mai mostrato nessuna reazione?
Nessun dolore?
E perché?
Perché non l'aveva mai fatto?
Per loro?
Per i genitori morti?
Per chi?
Per cosa?
Davvero solo per essere il loro sostegno?
O la verità era che, in realtà, l'aveva fatto solo per sé stesso?
Edward lo capì mentre lo vedeva pestare a quel modo quel ragazzo riducendolo in una maschera di sangue, sangue che ormai era sulle sue nocche che non avevano mai fatto una cosa del genere.
Possibile che in due non riuscissero a fermarlo?
“Si è sempre trattenuto perché se si fosse lasciato andare sarebbe stato devastante per tutti. Come sta facendo ora. Il suo dolore è una bomba atomica... “
E lì, di gelido o supponente, non c'era davvero nulla. Solo un demone coperto di fuoco e di dolore, nonché di rabbia.
- NON SOFFRO? NON PROVO NULLA? NON VI CAPISCO? NON ME NE FREGA NIENTE? - Cominciò finalmente a gridare Michael furibondo mentre la furia ingigantiva in lui e nel suo bellissimo viso. A quella reazione gli altri due che cercavano di rialzarlo si allontanarono impauriti ed inebetiti loro stessi. Ma chi era quel tipo? Si chiesero. Quindi con una morsa sconvolgente allo stomaco l'ascoltarono e lo videro smettere di picchiare il loro compagno ormai privo di sensi, rimanere in ginocchio a terra a cavalcioni su di lui e piegato in due coi pugni ancora stretti e rossi di sangue, con una smorfia deformante in viso continuò: - E QUESTO ALLORA COS'E'? - Dopo di questo, senza nemmeno prendere fiato, liberò un urlo che si udì in tutto il quartiere e spaventò chiunque l'ascoltasse. Un urlo straziante e spezzato che fece rabbrividire tutti i presenti che indietreggiarono. Un lungo urlo che non trovò pace nemmeno nelle lacrime che uscirono dai suoi occhi. Le prime lacrime da quando erano morti i genitori, da quando la loro tragedia era iniziata, da quando aveva visto Hannah lasciarsi sempre più andare e poi era riuscito a risollevarla, da quando aveva visto Edward allontanarsi con quella di auto distruggersi. Le prime lacrime che uscirono rigando le sue guance dove qualche livido lo arrossava e lo gonfiava, finendo sulla bocca aperta dove l'angolo spaccato per un pugno ricevuto sanguinava sul mento.
Lacrime e urla che ripetute in continuazione crescevano mentre addirittura respirava per poter mettere più foga e aria nel suo sfogo che non riusciva a far cessare e non gli dava tregua.
E lì per lì, mentre anche Edward piangeva paralizzato e shockato dal dolore esploso del fratello, non seppe se tutto quello fu bene o male. Forse se non l'avrebbe obbligato a quel modo e se lo sarebbe tenuto ancora dentro sarebbe davvero morto a lungo andare. Forse, in fin dei conti, quella era stata la cosa migliore.
Però quanto male...
Era vero che per la rinascita bisognava prima passare per la morte?
“Ed ora come lo fermo? Andrà avanti all'infinito... non smette più... così collasserà... cosa cazzo faccio? ” Pensò Edward scosso mentre vedeva i suoi 'amici' darsi alla macchia impauriti da quell'angelo impazzito dalla rabbia e dal dolore. Piangeva turbato colto in pieno dalla sofferenza di Michael, tremava provando come un ondata tutto ciò che l'altro sentiva.
E sapeva che se non avesse fatto subito qualcosa sarebbe finita male, in qualche modo.
“Svegliati, Edward! È ora che fai tu qualcosa per lui! Datti una mossa! Fallo! Agisci! Fermalo! Raccogli le sue lacrime e il suo dolore. Fallo! È lì, ti sta aspettando, lui è qua per te, è per te che si è aperto così. È per te! Fermalo! Raccoglilo! ”
Cominciò a ripetersi svelto nella mente come una tiritera. Mentre se lo diceva turbinante, la sicurezza e la determinazione aumentavano e scosso da ciò che vedeva e sentiva, specie dalle lacrime del fratello più che dalle sue urla, si inginocchiò davanti a lui e di slancio lo abbracciò forte, lo strinse con quanta più decisione possedeva e lo circondò con le braccia sottili coprendogli il capo dove i capelli sudati e spettinati gli ricoprivano il viso, quindi glielo nascose contro il proprio piccolo petto dove il cuore batteva impazzito e i respiri erano così affannati da dargli l'impressione di aver appena corso per tutta la città come un matto.
Chiuse gli occhi e lo tenne contro di sé capendo chi, in tutta quella storia, aveva sbagliato davvero e quanto ceco fosse stato.
Capendo anche che davvero non gli doveva solo la vita ma anche l'anima ·†che nulla, in tutta la sua esistenza, sarebbe mai bastato a ripagarlo in nessun modo.
Sbagliando ancora una volta poiché il suo amore sarebbe stato più che sufficiente.
Un amore che da lì in poi gli avrebbe dato la forza e il coraggio di diventare colui che, sempre in quel famoso futuro prossimo, sarebbe diventato l'Angelo di quelle strade.
Una persona sicura, forte, determinata, ammirata, rispettata e temuta da tutti. Il punto di riferimento di molti nonché la loro stessa salvezza.
Dopo quell'abbraccio e lo 'scusa' sussurrato all'orecchio di Michael, questi smise di gridare lasciando spazio solo alle lacrime calde che stravolgevano il suo viso disperato. Le sue mani si aggrappavano a sua volta alla schiena di Edward e senza più la forza di fare altro se non abbandonarsi contro il fratello ritrovato, poté sentire chiaro ciò che disse dopo. Qualcosa che lo fece rinascere definitivamente donandogli tutto ciò che in quei mesi aveva perso.
- Ti voglio bene. Grazie di non avermi davvero lasciato perdere. Ora andrà tutto bene. Ti aiuterò io. -
Le esatte parole, le ultime, che lui aveva rivolto ad Edward e ad Hannah alla morte dei genitori.
Il sorriso che nonostante tutto riuscì debole ad affiorare sulle sue labbra spaccate, il moro lo sentì e lo imitò anche senza vederlo.
Ora, quei tre, non erano più le foglie ma il vento stesso.
FINE
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- molto lungo forse bisognerebbe abbreviare qualcosa
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