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Night in progress
La ragazza aveva un bell’aspetto. Ma arrancava, facendo appena in tempo ad appoggiarsi al marciapiede prima di esplodere in un pianto liberatorio: difatti si vedeva che i suoi grossi occhi erano lucidi e visibilmente arrossati. Indossava un piumino nero e dei pantaloni scuri. Continuava freneticamente a sbattere sui tasti del suo telefono cellulare: ad un tratto fece un urlo echeggiante di disperazione e scaraventò l’apparecchio così lontano, da giungere quasi all’altra parte della strada.
Poi, quasi istantaneamente, s’accasciò a terra mettendosi in posizione fetale: come se stesse riposando sul divano di casa sua.
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Nel momento esatto in cui Giovanni Fierro chiudeva a chiave il suo ufficio, che si trovava al secondo piano di un mastodontico edificio in pieno centro storico, non significava che lui aveva smesso di lavorare. Tutt’altro, bastava che si facesse due passi percorrendo si e no mezzo chilometro per trovarsi proprio di fronte al palazzo dove abitava, altrettanto imponente.
A prescindere dal suo tipo di carattere, perennemente allegro e solare, ultimamente il suo buon umore cominciava a dare segni di squilibrio. Il lavoro lo costringeva spesso a dover decidere e qualche volta per lui risultava faticoso optare per la scelta giusta.
The Business is business. Odiava quel detto come pochi: ma dirigere un’avviata casa editrice, comportava inevitabilmente assumere elevate responsabilità: Giovanni era consapevole di questo, seppur finiva sempre per non accettarlo.
Come allo stesso modo non accettava la sua condizione economica e finanziaria. Il padre infatti era a capo di una potente quanto machiavellica azienda, e alla sua morte l'esecuzione testamentaria sancì che tutta l'eredità spettasse a lui.
Un privilegiato, pensavano gli altri. Proprio per questo che nel corso degli anni, e sempre più esplicitamente, si stava insinuando in lui un profondo quanto sconfortante senso di colpa: “perché proprio a me? Perché proprio io? Che ho fatto per meritarlo? ”.
Questi erano soltanto alcuni tra i più frequenti pensieri che abitudinariamente lo assillavano.
E forse chissà, anche quando rincasava ogni sera, come quella in cui inaspettatamente si trovò a tu per tu con una splendida ragazza ai suoi piedi, in senso letterale e non figurativo, visto che la ragazza in questione non sembrava affatto cosciente.
Giovanni per lo stupore fece cadere una pesante cartella che portava sottobraccio: nonostante il forte impatto che aveva provocato sbattendo sul marciapiede, la ragazza a terra non si era svegliata, eppure stava così vicino.
“Oh Dio.. ” pensò Giovanni, appoggiandosi una mano sulla fronte, “Che le è successo? ”
Si chinò su di lei tastandole il battito sul polso.
“ E viva, è viva!! ” esclamò ad alta voce, così tanto che qualcuno nei dintorni aveva sentito da dietro qualche finestra e rispose in malo modo.
Forse Giovanni non aveva mai vissuto una simile esperienza, del resto la routine della sua esistenza era talmente piatta da risultare estremamente monotona. Comunque sia, senza troppe esitazioni, prese la ragazza afferrandola con impensabile forza e la portò dentro. Poi chiuse il portone alle sue spalle e s’incamminò per le scale.
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Quel locale era angusto eppur così affollato. La gente si divertiva al ritmo della musica assordante, ai tavoli si chiacchierava, si udivano le risate fragorose di alcune persone, uomini e donne, intente a discutere del più e del meno: insomma, tutti lì dentro davano l’idea di sentirsi a proprio agio, complice l’atmosfera suadente che si respirava. Tutti tranne uno. Là, in fondo al bancone, sedeva un giovane sulla trentina, di corporatura robusta, il viso lungo e i capelli brizzolati. Aveva l’aspetto di un cane bastonato: sguardo perso nel vuoto, completamente assente, uno di quelli individui che, a scrutarli attentamente, finiscono per parlare da soli.
L’uomo sorseggiava una vodka.
-Un altro bicchiere?- gli domando il barman.
-No, grazie. Sto a posto-. rispose lui
“Dalla faccia non si direbbe.. ” pensò il barman.
D’un tratto due ragazze dall’altra parte del locale indicarono il solitario uomo: una delle due fece segno a l’altra di seguirla e di avvicinarsi a lui.
