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Una storia nella stanza buia
“Non farmi attendere oltre, per favore... fai quello per cui sei venuto. ”
Le corde stringono i polsi da parecchi minuti ed hanno sortito un tremendo effetto di doloroso indolenzimento e fastidioso formicolìo alla carne.
Ma non va meglio nemmeno alle caviglie, incrociate ed imprigionate anch’esse da robuste corregge di cuoio. Pur avendo i calzini a parziale protezione della pelle, il dolore si fa sentire bene anche in quel punto e rende difficile formulare un pensiero moderatamente impegnato. Non che ve ne sia più un gran bisogno, ormai. E certamente, non è la prima cosa che si cerca di fare quando si è ben legati ad una sedia di legno di ciliegio europeo, davvero troppo forte per sperare lontanamente che si rompa o soltanto si incrini, date le sue ottime proprietà di resistenza.
Legati ed isolati all’interno di una stanza buia... avvolti da tenebre artificiali talmente opprimenti che costituiscono una prigione ancora peggiore della prigione stessa che le contiene e che ospita anche il poveretto, colpevole di qualcosa, anche se non è dato bene saperlo, almeno per il momento.
Si possono soltanto formulare svariate ipotesi, ma probabilmente ci si avvicinerebbe soltanto alla soluzione dell’enigma e forse nemmeno.
Ma va da sé che la maggior parte delle persone che si troverebbero di fronte uno spettacolo del genere o potessero bene immaginarlo nella propria mente, proverebbero pietà incondizionata per la vittima in questione e per la sua sofferenza, che la meriti o non la meriti.
D’altronde, gli elementi sono pochi per formulare un giudizio ben preciso.
Si tratta solo di un uomo dall’aspetto insignificante, nemmeno troppo alto, decorato di abrasioni ed ecchimosi sul volto, possibile prova di un furioso pestaggio.
Potrebbe essere un pedofilo assassino caduto nelle grinfie di un genitore delle sue molte vittime, che da tempo sognava di realizzare la sua personale giustizia per il mostro che lo ha privato di tutto ciò che rappresentava la sua vita.
Si proverebbe ancora pietà, in questo caso? O solo odio cieco e la voglia di trovarsi a sostituire quel padre assetato i vendetta per poter gustare in prima fila le ultime grida di uno schifoso verme?
Ma potrebbe anche essere un ricco uomo d’affari rapito da gente senza scrupoli per ottenere un cospicuo riscatto dai parenti, pena il taglio di un orecchio... di solito si inizia da quello.
Potrebbe essere un uomo colpevole di aver raggiunto una buona stabilità economica, generalmente invidiato da chi appartiene alle classi sociali meno abbienti. Colpevole di soddisfare qualunque capriccio sorga al suo risveglio, assieme al sole. In questo caso si potrebbe comunque essere compassionevoli nei suoi riguardi, per quanto invidiosi di lui. l’essere ricchi non merita la riscossione di un tributo così pesante.
Ma potrebbe aver costruito il proprio capitale sulla pelle del prossimo, magari scaricando clandestinamente rifiuti tossici nei paesi del terzo mondo; provocando morti bianche a causa della mancata sicurezza all’interno dello stabilimento di sua proprietà. O potrebbe appoggiarsi su una fortuna costruita su corruzione e droga. Si tornerebbe velocemente all’odio, se così fosse.
E se invece si trattasse soltanto di un povero diavolo che sognava una vita migliore per sé e per la propria famiglia e che ha rischiato tutto puntando sul cavallo o sull’auto sbagliata, indebitandosi con un maledetto strozzino che adesso rivuole il suo denaro con i relativi e salati interessi? E magari non si accontenterebbe solo di quelli, ma vorrebbe dare un esempio ai polli futuri che avessero in mente di fare i furbi?
In questo caso, porte aperte alla compassione, magari corredata da una singola e molto teatrale lacrima che riga lentamente la guancia, a seguito del destino riservato al malcapitato personaggio.
Pietà o rabbia, quindi? Le possibilità sono innumerevoli e la sua supplica non costituisce un ulteriore elemento di esame... soltanto il disperato appello di qualunque essere umano sottoposto ad una situazione e uno stress tale da voler abbracciare il suo destino finale, per quanto orribile possa essere.
Ma nessuna delle situazioni sopra citate calza bene a Max Krasny.
La sua storia si può riassumere in breve, dal momento che risulta estremamente scarsa di scossoni significativi o episodi sui quali soffermarsi o che potrebbero giustificare la pubblicazione di una sua biografia.
Max Krasny non è altro che l’americano medio che spera di coronare il sogno americano come tutti i suoi connazionali. Ci ha provato tante volte e ci è persino andato vicino in un paio di occasioni, ma non ce l’ha mai fatta... e se doveva farcela, sarebbe già successo.
Fregato ed umiliato come molti dalla burocrazia e dallo Stato, Krasny si è sempre e comunque sforzato di mantenere una solida integrità morale ed una cortesia di un certo livello verso il prossimo. Purtroppo con il passare degli anni e con l’accumularsi delle delusioni personali, l’uomo è stato comprensibilmente soffocato dalla depressione e nei suoi coraggiosi tentativi di ascesa al successo ed alla gratificazione, ha sempre trascurato di creare una famiglia che avrebbe potuto appagarlo più di quello che poteva immaginare e che sicuramente gli avrebbe evitato di finire su quella sedia di ciliegio, per lui troppo scomoda.
