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Il sorriso di Shirley (Parte Seconda)
“Shirley…tesoro, svegliati.. è ora di colazione”. Un raggio di sole entrò prepotentemente nella stanza centrandole in pieno il viso facendole perdere qualsiasi speranza di poter dormire un altro po’. La donna le carezzò amorevolmente la fronte e dopo averle dato un bacio, si avviò verso la cucina dalla quale proveniva un profumo paradisiaco che richiamava l’idea di una torta di mele.
Shirley si alzò e prima di avviarsi verso la cucina si voltò e guardò fuori dalla finestra quella che una volta era casa sua; erano passati diversi mesi da quella terribile notte e tuttavia con grande meraviglia di medici e psicologi, Shirley aveva superato molto velocemente lo shock di quella terribile ed inumana esperienza….. e si era affezionata molto rapidamente a questa donna che proprio quella notte l’aveva accolta in casa sua e che siccome viveva sola, aveva fatto richiesta di affidamento al tribunale dei minori, richiesta che era stata accettata. Quindi Shirley era ormai una figlia vera e propria per lei.
Arrivata l’ora di andare a scuola, Shirley prese la sua cartella e dopo aver dato un bacio alla sua “nuova mamma” uscì da casa e si diresse verso la fermata dell’autobus.
C’erano ad attenderlo assieme a lei una vecchina dall’aria mite, una donna probabilmente sulla quarantina e un ragazzo di colore. Come arrivò sotto la pensilina, la prima ed unica persona a salutarla fù proprio l’anziana signora. Shirley ricambiò senza però scomporsi più di tanto. In quel momento arrivò un autobus che però non era quello aspettato da loro, o meglio, non da tutti.
Difatti ci salì solo il ragazzo di colore e sotto la pensilina ci rimasero solo le tre donne. Una anziana, una giovane e una giovanissima.
Shirley sedeva proprio in mezzo. La vecchina la guardava con aria mite e dolce; quella bella ed innocente ragazzina aveva attirato parecchio la sua attenzione.
In quel mentre sopraggiunse un altro autobus, neanche stavolta quello atteso dalle tre donne. E in quel momento Shirley tirò fuori un gomitolo di spago e nella più assoluta discrezione lego un capo alla borsa dell’anziana signora, senza che quest’ultima se ne accorgesse.
Poco dopo sopraggiunsero alcuni ragazzi, studenti come Shirley, anche loro in attesa dell’autobus.
E pochi minuti dopo sopraggiunse un altro autobus, stavolta quello atteso da tutti.
Shirley aveva notato che la vecchina oltre alla borsa a tracolla aveva anche una busta di plastica con se. Approfittò della disattenzione della vecchina, prese la busta e la mise proprio sotto la panchina. L’autobus spalancò la porta e tutti entrarono dentro. La vecchina iniziò a camminare verso l’autobus, aiutata proprio da Shirley in persona. Poi ad un certo punto si rese conto che non aveva con se la busta e si voltò per tornare indietro a riprenderla. In quell’attimo Shirley recise lo spago all’altro capo rendendolo abbastanza lungo e, senza che nessuno se ne accorgesse lo legò ad una sporgenza che fuoriusciva dall’autobus. Poi salì e disse all’autista: “Può partire, la signora aspetta il prossimo, probabilmente”. L’autista non si fece pregare e una volta chiusa la portiera ed innestata la prima partiì.
Dapprima non si capì subito cosa stesse accadendo, si udirono delle urla strazianti provenire dall’esterno ma non si capiva a chi appartenessero.
Fu proprio Shirley a correre verso l’autista e ad urlargli di fermarsi con le lacrime agli occhi. E pochi secondi dopo tutte le persone presenti sull’autobus fecero lo stesso.
L’autobus si fermò e tutti scesero e si udì un insieme di urla raccapriccianti.
