Era la vigilia di Natale ed erano tutti riuniti attorno al fuoco del camino. Donna Pina sferruzzava con in mano un vecchio maglione da rammendare, ancora vestita di nero a un anno dalla morte del marito. La gente continuava a chiamarla la Salinara nonostante il fatto che ormai tutte le miniere di sale le erano state tolte dagli avidi parenti.
Sarina, la più grande delle sue figlie, aveva quindici anni e dondolava con monotonia la piccola Carmela di appena due anni che non smetteva di piangere.
Il più piccolo dei fratelli, Francesco, si rigirava i lacci delle scarpe alla ricerca di un modo per passare il tempo. Rosetta e Francesca, invece, stavano apparecchiando la tavola con il misero pasto che si potevano concedere: qualche fetta di pane duro, qualche pezzo di formaggio e qualche uova appena presa dal pollaio.
In tutta la casa regnava un opprimente silenzio interrotto solo dai brevi pianti di Carmela e dal rumore frenetico dei ferri che sbattevano senza sosta.
Qualcuno bussò con insistenza contro la porta. Donna Pina alzò gli occhi dal suo lavoro solo per riabbassarli l'attimo dopo. Sarina si voltò e chiamò Rosetta. Bastò quel breve movimento del capo per far dondolare i suoi orecchini d'oro con la “esse” del suo nome incisa sopra, ricordi di tempi migliori...
- Rosetta, va a vedere chi è alla porta.-
Con ubbidienza Rosetta andò ad aprire l'uscio di casa. Entrò un giovinetto contento e agitato.
- Mamma! Talia chi ci resi Don Vincenzo!- Era stato Angelo, che aveva tredici anni, ad entrare tanto festante dopo essere tornato dal bar dove lavorava. Tra le sue mani stringeva un grande panettone.
Francesco alzò gli occhi da quello che stava facendo e corse dal fratello maggiore, seguito a ruota da Francesca. Rosetta e lei posarono il panettone a centrotavola come una specie di monumento.
Sarina si avvicinò al tavolo con Carmela in braccio che aveva smesso di piangere incuriosita dallo stupore generale.
Perfino Donna Pina alzò gli occhi dal suo lavoro a maglia e comparve l'accenno di un sorriso sulle sue labbra. Ma anche quel piccolo accenno di sorriso bastò a rendere felice l'intera famiglia che dalla morte del padre non aveva più vissuto un momento di tale unione e gioia.
Sarina prese un grande coltello e divise il panettone prima alla madre poi ai fratelli e alle sorelle, l'ultima fetta la tenne per se e la divise con la piccola Carmela che non aveva mai mangiato quel tipico dolce natalizio. Nel suo viso compariva un largo sorriso e i suoi orecchini splendevano più belli che mai nella gioia di una famiglia che, nonostante le difficoltà della vita, era felice...
Ma questo è successo più di mezzo secolo fa, molto prima che io nascessi...
Oggi quegli orecchini hanno perso la loro lucentezza e sono diventati opachi... e hanno anche cambiato proprietario...
Non è più mia zia Sarina a indossarli. Lei li ha regalati a mia cugina Sabrina, la più piccola e anche l'unica tra le sue nipoti ad avere un nome che iniziasse per “esse”
Ora mentre la tengo in braccio vedo la “esse” di quegli orecchini muoversi al ritmo frenetico di mia cugina, memore di tempi passati che non torneranno più... di persone passate che non torneranno più...
Di un mondo dove il genuino amore di una famiglia era il tesoro più grande...