Cercava di non pensare alla sua vita, rifugiandosi nel suo lavoro... amava il suo lavoro dal primo giorno ed è stata l’unica cosa realizzata in una vita troppo piatta. Un lavoro onesto e di responsabilità che ha sempre svolto diligentemente, ricevendo in cambio zero ringraziamenti e zero promozioni.
L’impiegato di banca ideale... l’impiegato di banca dell’anno!
Ma il suo anno doveva ancora arrivare.
E nessuno può biasimarlo per essersi stancato di attenderlo. Nessuno può biasimarlo per aver assecondato lo scatto della molla nella sua testa un giorno come tanti. Nessuno può biasimarlo per aver deciso che ne aveva abbastanza e che voleva dare una svolta positiva ad una vita così grigia... e scappare da tutto e tutti.
Ha assecondato la lampadina accesa quel giorno in cui ha deciso di fuggire con l’intera cassa della banca. Conosceva bene tutti i codici di sicurezza ed i punti morti delle telecamere ed era immerso negli straordinari molto più spesso di quel che avrebbe dovuto. La City Bank era diventata la sua seconda... la sua prima casa. Ed era solo al suo interno così come lo era nel suo appartamento sulla ventesima strada.
È stato un piano improvvisato e pieno di falle, che Arsenio Lupin avrebbe certamente schifato, ma funzionò alla perfezione, aiutato anche dalla totale fiducia che il direttore aveva nei confronti di Max. chi avrebbe mai potuto associare ad un single basso e quattr’occhi la figura di signore del crimine?
Ed in effetti, Max non è certo un signore del crimine. Solo un poveretto a cui la vita non ha mai dato nulla e che ha voluto prendersi ciò che gli spettava... nel modo sbagliato, certamente.
Ma cosa provare per quest’uomo così torturato? Rabbia o pietà?
Non rivolgendo naturalmente la domanda agli intestatari dei conti di quella banca, la cui risposta è ovvia.
Per una volta, Max Krasny aveva dimostrato un coraggio da leone ed aveva aggirato la sua onestà, imboccando l’autostrada con il suo furgoncino giallo oro pieno di contanti e diretto verso il Messico. Un bel colpo ed il denaro era assicurato. Lo avrebbero cercato per un po’ e lo avrebbero poi lasciato andare dopo alcuni tentativi a vuoto. Si trattava di stare nascosto fino al calmarsi delle acque, dopodiché ci sarebbe stata una bella svolta per la sua vita. poteva ancora viverla come si deve! Era stato un rischio calcolato a suo modo di vedere e non avrebbe mai più fatto una cosa simile.
La cosa che Max ha trascurato quel giorno e che del resto non poteva sapere, era che Robert Morello, italoamericano, importante cliente della City Bank, stimato armatore ed anche e purtroppo temuto boss di un cartello di mafia locale che si stava espandendo a prezzo della vita di molti ostacoli umani, levati di mezzo in modo non troppo leale e indolore... si era arrabbiato nel sapere che un misero impiegato aveva rubato i suoi soldi. era difficile che si calmassero le acque, per lui.
Ed era difficile per il buon Max nascondersi. O non così facile come credeva all’inizio. E non era un professionista del crimine, come si era già visto.
La rete che Morello aveva attivato per cercare l’uomo che aveva osato tanto contro di lui ottenne dei risultati dopo sole quarant’otto ore... ed ora Max si ritrova legato su una sedia dentro una stanza buia, picchiato a sangue ed in attesa della sua fine, che non si prospetta affatto piacevole.
Gli uomini di Morello che l’hanno riempito di botte fino a qualche minuto fa se ne sono andati. Probabilmente per fare una pausa e ricaricare le forze per quando torneranno, così che i loro pugni possano fare ancora più male.
Nella difficoltà della sua attuale condizione, Max dovrebbe pentirsi di ciò che ha fatto e maledire il momento in cui ha voluto seguire il suo istinto e la sua voglia di disperata ribellione dal mondo. Ma lo sfortunato bancario non pensa minimamente a prendere in considerazione il rimorso.
Quello che ha fatto è stata la cosa giusta, ne è ancora convinto. Ha osato e non gli è andata bene, ma non si pente di averlo fatto; sarebbe potuta andare in mille altri modi e non avrebbe potuto prevedere in nessun caso quello che sarebbe successo... e poi è totalmente inutile fare questi pensieri proprio ora.
La luce del neon che si accende esattamente sopra la sua testa lo acceca per qualche istante... il tempo necessario a far restringere le pupille e far smettere di bruciare gli occhi e stringere le palpebre. Credeva di trovarsi in una stanza più grande... il buio lo aveva ingannato sulle dimensioni.
L’uomo seduto di fronte a lui lo squadra attentamente senza dire la minima parola.
Un giovane uomo di bell’aspetto, poco più che trentenne. È ben vestito e non sembra appartenere alla gang di Morello o potrebbe essere il suo avvocato... non è lì per picchiarlo, questo è certo e per alcuni versi potrebbe essere un sollievo.
Il suo sguardo severo non lascia passare alcuna sensazione o sentimento che il prigioniero possa cogliere, ma il suo istinto gli grida che deve averne paura ed all’improvviso una consapevolezza si timbra nella sua testa e non lo lascia più: evidentemente, Morello si è stancato di giocare con lui e lo vuole sottoterra. Il momento è arrivato e c’è solo il tempo per sperare che non sia doloroso.
