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Regredire è un po' morire
Divenire. Non siamo altro che un continuo e perenne divenire. Una fase ciclica che parte ma no, non cessa mai. Non ci rimane altro che adeguarci. Continuare il nostro spettacolo su quel palcoscenico su cui la vita ci pone mettendoci continuamente alla prova. Così, semplicemente, per constatare fino a che punto abbiamo la capacità di cogliere e affrontare al massimo ciascuna di quelle sfide.
Tutto cambia. A distanza di poco. Quasi senza neppure darci la possibilità di realizzare, di capire ciò che avviene intorno a noi. Eppure noi ne siamo i soggetti, i protagonisti. Coloro che dovrebbero avere il controllo assoluto sulla vita, sul mondo. Ma, nonostante ciò, non sempre è così. O, forse, lo è. Dipende da prospettive, punti di vista, circostanze. Il mondo porta con sé progressi, rinnovamenti. A volte, semplifica la vita. Fa avverare sogni e desideri. Ma tutto ciò viene introdotto nella quotidianità dal mondo o dall’uomo? Il mondo assorbe le volontà dell’uomo. È solo quest’ultimo che, con le proprie mani, ha il potere di plasmarsi un’esistenza più adeguata alle proprie esigenze, ai propri bisogni. Semplicemente a sé.
In tempi più remoti e lontani, l’uomo, con lo svegliarsi della propria intelligenza, vedendo far capolino nel cielo quell’enorme ammasso lunare, sognò, un giorno, di potervi andare su. Ma “l’uomo non potrà mai andare sulla Luna”. Qualcuno disse proprio così. E invece? Invece ha dato tutto se stesso perché i sogni portano a tanto. Quei desideri ardevano e pulsavano così forte dentro lui che, alla fine, è riuscito a far sì che si concretizzassero.
Quest’evoluzione gli ha permesso di avere “tutto e subito”.
Un “tutto e subito” relativo però.
Ha introdotto mezzi di comunicazione che agevolano fabbisogni, occorrenze, necessità. Ha reso più agiata la propria vita tramite quella tecnologia che è paragonabile alle due facce di un’unica medaglia. Due facce che si trovano agli antipodi, che rappresentano un doppio aspetto della medesima incertezza.
C’è, però, anche qualcosa che l’uomo non può costruirsi perché “innato”, ingovernabile. E quelle, beh, sono le emozioni. Sono i sentimenti. Quei pulpiti che nascono fino a far accelerare battiti, che rendono infinita ogni attesa. Ogni sorriso più luminoso, ogni sguardo più profondo, ogni istante così intenso che, se potessimo far qualcosa perché duri in eterno, lo faremmo.
E ciò che avrebbe dovuto semplificare tutto, non ha fatto altro che renderlo più complicato. Ha prolungato le distanze tra gli uomini.
È così semplice e profondamente fantastico guardare una persona negli occhi e leggervi tutto dentro, comprenderne i pensieri, comunicare e trasmettersi miriadi di parole senza pronunciarne neppure una sola.
Tutto ciò risulta impossibile in un mondo in cui a “regnare” sono gli “sms” o le “e-mail”. Metodi indubbiamente semplici per comunicare, ma non altrettanto per ricevere e trasmettere sensazioni: dietro un messaggio, un semplice messaggio, ti puoi nascondere per essere chi vuoi: tutto o niente. A seconda di ciò che preferisci, di ciò che fa più comodo a te, alle tue esigenze.
Puoi essere “Uno, nessuno e centomila”.
Le idee vagheggiano immuni dal traffico del mondo. Così, veloci e “anonime”, prive di personalità. Non è neppure lontanamente discutibile il rapporto che può intercorrere tra due anime che s’incontrano nel confronto, nel sentimento, nel dialogo, nell’emozione. Quelle sensazioni regalano l’immenso, l’infinito. Così, invece, affidandoci al “turbine tecnologico”, finiamo per accontentarci dell’orizzonte. Un orizzonte di cui potremmo fare a meno perché illusorio. Di cui, però, stiamo diventando sempre più dipendenti.
E, quasi seguaci di un mondo ridotto ad abbreviazioni, acronimi, produzioni di cui noi stessi siamo gli autori, non ci rendiamo conto che, invece di un progresso, il nostro si sta rivelando tutt’altro.
Una penna in mano per scrivere i propri pensieri, per confidarsi, per svelarne sensazioni, stati d’animo, viene presa sempre più di rado. Per incapacità nostra. O, forse, per paura. Per timore di mettere nero su bianco la propria anima, timore di non saperlo fare, di trovarsi di fronte a se stessi senza difese. Senza preparazione.
Il progredire tecnologico è, ormai, diventato un regredire interno. Una fase quasi apatica a cui rischiamo di giungere.
Ad esempio l’amore. Come fai a trasmetterlo rinchiudendolo in un semplice “sms”? L’amore non si dice, non si scrive, non si racconta. Qualsiasi termine non farebbe altro che sminuire la sua profondità, ridurre la sua ampiezza, annullarne l’immensità. Amore è “semplicemente”…amore! Si vive, si prova, si trasmette. Così come qualsiasi altro sentimento, positivo o negativo che sia. Rinchiudono in sé mondi che non si possono spiegare o sintetizzare. Nulla di tutto ciò. Un nulla che, in realtà, dà tanto. E, al posto di una stupida parola, regala l’universo intero.
Possiamo costruirci veramente di tutto. Negli anni, l’uomo, non ha fatto altro che darne continua dimostrazione. L’uomo ha delle mani grandi!!!
Ma ora ha bisogno di altro. Come tornare a scavarsi dentro e capire che c’è qualcosa che non ha prezzo. Che a lui è impossibile creare. Solo allora riuscirà ad afferrare nuovamente il suo progresso. Non ora. Ora che regredire è un po’ morire.
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