- Mi scusi..- chiese una delle due ragazze, con voce timorosa - Ma lei non è Marco Silvestri, lo scrittore?-
- Abbiamo letto tutti i suoi libri - aggiunse l’altra.
Le due ragazze in questione avevano un aspetto non propriamente invitante, non nel senso estetico del termine, ma emanavano un’aria di falsa intellettualità, facilmente riconoscibile.
-Si, sono proprio io. In carne ed ossa. Più carne che ossa.- Abbozzò un timido sorriso mentre pronunciava quelle parole: inevitabilmente, si scocciava sempre quando veniva “importunato”. Ma erano gli inconveniente del mestiere.
Le due sembravano volessero chiedergli qualcosa, ma lui le interruppe.
-Volete un autografo?-
Non stavano più nella pelle. Lo ringraziarono con euforia, una delle due addirittura lo abbracciò.
Infine lo scrittore, visibilmente infastidito, dopo alcuni minuti uscì dal locale.
Erano quasi le due del mattino.
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Eterea al punto di non sembrare vera, pensò Giovanni, fissando a lungo gli splendidi occhi di quella ragazza che delicatamente aveva appoggiato nel suo letto.
“ Avrà pure qualche documento, qualcosa.. ”. Ma non si permise di aprirle le tasche dei pantaloni, e né tanto meno frugò nel suo piumino: non gli balenò l’idea di chiamare l’ambulanza, a quell’ora della notte. No, non ce n’era bisogno. Era chiaro che non aveva subito nessun trauma, il battito era perfettamente regolare. Dormiva profondamente, e basta.
Giovanni sembrò farfugliare qualcosa, rimase lei sul letto e passeggiò su e giù per la casa, nervosamente. Non sapeva come reagire all’accaduto, era la prima volta che gli succedeva qualcosa di simile, aveva la testa fra le nuvole, si toccava e massaggiava spessissimo la fronte, appoggiava i propri occhiali sul tavolo per poi riprenderli successivamente: d’un tratto bussarono alla porta e Giovanni trasalì. Aprì la porta di casa senza neppure chiedersi chi, a quell’ora e soprattutto in quel momento, potesse mai essere.
-Sei tu Marco..- esclamò –Che cavolo ti è successo?-
-Grazie dell’accoglienza.. Hai per caso ospiti?-
-Cioè, intendo..- si corresse Giovanni -Intendo, che ci fai a casa mia a quest’ora della notte? E scusami se te lo dico, ma hai un pessimo aspetto-
-Ne sono consapevole. E per questo che sono qui-
Giovanni era rimasto impalato lì davanti.
-Mi fai entrare?-
-Oh certo sì, entra, entra pure…aspettami in salotto, non entrare in camera da letto-
Ecco, subito si pentì di aver pronunciato quell’ultima frase.
-Eh, eh…- Marco rise -Hai ospiti? Te lo dicevo io..-
Continuò a ridere per un po’, Giovanni impassibile.
-Senti per favore non è nottata, non entrare in camera da letto e basta..- si stava innervosendo.
-E no, ora un’occhiata la voglio dare..-
-Per favore dai, fai la persona seria una volta tanto, se ti dico di no è no. Non c’ho voglia di scherzare, per favore, dai aspettami in salotto. Fra due minuti sono da te.
Marco infischiandosi di quella supplica, entrò lo stesso in camera da letto. Rimase folgorato dalla sorpresa.
-Cazzo!!- urlò Giovanni.
Marco rimase muto per qualche secondo.
-Ora capisco tutto..-
-Ti prego Marco, non dire stronzate. Semmai pensale, ma non dirle-
-Da dove ti è caduto quest’angelo?-
Giovanni tossicchiò, gli fece segno di allontanarsi da lì. Rimasero a parlare fuori l’ingresso.
-L’ ho raccolta.. cioè, l’ho presa in braccio e me la sono portata a casa..-
-Non potevi conquistarne una migliore. Complimenti.-
-Oh Gesù!- Giovanni era sempre più alterato -Ma tu hai un chiodo fisso? Non è quello che pensi. L’ho vista mezza morta sul marciapiede qua sotto e non me l’ha sono sentita di restarla là, capisci? Riesci a comprendere quello che dico?-
Marco stette un po’.- L’unica cosa che comprendo ora, in questo momento,- rispose -E che hai fatto un’enorme cazzata.
