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Quei giorni di Settembre Parte 2.
CAPITOLO 7 : L’ULTIMA BATTAGLIA DEL LUPO.
I soldati del Reich avanzano, seppur con evidente difficoltà. Le colline dell’Appennino tosco emiliano non sembrano il terreno più adatto ai loro stivali di cuoio ed il terreno a tratti friabile dei boschi non favorisce il loro equilibrio. A volte chi cade riesce a rimettersi in piedi ed a continuare la propria faticosa salita verso il nemico, ma capita che il soldato tedesco che scivoli sulla finissima ghiaia sotto i suoi piedi sia destinato a non rialzarsi più, falciato dai proiettili che sembrano sputati da una vegetazione desiderosa di dare la più dura delle punizioni agli intrusi che non meritano di essere accolti in essa. Una natura indignata dal sangue che quegli uomini hanno fatto scorrere sotto i loro occhi. Occhi puri, abituati alla lucentezza del sole, al sapore invitante dell’aria pura... assolutamente impreparate a respirare il disgusto del sangue che ha imbevuto le loro radici e corrotto la loro innocenza. Una vegetazione che sembra essersi stancata di fare da spettatore passivo e che ora vuole la sua vendetta.
Le grida di addio alla vita di quella razza che si crede tanto superiore alle altre ed i corpi che rotolano dai declivi sono un pessimo spettacolo per gli altri che restano e che non hanno altra scelta che continuare ad avanzare faticosamente nel grembo di quella natura così bella che vuole solo rigettarli, servendosi dei loro nemici e nascondendoli fra i suoi rami, i suoi cespugli e le sue rocce.
Gli ordini sono chiari: avanzare a qualunque costo. Mai indietreggiare. Mai ritirarsi.
Molti di quei soldati sono poco più che ragazzi. Non hanno mai combattuto una battaglia contro un nemico invisibile. Si sono divertiti ad uccidere per tutta la mattina e tanti loro compagni stanno ancora uccidendo in paese. Sfortunatamente, loro hanno ricevuto l’ordine di rastrellare le colline circostanti per scoprire i rifugi dei loro principali nemici e stanarli. Erano tutti convinti che fosse un compito semplice. Erano convinti di andare contro un branco di contadini male armati che avessero ottenuto le loro vittorie per pura fortuna. Il grande esercito tedesco li avrebbe trovati in breve tempo e li avrebbe distrutti nell’animo e nel corpo come aveva fatto con tutti i suoi nemici. Come stava facendo con gli abitanti dei paesi vicini. L’esercito tedesco non avrebbe perso una battaglia così semplice, quasi ridicola da combattere.
Ma l’esercito tedesco stava scoprendo di non essere così grande come credeva. Lo stava scoprendo su quelle colline come nel resto d’Europa. E non era preparato a fare i conti con questa rivelazione. Avevano ragione: i partigiani erano contadini, giovani studenti idealisti e addirittura delinquenti e borseggiatori militavano tra le loro fila. Non erano bene armati, questo è vero... il loro arsenale era costituito quasi esclusivamente dalle armi rubate ai nemici uccisi.
Potevano sembrare una brigata da quattro soldi, a prima vista. Non avevano alcun addestramento militare (almeno questo valeva per molti di loro) e non potevano sfoggiare un fisico da gladiatori scafati da ferite di battaglia e scontri in almeno tre continenti come i loro avversari ariani... ma c’era una cosa in cui abbondavano, specialmente in questi ultimi mesi, appena saputo dello sbarco alleato e dell’imminente vittoria che sentivano già nelle loro mani. Avevano coltivato la disperazione della preda braccata continuamente dal predatore. Una vittima indifesa che sente giorno e notte l’alito fetido del mostro che vuole divorarla senza nemmeno sputare le ossa. Una preda sempre vicina ad essere di fronte ad un muro invalicabile, preludio all’ultimo mortale attacco del cacciatore impietoso.
Ma ora la preda ha imparato dal suo dolore... dalla sua angoscia. Ha coltivato queste sensazioni ogni momento della giornata e della notte... ha combattuto contro di esse ed ha saputo vincerle. No, non vincerle... ha saputo trasformarle a suo vantaggio. Le a mutate in rabbia e desiderio di rivincita. Vuole far provare la stessa paura al cacciatore. Vuole infondergli la stessa disperazione; vuole chiuderlo in quel vicolo cieco e soffocarlo lentamente.
La preda si è trasformata in cacciatore e gli piace quel ruolo. Lo vuole tenere stretto quanto più è possibile. Vuole sfogare tutta la rabbia fermentata dentro... farla esplodere contro chi lo ridotto così.
I sibili dei proiettili fanno battere i denti ai soldati tedeschi che si appiattiscono il più possibile contro il terreno quando non possono raggiungere altro riparo. Coprono la testa, stringendo l’elmetto con entrambe le mani e confidano nella loro buona stella, ammesso che se la meritino.
È normale che abbiano paura. In fondo non sono macchine di morte, per quanto loro pensassero di esserlo. Ma gli ordini sono sempre gli stessi e martellano le loro menti, fra il fischio di un proiettile ed lo scoppio di una bomba a mano vicino a loro: nessuna ritirata. Il nemico deve essere sconfitto.
Dall’alto della sua postazione riparata, in cima al promontorio, il Lupo osserva la battaglia con il binocolo. Per quanto detesti ammetterlo anche solo con sé stesso, deve davvero riconoscere che i tedeschi non mancano di caparbietà né di determinazione. Una parte di sé vorrebbe addirittura avere rispetto del nemico... ne avrebbe se non si fosse macchiato delle stragi immotivate, ultima quella contro la sua gente ed i suoi amici.