Max pensa che non c’è nessuna famiglia che potrà piangerlo e forse è meglio così... tanto il suo corpo non finirà in una bara. Più probabilmente in una cava di cemento come parte delle fondamenta di un imponente grattacielo oppure sciolto nell’acido o buttato in un fiume per fare da pasto ai pesci messicani.
Non esiste nessuna via d’uscita, per quanto possa volerla o per quanto possa sforzarsi a cercarla. Non potrebbe mai raggiungere la porta di quella stanza ed anche se lo facesse non andrebbe lontano. Ad ogni modo si sente calmo e stranamente rilassato... è così che ci si sente quando si sta per morire? Forse non a tutti è concessa questa fortuna ma lui si sente di ringraziare per essere così calmo; magari lassù qualcuno lo ama.
Meglio fare in fretta, comunque.
Quasi senza rendersene conto e sfoderando un coraggio di cui neanche lui avrebbe mai avuto il sospetto, Max apre bocca e rivolge la parola a colui che ormai è convinto essere il suo esecutore:
“Non farmi attendere oltre, per favore... fai quello per cui sei venuto. ”
Il silenzio segue la frase di rassegnazione appena pronunciata, che si perde negli occhi dell’uomo giovane ed elegante, mentre gli ultimi echi della sua supplica sono ormai un ricordo fra le pareti macchiate dall’umidità.
L’uomo non stacca lo sguardo dalla vittima, poi tira un lungo sospiro e sembra rilassarsi. Gli gira attorno con passi lenti e misurati, scrutandolo da tutte le direzioni e percependo molto bene la sua ansia e la sua consapevolezza della morte, comunque ben celata. I tacchi producono un ritmico rumore che infastidisce le orecchie di Max e lo inducono a fare una smorfia di irritazione, mentre sente che la sua fronte inizia a raffreddarsi e gocce gelide si formano sulle rughe scolpite su di essa. L’uomo torna di fronte a lui e si ferma.
“Tu sai perché sono qui. ”
Non è stata una domanda. È stata un’affermazione brutale e raggelante, tuttavia Max non può fare a meno di confermarla.
“Sì. Non sono stato abbastanza in gamba... ”
“È questo che pensi di te stesso? ”
“Se lo fossi stato non mi troverei qui... e non starei per morire. ”
“Ti piace lo sport estremo, Max? Sai chi era Patrick De Gayardon? Praticava il paracadutismo acrobatico. Era in grado di compiere evoluzioni nel cielo che lasciavano a bocca aperta le persone di tutto il mondo. Aveva il coraggio di lanciarsi da altezze incredibili ed aprire il paracadute soltanto all’ultimo momento… ma un giorno il paracadute non si aprì e si sfracellò al suolo. Era un tipo veramente in gamba ma non riuscì a sfuggire alla morte. Il suo fu quello che io chiamo un incidente di percorso. Un incidente che gli costò la vita, certo... ma proprio non si può dire che morì perché non era in gamba. E la stessa cosa non mi sento di dirla nei tuoi confronti, Max. ”
“Non capisco quello che vuoi dirmi… so solo che vuoi uccidermi. Ho fregato dei soldi alla persona sbagliata e mi sta per costare la vita. Questo è quanto. ”
“Non è così semplice, invece. La morte non è mai semplice come non lo è la vita. Ci affanniamo per tutta la vita per trovare un posto nel mondo che possa darci soddisfazione e possa davvero farci provare una sensazione di appagamento, ma allo stesso tempo ci rifiutiamo il più delle volte di fare quelle scelte che ci consentirebbero davvero di raggiungere gli obiettivi che sogniamo. Perché abbiamo paura di fallire o perché sono troppo rischiose e non vogliamo esporci in prima persona. Ma tu hai avuto il fegato di scavalcare questa difficoltà, Max; hai fatto ciò che volevi per prendere la tua rivincita contro te stesso, senza preoccuparti delle conseguenze. E credimi quando ti dico che ti ammiro per questo. ”
Il bancario resta di sasso. Non riesce davvero a credere a quello che ha appena sentito ma non crede che si tratti di un allucinazione dovuta al dolore. Per di più, adesso i polsi gli fanno molto meno male di poco fa. Non riesce a trattenere un sorriso verso il suo interlocutore, come se lo volesse sbeffeggiare:
“Ho fregato milioni di dollari alla banca dove lavoravo per dare una svolta positiva alla mia vita dopo un calvario durato troppo tempo per chiunque. Ho sacrificato tutto ciò che ho faticosamente guadagnato, per non parlare della mia onestà e della mia stessa anima per venire a nascondermi in Messico, inseguito dalla polizia federale, assieme ad una borsa piena di soldi che non mi godrò mai perché un boss mafioso era uno dei clienti della mia banca ed una delle persone che ho derubato ed ha pensato bene di riprendere i suoi soldi e farmi secco per avergli fatto questo affronto... sono legato ad una sedia all’interno di un buco schifoso, dopo essere stato selvaggiamente picchiato e sto per diventare cadavere. E mi sento dire dall’uomo che sta per uccidermi che ho la sua ammirazione? Cavoli... questo è davvero il massimo della giornata! E vorresti che ti dicessi anche grazie, per caso? ”