-Ma che dici?-
-.. Ambulanza no vero? In casi come questi, rischi di passare per un maniaco!-
-Sei serio Giovanni, o sei completamente ubriaco? Perché dal tuo alito si direbbe che ti sei fatto più di un bicchierino. “Maniaco”.. Ma come ti vengono in mente certe frasi? A volte parli come un’analista da quattro soldi -
-Non li leggi mai i giornali?- Marco assunse un tono serio -In casi del genere la linea è sottile, basta un’azione come questa per passare dalla parte del torto. Pensa se ora arriva qualcuno, che ne so, la polizia, i carabinieri..-
-Vaffanculo!- esclamò Giovanni che fin’ora era stato in silenzio ad ascoltarlo. -Ma ti ascolti quando parli? Dai a me lezioni di vita, tu, finto edonista che ti sei disperato fino all’altro ieri per.. come si chiamava quella? Francesca?-
-Francesca, ma le non c’entra niente in questa storia, lasciala perdere, non nominarla proprio che è meglio. E comunque ho un cuore ma anche un cervello.- rispose Marco -e il mio cervello insiste nel dire che quella splendida ragazza accovacciata sul tuo letto qui non può restare, fattene una ragione. È un consig…-
Non fece in tempo a finire la frase che Giovanni lo interruppe, accorgendosi che la sua inattesa ospite s’era svegliata, e stava farfugliando qualcosa.
-Fammi andare da lei. La lezione di etica la continuiamo più tardi, okay? Anche perché vedo che continui imperterrito a essere prigioniero del tuo egoismo.-
Marco annuì, stringendosi fra le spalle. Non controbatté.
Giovanni corse in camera da letto e notò la ragazza che si stava stiracchiando.
-Ciao..- la salutò timidamente.
Lei lo fissava perplessa. Si strofinò gli occhi un paio di volte.
-Tu chi sei?- domandò ad alta voce.
-Ehm…- era impacciato, mentre parlava guardava all’indirizzo di Marco - stavi per terra sul marciapiede, sembravi svenuta, ho pensato di portarti qua a casa mia così stai più comoda..-
-Tu cosa?- la ragazza si innervosì.
-Per chi mi hai preso? Guarda che non sono quello che pensi!-
-Si si lo so, infatti le mie intenzioni erano… sono…-
Marco, che fino a quel momento aveva assistito alla scena da innocuo spettatore, intervenne e disse:
-Il mio amico sta dicendo che infatti ora si chiama un’ambulanza per alcuni accertamenti..-
Giovanni lo ammonì con lo sguardo. Marco offeso, lo mandò a quel paese e se ne andò.
-Certo che il tuo amico è simpaticissimo..- notò la ragazza.
-Eh già, e lo dovresti vedere quando è incazzato: là sono guai seri.-
-Beh,- aggiunse lei -veramente non mi ha dato l’impressione di uno calmissimo-
-Si comporta così ma in realtà è adorabile. Il problema è che essendo un artista, è soggetto a continui sbalzi di umore, tutto qua. Ma fidati, è una delle migliori persone che io conosca.-
-Okay okay.. Ti ringrazio comunque. Non capita a tutti di accogliere una perfetta estranea a casa propria. Dov’è il bagno? Mi dovrei dare una rinfrescata.
Giovanni rimase di sasso, lo stava colpendo l’atteggiamento unico di quella ragazza, subito così stranamente accondiscendente, estroverso. “Troppo estroverso”, pensò Giovanni, considerando che si trovava a faccia a faccia con un perfetto sconosciuto mai visto in vita sua.
-Il bagno è l’ultima camera sulla sinistra. Accendi la luce all’ingresso, sennò rischi di inciampare. Però ti avverto, se ti vuoi cambiare non credo di avere abiti adatti a te, anche perché a guardarti non hai un’ aspetto molto maschile, mi pare. E dal momento che abito perennemente da solo, quello che posso è prestarti una mia camicia, anche se credo sia un pochino larga. Comunque la trovi nel secondo cassetto del mobile vicino al letto.-
La ragazza si toccò il mento.
-Sei un gentiluomo,- disse -esauriente e diretto. Mi piaci.
-Se è per questo,- rispose Giovanni -anche tu mi piaci assai, quindi è un sentimento reciproco. Posso almeno sapere il tuo nome?-
-Ileana,- rispose la ragazza, -mi chiamo Ileana -e il tuo?-
-Giovanni. bellissimo nome Ileana… A dopo, ti aspetto in salotto, voglio scambiare due chiacchiere con te.