Il suo cuore è preoccupato... ancora nessuna notizia dalle sue spie. Del resto, è difficile addentrarsi in paese in questo momento... ancora non sa nulla e questo lo fa stare male e non gli permette di concentrarsi come dovrebbe in qualità di guida. La sua Livia è ancora laggiù... è voluta rimanere con la sua famiglia. Come può fargliene una colpa? Era l’unica cosa possibile. Certo, non avrebbe potuto portarla con sé nelle caverne che gli hanno fatto da casa gli ultimi quattro anni... ma ora vorrebbe averla costretta a seguirlo. Potrebbe essere al suo fianco. Potrebbe proteggerla contro quei maledetti. Il binocolo non è abbastanza potente da arrivare a Marzabotto. Resiste all’impulso suicida di correre lungo la collina e raggiungerla.
Vorrebbe fare qualcosa. Deve fare qualcosa! Deve almeno sapere se sta bene!
Non può fare nulla. Accarezza persino l’idea di mandare una squadra dei suoi uomini laggiù con l’ordine di trovarla e portare in salvo lei e tutta la famiglia. È una missione suicida ma i suoi ragazzi la accetterebbero senza discutere, questo lo sa bene. Accetterebbero di morire per l’uomo che ha ridato loro la speranza quando non la vedevano più... l’uomo che ha restituito loro la dignità. Nessuna esagerazione; il Lupo è diventato una leggenda per tutti... un eroe per forza che si è rifiutato di piegare la testa fin dall’inizio. Tanti, i soldati inglesi fuggiti dai tedeschi che sapevano del suo coraggio ed hanno chiesto di unirsi a lui, accettando qualsiasi comando.
Ogni combattente della brigata sarebbe felice di fermare con il proprio corpo la corsa di un ipotetico proiettile che minacciasse la vita del condottiero di Stella Rossa. E molti hanno davvero sacrificato la vita per lui; hanno accettato le più terribile torture da parte dei nazisti, senza mai lasciarsi sfuggire alcuna informazione che potesse farlo catturare. Non lo hanno mai tradito e non concepiscono l’idea di farlo. Basterebbe che lo dicesse e loro correrebbero davvero verso una Marzabotto devastata ed in fiamme per salvare la sua Livia. Sarebbero consapevoli di non riuscire nell’impresa ma morirebbero volentieri nel tentativo.
Non può dare quell’ordine. Per quanto sia in ansia, per quanto senta tremendamente la mancanza dei suoi occhi di cielo, dell’odore della sua pelle, dei suoi capelli corvini in cui affondare dolcemente le mani e percorrerli in tutta la loro lunghezza... per quanto gli manchino queste e tante altre cose di lei non può dare quell’ordine. Non può mandare dei ragazzi al massacro. Non può farli uccidere per avere il suo bene. E non può farli uccidere inutilmente. Non soltanto perché non sarebbe giusto, ma anche perché pensa che questo sia lo scontro decisivo. Qualcosa dentro di lui lo convince di quest’idea e gli consiglia di non rinunciare a nessuno dei suoi combattenti. Tutti dovranno fare la loro parte, lui compreso. Molti moriranno me questo è il giorno della vittoria... ne è sicuro.
Livia è in gamba... non sarebbe la sua donna altrimenti; saprà cavarsela e saprà mettere in salvo la sua vita e quella dei propri cari, sfuggendoli a quell’inferno. E quando sarà finita, lui potrà tornare in paese. Si sposeranno come avevano progettato nella chiesa di Monte Sole. Il suo vecchio amico Don Ubaldo celebrerà le nozze ed inizieranno a ricostruire assieme agli altri. Andrà così. Certo che andrà così! Un incubo non può durare per sempre... il sole spunta sempre alla fine.
Ma bisogna dare una mano al sole... ed anche oggi si deve combattere. L’ultima battaglia.
Dietro di lui, Luca e Beppe si guardano perplessi... si accorgono del groviglio di pensieri che avvolge il loro comandante ma non osano interromperlo. Vorrebbero elargire consigli ma pensano che al Lupo non serva alcun consiglio. Lui sa sempre che cosa fare e quando farlo. Devono solo attendere i suoi ordini. Ma Luca è troppo preoccupato. Non riesce a resistere alla tentazione:
“Tutto bene, comandante? ” gli chiede con un velo di timore, sporgendo leggermente il capo verso di lui, con il collo allungato.
Pur immerso nei suoi timori, il Lupo sente le parole di Luca, benché ovattate, che gli rimbombano nel cervello.
