racconti » Racconti surreale » Uomopasticca
Uomopasticca
Un giorno sei lì che cammini per strada fischiettando, quello dopo ti ritrovi in un cazzo di labirinto inseguito da fantasmi.
Paco ha appena compiuto 25 anni.
Dal 1980, quando è nato, ne son passate di auto sotto i ponti.
"Un quarto di secolo, bel traguardo" gli aveva detto sua mamma, per telefono, il giorno del suo compleanno.
Nonostante la soglia appena raggiunta, l'età di Paco, Pac per gli amici, non è così facilmente decifrabile. La sua testa è liscia e completamente rasata. Si fa la barba anche più volte al giorno con un rasoio di quelli vecchi che usano i barbieri e, nella doccia, si rade anche la testa. Ha una specie di fobia per i peli, appena ne vede uno fa ogni cosa in suo potere per eliminarlo.
Poi, a dirla tutta, i capelli, che una volta scorrevano folti e fluenti fin sulle spalle, piano piano lo stanno abbandonando ed una bella stempiatura ha iniziato a far capolino qualche anno fa e, nella sua eterna lotta contro l'esercito dei capelli, sembrerebbe avere la meglio.
La sua carnagione è sul giallo, e non sa perchè sia di quel colore. Forse è nato così. Forse la colpa è di tutto l'alcool che ha ingurgitato nell'ultimo periodo e il fegato, tentando di sopravvivere, ha deciso di comunicare la sua contrarietà con quel sano colorito.
La memoria incomincia ad abbandonarlo ed i ricordi affondano gradualmente, sgualcendosi, fino a sciogliersi nella materia cerebrale, come una canoa di legno in un oceano d'acido verdognolo.
Pac è un tipo solitario.
Forse solitario non è l'aggettivo adatto, sarebbe meglio dire che egli non ama stare tra la gente, non gradisce la compagnia delle altre persone o, forse, ne ha semplicemente paura. Pensa sempre che chiunque possa ferirlo, deriderlo, tradirlo o, alla meglio, ucciderlo.
Così ha smesso di avere amici sin dalla sua fanciullezza e, appena è stato in grado, ha deciso di andare a vivere da solo in una piccola città immersa nell'oscurità.
Ogni giorno, esce di casa e, a testa bassa, incomincia a camminare per le strade sentendosi come all'interno di un labirinto. Non sa dove portano le strade che intraprende e, quando davanti a sé trova un muro, cambia semplicemente direzione.
Pac ama mangiare.
Da sempre è stato il suo vizio; non tanto il mangiare quanto l'essere ingordo, il fagocitare qualsiasi cibo in qualsiasi ora del giorno e della notte. Che sia un kebab, un involtino primavera, un piatto di pasta o una piccola pallina gialla a lui non fa alcuna differenza.
Non si sofferma sul sapore, sull'odore, sulla consistenza o sulle considerazioni economico-socio-politiche che ogni pietanza può avere alle spalle. Cammina per strada e mangia appena può e come può.
L'unico alimento a cui presta attenzione è la frutta. Pac va matto per qualsivoglia tipo di frutta. Ciliegie, fragole, arance, mele, uva. Ogni giorno si fionda al negozio di frutta qualche secondo dopo che la serranda è stata tirata su. Si fionda sulle cassette piene di odori e colori e ne fa incetta fin quando il suo stomaco lo prega di fermarsi o qualche altro cliente fa il suo ingresso, spaventandolo a morte.
Pac non è una persona che può essere definita sana di mente. Ha così tante paranoie, così tanti tic e così tante fissazioni da riempirci un'intera credenza di barattoli da conserva.
Non importa che a renderlo così siano stati i litigi con i genitori, le derisioni dei compagni di classe quand'era ancora un bambino, le giornate passate a sciogliersi sul divano davanti alla tv accesa, i pochi stimoli che l'hanno sempre avvolto, strappandolo via dal mondo.
Pac si droga.
Non fa incetta di droghe come fossero biscotti al cioccolato. Ne fa un uso moderato. E prende solo pasticche. Niente spinelli, niente cocaina, niente eroina. Pasticche. Delle belle pasticche grosse e bianche. Simili all'aspirina ma con effetti leggermente differenti.
Perchè lo fa?
Perchè è l'unico modo che ha per stare tra la gente, per non essere atipico e spaventato, per fare conversazione, per diventare un essere sociale invece che un pazzo schizzato che si ingozza di cibo.
Quando è sotto l'effetto della droga Pac si sente felice e, mentre i suoi occhi si dilatano, inverte la rotta e si tuffa tra la gente: più persone riesce a vedere durante quel delirio, più è felice. Una, due, tre, quattro. Inizia a parlare e non finisce più. Tante di quelle parole che non sapeva nemmeno di conoscere fino a qualche istante prima escono dalla sua grande bocca ed esplodono addosso a chi gli sta davanti. Concetti di filosofia, barzellette, piani di risollevamento economico e bestemmie. La gente, a questo punto, inizia a spaventarsi e ad evitarlo. I ruoli si invertono. Pac inizia a vedere quegli esseri, che lui considera fantasmi, che prima lo spaventavano a morte, come delle tristi creature inermi. E diventa aggressivo. Si scaglia contro quelle persone come se volesse mangiarle.
Finchè l'effetto non finisce e tutto torna come prima, al solito, scuro, labirinto senza via di uscita. E lui è lì, lampeggiante, pronto ad iniziare una nuova partita.
12
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
1 recensioni:
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0