Della povera vecchina restava il corpo martoriato e la testa fracassata. Si notò chiaramente il filo di spago che era stata la causa di quella tragedia, tragedia della quale vennero in seguito sospettati subito i ragazzi. Ma in quel momento la disperazione e l’orrore avevano preso il sopravvento sulla razionalità;
Shirley pianse sul corpo della vecchina…poi si ritirò in disparte quando arrivò l’ambulanza, si voltò affinchè nessuno la vedesse…e sorrise.
Non appena tornò a casa, la sua mamma adottiva le corse incontro e inginocchiatasi la abbracciò forte e fra le lacrime ed i singhiozzi disse: “Mio Dio piccola, a quanti altri orrori dovrai assistere nella tua vita? ” Shirley si lascio stringere forte ma non trasmise nessuna emozione, quasi a far intendere che era ancora sotto shock.
Dopo andò nella sua stanza e…aperto lo zaino tirò fuori un diario e da lì estrasse una foto; vi erano in quella foto due ragazzine abbracciate e si notava chiaramente l’affetto che nutrivano fra loro. Una era Shirley e l’altra ragazzina era una sua grande amica che purtroppo era venuta a mancare a causa di un terribile incidente avvenuto proprio durante la sua festa di compleanno. Era morta bruciata viva.
Quella ragazzina si chiamava Sheryl…
Il viso di Shirley si allargò e…sorrise.
Nel tardo pomeriggio Shirley venne invitata dalla donna ad andare con lei a fare la spesa. Shirley acconsentì entusiasta ma prima chiese di poter andare in bagno. “Ma certo tesoro.. è casa tua.. diamine”. Shirley entrò e una volta chiusasi dentro, aprì l’armadietto dei detersivi e proprio lì trovo una busta contenente delle palline di naftalina. Ne prese una e avvoltala in uno strappo di carta igienica se la mise in tasca. Poi tirò lo sciacquone del WC per non destare il sospetto di essere entrata in bagno per altri motivi; dopodiché le due donne si recarono verso il supermercato.
Appena arrivate, scesero dall’auto e videro che proprio all’ingresso del supermaret vi era un grosso cane, legato ovviamente ad un palo. Le due donne gli passarono vicino un po’titubanti ma il cane dal canto suo non aveva la minima intenzione di aggredirle o comunque di fare loro paura, anzi, aveva un’aria dolcissima e mansueta, sembrava come se sorridesse. Una volta entrate si recarono al banco dei salumi e la donna ordino subito un paio di etti di prosciutto crudo. Shirley chiese a voce alta: “Potrei averne una fetta per favore? Ho una fame…”. La mamma la guardò con aria sorpresa ma la donna dietro al bancone sorrise e le diede con molto piacere due belle fette di prosciutto crudo. Shirley le prese velocemente e dopo aver ringraziato ne mandò giù solo una, mentre nascose subito nel pugno l’altra, senza che la mamma o qualcun altro se ne accorgesse. Poco dopo la mamma le chiese di andare un attimo in macchina a prendere il foglietto con la lista delle cose da prendere. Shirley ci andò di corsa e appena uscita vide che il grosso cane era ancora lì. Gli fece una bella carezza, rendendolo ancora più docile di quanto già lo fosse.
Entrò in macchina e…presa la fetta di prosciutto la aprì e ci infilò la pallina di naftalina; poi la richiuse fino a farne uno squisito bocconcino e scese dalla macchina.
La lasciò cadere vicino al cane, dopodiché rientrò nel supermercato.
Passarono pochi minuti e la spesa era finita; una volta arrivate alla cassa le due donne udirono gridare…”Maledetti vigliacchi…bastardi…. figli di.. ”. La gente si precipitò fuori, comprese Shirley e la mamma e una volta fuori, videro il grosso cane stramazzato per terra con gli occhi sbarrati, la bava alla bocca e tutto tremante. La padrona, una ragazza probabilmente sulla trentina d’anni, con le lacrime agli occhi, iniziò a gridare ai presenti: “Era il cane più buono del mondo, non aveva mai fatto del male a nessuno, voleva così bene agli esseri umani, soprattutto ai bambini…come si può essere così crudeli e così vigliacchi? Maledetti…maledetti bastardi…”riferendosi ovviamente agli avvelenatori visto che era fin troppo chiaro che a quella povera bestia era stato dato un boccone avvelenato.
