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Al bar della Sacca. (seconda parte)
-Ho due gnocche a mano – esclamò il Dottore, Lauro per gli amici, entrando nella sala biliardo del bar cooperativa Sacca.
Al biliardo vi ero solo io, stavo allenandomi a goriziana, concentratissimo, e seduto sullo spigolo estremo alla mia sinistra Giorgino. Già dal nome capite dove si va a parare con Giorgino. In bilico sull’angolo mi guardava languidamente sussurando
- Ma quanto sei bravo con le palle Cesare, mi fai venire i brividini lungo la schiena.
Lauro mi fissò ed ignorando completamente il Giorgino, continuò
-Molla tutto, andiamo
La prima sensazione che provai fu di panico totale, le mani iniziarono a sudare e la palla bianca mi sfuggì dalle mani. Mi chinai e nel raccoglierla riuscii a riacquistare un po’ del mio autocontrollo.
-Dove?
-a Figa Cesare, a Figa! Dai molla tutto che sono in macchina- quando lui diceva Figa capivi al volo che la "F" era maiuscola.
Guardai Giorgino non vedendolo, osservai l’ora: le venti.
-Ma…ma sono le otto devo andare a casa a mangiare…
-Ci facciamo una pizza con le due gnocche poi andiamo a scopare
Il mio pensiero era uno solo: come faccio a togliermi da questa situazione del cazzo?
- Dai, andam! - Ordinò girandosi ed uscendo, certo di avermi dietro. Così era.
Uscimmo sul marciapiede, dove parcheggiata c’era la sua simca abbassata, marmittone, ruote larghe. Spoiler dietro per tenerla bassa in curva, blu cobalto con una striscia bianca larga 7 cm che la attraversava per tutta la lunghezza. Sbirciai timidamente all’interno sul lato passeggero. Una bionda vaporosa, stava fumando con gusto una sigaretta, le labbra rosso fuoco erano tutte un programma. Il lato passeggero era occupato, quindi io dovevo per forza sedere dietro di fianco a…sicuramente sua sorella gemella monozigota.
-Sali – ordinò il Dottore
Aprii la portiera e salutai
-Buonasera signorina
-Ciao bel bambino, sei caruccio, quanti anni hai?
-Diciotto – mi anticipò Lauro
-Ne dimostri meno
Ormai non avevo più salivazione, la voce non mi usciva, tutto mi si era rimpicciolito. Mi sentivo una tartaruga, tutto quanto stava rientrando nel guscio. Non so come trovai la forza di chiedere una sigaretta e mi venne infilata in bocca una Colombo sporca di rossetto e dal sapore dolciastro.
-Fuma fuma che dopo ti faccio fumare io, ah ah ah
Risucii anche a bruciare la tappezzeria di velluto marron del sedile posteriore, ma Lauro non se ne accorse. Non sarei qui a raccontarvi questa storia.
Comunque, prima di consumare ci fermammo in un bar perché le ragazze avevano sete.
Scesi insieme a loro ed entrammo al Bar Nello di viale Gramsci, nei pressi di casa mia.
Whisky per Lauro, un cordiale per le signorine, un doppio cognac per me.
Vi dico la verità, lo ingurgitai in un colpo unico, dopo 40/50 secondi mi sentivo un leone.
Era il mio primo cognac e per altri 2 anni fu l’ultimo.
Appena finito di tossire, con gli occhi lucidi, un sorriso sicuro sulle labbra, mi sentii arrivare uno sganassone sul coppetto che mi fece evaporare gli effetti dell’alcool ingurgitato in un secondo. Dentro il bar il tempo si arrestò, nessuno parlava e gli occhi degli avventori erano puntati tutti su me. Le due signorine si erano leggermente allontanate, il Dottore se la rideva come un matto e mio fratello Roberto di otto anni maggiore mi disse
-Ma cosa stai facendo deficiente? Va subito a casa.
Ora dovete sapere che nella mia vita, sia mio padre, sia mia madre non mi hanno mai toccato con un dito. Avevo quell’arte di farmi voler bene, qualsiasi cosa facessi per loro andava sempre bene. Gli ero simpatico e me li “srufianavo” ben bene. Ma su me vigilava Roberto, che la democrazia ed il libero arbitrio non sapeva neppure cosa fossero, egli era tutto di un pezzo, a quattordici anni aveva iniziato a lavorare alla FIAT sviluppando così un carattere duro e determinato. Un dittatore!
Roberto non amava tanto discutere con me, l’avrei sempre battuto, preferiva passare alle vie di fatto: sganassoni. Ad onor del vero, oggi, dopo tanti anni devo ammettere che tutte quelle che presi erano meritate, ma allora la pensavo diversamente. Bruciavano l’epidermide.
Nonostante la sberla mi avesse leggermente intontito, presi al balzo la situazione. Volai letteralmente a casa senza salutare nessuno.
-Sei arrivato tardi Cesare, la bistecca si sta raffredando. Tuo fratello ha già mangiato (l'avevo intuito) e tuo padre fa la notte. Ma qualche cosa non va? Tivedo strano?
-No mamma tutto bene- e regalandole un luminoso sorriso la baciai sulla guancia.
Ero ancora vergine!
Per una settimana non mi feci vedere in bar. Non osavo pensare cosa avesse potuto raccontare Lauro. Poi una sera, Sniffa aspettò che mio fratello Roberto uscisse, conosceva il tipo e dopo averci rimesso 4gr di Maria, cercava di evitarlo il più possibile, mi venne a chiamare e uscii insieme a lui.
-Non tornare tardi questa sera, lo sai che domani mattina sei interrogato-
-Sì mamma, alle dieci sono a casa- Presi il motorino e via.
Tornai alle 3 di mattina e senza un dente, ma questa è un'altra storia.
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