“No, brutto idiota! Non va niente bene, invece!! Sei così imbecille da non vederlo da solo? Non va bene per un cazzo! Quei figli di puttana tedeschi continuano a salire sulla collina, nonostante li stiamo prendendo a calci nelle palle ed io non so se la donna della mia vita è ancora viva in mezzo all’inferno laggiù oppure è morta assieme a tutti gli innocenti, barbaramente massacrati agli ordini di un assassino in uniforme!! Tutto questo non lo vedi da solo, razza di demente?? O forse non è sufficiente per la tua scala di valori a farti pensare che qualcosa stia andando male? Sei solo un imbecille senza cervello! Adesso hai altre domande idiote? ”
Questo vorrebbe dirgli! Vorrebbe sputargli in faccia tutta la sua furente disapprovazione. Quella domanda l’ha urtato davvero. L’ha urtato enormemente... sente tutto il corpo tremare dal nervoso. Vorrebbe saltare letteralmente addosso a Luca e picchiarlo fino a farlo piangere. Vorrebbe sfogare tutta la sua rabbia sul viso pulito di quel giovane ragazzo nemmeno maggiorenne. Vorrebbe fargli pentire di aver aperto bocca per domandare una cosa così indelicata. La domanda gli ha fatto più male di quella volta in cui il frammento di una granata esplosa vicino gli si era conficcato nel fianco sinistro. Non avrebbe mai pensato che avrebbe provato un dolore simile in vita sua una seconda volta... si sbagliava. Quelle parole gli avevano scavato nell’animo più di quanto aveva fatto nelle carni quella maledetta scheggia di ferro.
Poi c’è un attimo di stallo... come il tempo che si ferma. Il suo corpo che si resetta automaticamente e riparte dopo una manciata di secondi.
Adesso è in grado di respirare profondamente un paio di volte... inspirare con il naso ed espirare con la bocca. E trasportati dal fiato, sembrano uscire anche quei pensieri davvero troppo distanti da un uomo come lui. non perfetto, certo... non assolutamente privo di quei difetti comuni a tante altre persone. Quegli stessi difetti che contribuiscono comunque a formare nel bene e nel male il carattere stesso di ognuno di noi. Ma un uomo sicuramente in grado di essere saggio in molte occasioni e di averlo dimostrato sempre negli ultimi anni. Un uomo che non può dare nessuna colpa a quella domanda, a pensarci bene. Quella sequela di insulti sputati assieme a veleno sono rimasti fortunatamente nella sua testa ma mancava davvero poco e sarebbero usciti dalla bocca e non con il respiro. Se le avesse pronunciate davvero, poi sarebbe stato difficile scusarsi e probabilmente anche inutile.
Ma ha riflettuto. Ha saputo dominare la rabbia... una rabbia comprensibile per quanto sta passando ma non giustificabile verso Luca, che dimostra solamente sincera preoccupazione verso chi ritiene una guida irrinunciabile. Verso un uomo al quale sacrificherebbe la sua vita, come farebbero tutti gli altri.
Non è giusto farlo sentire colpevole di essere preoccupato e di provare affetto nei suoi confronti tanto da voler essere rassicurato e da sapere se poter fare qualcosa per farlo sentire meglio. Il Lupo ha represso un sacco di volte la rabbia durante questa guerra... forse troppe volte. forse avrebbe dovuto dare più sfogo ad essa e magari in più di un’occasione. Ma anche verso il nemico non ha mai palesato nessun furore particolare, per quanto lo meritassero i tedeschi.
Li ha combattuti e li ha uccisi, questo è poco ma sicuro. Ma lo ha fatto senza quella luce brillante negli occhi. Una luce scintillante che ha visto in molti dei suoi commilitoni. Uno scintillìo che non può essere paragonato ad un senso di serenità come può infondere quello scaturito da un raggio di sole o dalla fugace apparizione di un arcobaleno dopo un brutto temporale. La luce negli occhi che vedeva era cosparsa di una brillantezza fredda e crudele... quasi un luccichio di lacrime di sadismo nel vedere il nemico agonizzante ai propri piedi. Vedere i suoi occhi che supplicano mentre cerca di tamponare la ferita mortale che gli sta strappando via la vita. la tamponano con entrambe le mani ma il sangue non cessa di uscire e di pitturare di rosso gli steli d’erba che non sono schiacciati dal peso del corpo sempre più freddo e rigido. Gli occhi azzurri cercano un aiuto dove non c’è... ma lo cercano comunque anche se non lo troveranno e la bocca si affanna a trovare dell’ossigeno che possa riempire i polmoni prima che perda conoscenza... perchè sa che non potrà mai più riacquistarla. La paura è ormai l’unico sentimento ben presente ed impossibile da tenere sotto controllo, mentre i pensieri si accavallano nella mente fino a causare una durissima emicrania che tuttavia passerà presto... passerà quando la nebbia sarà più fitta dei pensieri e di qualunque altra cosa. Alla fine sarà più fitta anche della paura. Il preludio della morte. Del suo abbraccio.
Uno spettacolo a cui Lupo ha assistito molte volte, sia da una parte che dall’altra... gli scatenava commozione quando si trattava dei suoi uomini ma non odio né soddisfazione quando era il turno del nemico a giacere sul terreno. Per alcuni dei suoi uomini invece, il godimento era tutto e volevano che l’agonìa durasse il più a lungo possibile... qualcuno sorrideva leggermente, stando ben attento a non farsi vedere. Ma era contento nel vedere quella bestia crucca morire e gli piaceva pensare che se ne andasse a bruciare all’inferno per l’eternità.
Lupo se ne accorgeva ma non diceva nulla... non sarebbe stato giusto, anche se forse avrebbe dovuto. Non ammetteva che si infierisse sui cadaveri o che li derubassero degli effetti personali, su questo era irremovibile ed era approvato da tutti gli ufficiali di Stella Rossa... certo, non poteva essere dappertutto e capitava senz’altro che qualcuno trasgredisse anche a queste regole di base. Lui poteva immaginarlo ma non lo avrebbe mai saputo per certo. Il campo di battaglia era troppo grande anche per lui. Sperava che i suoi uomini fossero corretti e mantenessero quel briciolo di doveroso onore verso un nemico ucciso... voleva infondere loro un briciolo di disciplina anche in guerra... ma non poteva chiedere loro di rinunciare ai loro stati d’animo. Questo non poteva farlo davvero.
