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L'erba del cimitero
Ipod nelle orecchie, Junior Kelly mi alleggerisce il lavoro, ascolto sempre musica quando lavoro, mi piace, mi distrae, non mi fa pensare a loro: ai morti. Laura Portico 24/08/1934; 25/10/2007, spazzo un'altra lapide, non riesco a fare a meno di leggere le iscrizioni e fare i conti di quanti anni aveva la gente a cui pulisco la soglia del nuovo monolocale. Settantatre, non male, non credo che ci arriverò mai. Penso di essere il primo, forse l’unico custode di cimitero che lavora accompagnato dalla musica, ma che ci vuoi fare, siamo nel terzo millennio. Ho ventotto anni e vivo nel cimitero di Solano da cinque, sono entrato al posto di mio nonno. Il mio lavoro non è certo il più simpatico della terra, ma certo non mi lamento, lo stipendio è buono e poi Solano non è tanto differente dal camposanto infatti non esco quasi mai. Antonio Vesciola 13/02/1896; 16/04/1983 ottantasette anni eh! Mica male. Appena finisco di fare il conto Capleton mi invade il cervello comincio a canticchiare la canzone che si propaga dalla mie cuffie e non penso più a nonno Antonio. La canzone mi prende tanto che non bado più alle tombe che pulisco, passo allora nel viale che porta all’uscita, osservo i lati del vicolo e sto attento a pulire tutto. Arrivato al cancello ancora una occhiata al viale e mi stupisco di quanto mi piaccia illuminato dalla tenera luce del tardo pomeriggio. Il marmo delle lapidi riflette la luce in modo particolare creando una sorta di sfera che irradia le pietre del sentiero. Spengo la musica e mi godo il panorama appoggiato alla mia scopa, resto fermo qualche secondo, alzo la mano destra verso la testa e faccio il mio tipico gesto di saluto ai miei inquilini speciali: faccio finta di togliere il cappello. Una volta salutato il condominio tranquillo mi avvio verso la mia casetta a fianco al cancello. La mia dimora è piccola e tranquilla, ho addirittura due stanze una dove passo il tempo, mangio, vivo insomma la parte della giornata in cui non lavoro e l’atra dove dormo. Entro nella sala-cucina-salotto-studio, il disordine regna sovrano dvd: sparsi in terra e sugli scaffali, un libro, Narciso e boccadoro, fa capolino vicino la poltrona beige che ho preso a casa dei miei genitori. La luce che viene dalla finestra disegna un quadrato sul pavimento marrone, mi blocco lo studio per bene, la luce proietta come la sagoma di una lapide, una lapide che ho la sensazione di conoscere bene, alzo gli occhi alla finestra da dove penetra la luce, poi riguardo il suolo, mi sembra quasi di riuscire a vedere una foto nel mezzo, mi avvicino osservo meglio, ma una volta accostato la trovo solo una luce sul pavimento. Mi allontano di nuovo e adesso non mi dice più nulla, mi gratto la testa, sistemo i miei dreads e mi volto pensando che ho le visioni, forse colpa della troppa erba che fumo. Ho scoperto che l’erba piantata nel cimitero è davvero una bomba. Da solo mi dico< allora facciamo così, facciamo così> automaticamente mi tolgo la felpa e la butto dove capita. Cerco la scatola dei Romeo and Juliet, mi volto un paio di volte nella stanza finche non la vedo sul tavolo, automaticamente un sorriso mi si disegna in volto. Apro la scatola, svuotata dai sigari già da tempo, e ne caccio la mia bluebarry bud insieme alle cartine e un filtro. Mi siedo comodo sulla mia poltrona e comincio a rullare il mio personalino di giornata. Accendo, una bella boccata, trattengo il fumo…sollievo. Il rilassamento che segue i primi tiri è sempre il migliore, sprofondo nella poltrona e prendo il libro, inizio a leggiucchiare le storie amorose di Boccadoro. Poso il libro dopo due pagine, l’erba è troppo forte e non riesco a concentrarmi, allora mi alzo deciso a prendere una birra e accendere un po’ di musica. Nello stesso istante in cui ritorno bipede sento una voce: <fammi fumare> sgrano gli occhi. Veloci nel mio cervello passano due pensieri: il primo è che sto davvero strafatto il secondo che sarebbe bene prende una boccata d’aria, ma portando anche l’Ipod non si sa mai, meglio limitare le voci…
Poggio la canna nel posacenere raccatto la felpa e la indosso controllo se c’è ancora il portamusica e mi avvio fuori nel condominio.