-Come vuoi. – rispose lei -Credo che sia il minimo che possa fare per sdebitarmi.-
Ileana gli sorrise, “in maniera maliziosa” pensò Giovanni. Poi si diresse in bagno: lui intanto, non sapeva proprio come uscire da quella insolita situazione e, in quel momento, aveva mille pensieri per la testa che frullavano senza soluzione di continuità.
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Nel frattempo che Ileana stava in bagno, Giovanni scese in strada per tentare di recuperare il telefono cellulare che lei aveva scaraventato a terra poco prima che lui la incontrasse: “come negare un favore ad una simile creatura? ” si chiese fra sé. Fortunatamente lo trovò illeso, tranne qualche graffio qua e là, ma funzionava correttamente.
In trentacinque anni, questa era la prima volta in vita sua che si trovava a dover fronteggiare una simile situazione. Non sapeva come reagire, ogni suo istintivo pensiero magari contraddiceva un altro. Il cuore che batteva a mille, un’ ansia frenetica che lo assaliva, Giovanni non era tranquillo. “Forse Marco ha ragione, mi sto comportando da maniaco” pensò in quei momenti, per poi tornare in sé “ No, ho fatto bene. Ma non posso fare pensieri strani su di lei. Devo cercare di trattenermi. Devo restare calmo. ”
Ma questo era praticamente impossibile: quella ragazza emanava in lui un fascino indescrivibile, Giovanni l’aveva capito dal primo momento che l’aveva vista. Il guaio è che non riuscendo ad arginare i suoi sentimenti ora c’era il rischio che perdessero il controllo. In fin dei conti lui non riusciva quasi mai a vedere il lato malvagio delle persone, si era sempre contraddistinto per un piacevole spirito buonista di fondo, ora stava considerando l’ipotesi di esteriorizzare ad Ileana il suo stato d’animo: ma ovviamente pensò di fare una brutta figuraccia.
Discreto come al solito, non se la sentì di mettersi a frugare nell’agenda telefonica di lei, ma si limito soltanto a muovere a caso qualche tasto. In quel mentre Ileana uscì dal bagno e si diresse in salotto, dove Giovanni sedeva assorto sul divano.
-Certo che la tua casa è davvero immensa- disse -Mi sembra troppo grande per una persona sola a viverci, non trovi?-
Giovanni non poté non ammirare la semplice bellezza di Ileana, i lisci capelli bagnati che le scendevano sulle spalle, le morbide labbra, gli occhi neri e profondi: ora indossava una sua vecchia camicia blu a righe, ed un pantaloncino bianco che, dedusse Giovanni, doveva aver trovato nello stesso cassetto.
-Perché mi fissi così?-
-Non ti sto fissando…-
Giovanni era imbarazzato.
-Ammiro la tua bellezza. E i tuoi occhi.-
Una frase retorica, ovvio.
-Dici? Ti sbagli, non sono bella. Dovresti guardarmi al mattino, appena mi sveglio, ho la faccia rossa e i capelli arruffati.-
-Strano, eppure ti ho visto mentre ti svegli, e non mi è sembrato che tu fossi così orrenda-
-Ho molti difetti, credimi-
-Beh, quelli tutti. Ora, con il dovuto rispetto- il cuore di Giovanni ticchettava all’impazzata -Mi racconti la storia? Perché ti ho trovata quasi morta sul marciapiede?-
-Non ero morta, ma una brutta storia- rispose lei, mentre si sedeva sul divano.
-Mi sono lasciata col ragazzo e ho reagito un po’ male-
-Tutto qua?-
-Tutto qua, affermativo. È uno stronzo, non lo voglio più vedere-.
-Ti ha fatto qualcosa?- Il ticchettio del cuore di Giovanni diventava insostenibile -Cioè, chi è costui?-
-Inutile che te lo dico, manco lo conosci.-
-Beh questo è vero. Ma avrà fatto qualcosa di grave per ridurti in quello stato, non capita sempre di buttarsi sul marciapiede e mettersi a dormire-
-Ultimamente le cose non andavano proprio, e poche ore fa ci siamo lasciati, sono stata io a fare la prima mossa, ma lo pensavamo entrambi già da tempo.. Diciamo che la reazione che ho avuto sotto casa tua è stato un mio sfogo personale.-
-Scusa, sarò scemo ma non capisco,- la interruppe Giovanni -Ti ha messo le corna?-
-Beh, veramente io a lui. È una storia che risale a un anno e mezzo fa, diciamo che ho conosciuto un altro e l’ho baciato, ma mi sono limitata solo a quello credimi. E lui continuava a rinfacciarmelo, nonostante ci fossimo chiariti. -
-Si si, ti credo!- annuì lui, mentre si portava la mano al petto. Il cuore stava per esplodergli.