Gli dispiaceva che provassero odio... gli dispiaceva vedere quella luce di crudeltà in ragazzi che già avevano conosciuto molte poche gioie nella loro breve vita. Gli dispiaceva davvero che gioissero della morte di un essere umano, per quanto straniero, violento e dittatore fosse. Eppure era quella stessa rabbia a dar loro la forza per sopportare tutte le rinunce della loro vita da eremiti. Era quella luce che poteva fargli sopportare tutto lo schifo che gli veniva svuotato addosso ogni giorno... tutto il sangue che dovevano pulire dalla faccia e dai vestiti.
Quella stessa rabbia che li corrodeva e li faceva somigliare ai loro avversari, li avrebbe aiutati a tenere lontana la paura di morire e viva la speranza della vittoria. Come poteva chiedere loro di soffocare una sensazione che provava lui stesso, anche se non la condivideva? Era brutto da dire anche a sé stesso ma gli faceva comodo quell’odio. Aveva trasformato dei contadini e dei garzoni in ottimi combattenti. E di fronte alla strage compiuta a Marzabotto e nella Valle del Reno l’odio sarebbe aumentato a dismisura e li avrebbe portati a combattere ancora meglio. Sapere i loro parenti, i loro amici trucidati nelle loro case li avrebbe resi il degno branco del Lupo e li avrebbe portati alla vittoria. La vittoria che avrebbe potuto ricongiungerlo a Livia.
Solo questo doveva essere importante. Il resto doveva fingere che non esistesse. La guerra tira fuori il peggio di tutti gli uomini. Mai il meglio. Mai.
Questa non sarebbe stata un’eccezione. Doveva fingere che non vi fosse quella luce negli occhi. Doveva fingere che non c’erano ladri o rapinatori nella sua brigata. E se anche l’odio esisteva, doveva fingere che sarebbe scomparso una volta terminata la guerra ed avrebbe lasciato volentieri posto all’armonia ritrovata.
Ma non vuole rinunciare a coltivare anche altri sentimenti, altre sensazioni imperdibili per un uomo... come l’amicizia ed il rispetto per chi combatte al suo fianco. E l’affetto per un amico che prova timore per il suo stato d’animo.
“Va tutto bene, Luca. ” Risponde Lupo in tono rassicurante, sfoderando un sorriso deciso e rincuorante per i due soldati al suo fianco. Non è una risposta sincera ma Luca non se ne accorge e scaccia via il timore, così come Beppe. Si sentono più tranquilli nel vedere che il loro comandante non vacilla e si sentono entrambi stupidi per averlo pensato.
Poche decine di metri sotto di loro il massacro continua senza sosta... senza alleviare la sua brutale intensità.
Da entrambe le parti, i soldati squarciano l’aria con acute grida di battaglia che sembrano davvero infondere la forza necessaria ad uccidere i propri simili, colpevoli di indossare una diversa divisa ed avere diverse ideologie. Grida che sembrano prese in prestito da quelle lanciate dalle creature della letteratura d’orrore di Poe o Lovecraft. Grida sguaiate che si fondono ed avviluppano i suoni altrettanto squarcianti delle mitragliette ed i secchi colpi delle pistole. Si incontrano e si avvolgono come si esibissero in una macabra danza alla visione della quale la Morte applaude estasiata.
I lamenti dei feriti che strisciano sul terreno in cerca di nascondiglio o si aiuto fanno da debole sottofondo al concerto di follia così come il loro pianto o l’ansimare della vita che preferisce fuggire lontano piuttosto che assistere ancora ad un simile strazio. E gli occhi terrorizzati degli animali ritratti nelle loro tane sono increduli ed impotenti di fronte a quell’enorme caos di sangue e si aggrappano alla speranza che nessuno di quei mostri armati che si fanno a pezzi poco lontano si accorga di loro e dei cuccioli che proteggono.
Il sergente Wulf, al sicuro nelle retrovie, scaglia vivaci esortazioni con il megafono ai suoi soldati perché non perdano questa battaglia. Ordina loro di avanzare a qualunque posto e promette che il Furher onorerà chi è caduto combattendo in suo nome. Dal canto suo il sottufficiale si guarda bene da fare anche il più piccolo passo verso l’inizio della collina. Non vuole lasciaci la pelle in quel buco di paese, pensa. In fondo è sempre stato migliore a mandare gli altri al macello. Persino i soldati che costituiscono la sua guardia personale e che anche ora lo circondano, sentono un insopportabile senso di nausea al pensiero di dover prendere un proiettile per salvare la vita a quell’uomo odioso che non ha alcuna familiarità con il concetto di valore o coraggio.
Eppure non è dato sapere se sia l’incitamento di Wulf ad assolvere allo scopo, ma i soldati nazisti sembrano guadagnare terreno.
I cadaveri dei partigiani iniziano a diventare veramente troppo numerosi e la rabbia e la voglia di vincere lasciano gradatamente posto nei cuori dei giovani ed improvvisati combattenti ad una più ragionevole paura e voglia di sopravvivere. Non in tutti, certo... ma presto anche Lupo si accorge che molti dei suoi stanno indietreggiando volontariamente... alcuni fuggono a gambe levate e spariscono nel verde, sperando di evitare il nemico e determinati a tornare a farsi vedere a guerra finita.