Appena volto nel vicolo Susanna Mingozzi 02/03/1988; 05/07/1988, alzo gli occhi al cielo, a queste cose non sono ancora abituato< cazzo, adesso no!> quasi scappo via, accendo il lettore e Jah Mason mi da sollievo grazie anche alla canna fumata quasi per intero. Arrivato nel viale principale, Gentleman comincia a diffondersi nel mio cervello, gli occhi socchiusi mi fanno sembrare il viale ancora più bello. Inizio a percorrerlo deciso però a non guardare nessuna iscrizione marmorea. Arrivo a metà mi fermo, non è ancora buoi ma i lampioni sono già accesi, alzo lo sguardo ai pioppi, mi siedo a terra incrocio le gambe, in quello stesso momento Fantan MoJah comincia a cantare una canzone sui ringraziamenti da fare a dio per le cose che ci regala, automaticamente incrocio le mani a mo di rastafariano, nella posizione di connection, canticchio<<give thanks and praise>>poi mugolo il resto delle parole che non conosco…sono davvero leggero, riattacco quando ricordo le parole<<people change but Jah love remane the same>>. Nelle brano però si infila qualcosa che non sembra appartenere alla canzone, di nuovo la voce che avevo sentito prima, ora però ride.
Istintivamente mi tolgo le cuffie e cerco di ascoltare, potrebbe continuare, penso tra me e me.
Inizio a guardarmi intorno, inevitabilmente mi imbatto nelle inscrizioni mortuarie, non ne leggo nessuna in particolare, ma ho deciso di fare una cosa che faccio spesso e mi distrae, cioè andare di fronte a una lapide osservarla bene e pensare a cosa starebbe facendo quella persona se fosse viva, se non fosse nel “condominio”.
Volontariamente cerco di distarmi non vorrei che le voci si ripetessero, comincerei a pensare che sono veramente matto, così cerco tra i tanti loculi, uno mi attrae, è nuovo, di una ragazza arrivata qui poco tempo fa: Sara Brunetti 21/04/1985; 17/10/2008…una delle due date mi colpisce subito: è la stessa del mio compleanno, sono nato un diciasette ottobre anonimo e tutto calza, uno che nasce il diciassette di ottobre non può che fare il custode di camposanto. Rido nella mia solitudine e divago. Prima di partire nelle mie fantasie mi studio bene la foto, Sara era scura di carnagione, magra e con un taglio d’occhi quasi a mandorla che incorniciavano le iridi nere corvino capelli marrone scuro, insomma una bella ragazza. Parto con i pensieri, immagino che io e Sara eravamo amici, magari avevamo fatto la stessa scuola, visto gli stessi posti e frequentato la stessa gente. Cerco di costruire un ricordo che non esiste di noi insieme a una gita scolastica, magari a Roma dove ci facciamo fare una foto nei pressi del circo massimo e… Sento stranamente odore di erba, mi stranisco e cerco qualcuno attorno, solo io fumo nel cimitero, nessun altro. Annuso l’aria in cerca della direzione, ma nulla è come se l’odore venisse da dentro me, faccio un giro completo torno verso la lapide di Sara e... Mi paralizzo sento ancora la voce <<Andiamo?>> alzo gli occhi al cielo e cerco ancora di capire da dove venga. intanto la luce del pomeriggio è sparita quasi del tutto e il lampione dietro illumina ancora a sufficienza per permettermi di vedere, poggio la mano destra sulla fronte e la trascino sul volto fino alla fine del mento con mio immenso stupore la foto è cambiata, è vuota, scura. Do una occhiata alle altre lapidi: sono tutte bianche non ci sono scritte ne foto, solo quella che ho di fronte conserva il tipico medaglione riservato all’immagine, ma anche da questa sono sparite le scritte. Penso che dovrei scappare, ma una strana forza mi attrae verso quell’ovale scuro, mi avvicino molto lentamente, mezzo metro, dieci centimetri, arrivo quasi a toccare il marmo con il naso. Attento guardo dentro, prima niente, poi un’ombra, anzi due, l’odore dell’erba ritorna e insieme anche le voci che adesso sono due, ridono insieme, le sagome oscure diventano più nitide: sono una ragazza e un ragazzo che mi sembrano stranamente familiari. Sono seduti di fronte a qualcosa, dal mio punto di vista non si capisce cosa. Riesco finalmente a vedere chiaramente, sono loro a fumare e a ridere, hanno quasi finito lo spinello, lo spengono, il ragazzo si alza, lo seguo alzando lo sguardo contemporaneamente al movimento ed è…<cazzo mi somiglia!!> dico ad alta voce, ma loro non sentono me, o non vogliono. Continua ad analizzarlo il volto è simile al mio, ma ha i capelli corti ed è più basso. Il mio sosia tende la mano alla ragazza restata seduta a toccare con le dita la patina che separa me da loro, posso quasi sentire i suoi polpastrelli sul mio viso, non stacco gli occhi da lei mentre si alza aiutata dal ragazzo e si bacia le dita, gesto a me troppo familiare da lasciarmi indifferente, comincio a tremare, i due fanno un passo indietro, torna la voce, è quella di lei dice <<Ciao amore>>, poi quella di lui <<Ciao Ale, andiamo Sara>>. Ho la bocca spalancata, li seguo fino a quando voltano l’angolo e spariscono, dopo di loro quello che rimane è una ombra sul terreno, la stessa che ho visto in casa oggi. Mi stacco da quella specie di spioncino…Ale è il mio nome…cado a terra seduto…
FINE
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