“Sai la stanza dove ti trovi, Max? Tanti anni fa ho passato dei brutti momenti in una stanza del genere proprio come te. Ero poco più di un bambino... strappato via alla mia famiglia da gente senza nessuno scrupolo e senza che avessi commesso nulla che potesse giustificare quello che mi fecero. Venni torturato sia fisicamente che psicologicamente... venni spinto oltre il limite e indotto a compiere il mio primo omicidio, per disperazione e per salvarmi. Non volevo arrendermi. Non volevo credere che non esistesse una via d’uscita. Uccisi un ragazzo che si trovava nella stanza accanto alla mia... una vittima come me. Un ragazzo con cui avevo stretto amicizia. Conquistai la mia via d’uscita a scapito della mia innocenza... ma con il tempo imparai a conviverci. Non avevo smesso di lottare e venni premiato. Non credere che non esistano possibilità, Max. ne esistono sempre. ”
“Vuoi farmi credere di avere delle speranze di uscire vivo da qui? È un gioco perverso per te? Vuoi spingermi ad illudermi solo per crescere la mia paura quando tirerai fuori la pistola e mi sparerai in testa? fallo subito, amico! Perché non ho nessuna intenzione di piangere come un bambino chiuso in un ripostiglio perché ha fatto il cattivo!! Non ho mai avuto nessuna dignità nella mia vita... ma, per Dio, la avrò nella morte! ”
“Se è davvero questo ciò che hai scelto... va bene. ”
Il boia apre la giacca, mostrando al condannato la pistola nella fondina. La prende e la carica con un gesto rapido, poi la preme sulla fronte di Max, che chiude gli occhi immediatamente, mentre le orecchie si tendono al limite in attesa del tuono che arriverà a momenti ed il respiro si blocca di colpo.
E quando la canna lascia la presa e l’arma torna nella fondina nera, Max riapre gli occhi e scopre di essere ancora vivo... ed arrabbiato.
“Brutto figlio di puttana!! Perché giochi con me? Perché? Uccidimi! Fai il tuo lavoro di merda! Fammi fuori e basta! Vuoi che ti dica che ho paura? Vuoi che ti dica che me la sto facendo sotto? E va bene!! Ho paura, brutta testa di cazzo!! Ho paura di morire!! Contento?? Sparami!! AVANTI, SPARAMI!! ”
“Avevo paura anch’io, Max... anch’io l’ho gridato in quella stanza... con tutte le mie forze. ”
“Basta... ti prego... basta. ”
“Voglio raccontarti una storia, Max. e voglio che tu la ascolti con molta attenzione. Potrai imparare qualcosa oppure no, ma voglio che tu la senta e che rifletti alla fine. Forse, riuscirai a capire. ”
Due anni fa.
Violare il sistema d’allarme della villa era stato facile. La costruzione era sufficientemente isolata da essere certi che nessuno lo avesse visto entrare dalla finestra dell’ampio soggiorno.
Del resto, Jim non si aspettava nulla di diverso. Marvin Candle aveva voluto che la sua abitazione sorgesse apposta sulla cima di questo promontorio per poter osservare da lontano chiunque venisse a fargli visita ed avere a disposizione il tempo sufficiente per considerarlo amico o nemico ed agire di conseguenza.
E non si poteva biasimarlo... un ex mercante di schiavi ed armi sudamericano ha fin troppi nemici per prendere sottogamba la questione riguardante la propria sicurezza personale. E da quando aveva messo su famiglia, la sicurezza era diventata ancora più importante. Aveva sempre dormito fra due guanciali e la mattina dopo sorrideva nel constatare che era sempre tutto tranquillo.
Una villa trasformata in un autentico e moderno fortino inavvicinabile per molti.
Jim doveva ringraziare il suo addestramento, perfettamente curato e scrupoloso in ogni situazione... doveva ringraziare l’eccessiva severità dei suoi istruttori e doveva ringraziare le ore passate a studiare la planimetria della villa per individuare i punti deboli.
Aveva sempre preso sul serio questo aspetto del suo lavoro, a differenza di altri sicari conosciuti negli anni. Per molti di loro era più importante l’azione e l’improvvisazione.
Dipende dai punti di vista. Non sempre l’improvvisazione ti consente di riportare la pelle intatta a casa e l’azione deve essere sempre corredata da una buona preparazione teorica, che include una profonda conoscenza del bersaglio da eliminare nonché l’ambiente che lo circonda e le insidie naturali o artificiali che può nascondere. I clienti che gli avevano dato incarichi fino ad ora non si sono mai lamentati. I tempi possono essere più lunghi di quelli promessi da altri killer ma il risultato è decisamente migliore. Obiettivo eliminato, nessun indizio che potesse condurre a nessuno o impronte imbarazzanti sparse qua e là e massima discrezione. A Jim non era mai servita una informazione più di quanto fosse necessario per eseguire un lavoro. Nessun nome, a parte quello del bersaglio e nessuna motivazione per far ciò che doveva essere fatto... il suo prezzo gli consentiva di lavorare senza bisogno di fare domande. Ed è così che deve essere. Entrambe le parti devono assicurarsi un deciso anonimato.