Qualcuno di loro non riesce a trovare alcun varco per la fuga e crede sia più saggio gettare le armi e procedere lentamente verso i tedeschi a mani alzate e con lo sguardo rassegnato ed umile. Ammette la sconfitta. Un gesto ammirevole, questo è sicuro. Ma denota una sciocca carenza di memoria a breve termine.
Davvero hanno già dimenticato che quegli uomini hanno appena sterminato buona parte della popolazione della valle? Davvero hanno dimenticato che tutte quelle persone non erano armate? Davvero hanno dimenticato che molti, troppi erano solo bambini? E davvero hanno dimenticato che li stanno uccidendo anche in questo momento?
Forse è la paura di morire o può anche essere la stanchezza... la frustrazione di vivere come un selvaggio e la saturazione di ogni fibra dell’essere di proseguire una guerra che è già durata anche troppo e che sembra non vedere mai la fine. Forse è tutto questo che fa dimenticare il genere di nemico che hanno davanti. Ma l’ignoranza non costituisce una scusa ed il prezzo da pagare per essa è molto alto.
Gli ordini di Wulf sono stati chiari fin dall’inizio: nessun prigioniero. I nemici del Reich devono essere eliminati.
E quei ragazzi ancora minorenni non fanno nessuna eccezione... sono nemici del Reich come lo erano gli abitanti di quei paesi. Nell’ultimo istante, sentendo la pressione della canna sulla tempia e lo scattare del percussore pensano persino che un colpo di pistola alla testa forse costituisce un buon modo di liberarsi dal fardello di quella guerra... e forse l’unica via d’uscita possibile.
“Non ho mai visto una lotta come questa. Non se lo sognano nemmeno di indietreggiare. ” Commenta Beppe mentre fissa il combattimento con occhi pallati.
“Non possono indietreggiare, vecchio mio. ” Risponde il Lupo. “Il fatto è che stanno perdendo la guerra e lo sanno molto bene. Hanno perso tutti i loro punti saldi. Tutte le loro convinzioni che li hanno portati a formare il loro impero. Ufficiali, soldati e lo stessi Adolf Hitler credevano di essere arrivati al punto dell’invincibilità. Niente li avrebbe più cacciati da dov’erano. Si sono seduti sugli allori e l’hanno pagata. La stanno pagando tutt’ora. Non si aspettavano nemmeno la destituzione del Duce. Hanno vacillato dopo la perdita del loro alleato principale e sono arrivati in Italia a frotte per tamponare una falla ormai incontenibile. Sono certo che non avrebbero compiuto un massacro quest’oggi ai danni della popolazione locale se fossero stati meno stressati. Ma gli hanno ordinato che tutti sono nemici del Reich, a questo punto. E tanto per fare una sviolinata a noi stessi, non si aspettavano neanche che potessimo metterli in scacco così tante volte. il fatto è che ci siamo dimostrati più in gamba di quanto loro si aspettassero anche lontanamente e l’hanno sempre presa sottogamba. A questo punto non se lo possono più permettere e del resto possono giustificare il loro massacro solo con la distruzione di Stella Rossa e la deportazione di tutti i loro capi. Non si fermeranno per questo. Dobbiamo fermarli noi, anche se non sarà facile. Questo è il vero esercito tedesco. Quello che stiamo vedendo combattere laggiù è il vero senso del nazismo. Un mostro davanti al quale non ci siamo mai trovati di fronte. Una belva ferita che difenderà fino all’ultimo la propria pelle. ”
“Allora dobbiamo chiamare dei rinforzi! ” sbotta Luca con evidente nervosismo. “Dobbiamo far arrivare tutti gli altri componenti della brigata distaccati nella zona di Sasso Marconi e Grizzana Morandi. Possiamo capovolgere il risultato. Li supereremo di numero. ”
“Stanno combattendo anche loro, Luca. Stanno combattendo duramente tutti i nostri compagni dislocati lungo la valle. Non possiamo chiamare nessuno di loro in questo momento. Nessuno può lasciare il suo posto per darci man forte. E del resto non arriverebbero in tempo... ho la sensazione che questa battaglia non durerà così a lungo. ”
“Ma, Lupo... sappiamo quasi per certo che Reder si trova a Marzabotto. Se riuscissimo a mettergli le mani addosso, forse tutto questo finirebbe! Potremmo costringerlo a ritirare le sue truppe e dichiarare una resa! ”
Lupo si volta verso il commilitone e gli sorride candidamente:
“Sei giovane e pieno di entusiasmo, Luca. E questo l’ho sempre ammirato in te. Ma il tuo potrebbe essere un piano perfetto solamente nei romanzi d’avventura. Non pensare che il fatto di avere il maggiore Walter Reder così vicino a noi coincida con la certezze che sia facile mettergli le mani addosso. ”
“Ma forse possiamo camuffarci ed avvicinarci a lui... ”
“È impossibile, ragazzo. Lo vorrei tanto anch’io e l’ho sognato spesso negli ultimi giorni. Trovarmi faccia a faccia con quella carogna sarebbe il mio desiderio più grande in questo momento... Ma devo guardare in faccia la realtà e pensare a vincere questo scontro. Il mio ruolo me lo impone. Forse, basterà a farlo ritirare con la coda tra le gambe. E per dare coraggio agli uomini c’è un’altra cosa che devo e che voglio fare. Devo combattere con loro. ”
