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Il sorriso di mio padre
Il sorriso di mio padre
Il mio lavoro era di grande responsabilità anche se la stazione era piccola, di treni ne passavano parecchi ed avere a che fare col passaggio a livello non era uno scherzo.
La precisione era fondamentale. Il tempo era scandito dalle corse dei convogli, sempre gli stessi, sempre agli stessi orari.
La mia casa naturalmente era attaccata alla stazione avevo un bel giardinetto dove coltivavo qualche verdura, al piano superiore due camere da letto e sotto: salone, cucina, bagno e uno stanzino che dava sulla ferrovia che era il mio piccolo rifugio.
Tra un treno e l’altro mi piaceva scrivere, inventare versi, racconti ed anche qualche canzone e vivere nel mio mondo di fantasia.
Il lavoro non mi aveva mai creato problemi in tanti anni di servizio era sempre filato tutto liscio, ma quella sera…..
La nebbia era così fitta che non si riusciva a vedere ad un palmo dal naso.
Per radio mi segnalarono che c’era un interruzione alla linea causata da una frana, presi la lampada e mi avviai lungo i binari per mettere i segnali di pericolo, dovevo fare in fretta di li a poco sarebbe passato un treno che non fermava alla mia stazione con i segnali, il macchinista avrebbe capito che non si poteva proseguire.
***
La sala d’attesa era gremita e il personale aveva il suo bel da fare erano comunque cordiali e gentili.
Mi sentivo strano, non stavo male anzi fisicamente mi sentivo in forma ma ero inquieto nella testa avevo un vuoto, niente di niente cercavo di capire dove mi trovavo forse un ospedale? No, non mi sembrava. Un aeroporto una stazione? Decisi di chiedere richiamai l’attenzione di un addetto facendo un cenno con la mano, arrivò di corsa ma quando feci per parlare, mi sorrise e mettendomi un dito sulle labbra mi zittì dicendomi che andava tutto bene e che di lì a poco sarebbero venuti a prendermi.
Mi sforzai di ricordare qualcosa ma niente, probabilmente ero stato vittima di un trauma, provai di nuovo, la fronte imperlata di sudore per lo sforzo ma il nulla, il vuoto più totale.
Stavo per richiamare qualcuno quando il mio sguardo si posò sul suo sorriso, mi alzai andandogli incontro, non avevamo un buon rapporto e m’infastidiva che fosse venuto proprio lui a prendermi mentre avanzavo leggevo la felicità nei suoi occhi. Se era così contento le cose erano due o me l’ero vista proprio brutta o era parecchio che non ci vedevamo. Allargò le braccia e non potei fare ameno di ricambiare il suo saluto, non sentivo più rancore nei suoi confronti lo vedevo sereno tranquillo.
Mi fece strada verso la sua auto……Allucinante! Aveva ancora quel vecchio millecento con il sedile anteriore unico e le marce sul volante. Mi misi a ridere e mi presi un pugno sulla spalla, lo restituii e cominciammo a giocare fingendo di menarci. Salimmo mise in moto e devo ammettere che quella vecchia baracca se la cavava abbastanza bene filava che era una meraviglia, anche se mio padre più di tanto non la mandava anche gli interni erano tenuti veramente bene.
La strada costeggiava la campagna poggiai la testa al finestrino guardando fuori, era un paesaggio fantastico, aiutava a pensare ma questo mi riporto al mio disagio continuavo a chiedermi cosa fosse successo dove stavamo andando chi ero. Mio padre mi mollò un altro pugno distogliendomi dai miei pensieri. Lo guardai serio, capì ciò che stavo per chiedergli e non mi fece parlare dicendo anche lui che si sarebbe sistemato tutto in poco tempo.
Mise la freccia ed imboccammo un vialetto che portava ad una villetta parcheggiò nel cortile, misi le mani in tasca presi le chiavi e andai verso il portoncino per aprire. Fu un gesto del tutto automatico, era casa mia sapevo come muovermi questo mi rassicurò forse avevano ragione loro ci voleva pazienza e tutto sarebbe tornato normale.
Era ora di pranzo così feci un cenno a mio padre ed andai in garage la mia Harley era lì la tirai fuori e la misi in moto che bestia! Dovetti convincere il genitore, aveva sempre avuto una paura boia della moto, alla fine montò, lo portai in una trattoria che conoscevo. Giù in paese la gente mi salutava ma io non la riconoscevo anche il gestore della locanda mi salutò abbracciandomi e chiedendomi quando sarei tornato a cantare. Non ricordavo bene ma rivedendole le cose mi tornavano famigliari, vidi la tastiera nell’angolo e non potei fare a meno di suonarla.
Passammo un felice pomeriggio dopo aver mangiato, quando tornammo a casa, mio padre se ne andò ed io rimasi solo, mi addormentai sulla mia vecchia poltrona sperando di poter risvegliarmi ricordandomi tutto.
***
I segnali erano sistemati ora dovevo tornare indietro e recarmi alla frana avrei dovuto trovarci già i soccorsi ma quando vi giunsi non c’era nessuno. Non era un lavoro che potevo fare da solo, pensai di tornare alla stazione per chiamare di nuovo con la radio. L’umidità entrava nelle ossa era una notte infame la nebbia non accennava a diradarsi ed io cominciavo ad avvertire una certa stanchezza quando poi cammini da solo in un posto dimenticato da Dio senti anche i più piccoli rumori suoni sinistri che fanno paura.
Avrei voluto fare lo scrittore invece mi è toccato il mestiere di mio padre, pace all’anima sua.
