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Il Pepeu

Il Pepeu è morto il 24 settembre del 1987 ma il corpo è stato ritrovato solo tre giorni dopo. Io c’ero, perciò so come sono andate le cose.

Il Pepeu era nato appena dopo la Grande Guerra. Da allora era sempre vissuto in paese e lo conoscevano tutti. Il suo vero nome era Giuseppe. Giuseppe Pedraschi, ma a nessuno sarebbe mai venuto in mente di chiamarlo così. Per quel che posso ricordare lui è sempre stato il Pepeu. Il Pepeu e basta.

Che fosse un po’ suonato lo si era capito da subito. Era nato con il testone pieno d’acqua e ha sempre avuto lo sguardo un po’ perso. Mica era facile capire da che parte guardava. Non è che avesse proprio gli occhi storti, ma sembrava che guardasse sempre dalla parte sbagliata. Voglio dire: se ti parlava, si guardava le scarpe, se tutti avevano il naso all’insù per guardare i fuochi d’artificio del 15 agosto, lui osservava il fondo della valle. Se passava una di quelle macchine sportive quando c’è la gara in salita, lui se ne stava a fissarsi le unghie per ore. Era fatto così.

A scuola non capiva quasi niente e poi c’è andato poco. Lo hanno bocciato due volte e non credo abbia finito le elementari. Quando ha cominciato a lavorare avrà avuto sì e no dieci anni. Sua madre era vecchia e mica navigavano nell’oro. Ha sempre vissuto in quella casetta a due piani, con la facciata grezza, dietro la vecchia fornace. Anche quando sua madre è morta è rimasto lì. Non si è mai spostato, che, volendo, avrebbe anche potuto farlo, con i soldi dell’assicurazione. No, lui è rimasto lì, anche se aveva il bagno in cortile e la casa era troppo grande per una persona sola.

Il Pepeu parlava poco, anche da ragazzo. Non aveva amici e se ne stava quasi sempre per conto suo a fumare sigarette che si faceva da solo. Si fumava di tutto. Paglia, camomilla, tabacco, cicoria. Magari si fumava pure la droga, ma questo non lo so dire. Non credo, comunque. Dove l’avrebbe trovata la droga se non usciva mai dalla valle?

Se ne stava sempre da solo, dicevo. Qualche volta, quando eravamo ragazzi, lo andavamo a chiamare per giocare a pallone, che ci mancava sempre il portiere. Ma lui veniva di rado. Poi c’è stata quella brutta storia con la cugina. Nessuno sa bene com’è andata. Quello che ho sentito è che lui stava sempre lì a guardare questa ragazzina che non avrà avuto nemmeno quattordici anni. Lui ne aveva diciassette. Sua cugina era carina, sviluppata, con le sue belle tettine, e forse era anche già diventata signorina, ma era pur sempre poco più di una bambina. Poi sembra che lui abbia cominciato a metterle le mani sotto la gonna e a toccarla dappertutto. Un giorno le è saltato addosso e le ha fatto male. Male sotto, intendo. Insomma, l’ha fatta sanguinare dove non dovrebbe. Lì per lì non è successo niente ma tre giorni dopo sono venuti due ragazzi da un altro paese e si sono caricati il Pepeu in macchina. L’hanno riportato il giorno dopo che nessuno lo riconosceva. Gli avevano spaccato il naso ed uno zigomo, bruciato un orecchio, rotto un braccio e fatto qualcosa che non so alla gamba. Ha sempre zoppicato, da quella volta. Mi hanno detto che l’hanno fatto sanguinare anche a lui. Di dietro, intendo. Con un bastone. Non so. So solo che la cugina è andata via dal paese un paio di settimane dopo e dal quel giorno lui non ha più nemmeno guardato una donna.

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1 commenti:

  • Anonimo il 01/06/2009 23:42
    ben scritto

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