Beppe e Luca si guardano fra loro e rivolgono lo sguardo di stupore verso Lupo. Temevano che sarebbe arrivato questo giorno prima o poi. Tante volte avevano pensato a come lo avrebbero affrontato. Tante volte non erano riusciti a trovare una soluzione da preparare per quel frangente. Come avrebbero impedito al loro comandante di esporsi al fuoco nemico in prima persona? Come avrebbero potuto fermarlo dal dare un fulgido esempio di valore a tutti i ragazzi che si erano arruolati nella brigata, seguendo il suo esempio di coraggio, fortemente attirati dal suo valore? Lupo stesso aveva dato a loro l’onore di occuparsi della sua sicurezza personale. Erano le loro guardie del corpo, in un certo senso. Anzi, erano le loro guardie del corpo in tutto e per tutto e questo li riempiva di orgoglio. Era persino motivo di vanto verso i loro compagni d’armi. E potevano dire di essere gli unici a conoscerlo meglio e gli unici con cui lui si confidava. Hanno imparato a conoscere a fondo l’uomo che si cela dietro al leader... dietro al predatore da cui ha preso il nome. Più di una volta hanno camminato davanti a lui e si sono sentiti fischiare le orecchie ed accarezzare pericolosamente la pelle dalle pallottole nemiche che lo volevano morto. Luca è stato ferito nel compito di proteggerlo. Ma stare con Lupo non significava soltanto questo. Lo hanno visto ridere, piangere e scherzare. Hanno passato con lui intere notti a parlare ciascuno dei propri affetti e dei propri sogni. Lo hanno consigliato quando lui stesso si rivolgeva a loro per avere un parere sui suoi piani di battaglia. Due uomini che hanno passato i peggiori anni delle loro vite a combattere una guerra che non avrebbero mai pensato di vivere. Anni di sonni costellati da incubi e di sudori freddi... ma anche anni di orgoglio e gratitudine per aver conosciuto un uomo che merita questo sostantivo molto più di altri suoi simili. Un uomo che merita di avere la maiuscola. Ma adesso, il Lupo ha deciso di esporsi in prima persona... ha deciso di scendere sul campo di battaglia e di infondere la voglia di vincere a tutti i suoi ragazzi. Ha deciso di essere come loro. Di tornare ad essere davvero il capobranco che li guiderà al trionfo. Ha rinunciato alla loro protezione, consapevolmente. Anche lui sente le urla laggiù. Sa perfettamente che potrebbe divenire uno dei corpi che giacciono sul terreno. Ma non vuole tirarsi indietro. I suoi occhi lo confermano.
Sia Luca che Beppe non vogliono lasciarlo. Non vogliono perderlo proprio adesso. Vorrebbero impedirgli di correre a testa bassa verso i nazisti. Vorrebbero impedirgli anche con la forza di rotolare lungo la collina. Uno dei loro doveri sarebbe quello di trattenerlo ed impedirgli che si faccia del male. Che si faccia ammazzare. Perché se dovesse morire sarebbe la fine. Lo sanno perfettamente. Sarebbe la fine di Stella Rossa.
Ma Lupo ha deciso. E non sarebbe nemmeno giusto impedirgli di percorrere la sua strada.
Lui si accorge del tormento interiore che divora i due amici... poggia una mano sulle loro spalle:
“Non dovete preoccuparvi per me, ragazzi. Dio solo sa quanto i nostri abbiano bisogno di vedermi laggiù in mezzo a loro adesso. E lo sapete che lo voglio anch’io. ”
“Noi dobbiamo proteggerti... Mario. ”
Il suo vero nome. Lupo trasale un momento a sentirlo. Sembra buffo ma non lo ricordava quasi più. Molti pensano che Lupo sia un nome di battaglia... può sembrarlo, in effetti. E rispecchia il suo carattere impetuoso ed il suo coraggio. Ma solo i suoi amici d’infanzia sono a conoscenza del vero significato di quel soprannome. I compagni di giochi che lo battezzarono Lupo quando aveva poco più di dieci anni... gli stessi compagni di giochi che ha ritrovato fra le fila della brigata. Gli stessi compagni di giochi che ha visto morire. Lupo... Mario. in questo momento chi è? Forse entrambi... forse nessuno dei due. Forse soltanto un uomo stanco dell’orrore intorno a sé. Un uomo che vuole tornare dall’amore della sua vita. Un uomo che non chiede altro che poter finalmente vivere una vita normale.
“Voi mi avete già protetto più di quanto foste tenuti a fare, amici miei. Ora vi chiedo di essere con me per quest’ultima battaglia. ”
“Lo saremo, Mario. ” Risponde Luca, con un filo di voce, strozzata dalla commozione.
La stessa commozione che sale nella gola di Beppe e che lo limita ad annuire.
Un violento tuono devasta quella cornice di serenità ed amicizia e lo spostamento d’aria è così forte da sbatterli malamente a terra. Un tuono a ciel sereno che fa tremare la terra e scaglia detriti per chilometri, innalzando una densa nuvola di polvere che impedisce la visuale sul campo di battaglia per una manciata di angosciosi istanti.
Ancora prima di vedere la nube sollevarsi e svanire nel cielo... ancora prima di ammirare con orrore la voragine nel terreno... mentre la faccia affonda ancora nell’erba, Lupo sente un pensiero correre nella sua mente. Un pensiero che si può riassumere in un solo breve nome:
CANNONE.
