Silenzo. Odo solo il rumore della pioggia dalla finestra della mia stanza. Devo essermi assopito. Fatico ad abituare gli occhi all’oscurità, pertanto esercito quelli del ricordo, e come mi aspettavo mi riportano a te. Sono passate poche ore dalla tua partenza, ma il tempo ha già scavato un solco profondo dentro me, che fa male e che non ho voglia di colmare, non ancora. La sofferenza e la solitudine sono emozioni di cui non mi voglio privare, le voglio vivere, le voglio sentire fino a farmi del male, solo così potrò convivere con il tuo ricordo. Mi hai detto di non aspettarti, di non pensare al tuo ritorno. Mi hai detto che sarebbe stato tutto diverso, che forse quello che provavamo era semplice infatuazione, era solo passione ardente, solo un desiderio transitorio. Sembrava che tu sapessi sempre tutto. Spiegami allora questo dolore, spiegami questa sofferenza, spiegami questa mancanza. La risposta è che non c’è una risposta perché non c’è una vera e propria domanda. So già perché sento tutto questo, mi manca solo il coraggio di ammetterlo. So che anche tu provi lo stesso per me, solo che sei più forte, più sicura di quello che vuoi, più certa delle tue priorità.
In questo momento sarai ancora in viaggio. Chissà se pensi a me, chissà se un dubbio ti assale, chissà se pensi che questa sia davvero la cosa giusta da fare. Lo spero. Se non lo è stiamo sprecando qualcosa di grande, qualcosa che non ricapiterà.
Continua a piovere, sempre più forte.
I miei occhi si sono ormai abituati alla penombra, e dalla nebbia che mi avvolge mi accorgo che ho pianto. Sento il mio cellulare vibrare tra le lenzuola, è un tuo messaggio. Poche parole, infinite emozioni. Mi scrivi che già ti manco, che non pensavi che la certezza della distanza potesse farti quest’effetto, potesse farti piangere, da sola, in un treno, lontana da tutti, lontana da me.
Come potrei descrivere le sensazioni che ho provato scorrendo quelle parole.
Mente umana di poeta o filosofo non potrebbe tradurre in prosa o i versi lo stato d’animo che mi cinse in quel momento.
Tu che sapevi tutto, hai scoperto di non sapere niente. Io che ero perso, grazie alle tue parole mi sono ritrovato.
Fuori la pioggia si sta attenuando, questa fredda pioggia di novembre che ha accompagnato le mie ultime drammatiche ore.
Come un’araba fenice rinasco dalle mie ceneri. Improvvisamente è la speranza ad invadere il mio animo ed a rendere dolci compagne di vita sofferenza e solitudine.
No potrò mai soffrire davvero sapendo che a migliaia di chilometri di distanza tu soffri con me, per me.
Non sarò mai veramente solo.