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Dove...
- Dove sei stato? É passato un bel po’ di tempo.
- In giro.. dai non puoi pretendere che ti racconti cosí... su due piedi.
- Beh sono due anni che non ti si vede, non crederai che la gente non si ponga domande.
- La gente... gente chi? Chi si pone davvero domande su di me? Mi viene da sorridere, sinceramente non credo che nessuno si sia preoccupato.
- Parli in un modo strano, anche l’accento.
- Normale, é normale: ho parlato, o provato a parlare, diverse lingue, ho assorbito gli accenti, ho tentato di emularli. Devi esserne parte.
- Di che?
- Di tutto dai, di tutto. Devi entrarci dentro e vivere la cosa, non puoi ridurre tutto ad un elenco.
- Ho capito... cioé, non ho capito, ma ho capito... ok lascia perdere: gli altri ti hanno visto?
- Non ho ancora visto nessuno, tu sei il primo. Quando sono uscito dall’aeroporto ho avuto una sensazione strana: da una parte desideravo il comitato d’accoglienza, ma allo stesso tempo odiavo tutti, tutte le piccole cose, le abitudini. Una persona di fianco a me si lamentava per il ritardo del bus... con quell’accento... ho desiderato spaccargli la faccia...
- Sei strano, non ti riconosco. Dove sei stato?
- Tu non sei cambiato affatto invece. Ti trovo bene, ma non sei cambiato. Beh ti vedo bene.
- Non mi hai ancora risposto cazzo, dai, non puoi fare cosí!
- Sono stato... sono stato in Inghilterra, sono stato in Bolivia e sono stato in Turchia. E tanti altri posti ancora. Alcuni fine settimana fuggivo, andavo in altri paesi a trovare gente che appena conoscevo, mi svegliavo e vedevo i visi di coinquilini sconosciuti, e vedevo l’alba di tanti soli da finestre diverse, incrostate di sporco che ha visto i momenti migliori e peggiori di queste persone. Ho dormito nel letto con loro, ne ho usato lo spazzolino da denti. Mi sono scritto numeri di telefono, in Ucraina, in Germania... numeri che non chiameró mai. Tanta gente comunque, tanti posti.
- Valido dai, suona bene! Chissá quante ragazze hai... beh hai capito. Eh?
- Che differenza fa. Dove sono ora?
- Chi tu? A casa!
- Ma non io, idiota, loro, LORO. Dove sono ora? Che differenza fa? Non appartengo a nessuno dei loro posti, non mi affaccio a nessuna finestra, solo alla mia.
- Stai filosofeggiando, sei strano, te l’ho detto. Non sei piú il cazzone di una volta.
- Una volta. Ma che ne sai! Una volta ero un cazzone, lo sono e lo posso essere ancora. Quando ero cazzone al tuo fianco, come tu dici... ti sei mai fermato a chiedermi o chiederti cosa pensavo della gente? E te lo sei mai chiesto tu?
- Mi sto perdendo.
- Anche io, e pensa che sono appena tornato, dovrei ritrovarmi, e guarda qua...
- ... va beh... Senti ma come facevi a mantenerti?
- Ce la fai, ce la fai. Ce la fai sempre. Impari a fare cose, ti trovi in situazioni quasi paradossali. La prima cosa che pensi é come ci sei finito. Poi fai un salto indietro. Ti ripensi bambino, quando internet non c’era e si andava a letto presto non solo per avere una pausa tra la sera e la colazione, ma per dormire, e sognare. Niente tv, telefono cellulare o internet. Ti infilavano a letto e tu fermo, occhi spalancati, niente sonno. Macinando pensieri sul futuro, ti chiedevi cosa avresti fatto. Ed ora un salto avanti, di nuovo. Stai facendo una cosa, impastando il pane alle 3 di mattina, facendo relazioni pubbliche per un locale, lavorando in un giornale locale... una cosa che mai e poi mai ti saresti immaginato, solo, nel lettino. Avevo paura di morire, io, da piccolino; la morte mi terrorizzava, ed ora mi sono messo volontariamente in condizione di assorbire pezzetti di vite diversissime, che in qualche modo mi nutrono.