Purtroppo è davvero così. Un colpo pauroso che ha creato una desolazione apparentemente mortale sulla collina. Buona parte della vegetazione attorno al cratere è solo un ricordo. Entrambe le orecchie sono occupate dal fischio continuo ed acuto che non vuole interrompersi, mentre al silenzio inizia a contrapporsi il suono penoso dei lamenti dei feriti che si contorcono a terra e che annaspano alla ricerca di una gamba o di un braccio che non fa più parte del loro corpo.
Alcuni non riescono a vedere nulla poiché il sangue ha ricoperto il volto e si è fatto strada nelle pupille... il loro sangue o quello di chi stava al loro fianco. Tanti ragazzi della brigata sono agonizzanti ed attendono inevitabilmente il colpo di grazia da parte degli aguzzini tedeschi, i quali non si fanno pregare a darglielo.
Mario, Luca e Beppe si alzano faticosamente e fanno grossi sforzi per riordinare le idee e capire dove sono. Sentono il corpo leggero, come se non appartenesse più a loro. Un fortissimo mal di testa che non li vuole lasciare e che martella ad ogni piccolo passo.
Ma lo spettacolo dei compagni uccisi è molto peggio... uno spettacolo che induce forte nausea e voglia di piangere. Una visione di morte che ha spezzato nettamente il filo di speranza al quale si aggrappavano saldamente fino a poco fa. E la parola vittoria adesso sembra essersi dissolta come la polvere dell’esplosione nel cielo. Intangibile ed irraggiungibile.
Luca riesce a scorgere il cannone in lontananza alle pendici del colle, proprio vicino alla jeep del sergente Wulf... ed i tedeschi sembrano intenti a ricaricarlo.
“Dio mio! Ci spazzeranno via! ” esclama Beppe, tremante. “Non possiamo affrontarli più. Dobbiamo ritirarci! Dobbiamo scappare!! ”
Una frase detta in un momento di comprensibile paura. Ciascun uomo ha un punto di rottura davanti alla morte. E la morte fa paura a tutti noi. Anche a quelli che sostengono il contrario. Una paura che assale Beppe e sorprende Luca e Lupo... non è da lui. è sempre stato un veterano. Un vecchio soldato che aveva già combattuto nella grande guerra. Onorevolmente. Non si può condannare la sua paura. Ne ha già accumulata tanta durante la sua vita. ma Lupo non è d’accordo con quello che ha sentito. Non vuole rinunciare alla vittoria. Si può ancora vincere!
“No! Non possiamo ritirarci! Non dobbiamo! Dobbiamo vincere! ”
E come in un immagine epica, il Lupo innesta la baionetta ed imbracciato il suo fucile, si getta in una pazza corsa lungo il colle, pronto a combattere fino alla fine.
Oltre il velo di semi incoscienza calato sugli occhi, i feriti scorgono la figura di quel guerriero urlante che corre verso il nemico con l’arma in pugno e la furia di una tempesta. Non lo riconoscono all’inizio. Poi, lo vedono bene... e lo ammirano come non avevano mai fatto prima di quell’istante. Non pensavano potessero ammirarlo più di quanto già non facevano; dovevano ricredersi. E volevano essere al suo fianco, nonostante le ferite ed il dolore che li dilaniava. Così le belve divengono tante nella corsa verso il nemico... ed i tedeschi non possono nascondere il timore che provano nel fissare quel fiume di rabbia che sta per travolgerli, mentre il cannone è ormai carico ed il sergente Wulf vomita follemente il suo ordine:
“FUOCOOOO!!! ”
La seconda bordata fischia nel cielo e fende l’aria come una spada immensa... la sfera di piombo ed acciaio oscura il sole per un momento e descrive una parabola perfetta... poi, precipita pesantemente al suolo poco oltre, l’armata di partigiani al galoppo e la deflagrazione che ne segue sembra essere più brutale della precedente, scagliando in alto gli ultimi delle fila come fossero bambole di pezza e risollevando una nube di polvere e terra polverizzata ancora più densa e dall’odore acre. Le grida cessano di colpo. La morte si presenta ancora puntuale sulla scena e fende l’aria con la falce alla ricerca delle anime da portare con sé nel regno delle ombre.
Beppe è rimasto sulla cima. Le sue gambe non riescono ad obbedire alla sua mente... vorrebbe correre laggiù ma non ce la fa. E prova molta vergogna. In quel momento si accorge di non avere nemmeno più Luca al suo fianco. È solo.
Il gigante di polvere si dirada ancora... gli occhi attenti dei tedeschi disposti in riga scrutano davanti a loro ed aspettano il momento in cui potranno scorgere i sopravvissuti per finirli una volta per tutte. I lupi sono ridotti a ben poca cosa... alcuni avanzano zoppicando ancora verso il nemico con schegge di rami piantate fra le scapole o nel fianco e digrignando i denti fino a far uscire sangue dalle gengive. Altri si mettono al riparo dei pochi alberi rimasti e sparano le ultime raffiche nel tentativo di coprire quelli che si stanno mettendo in salvo. Se le pallottole sono terminate subentrano le granate. Il plotone Stella Rossa vicino a Marzabotto sta perdendo la sua battaglia ma è ben lontano dall’arrendersi. E questo sconvolge le menti dei rappresentanti della razza superiore.
I partigiani sparano con precisione e sfoltiscono il numero e la baldanza dell’esercito nemico, che è costretto a ripiegare sotto lo sguardo furiosamente allibito di Wulf.