Il povero animale fu scosso da un altro fremito e nei suoi ultimi attimi di vita incrociò il suo sguardo con quello del suo assassino; poi non si mosse più.
“Noooooooooooo….. ”urlò per la disperazione la sua giovane padrona che fu tirata via da lì con molta fatica. Il povero animale rimase con gli occhi sbarrati e con la lingua di fuori; continuava ad avere un’espressione mite e docile e sembrava come se gli stessero scendendo delle lacrime; “Perché…perché mi hai fatto questo” sembrava stessero chiedendo i suoi occhi a quella persona che l’aveva ucciso.
Shirley entrò in macchina e prima di allontanarsi dal supermercato si voltò e guardò il cane che stava per essere portato via e la sua padrona in preda alla disperazione.
E sorrise…
“Povero animale, come si può essere così crudeli? ”commentava la mamma, mentre rientravano dal supermercato. “Mi dispiace piccola mia, sembra che questi fatti raccapriccianti non vogliano smettere di perseguitarti, ma tu sei una ragazzina forte Shirley e purtroppo hai imparato a spese tua quanto le persone possano essere folli…” poi si morse le labbra pensando che non era il caso di riportarle alla mente, quanto era accaduto quella sera di parecchi mesi fa; la sua giovane mente, per quanto forte aveva dimostrato di essere, non poteva aver rimosso completamente un ricordo così orribile, legato soprattutto alla persona che l’aveva generata.
L’indomani a pomeriggio, la “mamma” propose a Shirley di uscire a fare una passeggiata nel parco; era una bella giornata, il sole splendeva alto nel cielo tinto d’azzurro; gli uccellini cinguettavano gioiosamente e una leggerissima brezza carezzava il viso delle persone. Era veramente un dono di Dio quella giornata e bisognava assolutamente approfittarne. Perciò le due donne, senza pensarci su due volte, infilarono la porta di casa e si avviarono verso il parco, ad un punto del quale sorgeva anche uno splendido laghetto.
Una volta arrivate, furono travolte dall’euforia e dalla spensieratezza di decine e decine di ragazzini e ragazzine che si rincorrevano o salivano e scendevano dai vari giochi quali altalene e scivoli, mentre le rispettive mamme sedevano sulle panchine discorrendo fra loro, con lo sguardo però sempre vigile sulle loro creature.
Shirley guardò tutto ciò con aria apparentemente soddisfatta ma in realtà non lo era affatto; c’era troppa allegria, troppa spensieratezza, troppa gioia.. tutti sentimenti che il suo cuore sembrava respingere. Poi da lontano videro una specie di tendone, sotto il quale vi era montanto un piccolo palco, con sopra un tavolo dietro al quale vi erano sedute tre persone. “Shirley, andiamo a vedere di che si tratta, ti va..? ” domandò la mamma, quasi certa che la ragazzina avrebbe risposto di no. Ma stranamente Shirley si dimostrò interessata, rispondendole: “Certo, andiamo pure…”
C’erano diverse file di sedie poste proprio di fronte a questo palco, sempre sotto il tendone e le due donne, d’apprima titubanti, poi con decisione ci entrarono e si sedettero proprio all’ultima fila. Una persona delle tre sedute dietro a quel tavolo prese la parola e disse: “Signore e signori, avete oggi la fortuna di assistere ad un evento davvero unico nel suo genere e in maniera assolutamente gratuita. La donna che siede al mio fianco è una famosa sensitiva proveniente dal vecchio continente che…sa leggere nella mente delle persone e…ora ve ne darà la prova; silenzio assoluto per favore”. La donna si schiarì la gola, poi prese la parola: “Gentili signori, probabilmente starete tutti pensando ad uno dei tanti fenomeni da baraccone ma in realtà io non sono un artista circense, né tantomeno una maga. Ho semplicemente scoperto di avere un.. dono.. che mi permette di entrare in contatto con le menti altrui…dandomi però ogni volta risultati…differenti. Io, in qualche modo, sento quello che può, o potrebbe accadere ma a volte riesco anche a sentire ciò che è già accaduto, sempre in relazione alla mente con la quale entro in contatto ”.