Non era per voler essere al di sopra degli altri... non esiste nessuna targa per il miglior killer dell’anno. Ma era il suo lavoro, che gli piacesse o no e svolgerlo nel modo migliore lo aiutava a restare vivo oltre ad assicurarsi una vecchiaia dignitosa anche senza pensione.
Eliminate le due sentinelle che perlustravano il giardino, Jim aveva avuto il tempo di agire sull’allarme elettronico di villa Candle, supportato dagli occhiali infrarossi, indispensabili per i lavori notturni.
La finestra si era aperta senza emettere un suono e lo strato di gomma morbida attaccato sotto la suola gli consentiva di muovere rapidamente i passi che lo separavano dalla camera da letto sita al primo piano. La prima porta sulla destra, come evidenziato nella planimetria.
Adesso, infilati i guanti in lattice e fissato il silenziatore alla pistola, Jim aveva stretto la mano attorno al pomello in ottone e lo girava lentamente, apprestandosi a compiere l’ultima parte del suo contratto.
La porta bianca si era aperta lentamente e la luce della luna filtrava nella stanza e strisciava verso il letto a baldacchino posizionato nella parte centrale.
Un raggio di luce molto debole, eppur sufficiente a svegliare la signora Candle, che da alcuni anni si era accorta con fastidio di avere il sonno più leggero.
Ma basta un sibilo ed il suo sonno tornava ad essere pesante ed eterno. Il proiettile perforante aveva attraversato la testa con millimetrica precisione e l’aveva fatta ricadere sul cuscino, descrivendo una rosa di sangue scarlatto sulla candida stoffa.
Il marito non si era svegliato.
Una smorfia soltanto che si era confusa con il rumoroso russare, che rendeva ancora più difficoltoso il riposo della compagna.
Giratosi sul lato destro, Marvin continuava a dormire profondamente, evidentemente certo di trovarsi al sicuro nella sua abitazione. Evidentemente sicuro di svegliarsi domattina e di godersi l’alba e buona parte della mattina seduto sulla sedia a dondolo all’ombra del portico che ha appena ristrutturato e che offre una splendida vista sul terreno di sua proprietà, magari sorseggiando un buon caffè caldo ed amaro, come aveva sempre bevuto da quando ricordava.
Per certi aspetti era stato meglio che fosse finita così.
Che delusione, sarebbe stata per lui, scoprire che un uomo, poco più che un ragazzo, aveva disfatto tutto quello che ha realizzato nel giro di una manciata di minuti e di notte.
Il secondo proiettile arrivava da una distanza più ravvicinata. Meglio avvicinarsi al letto per essere sicuri del risultato. In fondo, l’obiettivo primario era lui.
Una leggera pressione del grilletto per porre fine a tutto ed assicurare i duecentomila dollari di compenso pattuito da aggiungere ai cinquantamila di anticipo.
Le tende del baldacchino avevano scosso leggermente, colpite dallo schizzo di sangue esploso dal bulbo oculare sinistro, che ora non era altro che un foro irregolare e disgustoso a guardarsi.
Non avevano sofferto.
Anche questa era una regola. Una SUA regola. Non c’era motivo di farli soffrire... nessun motivo di prolungare la loro agonìa. Nessun motivo di godere della loro paura di morire.
Un ultimo istante per controllare che non vi fosse più polso nei due corpi, poi Jim era uscito in silenzio dalla stanza, la pistola ancora calda in mano.
La porta era già chiusa e già aveva fatto il primo passo per scendere la rampa di scale, quando una presenza lo fece voltare lungo il corridoio che si dilungava alla sua destra. Il bambino lo osservava, impaurito, incapace di muoversi.
È l’uomo nero entrato in casa sua. L’uomo nero partorito dalle tenebre che ha mangiato mamma e papà e che ora si appresta a mangiare lui. Voleva nascondersi sotto le coperte... voleva trovare riparo sotto al letto e l’avrebbe fatto, se non fosse stato per l’insopportabile bruciore alla vescica... troppa gassosa bevuta durante il giorno. La mamma lo aveva rimproverato tante volte sull’argomento... non bere troppa gassosa, gli aveva gridato contro più volte... ti fa male alla pancia e ti fa fare la pipì a letto!!
Aveva provato a resistere dopo l’ultima sgridata... aveva fatto il possibile per non cedere alla tentazione. Ma la sua mente correva sempre lì, inevitabilmente. E quando mamma e papà erano andati a fare spese nel pomeriggio, non esisteva nessun ostacolo che potesse ancora trattenerlo.
Aveva bevuto tutta la bottiglia tenuta nel frigo, poi l’aveva riempita di acqua frizzante, nella vana speranza di essere scoperto il più tardi possibile. La fortuna gli aveva dato una mano quella sera... i due genitori erano tornati a casa molto stanchi ed avevano preferito andare a dormire senza cenare.
Forse, la mamma non se ne sarebbe accorta nemmeno la mattina dopo, ma era difficile, considerato che anche lei andava pazza per la gassosa.
Non aveva studiato un piano di riserva, ma avrebbe avuto tutta la notte per pensarci attentamente ed evitare una sicura punizione alla sua ennesima trasgressione delle regole domestiche.
Il bruciore alla vescica lo aveva svegliato bruscamente nel cuore della notte... pensava di non alzarsi all’inizio e di rimettersi a dormire. Se fosse andato in bagno, la mamma che aveva il sonno leggero lo avrebbe sentito... ma se fosse rimasto a letto sicuramente si sarebbe fatto la pipì a letto.