- Insomma ti sei mangiato i tuoi amici internazionali!
- Coglione... sei il solito coglione e non mi capisci, lo sapevo.
- Massí dai, ho capito, stavo scherzando. Mi sei mancato. CI sei mancato.
- Anche voi.
- Perché non ti sei mai fatto sentire allora?
- Non vi volevo sentire, e non vi volevo nemmeno vedere...
- Ma che cazzo stai dicendo, ma scusa...
- Lascia perdere, lascia perdere. Non pretendo che tu capisca, l’ho detto a te perché di te mi posso fidare, ma non pretendo che tu capisca. Vi voglio bene e vi pensavo, ma non volevo tornare.
- Boh va bene, lasciamo perdere.
- Comunque dai, non ti incazzare. Tu piuttosto? Abbiamo parlato solo di me...
- Certo, perché io ho poco da dirti. Qui la solita merda...
- Ma come, due anni e...
- Sí beh, due anni... volano sai? Quante cose pensi che si possano fare in due anni?
- Moltissime, MOLTISSIME! MOL – TE!
- Sí beh, forse... no comunque, io mi sono laureato, ma a parte una gran serata ad ubriacarsi? Mi ha fatto crescere? Non so.
- Bella domanda. É una bella domanda da farsi. Riesci a darti una risposta?
- No, non riesco. Vedo tutto fermo, immobile. Gli altri anche. Luca e la Gio non sono piú insieme. Ah e poi...
- Cosa? Quella faccia?
- Ti ricordi Marco, quello biondo della piscina?
- Oddio... sí...
- Non c’é piú... é morto in un incidente, sette o otto mesi fa. La gente ne ha parlato un sacco, ha colpito un po’ tutti.
- Cazzate...
- Cosa?
- Niente, ho detto cazzate! CAZZATE! Tutti... ma quando mai TUTTI erano lí a parlare con lui, ad interessarsi a lui? L’unico pezzettino di vita che sono riusciti a succhiargli é la sua morte.
- Non ti riconosco, davvero, non ti riconosco... peró hai ragione. Forse. Forse sí.
- Ma io non voglio la ragione; mi sento diverso, tutto qui. Voglio che tutti siano diversi. Vi voglio ancora vicini a me, ma non qui e non cosí.
- Che possiamo fare? Sei tornato con la voglia di cambiare il mondo, adesso?
- Dai non diciamo cazzate, restiamo coi piedi per terra. Voi piuttosto, dove eravate. Lo sai che un secolo fa, cento anni, c’erano persone che attraversavano l’Italia a piedi per trovarsi da vivere, o per riunirsi con le famiglie? Ora c’é internet, ci sono i cellulari, c’é tutto. Voi dov’eravate?
- Hey, non diventare molesto adesso. Non hai lasciato il numero a nessuno.
- Bella scusa. Davvero, bella. Siccome non ho lasciato il numero, sono scomparso, per tutti. Se mamma pettirosso non mastica il cibo per il piccolo, il piccolo muore. Se il divertimento non vi travolge, non esiste... maddai... Mia madre ha avuto tutti i miei numeri. Nel chiedersi perché ero in Turchia e non al suo fianco, mi voleva bene in Turchia. Con mia madre ho sempre parlato. Lei sapeva dov’ero e sa dove sono. Mia madre... mi madre non é il Presidente della Repubblica, e nemmeno una star del cinema. Lo sai dove vive mia madre. Se suoni ti apre. Se suoni due volte, magari ti fa anche il caffé.
- Non so che dire, davvero... mi lasci senza parole.
- Senti, io ora vado.
- Dove?
- Ma che ne so, vado. Vado perché voglio, vado dove voglio. Non qui, qui non c’é vita da succhiare. E, cosa peggiore, nessuno é interessato al mio pezzettino di vita, non veramente. Gli altri... cosa sono gli altri? Statuette di cera che mi chiederanno entusiasti di far vedere loro le foto, e si romperanno le palle dopo le prime dieci. Salutameli, dí loro che gli voglio bene. Dovete essere felici qui, almeno quello. Se desiderate essere felici, e lo desiderate qui e cosí, non fatevi troppe domande. Non vi dico nemmeno di non farvene su di me, non si corre il rischio. Beh vado, non credo che ci rivedremo...