La stanchezza si faceva sentire e la stazione sembrava essere sempre più distante non riuscivo più a camminare sembrava di vivere in un incubo quando si sogna che qualcuno ci insegue e le gambe non ce la fanno allora arranchi e lui è sempre più vicino e quando sta per prenderti ti svegli di colpo col sudore sulla fronte, mi sentivo proprio così ma la differenza era che io non stavo dormendo.
Finalmente arrivai, mi precipitai alla radio per dare un ulteriore allarme ma la radio non funzionava provai col telefono, stesso discorso. Mi chiesi cosa stesse succedendo forse non funzionava nulla a causa del maltempo. Presi la macchina per recarmi alla stazione di polizia ma…….. La macchina non partiva.
Era sicuramente un incubo e non me ne rendevo conto.
***
Il telefono squillò destandomi dal sonno, dovetti constatare che no era cambiato nulla continuavo a non ricordare. Con mio gran stupore riconobbi la voce di Laura poche parole per strapparmi un invito a cena, in realtà non era proprio strappato per me era un grandissimo piacere averla a casa mia, mi alzai con vigore dalla poltrona e corsi a farmi una doccia.
Preparai una cenetta di quelle coi fiocchi, conoscevo molto bene i suoi gusti ed avrei fatto un figurone. Preparai un ambientino intimo, luci soffuse caminetto acceso musica soft non rimaneva che aspettarla.
Lei era il mio amore segreto, fidanzatissima, innamorata del suo uomo ma tra noi due c’era un’intesa molto particolare probabilmente sarei riuscito ad averla ma non volevo rovinare quella sua storia. Per lei ero un grande amico ma sicuramente anche lei qualche volta aveva visto più in là.
Squillo il campanello, mentre mi accingevo ad aprire ebbi come uno svenimento, un flash dove la vidi morta in una bara, rimasi per un attimo sconcertato ma passo subito quando la rividi.
Rimanemmo abbracciati guardandoci negli occhi per un tempo non definito, tanta era la gioia di rivederci, la baciai sulla guancia pensando poi di mollare la presa ma restammo sempre più stretti, cercai per un attimo di controllarmi ma poi mi lasciai andare e lei fece lo stesso finimmo inevitabilmente sul divano a fare l’amore.
Mangiammo di gusto e restammo a chiacchierare vicino al camino finche non sentii il telefono. Era mio padre appena udii la sua voce, successe come prima un nuovo flash questa volta vidi lui morto in una bara. Adesso cominciavo a preoccuparmi non capivo più niente cosa mi succedeva? Cosa stava accadendo?
Finii di parlare al telefono e ritornai da Laura cercando di mascherare il mio sgomento lei disse che era stanca così andammo a dormire.
***
Mi lasciai cadere sulla panchina fuori la stazione, aspettando che arrivasse il treno. Pericolo non ce n’era visti i segnali si sarebbe fermato qui. La testa tra le mani, avevo fatto tutto ciò che era possibile ora bisognava solo aspettare non c’era altro da fare, la nebbia? I rumori? Non me ne fregava niente tutto era così assurdo rivedevo tutta la mia vita come in un film, i giuochi di quando ero bambino proprio lì in quella stazione, mio padre che m’insegnava il mestiere. I treni, quanti treni e come cambiavano, sempre più veloci, i binari con i suoi scambi, il bivio di una vita di qua di là…. È in ritardo quando arriva questo treno? Quanta gente ha con se? Quanta ne porta un treno nel corso della sua vita? Milioni, milioni, milioni………
Una volta riuscivo a sentire il rumore molto prima che arrivasse ora non sento nulla c’è troppo silenzio, troppo
“Questo treno non arriva mai questo tempo si è fermato adesso” L’avevo scritta per lei questa canzone mai, versi sono stati più appropriati. Che brutta fine che fece si sarebbe sposata quello stesso anno, ma il destino è crudele un incidente stradale e addio carissima amica addio amore nascosto amore segreto.
***
La notte gli incubi non mi mollarono, continuavo a sognare mio padre che moriva vedevo i suoi funerali poi tornavo a sognare Laura e la stessa storia morta anche lei
Sembrava tutto così reale poi…… poi c’era tanta nebbia l’umidità nelle ossa un fischio lontano………..
Ero di cattivo umore, era una bella giornata ma la notte era stata terrificante uscii in giardino e mi misi sulla sdraio dopo un po’ venne Laura col caffè non parlò sembrava come se sapesse quello che stavo passando tanto non m’avrebbe detto niente come del resto aveva fatto mio padre. Avvertii di nuovo rancore per lui e lo stavo aspettando per dirgliene quattro, lui sapeva e non parlava ed io intanto diventavo matto.
Passarono circa tre ore senza che io e Laura ci scambiassimo una parola, sentii una macchina arrivare, era mio padre lei andò ad aprirgli quando me lo trovai davanti mi sorrideva avrei voluto aggredirlo ma mi manco il coraggio. Lo guardai, io non sorridevo, chiesi cosa fossero quei sogni perché continuavo a vederlo morto e perché continuavo a vedere morta anche Laura, morti, morti, morti………
Un brivido mi percorse la schiena quando lo vidi sorridere e aprendo le braccia fare di sì con la testa.
Ebbi ancora un senso di svenimento vidi la nebbia tanta nebbia dovevo portare i segnali luminosi per far fermare il treno…. È in anticipo mi metto in mezzo ai binari mi vedrà meglio. Ferma…. Ferma …. Ferma……. Noooooooooooooooooo.
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- bella...
- Grande, nessuno può pensare improvvisare il tuo lavoro
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