La gente iniziò a parlottare e a bisbigliare, ma una delle tre persone sedute sul palco disse: “Signori, vi prego, un po’di silenzio”.
Shirley punto gli occhi sulla sensitiva.
La donna si alzò, con gli occhi chiusi…e iniziò a parlare: “C’è un uomo…seduto in terza fila, sesta sedia partendo da destra. Lei si chiama Henry, Henry Sutton e sua figlia, il cui nome è Daisy, aspetta un bambino e lei…domattina prenderà un treno che la condurrà proprio lì, nella città dove si trova sua figlia e cioè…. Seattle. ” L’uomo iniziò a sudare copiosamente e a guardarsi intorno, poi con voce apparentemente calma disse: “E’…è vero, è tutto vero”.
Si udì uno scrosciante applauso, dopo il quale l’uomo seduto accanto alla sensitiva disse: “Signore, aveva per caso mai avuto a che fare con la signora, qui presente? ”
L’uomo risposte titubante: “No, mai, io…è la prima volta, assolutamente. Vede.. è la prima volta che vengo da queste parti”
La mamma iniziò ad applaudire insieme alle altre persone, mentre Shirley non si scompose più di tanto, continuando però a tenere gli occhi puntati sulla sensitiva che, dopo questa prima esibizione delle sue doti, richiese il silenzio assoluto e…puntò lo sguardo in fondo al capannone, proprio in direzione delle due donne.
Silenzio. Sotto al tendone piombò un silenzio surreale. Persino gli uccellini al dì fuori, smisero per un attimo di cinguettare. La sensitiva teneva lo sguardo fisso verso il fondo del capannone, poi chiuse gli occhi e disse: “Vedo…vedo delle bambine, è una festa, una festa di compleanno, corrono, giocano, si divertono, c’è tanta felicità nei loro cuori..;poi…vedo te, ti vedo, sei proprio te, i tuoi occhi, i tuoi occhi, sono seri, troppo seri, sono annoiati. ”
La gente iniziò a ridacchiare, pensando che stavolta la sensitiva si stesse inventando tutto. Ma la donna, che ad un certo punto aveva iniziato a sudare copiosamente, continuò: “Vedo.. una torta…delle candeline, lei ti abbraccia, ti vuole accanto a se; poi…vedo, sento…. il fuoco, il fuoco…il fuocooooo….. IL FUOCOOOOO!!!! ”, iniziò ad urlare, strappandosi la camicetta che aveva indosso. Le due persone che le sedevano a fianco tentarono di calmarla ma la donna proseguì: “I tuoi occhi, i tuoi occhi…sorridono, sorridono, SORRIDONO, tu…sei stata tu, sei stata tu.. ”; a quel punto le persone presenti smisero di ridacchiare rendendosi conto che forse non si trattava affatto di uno scherzo o comunque di un modo come un altro per attirare l’attenzione ed iniziarono a guardarsi attorno, l’una con l’altra per cercare di dare un senso logico a quanto stava accadendo, per cercare di capire a chi o a cosa la donna si stesse riferendo. “Basta, si calmi…si calmi….. basta!! ” disse una delle due persone al fianco della donna. Ma quest’ultima si divincolò e salita in piedi sul tavolo puntò il dito verso il fondo del capannone e disse con voce bassa ma gelida: “Lei…non è stata la tua prima vittima…e non è stata nemmeno…l’ultima; l’affetto nei tuoi confronti da parte sua era immenso.. ma il tuo odio verso di lei, lo era ancor di più; tu odi la vita e odi tutti coloro che ti amano e per questo hai ucciso e sento che ucciderai…ancora, sempre col tuo maledetto sorriso sulle labbra…”
Tutti si voltarono e ovviamente puntarono lo sguardo sulle uniche due persone sedute in fondo e cioè Shirley e la sua mamma adottiva.