Era una decisione difficile da prendere, ma alla fine era più accettabile il rischio di alzarsi ed essere scoperto che quello di inzuppare le lenzuola.
Non avrebbe mai più bevuto gassosa in vita sua, si era ripromesso... promesse da marinaio, ovviamente.
Era stato bravissimo a non fare rumore uscendo dalla sua stanza e stava percorrendo il corridoio con passo felpato come il migliore dei ladri, resistendo stoicamente alla pipì che era già pronta per uscire. La porta del bagno era ormai a portata... era fatta.
Ma quell’uomo si era parato davanti all’improvviso. Vederlo, gli aveva subito provocato un brivido in tutto il corpo e la voglia di correre lontano. Ma non riusciva a farlo... per quanto lo volesse con la mente, le sue gambe non ci pensavano neanche ad obbedirgli.
Ed ora l’uomo nero si avvicinava sempre di più. Si avvicinava lentamente perché sapeva che tanto non poteva correre da nessuna parte; forse erano i suoi poteri malefici a paralizzarlo. Gli stessi poteri che lo facevano assomigliare ad un essere umano. Ma era un mostro e fra un attimo lo avrebbe divorato e sarebbe svanito nelle tenebre con la pancia piena.
“Come ti chiami? ”
Gli stava parlando. Il mostro gli stava parlando. Era meglio rispondere... meglio rispondere per non farlo arrabbiare.
“Josh... ”
“Ciao Josh. Io mi chiamo Jim. ”
“Mamma e papà... ”
“Loro stanno dormendo. ”
“Gli hai fatto del male? ”
“No. ”
“Io... io non ti credo. Tu sei l’uomo nero. Sei il mostro che si nasconde nel buio. E se non sei lui, sei lo stesso un uomo cattivo. Gli hai fatto del male... ed ora ne farai a me. ”
“Sono un uomo cattivo, Josh. Hai ragione su questo. Ma non faccio del male. Non porto dolore. Non più di quanto ne porti il mondo. Io seguo solo la mia strada. ”
Josh non capiva nemmeno una di quelle parole. Ma esse lo impaurivano ancora di più. Jim lo vedeva stringere a sé il piccolo delfino di pezza che la mamma gli aveva comprato ad un mercatino hawaiano e che era diventato il suo migliore amico. Il delfino sorridente che lo proteggeva dalla sua paura e da chi gli voleva fare del male. Lo aveva sempre protetto. Lo avrebbe fatto anche questa volta?
Un piccolo bambino innocente che non poteva ancora sapere cosa sia la violenza e la disperazione. E non avrebbe dovuto saperlo mai. Un bambino che ricordava tanto quello stesso ragazzo portato via alla famiglia e trasformato nella sua essenza in qualcosa che disturbava guardare allo specchio. Un bambino ormai lontano e sfocato.
Tanti anni che uccideva. Tanti morti alle spalle e ancora di più nel suo futuro. Ma mai nessun bambino. O almeno non ne ricordava nessuno, pur frugando nella pila di cadaveri che già avevano stipato la memoria. Adesso, cosa doveva fare? Josh lo aveva visto in faccia e lo avrebbe cercato quando sarebbe divenuto un uomo. Il solo averlo visto gli aveva tolto la sua innocenza ed il delfino che stringeva al petto non sarebbe mai stato capace di riportarla. Ma non aveva scelto di trovarsi di fronte a lui proprio in quell’istante. Non aveva scelto di essere testimone di quell’incubo, anzi lo avrebbe evitato volentieri. E non aveva scelto di precipitare nella spirale d’odio che lo aveva già inghiottito. Come era accaduto a quel bambino sfocato nella sua mente.
Jim poteva aiutarlo ancora. Doveva aiutarlo. Doveva aiutarlo a dimenticare quell’incubo... a farlo sparire tanto rapidamente come si era presentato. Solo lui avrebbe potuto farlo.
“Torna a dormire, Josh... torna a sognare. Domani sarà tutto passato. E non mi vedrai mai più. ”
Lo stava lasciando andare! Il mostro lo stava lasciando andare per davvero! O era solamente un trucco? Forse aspettava che gli voltasse le spalle per balzargli addosso e dilaniarlo? No, non c’era ragione perché lo stesse ingannando. Poteva ghermirlo subito ma non lo aveva fatto. Lo stava liberando. Josh non riusciva a crederci ma era felice di provarci e riuscirci. Poteva raggiungere la sua stanza e tornare ad essere al sicuro. Il delfino lo aveva protetto ancora con il suo sorriso.
Non soffrì.
Jim aveva studiato molto bene l’anatomia umana durante l’addestramento. E sapeva quali erano i punti che provocavano una morte istantanea. Il punto in cui il collo termina con la nuca era uno di questi. Il piccolo Josh se ne andò sereno ed immediatamente, con un sorriso di gioia scritto sulle labbra ed abbracciando l’amico di pezza. Era tornato a dormire senza che l’uomo nero gli avesse fatto alcun male come voleva. Si era voltato per tornare nella sua stanza senza più avere paura. Jim era riuscito a ridargli la sua innocenza ed a salvarlo. Lo aveva salvato davvero.