“Non è possibile! Una compagnia ben armata e perfettamente addestrata che ripiega di fronte ad un mucchio di contadini selvaggi! Che diavolo succede ai nostri soldati!! ”
“Non ci aspettavamo una resistenza del genere, sergente... ” cerca di difendersi Kurt Spieler, il soldato scelto incaricato del posizionamento degli uomini proprio dal sergente. Un uomo inadatto allo scopo, evidentemente.
“STRONZATE!! So io cosa ci vuole per spazzarli via, quei maledetti! Caricate il cannone ancora una volta!! Questo sarà il colpo decisivo! Torneremo in paese ed il maggiore Reder sarà fiero di noi! ”
“Ma sergente, i partigiani sono troppo vicini ormai... un altro colpo di cannone a distanza così ravvicinata rischia di fra vittime anche fra le nostre fila. ”
“Ho detto di ricaricare il cannone, Spieler! SUBITO!! ”
Dopo l’ordine ripetuto con la solita cieca follia, senza curarsi minimamente delle conseguenze che esso può comportare anche ai suoi stessi soldati, Wulf sente chiaramente una detonazione provenire alla sua destra. E subito dopo si sente strano... incrocia lo sguardo dei suoi uomini più vicini che lo osservano a loro volta. Lo osservano con occhi sbarrati, incapaci di fare qualunque cosa. Un pesante senso di debolezza si insinua in lui e gli rende le gambe molli. Apre la bocca per parlare ma gli sembra davvero strano che nessun suono esca dalla sua bocca... o che lui non lo senta.
Una sensazione di umido che scende dalla guancia destra... cosa può essere. Non riesce a toccarsi per saperlo. Le mani e le braccia restano completamente inerte lungo i fianchi. Prima di accasciarsi sul parabrezza della jeep vede il sangue scendere sulla sua uniforme descrivendo una linea sinuosa, come il passaggio di un serpente. Non riesce più ad alzarsi e l’eco dei battiti del cuore nelle sue orecchie si affievolisce sempre di più. Per lui, la guerra è già finita.
Un grande coraggio ha spinto Luca ad arrivare fino a lì. Voleva arrivare da Reder ma si è accontentato del sergente. Un brillante risultato. Avrebbe dovuto pensare anche ad un modo per fuggire da lì... ma non c’era il tempo. E non ha più importanza ormai.
Le raffiche lo investono ed attraversano il suo corpo. Prova dolore ma non per molto.
E sorride prima di morire. Lupo sarà fiero di lui.
Lo scontro continua per pochi minuti ancora. Privati della loro guida, i tedeschi si sbandano ed arretrano... molti di loro lo fanno estremamente volentieri. Nessuno cerca più la vittoria a tutti i costi. E che vada al diavolo anche Reder. Anche i tedeschi sentono la voglia di far ritorno a casa. Una vittoria amara anche per Stella Rossa; tanti amici lasciati sul campo. Un forte bisogno di leccarsi le ferite... una missione di salvataggio naufragata troppo presto. Una strage non del tutto vendicata.
Dalla cima del colle, Beppe crolla sulle ginocchia e si copre il volto, piangendo.
E di Mario “Lupo” nessuna traccia.
Alcuni lo cercano ma non hanno successo. Lo chiamano a squarciagola senza ottenere risposta. I loro cuori si gonfiano di apprensione. Le ricerche continuano tutta la notte e buona parte del giorno dopo. Nessun risultato. Alcuni credono sia ancora vivo. Forse, tornerà quando ci sarà ancora bisogno di lui. Ma sta vivendo nei superstiti anche adesso.
CAPITOLO 8 : EPILOGO.
Grazie ad un ripiegamento strutturato e facendosi scudo di un gran volume di fuoco con le armi leggere e le bombe a mano, parte di Stella Rossa riesce a sganciarsi dal rastrellamento. Il Lupo verrà ritrovato circa un anno dopo, rannicchiato in una fossa come fosse stato sfinito dalle ferite e dalla fatica, nell'attesa della morte.
Fra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, dopo sei giorni di violenze, il bilancio delle vittime civili si presentava spaventoso: oltre 800 morti. Le voci che immediatamente cominciarono a circolare relative all'eccidio furono negate dalle autorità fasciste e dalla stampa locale indicandole come diffamatorie; solo dopo la Liberazione lentamente cominciò a delinearsi l'entità del massacro.
Al termine della guerra Walter Reder fu processato e nel 1951 condannato all'ergastolo, ma in seguito graziato su intercessione del governo austriaco.
Il 14 gennaio 2007 il Tribunale Militare della Spezia ha condannato all'ergastolo dieci imputati per l'eccidio di Monte Sole, ritenuti colpevoli di violenza pluriaggravata e continuata con omicidio. Tra essi anche l’aiutante maggiore Paul Albers, il sergente Helmut Wulf ed il soldato scelto Kurt Spieler.
L'estesa area della strage è stata trasformata in parco storico regionale (Parco di Monte Sole) sia per l'interesse ambientale che per mantenere la memoria storica della Resistenza e degli eccidi nazifascisti.
Nel 1994, cinquantesimo anniversario della strage, viene posta vicino ai resti della chiesa di Casaglia una campana fusa con materiale bellico, donata all'arcidiocesi di Bologna dal vicepresidente della Russia Aleksander Putskoj.
Nel 2002 è stata istituita la Scuola di Pace di Montesole per promuovere iniziative di formazione ed educazione alla pace e alla convivenza pacifica fra i popoli.
« La nostra pietà per loro significhi che tutti gli uomini e le donne sappiano vigilare perché mai più il nazifascismo risorga. »
(Lapide del cimitero di Casaglia)
Fine
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