Era chiaro che la sensitiva stava delirando e difatti si iniziò ad udire: “Basta, fatela tacere, è solo una mezza matta”però nessuno si mosse dalla sua sedia e tutti erano con gli occhi puntati verso la donna che per un attimo sembrava avesse riacquistata la calma. “Perdonatemi signori, perdonatemi.. è.. è finita.. è finita, vi chieso scusa. Io…acqua, datemi un bicchere d’acqua, è passato.. è passato” . Ma non appena prese in mano un bicchere d’acqua, piegò la testa all’indietro e si portò le mani al collo, come se qualcuno o qualcosa la stesse strangolando; i due uomini accanto a lei cercarono di calmarla, ma lei gridò loro di non toccarla;
poi salì nuovamente sul tavolo e, con quanto fiato aveva in gola gridò: “Non sorridere, toglietele quel sorriso dal labbro, non sorridermi…maledetta… MALEDETTAAA…nooooooo…”; poi stramazzò per terra e fù colta da improvvise e violente convulsioni. La mamma si alzò e presa Shirley per mano disse: “Andiamo via tesoro, coraggio…non avremmo mai dovuto venire qui.. ”.
Shirley si alzò e dopo aver rivolto un ultimo sguardo alla tragedia che si stava verificando proprio sul palco seguì la donna fuori da lì.
Una volta allontanatesi da lì, la donna commentò: “Chissà cosa diavolo voleva dire con quelle parole quella donna, ma non le permetteremo di rovinarci questa splendida giornata piccola, vero? ”. Shirley del canto suo, annuì; non era rimasta affatto turbata da quanto aveva visto e udito, anzi, sembrava che la cosa l’avesse addirittura annoiata.
Si avviarono dall’altra parte del parco, dove c’erano i giochi e tutti gli altri ragazzini, dove ci fosse insomma un po’di vita, lontano da quel posto che aveva suscitato in loro solo paura e sgomento.
Shirley riconobbe in alcune ragazzine, delle sue compagne di classe e si avviò da loro, con grande soddisfazione della mamma. Ad un certo punto a quest’ultima suonò il cellulare che aveva nella borsa e dopo aver risposto, si rivolse a Shirley con aria dispiaciuta, dicendo: “Piccola mia, sembra che oggi si stiano mettendo d’impegno per rovinarci questa giornata, ma non ci riusciranno. Io purtroppo devo scappare via, per un‘oretta circa ma tu resta pure qui a giocare e a divertirti con le tue amichette. Io tornerò il più presto possibile, ok? Su, dammi un bacio e vai a divertirti”.
Shirley baciò la mamma e, almeno finchè lei la poteva vedere, si mostrò interessata alla compagnia delle altre ragazzine. Non appena la mamma si fù allontanata dalla sua vista, abbandonò la compagnia delle sue amichette e iniziò ad avviarsi verso l’altra parte del parco, esattamente dove si trovava il laghetto. Una di esse la seguì, cercando di attirare la sua attenzione, per far sì che tornasse a giocare con loro ma Shirley voltatasi le disse: “Seguimi…se ti va di stare insieme a me”.
La ragazzina, il cui nome era Sophie, si voltò verso le sue compagne, come per trovare consiglio nei loro sguardi; sospirò, poi disse: “Mi.. mi dispiace Shirley, ma non mi posso allontanare troppo da qui…ci.. ci vediamo a scuola tanto, ok? ”.
Shirley non rispose nulla e voltatasi si allontanò.
Sophie ritornò titubante verso le sue compagne…che forse…inconsapevolmente…le avevano salvato la vita.
Intanto Shirley si stava avviando verso il laghetto; gli schiamazzi e le grida delle altre ragazzine l’avrebbero distrurbata ancora per poco, poi avrebbe udito solo silenzio. O almeno questo sperava.
