Sono seduta sulla mia poltrona con in mano una tazza di tè.
Quel tè cinese, comprato sabato scorso in un buffo negozietto orientale.
La testa mi gira un po’, il cuore pulsa come un metronomo impazzito.
Una nebbia densa cala sui miei occhi e, di colpo, mi ritrovo risucchiata dal vortice creato dal cucchiaio nella tazza.
Apro gli occhi e mi ritrovo a navigare in un mare color ocra sopra una foglia di tè.
Il cielo bronzo abbaglia con mille pagliuzze dorate.
Tutto scorre lentamente, sospeso, immobile.
Un vento tiepido ed aromatico mi spinge verso est.
D’un tratto appare, tra la setosa foschia color rame, la sagoma di un’isola.
Mi viene incontro (o sono io che vado verso di lei?) sempre più vicina.
Non riesco ancora a distinguerne i dettagli, pur sentendola famigliare, ma inizio a scorgere la spiaggia, la mia meta.
Immagino di essere già arrivata e di sentire il tepore della sabbia soffice sotto i piedi.
Quando giunge al mio orecchio un suono.
È una melodia, un canto ambrato che si avvicina a sfiorarmi i capelli e dal quale non riesco più a slegare la mente.
Ed ora La vedo.
È lì, davanti a me, trai flutti salati.
Mi guarda con i suoi occhi color del mare in tempesta, unica macchia di vero colore in questo surreale mondo dipinto nei toni della terra.
Continua a cantare e la spiaggia si fa sempre più lontana.
E la mia foglia galleggia rapida verso quella voce.
Tappo le orecchie con le mani, pur capendo che il mio gesto è ormai inutile.
Chiudo gli occhi nell’attimo in cui vengo inghiottita.
E d’un lampo mi ritrovo seduta sulla mia poltrona.
Con la tazza di tè tra le mani.