-Da un anno e mezzo me ne faceva passare di tutti i colori a causa di quella mia improvvisa e breve sbandata, fino al punto che non ci ho visto più e l’ho completamente estromesso dalla mia vita.-
Giovanni rifletté momentaneamente, e per un alcuni minuti ci fu un totale silenzio in quella casa. Fino a che Ileana disse:
-Ti senti bene Giovanni?-
-Certo certo, è che… -
Stette un po’.
-Credo di essermi innamorato di te-
Lei spalancò gli occhi.
-Mi conosci da due ore, ti sono enormemente grata per avermi accolto, ti sei comportato in maniera unica, ma.. Innamorato di me? Sul serio?-
-Mai più serio in vita mia.-
Lei rise.
-Ti si illuminano gli occhi quando ridi. Sei ancora più bella.-
-Fai così con tutte le donne?- commentò Ileana.
-Non con tutte.. ma in modo particolare con quelle che raccolgo per strada la notte.-
-Mi stai mettendo in imbarazzo..-
- Sei troppo bella per essere vera. Sono sincero.
Lei lo accarezzò sulla spalla.
-Ti credo Romeo..- disse- Ma io non sono adatta per uno come te-
-Che significa?- Giovanni trasalì.
-Ma ti sei guardato? Hai una casa immensa, per non dire gigantesca, vivi da solo, hai le tue abitudini… Non so niente di te e tu non sai niente di me. Anche tu mi piaci, ma siamo due perfetti sconosciuti. Io sono una combina guai, se ci mettessimo insieme dureremmo si e no due giorni. È assurdo..-
-Nulla è assurdo nella vita. Credimi: e poi, ti conosco quanto basta per esprimere un giudizio, un’opinione.-
-Sai, qua non c’è l’ombra di una foto, non hai parenti, nessuno?-
Ileana stava cercando di cambiare argomento.
-Non mi va di parlare della mia famiglia, sennò mi intristisco.-
-Addirittura?-
Giovanni stette un po’.
-Mio padre- disse -pace all’anima sua, non dico che era un farabutto per aver abbandonato mia madre quando io ero piccolo, ma non ci ho mai avuto un grande rapporto. È spuntato nella mia vita quando avevo quindici anni e mentre mia madre era molto malata lui cercava futilmente di mettere insieme i cocci. Troppo tardi non trovi?-
-Parole sacrosante. Ma se permetti, non mi sembra che te la passi male se non sono indiscreta-
-Non mi lamento. Ti ripeto, mio padre nonostante fosse abbastanza stronzo in vita, ha cercato comunque di riscattarsi e alla sua morte mi ha lasciato una cospicua eredità. Troppo per me.-
-E che ne hai fatto?- domandò Ileana abbastanza incuriosita.
-Mi è rimasta un’esigua parte per me, ho aperto una casa editrice tutta mia, il resto che tu ci creda o no, l’ho dato in beneficenza.-
-Davvero?-
-Te lo giuro-
-Sei la persona più dolce che abbia mai incontrato allora..-
Giovanni si sorprese.
-Davvero lo pensi?-
-Perché dovrei mentirti?-
-Per così poco?- aggiunse Giovanni.
Ileana si stupì.
-Ma ti ascolti almeno? Hai dato l’eredità di tuo padre ai bisognosi, e ti sembra poco?-
-È importante sentirsi bene con sé stessi. Per me conta quello. Come quando ti ho aiutato prima. Stavi in difficoltà e non me la sentivo di lasciarti lì- stette un po, poi aggiunse:
-Tu invece eri sincera un attimo fa quando mi hai definito dolce?-
-Io non mento mai. Tienilo ben a mente. Ricordati di questo. È stato il mio essere sincera che spesso mi ha portato sulla cattiva strada. E vedere te, qui, di fronte a me, mi sembri…-
S’interruppe.
-Cosa ti sembro?- chiese Giovanni, con tono pacato.