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“SALVATO?? BRUTTO FIGLIO DI PUTTANA!! HAI UCCISO UN BAMBINO!! HAI UCCISO UN BAMBINO COLPEVOLE SOLO DI AVERTI VISTO IN FACCIA!! PERCHÈ ERI TU QUEL KILLER, VERO? SEI TU, JIM!! NON MI HAI RACCONTATO ALTRO CHE UN TUO OMICIDIO, SCHIFOSO!! CHE DIAVOLO DOVREI CAPIRE?? ”
“Ho fatto l’unica cosa che potevo fare, Max. Speravo potessi riuscire a comprendere... ”
“Potevi lasciarlo andare. Potevi lasciarlo vivere. ”
“Lo avrebbero ucciso altri, se non l’avessi fatto io. Lo avrebbero ucciso e lo avrebbero fatto facendolo soffrire e lasciandogli la paura ben impressa nei suoi ultimi istanti. Il punto non è vivere o morire, Max. Tutti noi siamo destinati a morire. Ma nessuno deve morire con la paura. Perché forse il paradiso ci aspetta davvero ed è più facile raggiungerlo se la nostra anima è serena. ”
“Tu sei pazzo... tu sei solo un maledetto pazzo. ”
“perché ti ostini a non capire, Max? perché ti ostini ad avere paura? Prima fingevi di non averla ed ora non riesci a liberartene. Eppure sarebbe così facile... basterebbe dare uno strattone ai polsi. ”
Una frase sussurrata che lo colpisce all’improvviso e lo fa sobbalzare sulla sedia, mentre gli occhi di Jim sono sufficienti a confermare quello che sta pensando.
Ecco perché non sentiva più male ai polsi... ecco perché non provava più quelle fitte da parecchio tempo... da quando ha camminato dietro alla sedia, in preda alle sue incomprensibili farneticazioni... che forse ora non appaiono più così incomprensibili.
Ma l’epilogo della storia non ha avuto il lieto fine e Max non se la sente davvero di farsi delle illusioni.
“Che diavolo vuoi che faccia? Vuoi che mi tolga le corde dai polsi e mi alzi in piedi cercando di scappare? Vuoi darmi la falsa illusione di poter uscire vivo da questo posto e correre lontano? Magari riprendendomi la mia vita e godendomi pure il denaro rubato! ”
“È questo che vorresti veramente? ”
“Quello che vorrei veramente non cancella quello che è reale, Jim. Quello che vorrei veramente è saltarti alla gola e strangolarti fino a farti uscire le budella dal naso. Tu puoi raccontarmi tutte le storie che ti pare e farmi i resoconti di tutta la gente che hai mandato al Creatore solo per soldi, alla fine... puoi girartela come preferisci e riempirti la testa della pietà che credi di elargire alle tue vittime e del fatto che rendi il loro trapasso meno traumatico. È solo un mucchio di stronzate ed in fondo lo sai anche tu. Ma io non ti darò la soddisfazione di fare lo stesso anche con me, sia chiaro.
Tu dovrai guardarmi negli occhi mentre mi spari. Dovrai sentire la paura che proverò quando mi punterai la tua cazzo di pistola alla testa... e dovrai uccidermi sapendo che non mi hai dato neanche un briciolo di quella serenità che la tua coscienza reputa tanto importante. Alla fine sei solo un vigliacco e solo un killer come tanti altri. Io non mi alzerò da questa sedia né mi volterò per facilitarti il compito... è giusto che tu te li guadagni quei soldi, non credi? Non voglio illudermi e credere ciò che non può succedere... l’ho già fatto troppe volte in vita mia... l’ho fatto anche quando ho voluto fingere di essere il più grande ladro del mondo; pensavo fosse il giorno migliore della mia vita... la mia grande rivalsa e invece guarda dove sono finito. Ma va bene così; in fondo, mi fai un favore e non lo dico per farti sentire meglio... comunque sia sono sempre io quello che ci fa più bella figura, alla fine. ”
Jim sorride, mentre estrae la pistola dalla fondina:
“Hai visto, Max? era quello che volevo. La paura è scomparsa ed hai finalmente trovato un po’ di serenità e di rispetto verso te stesso. E questo mi rende felice, anche se non lo credi. Adesso potrai raggiungere il Paradiso... ”
L’indice sta per comprimere il grilletto, quando Max scatta come una molla e colpisce al volto il killer con una testata. Assolutamente impreparato alla reazione del bancario, Jim non può far altro che cadere a terra con il naso sanguinante. Ma contrariamente a quanto aveva detto poco fa, Max Kresny non gli salta alla gola e non lo strangola fino a fargli uscire le budella dalle narici.
L’uomo si libera delle corde già allentate che gli bloccavano i polsi, raccoglie la pistola ed apre di scatto la porta della stanza che lo teneva prigioniero. La luce del giorno si scarica violentemente nelle sue pupille, rendendolo momentaneamente cieco. Gli basta solo un momento per abituarsi e per fuggire, dove non potrà ritrovarlo nessuno... nè la polizia, né la mafia.
Solo un attimo... pochi secondi.
Pochi secondi appena per abituarsi alla luce e per far passare quel dolore acuto che gli si è presentato improvvisamente al petto... fa molto male ma non sarà questo a fermarlo; ormai ce l’ha fatta. È riuscito ad ingannare il suo nemico ed a liberarsi... adesso è fuori! Appena passerà quel dolore così intenso inizierà a correre e non lo ritroveranno più... proprio così. Ce l’ha fatta...