Invece quando il laghetto ormai iniziava ad essere visibile e il silenzio quasi totale, udì delle grida di aiuto, provenire proprio dal punto nel quale si trovava il laghetto.
Inizialmente non ebbe alcuna reazione, poi sentendo le grida aumentare alzò lievemente il passo, iniziando finalmente a correre.
Una volta giuntà sul posto, vide un ragazzino aggrappato ad un grosso ramo che si estendeva arrivando fino al centro del laghetto. Non appena il ragazzino la vide le gridò: “Aiutami, ti prego, mi sono arrampicato fin quassù per cercare di recuperare la mia barchetta che si era spinta troppo in fondo e ora non so più tornare indietro. Ho paura di cadere in acqua.. non so nuotare, vai a chiamare aiuto…per favore…”.
Shirley squadrò attentamente la situazione e vide che l’estremità del ramo alla quale il ragazzino era aggrappato stava rischiando di spezzarsi. Difatti gli scricchiolii si facevano sempre più insistenti e minacciosi. “Ti prego…aiutami…. ” Gridò nuovamente il ragazzino. Ma Shirley dopo essersi guardata attorno e accertatasi che non vi era anima viva, disse: “No”.
Il ramo era ormai sul punto di spezzarsi e il ragazzino, in preda al terrore gridò nuovamente: “Ma perché….. perchè…? ”.
“Perché sono cattiva”.
Con uno schiocco, il ramo si spezzò e il ragazzino finì nel laghetto.
Iniziò ad annaspare e a gridare, cercando di attirare l’attenzione di qualcun altro, visto che aveva capito ormai che da Shirley non avrebbe avuto alcun aiuto.
Ma in quel momento gli unici spettatori, oltre a Shirley, erano gli alberi, i cespugli, gli uccellini, le anitre…niente sul quale riporre anche una minima speranza di salvezza; lei si limitò a poggiare le braccia sulla staccionata che delimitava l’area dove sorgeva il laghetto, a posarvi il mento sopra e a guardare…senza dire nemmeno una parola.
“Aiutooo…cooofff…splut…. aahhh,,, aiuto…coff.. coofff.. splut…. ”
La tragedia che si stava consumando sotto i suoi occhi durò per un altro minuto circa, poi il povero ragazzino cessò di lottare.
Shirley alzò gli occhi al cielo, un soffio di vento fece ondeggiare i suoi splendidi capelli biondi per farli poi ricadere sulle sue spalle; aprì le braccia…sentì una forza inarrestabile entrare dentro di lei…una forza che nessuno aveva ancora compreso, ad esclusione di quella sensitiva, e che nessuno sarebbe mai riuscito a fermare; almeno non finchè si sarebbe celata dietro la figura di un’ innocente ragazzina.
Era successo ancora, ancora una volta e ancora tante volte altre Lei avrebbe voluto che accadesse. Superò la staccionata e arrivata vicino al laghetto si inginocchiò e guardò la sua immagine riflessa e…ad un tratto lì, riflessa nell’acqua vide chiaramente formarsi delle immagini; vide la sua amica Sheryl che si dibatteva avvolta fra le fiamme, vide sua madre stesa su una barella che la guardava con occhi sbarrati mentre la portavano via e poi vide una vecchina…che veniva trascinata da un autobus in corsa; i suoi occhi luccicarono nel vedere quelle immagini, sentì quel senso di libertà e di purezza accrescere dentro di lei…la faceva star bene, solo così la sua vita, che lei odiava profondamente, aveva un senso…solo una persona l’aveva capito…aveva visto nei suoi occhi non l’innocenza sfregiata.. perduta…traviata ma solo ciò che realmente essi trasmettevano…il puro male!!!
Si alzò in piedi, rivolse un’ultimo sguardo al centro del laghetto, dove emergeva a pelo d’acqua il corpo esanime del povero ragazzino…e nel silenzio surreale di quell’angolo di paradiso…sorrise!!!
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