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Se ne andò col vento di una sera di maggio
Alba se ne stava seduta sulla sua vecchia altalena della terrazza in una ventosa serata di maggio.
Guardava quel paesaggio che ormai dopo tanto tempo trascorso lì, conosceva a memoria.
Il vento le accarezzava i capelli e intanto piangeva di nascosto.
Non ce la faceva più: era diventata una situazione insostenibile; eppure lui non riusciva a capirlo.
Dopo qualche minuto, arrivò.
“Sono andato da Marco, e gli ho parlato chiaro. Non lascio questo lavoro, è troppo importante per me: ha fatto finta di non sentirmi! È un comportamento assurdo, non che infantile! ”
Ma Alba non aveva emesso fiato.
Poi sentì un freddo invadergli il cuore proprio nel momento in cui l'uomo che aveva amato per anni, prese posto vicino a lei domandandole: “Allora, non ti prepari? Dobbiamo andare fuori e festeggiare l'evento. ”
Alba socchiuse gli occhi e con voce stanca disse: “Non c'è più niente da festeggiare, te ne devi andare via” fece una pausa. “Ti prego. ”
Andrea si alzò di scatto, e iroso disse: “Perché fai così? Non ti accorgi che stai rovinando tutto? ”
Lei si alzò la coperta sulle spalle e si tappò le orecchie.
“Io vado dentro; quando ti sarai chiarita con te stessa, forse riusciremo a parlare. ”
Alba aprì gli occhi e vide che Andrea non era più lì.
Udì il rumore delle onde infrangersi contro gli scogli e questo le fece pensare alla prima volta che si erano incontrati: sulla spiaggia.
Era parte di lei ed era convinta che questo non sarebbe mai cambiato, ma era ora di fare i conti.
A quel punto scosse il capo e si alzò. Si diresse in camera, dove pensava di trovarlo.
Entrò nella stanza da letto, buia, se non per la fioca luce che emanavano le fessure della serranda.
Alba s'impose dinanzi alla porta e domandò: “Sei qui? ”
Dopo poco udì una voce.
“Dove altrimenti? ”
Lei deglutì.
“Dobbiamo parlare, una volta per tutte. ”
“Puoi dirlo forte, non trovo più le mie cose in bagno, le hai spostate tu? ”
Lei esitò.
“Non è un gioco, Andrea. Ora devi ascoltarmi e devi farlo per davvero. ”
A quel punto la voce nell'ombra di Andrea si fece cupa e preoccupata.
“È successo qualcosa? ”
Lei sospirò.
“Sì, è successo. ”
Andrea non domandò ulteriormente, e la lasciò continuare.
Anche se cercava di celarlo, Alba teneva le lacrime frenate per poter spiegare quella situazione tanto inverosimile quanto delicata.
“Non ti sembra che le cose siano diverse nell'ultima settimana? ”
Non rispose subito.
“Qualcosa sì... compresa te. Non sei più la stessa da una settimana ad oggi. Sei fredda, distaccata, come se ti avessi fatto qualcosa, ma non ricordassi cosa. ”
Fece una breve pausa. Poi riprese.
“Ti prego, se mi sono comportato male o ho fatto qualcosa che ha ti ha turbato, devo saperlo. ”
Alba scosse leggermente il capo, e con un filo di voce, rispose: “Non è una cosa che è dipesa da noi, questo voglio che tu lo sappia. ”
“Ma? ”
“Ma non possiamo più stare insieme, adesso come adesso. ”
A quel punto la sagoma di Andrea si distinse dal buio e la sua voce si fece come quella dei bambini che implorano.
“No, ti prego Alba. Non dire così, non lo credi davvero. Io ho ancora bisogno di te. ”
Lei piegò il viso e con le lacrime agli occhi, quasi implorante, gli disse: “Devi lasciarmi andare. ”
Ma lui insisteva: “Non posso, ti prego. ”
“Se non mi lasci, non posso sopravvivere. Questa storia mi ha già fatto male, ora lasciami andare via. ”
“E io? Se te ne vai, io morirò senza di te. ”
Alba lo fissò nella stanza buia. Tutti i rumori sembrarono placarsi: il suo pianto, le onde del mare, il cicaleccio, ogni cosa, quando gli disse: “Tu sei già morto. ”
Lui spalancò gli occhi, spaventato, disorientato.
“Che cosa hai detto? ”
“Una settimana fa hai avuto un incidente” raccontò lei.
Andrea si guardò le mani e tentò di toccare il muro. Quando vide che era in grado di attraversarlo, guardò Alba, e tentando di sfiorarle invano il viso, disse tra le lacrime: “Sapessi come mi dispiace, Alba. ”
Lei sentì nuovamente quella sensazione di fresco invadergli il corpo.