-Mi sembri così…Signorile ecco. Credo proprio che tu sia un ragazzo d’oro. E per aggiunta, anche divertente e sensibile.-
Ileana era serissima, Giovanni l’aveva notato. I due si avvicinarono e le loro labbra stavano quasi per sfiorarsi. Proprio mentre stavano entrando in stretto contatto, bussarono alla porta.
-Chi sarà?- esclamò Giovanni.
-Dio mio, - Ileana impallidì.
-Credo che sia lui… Cazzo mi ha raggiunta sul serio..-
-Che cavolo stai dicendo? Lui chi?-
-Il mio ex..-
-Merda!!- fece Giovanni, -E me lo dici ora? Ma quando diavolo lo hai chiamato?-
-Scusami ti prego perdonami..- Ileana stava quasi per piangere, ed i suoi occhi erano diventati ancora più lucenti
-Aprigli ti prego, aiutami…- lo supplicò.
-In che cazzo di situazione mi vado a cacciare, merda!- Continuava a borbottare Giovanni, mentre si avviava ad aprire la porta di casa.
________
La visione che ebbe Giovanni quando aprì la porta, fu demoralizzante. Un energumeno non tanto alto ma quanto robusto e prepotente, il classico palestrato per intenderci, s’ introdusse furiosamente in casa sua, senza neanche presentarsi.
-Scusi lei cosa vuole?- gli domandò Giovanni, cercando con tutto il possibile di restare calmo, anche se pareva arduo.
L’ uomo lo fissò per un po’.
-Chi cazzo sei tu?- rispose -E che ci fai con lei, stavate scopando?-
Indicò Ileana che stava seduta sul divano. Lei e Giovanni si scambiarono un’occhiata, non sapevano che dire o fare.
-Tu vieni con me. E tu, bellimbusto, levati dalle palle.-
L’energumeno cercò di strattonare Ileana, ma Giovanni si frappose tra loro.
-Eh no, bello!- ebbe la forza di reagire, - Tu a lei non la tocchi, e neanche la porti da nessuna parte. Esci dalla mia proprietà altrimenti chiamo i carabinieri.-
-Chiami i carabinieri?- l’ energumeno lo derise, -Ma ti sei guardato? Che lavoro fai, l’impiegatuccio?-
Incredibilmente, l’energumeno, quella figura così arrogante e viscida, non fece in tempo a terminare la frase che Giovanni gli assestò un destro, a vuoto però: infatti venne preceduto in maniera fulminante da un suo sinistro fortissimo, impetuoso, che a momenti gli spaccava il naso. Ileana intanto era da un po’ che si era alzata dal divano, prendendo posizione e cercando di sedare quella rissa: approfittò della situazione e non vista, fugacemente s’ impadronì di un portacenere d’alabastro riposto su uno dei tanti scaffali presenti.
-Vattene brutto stronzo,- gli intimò, minacciandolo, -Vattene o giuro su Dio che ti denuncio stavolta. Capisci che è finita? Hai ancora un po’ di sale in zucca? È stata bella finché è durata. Ma io e te non siamo fatti per stare insieme. Ti prego, lascia questa casa e, soprattutto, lascia la mia vita-
Inaspettatamente, l’energumeno mostrò qualche briciolo di compassione.
-Ma Ileana, dai, sai che ti amo..-
-Non è vero, e tu lo sai. Come io non amo te. È finita, da un pezzo. Secondo te sono così stupida da non essermi accorta che da alcuni mesi frequenti un’altra?-
-Amore mio, dai..- l’energumeno cercava di scusarsi.
-Vattene. Saresti un bravo ragazzo, se soltanto la smettessi di pomparti. Non ti vedi che sembri una mongolfiera?-
L’energumeno annuì. Si scrollò le spalle, sparì dalla sua vista senza neppure salutarla.
Ileana distratta da quei momenti, non si era al momento accorta che Giovanni era riverso inerme sul pavimento, ma per fortuna aveva sbattuto la testa contro il divano.
-Oh Gesù..- esclamò Ileana, portandosi la mano alla bocca. Andò in bagno a prendere un asciugamano, l’acqua ossigenata e alcuni cerotti: si diresse poi in cucina e cacciò dal freezer qualcosa avvolta nell’ alluminio.
Gliel’appoggiò sul naso.
-Giovanni, mi senti? Giovanni rispondi!- lo schiaffeggiò ripetutamente -Amore mio, dì qualcosa!!! Rispondi, non posso perderti, ti ho appena conosciuto..-
Farfugliò qualcosa, impercettibilmente.
