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Per un segreto(prima parte)
PRIMA PARTE
Il sole aveva dato forfait per l’intera giornata, il cielo sembrava essersela presa a male – per la verità era incazzato nero – e i Nets erano fuori dai play off. Tutto sommato, però, Nicholas Tillinghast era certo che le cose stessero girando per il meglio. Raccolse la posta dalla cassetta e salì al suo appartamento. L’azienda che gli forniva l’elettricità desiderava essere pagata entro fine mese o non gli avrebbe più dato corrente. Rise dall’alto del suo ritrovato conto in banca e si chiuse la porta alle spalle. <<Sentono l’odore del sangue>>, bisbigliò.
Andò dritto in cucina per festeggiare il riacquistato buon umore con un bicchiere di scotch. Per oltre due anni la sua vita era stata un continuo via vai dal tribunale per un processo inconcludente di cui avrebbe fatto volentieri a meno, mentre quel po’ di esistenza che gli rimaneva scivolava come sabbia fra le sue dita. Sua moglie era morta, aveva perso il lavoro ed era stato risucchiato in un maelstrom di nera apatia; si sarebbe suicidato, se solo gli fosse importato qualcosa della morte. Mandò giù lo scotch, godette del vellutato calore che gli inondava le viscere, e ne versò dell’altro insieme a qualche cubetto di ghiaccio. C’erano stato momenti terribili, è vero, ma la ruota della vita aveva ripreso a girare.
Andò in camera da letto, lasciò il bicchiere sul comodino, accese la lampada e si liberò degli indumenti di troppo. Una doccia, un po’ di alcol e dritto a nanna: ricetta vincente per un’ottima dormita. Abitava da solo, ma si vedeva con una donna, la stessa che gli aveva fatto avere un nuovo lavoro, con la quale sarebbe andato a vivere al più presto. Non aveva dimenticato sua moglie, non avrebbe mai potuto. Sara non si limitava ad essere una compagna di vita, era tutto. Lei era la luce che lo guidava nel buio, era il sogno che dormiva accanto a lui, l’alba e il tramonto di ogni buona giornata. Ora lei non c’era più e lui stava con un’altra, ma chiunque volesse avere a che fare con lui sapeva che Sara non sarebbe mai scomparsa dai suoi pensieri. All’inizio era stata un’ossessione, un’ombra tenace nella sua vita, poi il suo ricordo era divenuto una carezza costante. Adesso Nicholas era in pace con lei e con se stesso. Dopo tanto tempo si sentiva bene.
Si avvicinò alla finestra per osservare la città. Lo faceva solo quand’era di ottimo umore. Notò che anche la luna stava sbirciando il paesaggio, essendosi ritagliata uno spazio tra le nuvole scure. Un rumore attirò la sua attenzione, una sorta di sibilo che proveniva dal soggiorno. Fece un giro per casa, si assicurò che la porta fosse chiusa e non disdegnò di dare un’altra mandata alla serratura. Non trovò nulla di strano e tornò in camera a bere un sorso di scotch. Bevve quasi metà bicchiere e si arrestò quando la luce della lampada oscillò prima di spegnersi del tutto. Pensò che quelli della società elettrica, stanchi di minacciare, fossero passati ai fatti. Sorrise e posò il bicchiere.
Il sibilo tornò a sorprenderlo, ora molto vicino e accompagnato da un alito di vento. Ma aveva appena controllato che porte e finestre fossero chiuse. Notò qualcosa di strano nell’angolo buio oltre il letto, un’imperfezione molto vaga. Rimase immobile per lunghi istanti a fissare quel buio, poi capì. Ciò che non andava in quell’angolo era il fatto che l’angolo non si vedesse affatto, come se vi fosse qualcosa davanti. Nicholas trattenne il respiro e desiderò che anche il cuore si prendesse una pausa per avere un silenzio assoluto. Ancora una volta sentì il sibilo, e veniva dall’angolo.
Soltanto le luci della città e un timido raggio di luna gettavano luce nella stanza, sfiorando appena l’angolo da cui il rumore proveniva insistente. Nicholas era certo di non essere solo nella camera, ma non capiva come qualcuno potesse essere entrato. Pensò di accendere la luce, ma sentiva appena le gambe e non si sarebbe mosso neanche sotto il fuoco di un mitra. Si chiese se il buio nascondesse un ladro e si rispose che a quel punto avrebbe già fatto la sua mossa. Provò a parlare. Non aveva un filo di voce.