“Sono io che ti faccio star male. La mia anima ti tormentava perché volevo nascondere a me stesso di essere morto. Credevo ancora di essere vivo, perché starti accanto mi faceva sentire così ogni giorno: vivo. ”
Alba continuava a fissarlo col viso rigato dalle lacrime: “Mi dispiace tanto. ”
Andrea la guardò dritta negli occhi profondi e disse: “Me ne andrò e non ti tormenterò più, ma devi promettermi una cosa. ”
“Che cosa? ”
“Che non mi dimenticherai, che qualche volta nella tua nuova vita, ti ricorderai di me. ”
Lei sorrise tra le lacrime.
“Non ti dimenticherò mai. ”
Sorrise anche lui e avvicinandosi al suo viso nel vano tentativo di poterla toccare un'ultima volta, come un soffio di vento in quella sera di maggio, scomparve.
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0 recensioni:
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Anonimo il 27/10/2009 21:06
Bello, coinvolgente, romantico, ben scritto, brava, come sempre
- o mio dio non avrei mai pensato di capire che era l' anima di un morto!!!!!
- Questo racconto e "Aver paura d'innamorarsi troppo" me li ero persi... C O M P L I M E N T I!!!
- Grazie mille, Simone! Ciao!
Anonimo il 17/09/2009 20:13
bellissima e ben scritta.. mi ha fatto commuovere.. complimenti davvero.. ciao
- Sì, decisamente troppo estrema.
Ciao, alla prossima!
Anonimo il 08/09/2009 19:14
Ma certo, la mia era una dissertazione surreale allo stesso modo della tua storia, nella quale non si trattava di un semplice "ricordo", ma di una presenza attiva, almeno nei confronti della sua compagna. In quei termini la cosa avrebbe potuto avere un senso diverso che nella realtà. Pensa che c'è una comunità tribale africana, che vive nella giungla rispettando antiche tradizioni che le consentono la sopravvivenza, che quando un marito muore erigono una palizzata di canne alla quale praticano dei buchi, attraverso i quali alcuni uomini del villaggi pongono il proprio membro, mentre la vedova, dall'altra parte della barriera e senza poter vedere né volti né corpi, si lascia penetrare in modo fugace e simbolico, allo scopo di rompere definitivamente i vicendevoli vincoli che la legano al defunto marito. Io ho detto a mia moglie che me ne andrò in fretta, di contarci pure, così da risparmiarle la faccenda che, mi pare, sia un po' troppo estrema per la nostra cultura da pallide galline bagnate e piagnucolose...
Anonimo il 08/09/2009 18:24
il sesto senso
- Quando due persone sono in vita non lo metto in dubbio: quando si ama, si ama il centro spirituale dell'altro essere, ma quando uno dei due viene a mancare non si può continuare a vivere di ricordi: è questo che voglio dire.
Il ricordo che uno porta dentro sè anche quando la persona amata o cara non c'è più, rimane, resta parte dell'altro, ma non si dovrebbe rimanere attaccati solo a quello perchè, secondo il mio parere, si vivrebbe male.
Anonimo il 08/09/2009 17:29
Ma forse per noi due sarebbe diverso, dal momento che non ci siamo mai appartenuti né siamo mai stati "complici" su nulla.
Un bellissimo modo di intendere l'amarsi è espresso dalle scritture Vediche nelle quali è detto che quando si ama... si ama il centro spirituale dell'altro essere, insieme ai suoi valori.
Anonimo il 08/09/2009 17:25
Fidati, per due che si amano e stanno insieme da trentacinque anni, come è per me e il mio amore e amica, lo sarebbe...
- Sara, Brazir e Marcello: grazie!
Massimo: nel racconto lei vuole far capire al fidanzato che è morto perchè entrambi vivrebbero male in quella situazione: lei perchè continuerebbe ad avere accanto l'ossessivo ricordo di lui, e lui perchè rimarrebbe attaccato a qualcosa che non gli appartiene più e che non potrebbe più riavere. Non lo trovo così mostruoso.
Anonimo il 08/09/2009 16:24
È evidente che lui, anche da vivo, non era divertente. Mai mia moglie mi farebbe notare una simile mostruosità, saprebbe che le solleticherei la pianta dei suoi profumati piedini tutte le notti se lo facesse, urlando nello strazio di non potermi spingere più in là...
Anonimo il 08/09/2009 15:29
bello ben scritto letto volentieri
Anonimo il 08/09/2009 11:37
Non trovo tristezza ma solo amore. Si legge senza problemi.
- Brava Roberta! una storia appassionante, anche se triste, ho sentito i sentimenti dei protagonisti
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