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Il colloquio
La mattina indosso l’abito elegante. Mi reco in un famoso hotel situato nel centro di Napoli per sostenere un colloquio di lavoro.
Eccola la fine che fai quando prendi una laurea inutile.
Hai trent’anni e ancora vai a fare i colloqui per essere assunto come segretario/factotum/lacchè in questa o quell’altra azienda. Per la cronaca la laurea che ho preso io è quella in Scienze della Comunicazione.
Arrivo al cospetto dell’esaminatore del giorno e quello mi squadra da capo a piedi.
Eccola la fine che fai quando rifiuti la raccomandazione del pezzo grosso della ditta di trasporti cittadina che ti aveva offerto di lavorare come autista di autobus.
L’esaminatore mi fa qualche domanda di routine, poi sfoglia il curriculum. Vede che ho ambizioni pseudo artistiche. Legge che quasi tutte le mie esperienze lavorative, e il mio percorso formativo, appartengono all’ambito creativo. Mi chiede se voglio fare lo scrittore o lo sceneggiatore. Gli rispondo volesse la Madonna. Mi dice che sembro un tipo sveglio. Gli dico che anche lui non scherza. Ride di gusto. Io no. Però abbozzo una specie di sorriso. Il più finto che ho nel repertorio.
Usando un giro di parole inutile e snervante mi fa capire che ha bisogno di uno col mio profilo professionale quanto di un altro pelo sul culo. Non gli serve a un cazzo uno che scrive. Mi dice di continuare così. Mi dice che lui ha fiuto per certe cose e i vincenti li sa riconoscere. Dice che secondo lui sono un bravissimo scrittore. Gli chiedo come fa a dirlo dato che non ha mai letto nemmeno mezzo rigo scritto da me. A parte il mio curriculum, ma quello non fa testo. Aggiungo che in cinque anni ho scritto tre romanzi e che nessuna casa editrice mi ha mai voluto pubblicare. Quindi gli dico che il suo fiuto stavolta ha fatto cilecca. Sorride. Poi prende fiato e mi dice che ce la farò.
Di solito quelli che fanno i colloqui sono spietati. Devo averci proprio l’aria di un disperato per impietosire questo stronzo qua e farlo addirittura sentire in obbligo di rincuorarmi.
Eccola la fine che fai quando ti intestardisci dietro le ambizioni. Ecco la fine che fai quando da bravo credulone pensi che il detto volere è potere abbia un qualche fondo di attendibilità.
L’esaminatore mi congeda. O forse me ne vado io. Non mi ricordo.
Torno nel mio monolocale dimmerda e appena ci entro vengo accolto dall’inconfondibile odore di banane andate a male. Puttana ladra puzzo più di una discarica a cielo aperto.
Passo fugacemente di fronte allo specchio ma evito accuratamente di buttarci dentro gli occhi.
Eccola la fine che fai quando la vita ti dà troppi calci.
Accendo il computer e decido di darmi da fare. Apro Youporn e nello stesso tempo anche la posta elettronica. Mentre con le dita di una mano digito nell’apposita casella di ricerca le parole gang bang, con l’altra mi slaccio i pantaloni. Intanto che esegue la ricerca riduco a icona la finestra e vedo che la casella di posta elettronica contiene ben diciotto messaggi non letti. Riapro la finestra di Youporn e scelgo uno dei filmati di gang bang che ci sono. Riduco nuovamente a icona. Mentre carica il video, cancello random le prime quattro e-mail. In realtà non era tanto casuale la scelta. Erano tutte e-mail di un cinemino del centro storico che mi invia settimanalmente il programma degli spettacoli. Intanto parte l’audio del video porno. Quindi ripristino la schermata e guardo.
Mi perdo. Forse addirittura sogno.
Prendo a masturbarmi mentre una donna indiana con due tette enormi viene circondata dai partecipanti al film. Nella descrizione c’è scritto che a questa gang bang hanno preso parte più di cento uomini. Il video dura quasi quindici minuti. Io sborro in meno di centoventi secondi. Non ho fazzolettini a portata di mano quindi mi vengo sulle dita. Sporco anche un po’ il ripiano della scrivania. Con i polpastrelli imbrattati di sfaccimma prendo il mouse e riduco a icona. Mentre l’audio del film va in sottofondo, spulcio ancora i messaggi di posta elettronica non letti. Lascio tracce di sperma ovunque. Filamenti bianchi e luccicanti simili a ragnatele colano dalle mie dita per andarsi a schiantare sui tasti del portatile. Impugno il mouse con la mano lercia e viscida. Clicco sulla mail di una casa editrice. C’è scritto che vogliono pubblicarmi. Però mi chiedono un contributo in denaro. Quei soldi non ce li ho. E anche se ce li avessi non li spenderei mai per pubblicare un mio romanzo. Sarebbe troppo umiliante. Contemplo la mail della casa editrice per qualche istante.
In sottofondo sento l’audio di quei bastardi che chiavano come le bestie.
Scoppio a piangere.
Prendo la sana decisione di ricominciare a drogarmi seriamente. Spenderò i miei ultimi risparmi in dosi di eroina. Come ai vecchi tempi. Meglio dei vecchi tempi.
Mi porto al viso le mani imbrattate di sborra. Lo sperma si mischia alle lacrime. Gli occhi iniziano a bruciarmi. I singhiozzi che emetto mi tuonano nel cervello.
Eccola la fine che fai quando scambi un capriccio di gioventù per la vocazione di una vita.
Prendo anche un’altra decisione. La più saggia di tutta la mia vita. Non scriverò mai più.
Eccola la fine.
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