- Stai scherzando vero?
- Non ho mai scherzato, MAI. Ciao...
Non ce la faccio, é inutile. Il discorso diretto, bestia nera di molti scrittori. Non ce la faccio e questa prova non mi convince.
La rileggeró domani, quando saró riposato, perché non so bene come inserirla nel resto del testo. Trentadue anni ed eccomi qui, aspirante scrittore, con una sigaretta per far passare il tempo ed un bicchiere di whiskey. Sigaretta e whiskey. Il whiskey non mi piace, non mi é mai piaciuto. Fa fatica a scendermi in gola, faccio facce strane quando lo bevo. Nonostante ció aiuta, mi scioglie, é un amico pericoloso e autorevole. Una cosa da grandi.
La sigaretta per far passare il tempo é anche peggio, una cosa idiota. Perché voglio sempre far passare il tempo, e mai fermarlo? C’é qualcosa che non va. Come nel dialogo che ho appena scritto.
Trentadue anni, jeans e maglietta, e mi aggiro per la casa pensando se vale la pena continuare a scrivere.
Direi di sí, questo argomento mi piace, mi piace immaginarmi qualcuno che porta avanti una vita strana, non comune. Solamente che ora arriva la parte piú difficile, devo inserire nel testo una storia d’amore, devo. Non é una cosa semplice, non é una cosa che posso fare stanotte, ho bevuto troppo ed ho visto Barbara oggi. Se lo faccio ora, se scrivo ora, mi si appoggeranno le dita in maniera autobiografica e schiaccerei dei tasti che descrivono la mia vita. Non si puó, lo faró domani.
Era bella, molto bella, come sempre. Forse bella non é la parola giusta; era attraente, ma in maniera violenta. Non so perché fa fatica a salutarmi; mi ritiene una persona insulsa, credo, un sognatore che non sa fare molto altro e perde molto tempo. Lei di tempo non ne perde, perfetta come sempre spilla energia per qualsiasi minuto della sua esistenza. Potrebbe essere la protagonista del mio dialogo, ma fortunatamente quando ho iniziato a scriverlo ero abbastanza sobrio da non esagerare. Altra sigaretta, altro sorso di whiskey.
Stasera mi sento sfinito, sono stufo di mettere la mia vita su questa impersonale pagina bianca, voglio che qualcuno se la venga a prendere.
Gli scrittori raccontano, nel desiderio che qualcuno raccolga un pezzo della loro vita. Se raccontano fantasie, sono fantasie della loro testa. Se raccontano veritá, sono diapositive di loro stessi. Porgono pezzi di sé a portata di chiunque li voglia. I testi, libri, articoli, sono frammenti di vita in saldo.
Alcuni riescono a renderli abbastanza interessanti da farseli desiderare; altri, come me, spingono con violenza le proprie vite nel mondo, e sperano di non essere calpestati.
Basta, basta con queste paranoie. Trentadueanni, sigaretta e whiskey, non sono uno scrittore.
Domani parlo a Barbara.
Ora no, spengo l’impersonale pagina bianca e la personalissima e complicata mente.
Click.
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0 recensioni:
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Anonimo il 17/06/2009 09:42
I miei più sinceri complimenti... era tanto che non leggevo qualcosa che mi trascinasse così fino al fondo della pagina... bella riflessione, introspettiva... bravò
Anonimo il 14/06/2009 20:02
qualcuno è venuto... e ha letto ciò che hai scritto, nel mio caso posso dirti che mi è anche piaciuto, così come mi piace lo sconclusionato scrittore che non si accorge di avere materiale sufficiente per una storia.
Sarà mica il whisky?
Anonimo il 14/06/2009 15:39
Ma chi diamine sei? Il mio alter-ego?
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