Opponendosi al suo desiderio, il cuore di Nicholas prese a martellare un ritmo sfrenato e non senza ragione. Mentre la possibilità che si fosse sbagliato, in preda a suggestione, cominciava a calmarlo il buio si mosse. Fu un movimento accennato, meno di un sussulto, ma inequivocabile. Subito dopo il fantasma emerse dall’ombra. Una figura alta, avvolta in un mantello rubino col cappuccio alzato che ne nascondeva il volto.
Nicholas non era mai stato un uomo razionale. Era abbastanza superstizioso da temere gli incontri con i gatti neri e cadere in paranoia quando versava il sale, e troppo poco materialista da biasimarsi. Quando il tizio in rosso prese forma dal buio, tuttavia, desiderò credere che fosse solo un uomo dall’abbigliamento eccentrico e non che i propri pensieri vagassero tra le storie di mostri e demoni che gli avevano rubato molte notti quand’era bambino. Un pizzico di scetticismo gli avrebbe fatto comodo.
La morsa che lo teneva fermo si allentò di colpo, solo per lasciare il posto ad una sensazione assai peggiore. Un tocco gelido gli bloccò il respiro, mentre l’essere col mantello era ancora dall’altra parte del letto, e dita invisibili si posarono nella sua testa. Qualcosa gli esplose nel cervello, una salva agghiacciante di grida disperate che gli fece perdere coscienza per un attimo. Tornò in sé, seduto in capo al letto, e il tizio in rosso gli era di fronte. Visto da così vicino, l’essere pareva fatto solo del mantello, un pensiero folle che ebbe pronta conferma quando Nicholas si rese conto che sotto il cappuccio non c’era una testa e nessuna mano sporgeva dalle maniche. Dal vuoto del cappuccio si udì ancora il sibilo, adesso più acuto e simile ad una risata. Nicholas balzò in piedi per scappare da quell’incubo, ma una forza spaventosa lo scagliò di nuovo sul letto e lo serrò con catene immaginarie. Ora seppe che qualunque cosa si trovasse di fronte ne era in balia, costretto a subire un destino ignoto.
La voce giunse del tutto inaspettata, un tuono che esplose nella testa di Nicholas improvviso e doloroso come le grida di prima. La sentì ancora e ancora, ma non capiva cosa dicesse fino a che calò di potenza e divenne un bisbiglio suadente e gentile. Tuttavia il cambio di tonalità non lo convinse, troppo simile ad un coperchio usato per tappare un vulcano. Poteva sentire ancora, in sottofondo, sia l’urlo poderoso che le grida, tenute a bada con immensa fatica. Il fantasma fremeva, per fretta, per rabbia o per gioia, difficile a dirsi, ma era chiaro lo sforzo che faceva per controllarsi.
Le parole non producevano alcuno suono nella stanza, anche il sibilo era cessato. Solo nella testa di Nicholas l’essere dal mantello rosso ripeteva impaziente una frase, come la premessa di una lunga cerimonia. Quando si decise ad ascoltarla, Nicholas cadde in preda al terrore.
Sono qui per mangiare la tua anima.
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0 recensioni:
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- Hei, hai seguito il mio consiglio!! Sai che c'è, sono d'accordo con te( e si che l'ho scritto io!), infatti se riscrivessi il racconto oggi, ormai a distanza di qualche anno, separerei i due aspetti, ne farei due racconti distinti e separati. Ad ogni modo, attendo il giudizio finale, ma più ancora mi auguro che trovi qualcosa di interessante.
- Ciao mitico Vincent, questo mi intriga di più dell'altro, però preferisco quasi la parte iniziale dove ancora non c'è "il male" ma ti darò il mio giudizio dopo aver letto la seconda parte ciao
- Grazie, Stefano, sei il primo che si è sorbito la lettura fino a questo punto, perciò spero che la seconda parte ti sia gradita. Buona lettura e un saluto anche a te.
- adoro i racconti horror è questo è molto intrigante e ben scritto... bravo!!! ottima la descrizione della stanza, del buio, della misteriosa figura.
non appena ne avrò la possibilità leggerò anche la seconda parte.
un saluto!
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