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Colpo di fulmine
Tempo incerto.
“Macchè incerto, qui fra poco arriva l’uragano. Sbrighiamoci. ”
Erano al parco del Cormor come ogni lunedì.
Ioiò s’incamminò.
“Non aspettiamo Rita? ”
“Cosa vuoi aspettare… ci raggiungerà. ”
Vittorio lo fermò.
“Lo sai che s’incazza. ”
“E va bene, mi faccio una sigaretta. ”
L’auto si arrestò e si spalancarono due portiere. Ne discesero Rita e la rappresentante del cosiddetto “sesso debole” più bella del mondo.
“Ciao bambolotti, ho portato Marie, la figlia di mia sorella che vive in Francia. ”
Tutina bianca con calzoni corti, scarpette bianche e calzini vezzosamente rosa, colore che riprendeva nei lacci e nel fiocco in testa.
Ioiò e Vittorio restarono soggiogati ad ammirare.
“Allora? Ve l’avevo detto che c’ho una bella nipote… ed era modella... faceva le sfilate anche a Parigi. Si chiama Marie e quando vuole parla anche italiano. Si va? ”
La ragazza “sfilate anche a Parigi” sorrise altera.
“Bravo, tu fuma prima di correre? Veramente bravo… così muori. ”
Ioiò e Vittorio non intesero bene e sorrisero ebeti.
Mentre cercarono di districarsi fra la selva d’emozioni per raggiungere un atteggiamento che apparisse naturale, Marie li superò e con accento francese (?!) chiese: “Per di qui? ”
Vittorio si accorse subito che la pupilla di Ioiò era dilatata e immota, praticamente in trance.
“Colpo di fulmine…dai, non è roba per noi. ”
“Io già l’amo. ”
“Senti Ioiò, non cominciare a sognare. ”
“Sognare? Adesso che ho trovato la femmina della mia vita…”
“Ma va là, andiamo a correre. ”
La pista del Cormor è di 1660 metri e Ioiò, abituato ad una lenta cadenza, faticava a raggiungere Marie che invece correva spedita una cinquantina di metri più avanti con falcate lunghe ed eleganti al fianco della zia e di Vittorio. Ai 900 metri Ioiò li raggiunse mentre Rita e Vittorio davano segni di cedimento.
“Grazie zia” pensò memore del film di Salvatore Samperi.
Restarono soli e la ragazza sgambettava senza accorgersi di lui.
“Quanto ti fermi? ”
Lei lo guardò sorpresa.
“Non so, forse una sem… come si dice… une semaine. ”
Dolce, meraviglioso accento parigino.
Dopo trenta metri: “Sei di Parigi? ”
La risposta tardò a venire, quasi la disturbasse.
“Vivo a Beauvais, pas loin. ”
“Tuo nome bello. Maria è molto bello“ e si sentì cretino, infatti lei lo osservò nuovamente come si guarda uno scarafaggio. Ma Ioiò era ormai lanciato ed euforico.
“Maria, perdona se sono sfrontato, ma io ti amo. ”
La ragazza continuò a correre indifferente.
“Hai sentito quello che ho detto? Tu as compris? ”
“Sì, capito, mi ami. C’est normal. ”
“Come? ”
“Tutti uomini mi amano. Adesso anche tu. ”
“Posso offrirti un caffè… alla fine della corsa intendo… sai, un caffè, una sigaretta…”
“Tu fuma? Tu corri e poi fuma? C’est absurde! E poi io non fuma. Fumare fa male. ”
“Maria, come faccio per rivederti? Sono pazzo di te. ”
“Senti piccolo, io non sono Maria, mi chiamo Marie e adesso non rompermi i coglioni. ”
E scandì proprio bene la gi e la elle della parola.
La guardò allontanarsi elegante, raffinata, luminosa, inaccessibile: una dea.
“Allora, che fai, ti fermi? ”
Vittorio e Rita lo superarono.
“Non è roba per te, arrenditi e corri, che sta per diluviare. ”
Riprese la corsa con andatura stanca e disincantata. Le prime gocce caddero mentre Marie stava per doppiarlo. Tentare ancora? Tacere e dare l’impressione di… già, di cosa? “Maria Maria, perché mi tratti così? Ti amo Maria, ti sposo Maria…”
“Sta per piovere” le gridò contento. Lei sorrise ironica ed annuì. E allora lui decise che non si sarebbe fatto superare e aumentò l’andatura. Anche lei accelerò e per un breve tratto furono appaiati. Lei cominciò ad ansare e provò a mantenere il ritmo, ma Ioiò era allenato ed aveva un giro in meno sulle gambe, e il furore di quell’amore offeso gli mise le ali. Pian piano si avvide della stanchezza della dea e si trovò davanti, solo sotto la pioggia. Erano a metà del tracciato e la pioggia si trasformò in temporale, quindi in bufera e il vento, i tuoni, i fulmini lo intimorirono. Si girò a cercare gli altri, ma l’acqua era così compatta che non vide nulla. D’un tratto un botto fortissimo lo scaraventò a terra.
“Un fulmine” pensò e si rialzò a fatica. Tornò sui suoi passi a cercare Marie.
Lei era là, sdraiata a terra, in posizione elegante e imprevedibile, adorabile e irraggiungibile.
Fumava.
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