Jim è in piedi sulla soglia della porta. Una sottile ed irregolare colonna di fumo impregnata di polvere da sparo si disperde nel cielo e porta il suo aroma alle nari. Il sicario fissa gli occhi inerti della vittima ai suoi piedi poi ripone la piccola Derringer nella minuscola fondina legata alla caviglia. È sorpreso da ciò che è successo... non si aspettava un finale del genere, questo deve ammetterlo con sé stesso, ma sarebbe soddisfatto nel sapere che Max si è sentito davvero libero negli ultimi istanti della sua vita.
...
Robert Morello aspetta seduto sulla poltrona girevole del suo studio, nella villa adiacente al magazzino che teneva prigioniero l’uomo che aveva osato derubarlo.
Grasso e sudato più del solito, pare fare una fatica immensa anche solo per aprire il primo cassetto della scrivania e porgere la busta bianca con il contante a Jim, che spreca soltanto due secondi per controllarne il contenuto.
“Un lavoro ben fatto! ” gongola il boss con voce fastidiosamente alta “Gli amici di San Francisco hanno fatto bene a raccomandarmi proprio te. Devo dirti che ero un po’ scettico all’inizio; credevo fossi troppo giovane per questo lavoro... e poi hai gli occhi troppo buoni. ”
“Mai giudicare dalle apparenze... ”
“Lo dico sempre. Guarda quel bancario; a prima vista sembrava un topo di fogna ma doveva avere un bel fegato per fare quello che ha fatto. ”
“Già... ne sono certo. ”
“A proposito, si può sapere che diavolo vi siete detti là dentro? Sei rimasto in quel buco per quasi un’ora prima di farlo fuori! ”
“Abbiamo semplicemente parlato. Gli ho raccontato una storia che pensavo potesse servirgli in un momento come quello. ”
“Ma non ci posso credere! Un killer consolatore! Adesso le ho sentite davvero tutte! E cosa gli avresti raccontato, se posso chiederlo? ”
“Mi spiace, Robert: non puoi chiederlo. È stata una cosa fra me e lui. ”
“E va bene... ” risponde perplesso il ciccione “Non che me ne freghi molto, del resto. L’importante è che quel tipo sia finito accoppato e che mi sia ripreso il mio denaro. ”
“Non ho intenzione di raccontartela non perché sia segreta, Robert... ma solo perché non la meriti. ”
“E che vorrebbe dire? ”
“Max aveva ragione... posso girarmela come voglio ma il fatto è che sono un killer... non per mia scelta, certo. Non è la cosa che avrei voluto fare da grande ma eccomi qui e sono stato il primo a stupirsi di quanto mi riesca bene. Però c’è un fatto che non voglio smettere di considerare: posso essere un assassino... lo sarò fino alla fine dei miei giorni, ma non voglio dimenticare quel poco di umanità che mi resta e cercare di dare alle persone che devo uccidere un briciolo di serenità prima della fine e far loro capire che non è stata tutta colpa loro se le cose sono andate così. Probabilmente lo faccio solo per me stesso ma sta bene così. ”
“davvero commovente, Jim. Ora se non ti spiace avrei da fare. Sono certo che troverai da solo l’uscita. ”
“In realtà il mio lavoro non è finito, Robert. Max non era in programma a dire il vero, ma un contratto è un contratto e va rispettato. Comunque... non è stato per lui che sono venuto sin qui. E non è stato un caso se a San Francisco ti hanno raccomandato proprio me. Volevano dirti che non gli piace uno come te si creda più grande di quello che è e voglia mettersi in affari per conto proprio. ”
Robert non è stupido e le allusioni di Jim sono chiarissime per chi occupa la sua posizione... l’istinto è quello di agguantare la pistola nel primo cassetto, ma il lardo lo ostacola davvero troppo e certamente, anche se fosse stato magro non sarebbe cambiato niente... troppa paura di morire a fargli tremare le mani, impedendogli persino di aprire il cassetto.
Il primo colpo di Jim lo raggiunge al petto e la forza del proiettile lo sbalza dalla sedia e lo fa crollare a terra, riducendolo un elefante indifeso che scalcia invano per risollevarsi e che osserva con occhi sbarrati la ferita che lo sta uccidendo ed il sangue che preannuncia la fine.
“No! Aspetta! Aspetta un secondo! ”
“Sai bene che le suppliche sono inutili in questi casi. ”
“Io posso darti tutto quello che vuoi! ”
“Non hai niente da darmi, invece. Forse, avrei potuto darti un po’ di serenità e speranza prima di morire, raccontando anche a te una storia... ma come ho detto, non ne sei meritevole. Alcune persone o topi di fogna come te non hanno diritto ad alcuna consolazione. Meritano davvero di portare la loro paura fino all’inferno! ”
“Non ce la farai mai ad uscire vivo da qui, figlio di puttana!! ”
“Forse... in ogni caso, non è un problema che ti riguarda. ”
“NO!! ”
Un altro contratto completato con successo.
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- Per i potenziali lettori di questo racconto, voglio precisare che si tratta del seguito della Stanza buia, da me scritto. Consiglio di leggere prima il precedente. I due racconti non sono proprio collegati ma letti entrambi aiutano a comprendere meglio il personaggio a mio avviso. Grazie.
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