-Non puoi farmi questo.. Ti ho conosciuto da neanche due ore.. rispondi, dii qualcosa..-
Una manciata di secondini, interminabili secondi: per Ileana sembravano protrarsi all’infinito.
-Mio grande eroe..- bisbigliò, accarezzandogli il viso -.. Mio dolce e tenero salvatore..-
Ileana stava quasi per baciarlo quando improvvisamente, Giovanni riprese conoscenza, ma non fece in tempo ad accorgersi di quel gesto.
-Che è successo? E Big Jim dov’è? Me lo sono sognato o avevi in mano qualcosa?-
-Se ne è andato, si ho afferrato quel tuo portacenere, e l’ho minacciato. -
-Mi hai salvato la vita!- disse con un filo di sarcasmo- Coraggiosa. Ahia, mi fa male il naso..- disse Giovanni –È fredda ‘sta cosa, e tra l’altro mi sembra un pezzo di carne surgelata.. ma ce n’è bisogno?-
-Serve a fermare l’ emorragia, anche se per fortuna non hai perso molto sangue. E il fatto che sei svenuto per alcuni secondi è stata la conseguenza del trauma che hai subito. Il dolore sarà stato lancinante, immagino -
-Parli come una dottoressa.. –
-Fuochino. Sono un’infermiera.-
Giovanni rimase perplesso.
-Tu? Infermiera?-
-Perché ti sorprende molto?-
-Sei.. sei così.. Ehm. Gracile, ecco-
-Grazie, lo prendo come un complimento..-
-Ed è così.. Delicata come una bambola di porcellana.-
Ileana si guardò intorno, come fosse imbarazzata da quelle parole: poi guardò un orologio appeso al muro.
-Va in orario?- chiese.
-Che?-
Giovanni pensava ad altro.
-L’orologio..- ribatté Ileana.
-Certamente. -
-Allora devo andare. Fra un’ora devo attaccare il turno all’ospedale.-
-Se vuoi posso darti uno strappo, ma te la senti di lavorare oggi?- disse Giovanni.
-Sto in forma. Ti ho già stressato abbastanza. Cerca di riposarti un po’.-
Ileana si avvicinò a lui e fece in tempo a baciarlo, questa volta. Giovanni rimase di scatto, non s’è l’aspettava. Visibilmente arrossì: quell’attimo per lui non sembrava vero.
-Ho dedotto ora, che è molto meglio baciarti quando sei sveglio…- commentò Ileana.
-Cosa?- Giovanni non afferrò la battuta.
-Niente, niente..- tagliò corto Ileana.
Si diresse all’uscita di casa, Giovanni le stava dietro come un’ombra.
-Ci rivedremo presto. Sei libero domani sera?-
Giovanni stentava a crederci. Quella notte per lui si stava rivelando sempre più incredibile.
-No, liberissimo.-
-Allora ci vediamo domani sera, ti va se mi auto-invito a cena da te?-
-Non chiedermelo neanche.- rispose Giovanni.
-Allora a domani. Ricordati che sono puntuale come un orologio svizzero.-
I due si salutarono, Ileana frettolosamente le scale.
-A proposito..- commentò -Non mi avevi detto che questo gigantesco palazzo non ha l’ascensore!-
-È una struttura antichissima, farebbero bene a buttarla giù e ricostruirla!- rispose Giovanni.
Nel frattempo Ileana se ne’era andata. Giovanni si affacciò alla finestra e continuava a salutarla come un bambino euforico: lei lo fissava e rideva.
Esultò come se avesse vinto la lotteria di Capodanno. Non stava più nella pelle e faceva fatica a trattenersi.
Squillò il telefono, spezzando momentaneamente quella gioiosa atmosfera che s’era creata. Andò a rispondere.
-Pronto?-
-Sono io, Marco. La ragazza sta con te?-
-No, se ne è andata da poco.-
-Volevo chiederti scusa. Prima mi sono comportato da vero stronzo: e che è un periodo no, questo. Perdonami.
-Scuse accettate.- rispose Giovanni senza pensarci due volte- Anche io non mi sono comportato un granché bene, ti ho offeso senza motivo.-
Mentre parlava al telefono con l’amico era intento a guardare fuori dalla finestra. Notò che cominciava ad albeggiare. Si profilava l’inizio di un nuovo giorno.
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